Podhoretz evidenzia come la politica estera degli Stati Uniti, dopo la presidenza Truman, abbia reso la nazione agli occhi dei suoi nemici come una tigre di carta.
L’attentato terroristico dell’11 settembre è conseguenza del disprezzo da parte dell’integralismo islamico verso una potenza americana spesso riluttante ad esercitare la propria forza militare.
Ma se il mondo islamico è pronto a morire nella guerra santa contro il Satana occidentale, gli americani hanno talmente paura di morire che hanno indietreggiato persino all’eventualità di combattere per salvaguardare il proprio, degenerato, stile di vita.

Questa immagine dell’uomo occidentale contemporaneo, soddisfatto del proprio benessere ma al tempo stesso pavido e incapace di mirare al di là dell'interesse personale, era già presente nel saggio di Francis Fukuyama: La fine della storia e l’ultimo uomo. Questi considerò l’uomo borghese come l’ultimo uomo di cui aveva parlato Nietzsche, un uomo del tutto privo di orgoglio da non essere più nemmeno uomo. Tuttavia, pur accettando buona parte delle critiche mosse a questa figura dal filosofo tedesco, Fukuyama indicò una strada che potesse sublimare le legittime aspirazioni dell’orgoglio umano, senza che queste degenerino necessariamente nella dominazione altrui e nella violenza; ovvero quella la via imprenditoriale verso la quale l’Occidente unito sembrava protendere fiducioso dopo la caduta del muro di Berlino.

Ancor più di Fukuyama, Podhoretz sottolinea amaramente come l’uomo occidentale moderno sia incapace di lottare per i valori su cui si basa la società in cui vive, in quanto paradossalmente spinto alla resa dagli interessi che è portato a difendere e che questa società stessa alimenta.
In questa contrapposizione tra valori ed interessi c’è tutta la crisi del liberalismo contemporaneo, sulla quale si è incentrata la riflessione straussiana e neoconservatrice.