Le politiche centralizzate
I sardi devono trovare
una vera autonomia
di SALVATORE CUBEDDU
Fa una certa impressione leggere di Bertinotti che dice ai sardi di «credere nell’autonomia». Il nostro governarci ha bisogno di fede? Devono venire dal centro a dirci che «il tempo delle forze politiche centralizzate a livello nazionale è finito»? Perché, in realtà, da noi non sembra finito. In Sardegna ci sono quattro partiti indipendentisti, che si governano (spesso con problemi) da soli e partiti con l’aggettivo "italiano", cioè sezioni sarde di organizzazioni che hanno una loro sede centrale all’esterno. Di diritto e di fatto: le scelte dei loro segretari vengono confermate a Roma; in caso di conflitto i partiti si rivolgono ai probiviri "nazionali", e quando da noi non ci si mette d’accordo, è da loro che si viene commissariati; in caso di leadership istituzionali è d’obbligo il consenso del centro anzi, spesso, più che consenso si tratta di esplicita indicazione. La conflittualità all’interno delle associazioni sarde della politica è un topos del giudizio romano sui sardi. Meglio: un logo politico del giudizio sulla nostra dirigenza. Tanti elementi porterebbero ad affermare che il fenomeno sia riscontrabile persino all’interno della gerarchia ecclesiastica e nel clero cattolico.
Bertinotti ha fatto duratura esperienza del problema in casa propria. Il Partito Democratico su questo punto si è veramente "sardizzato". Lo stesso Berlusconi risolse tempo fa i problemi suoi e dei nostri compatrioti mandandoci, munito di tutti i poteri, il suo antico compagno di classe.
Il PSd’Az, che non ha referenti organizzativi all’esterno, si è dilaniato sul tema del rispetto delle regole e su chi e come dovesse farle rispettare. Tutto questo porterebbe a dire che noi abbiamo bisogno del centro. Difatti, se il centro non c’è più, chi ci metterà d’accordo?
Quello di un federalismo "ottriato" è un rischio da prendere in considerazione. "Ottriato" è una rara e brutta parola. Sta per "concesso". Nel linguaggio giuridico indica la carta costituzionale elargita ai sudditi dalla volontà del sovrano, come atto unilaterale.
Si contrappone alla costituzione votata, elaborata e approvata da organi di rappresentanza della collettività dei cittadini. In Sardegna è stata utilizzata per il nostro attuale Statuto, "ottriato" in quanto non corrispondeva alle richieste degli autonomisti veri, che all’inizio non furono quelli che poi gestirono l’autonomia, i democristiani al governo e i comunisti all’opposizione.
E ora: quali potrebbero essere le condizioni che ci avvierebbero a "ottriare" anche le prossime istituzioni della Sardegna? L’essere al carro delle decisioni che si prendono in altre regioni d’Italia che, ovviamente, perseguono loro obiettivi e interessi. La rinuncia alla primogenitura del federalismo, che evidentemente non può fermarsi all’aspetto finanziario senza procedere nell’ambito istituzionale.
Associazioni e partiti che valorizzano l’autonomia istituzionale ma non costruiscono le condizioni interne ed esterne delle proprie decisioni.
La risposta, come si vede, è semplice ma merita lo sviluppo del ragionamento. Concordando con Bertinotti sulla valorizzazione delle risorse dei territori, bisogna evitare le contraddizioni create da intromissioni spesso da noi stessi provocate. Trovare fermezza e coraggio nel costruire il "nostro" futuro. Proponendo, insomma, soluzioni, per così dire,"personalizzate". Cioè adatte, vere, nostre.