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Discussione: Ottriare...

  1. #1
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    Ottriare...

    L’Unione Sarda, 31 ottobre 2008

    Le politiche centralizzate

    I sardi devono trovare
    una vera autonomia


    di SALVATORE CUBEDDU

    Fa una certa impressione leggere di Bertinotti che dice ai sardi di «credere nell’autonomia». Il nostro governarci ha bisogno di fede? Devono venire dal centro a dirci che «il tempo delle forze politiche centralizzate a livello nazionale è finito»? Perché, in realtà, da noi non sembra finito. In Sardegna ci sono quattro partiti indipendentisti, che si governano (spesso con problemi) da soli e partiti con l’aggettivo "italiano", cioè sezioni sarde di organizzazioni che hanno una loro sede centrale all’esterno. Di diritto e di fatto: le scelte dei loro segretari vengono confermate a Roma; in caso di conflitto i partiti si rivolgono ai probiviri "nazionali", e quando da noi non ci si mette d’accordo, è da loro che si viene commissariati; in caso di leadership istituzionali è d’obbligo il consenso del centro anzi, spesso, più che consenso si tratta di esplicita indicazione. La conflittualità all’interno delle associazioni sarde della politica è un topos del giudizio romano sui sardi. Meglio: un logo politico del giudizio sulla nostra dirigenza. Tanti elementi porterebbero ad affermare che il fenomeno sia riscontrabile persino all’interno della gerarchia ecclesiastica e nel clero cattolico.

    Bertinotti ha fatto duratura esperienza del problema in casa propria. Il Partito Democratico su questo punto si è veramente "sardizzato". Lo stesso Berlusconi risolse tempo fa i problemi suoi e dei nostri compatrioti mandandoci, munito di tutti i poteri, il suo antico compagno di classe.
    Il PSd’Az, che non ha referenti organizzativi all’esterno, si è dilaniato sul tema del rispetto delle regole e su chi e come dovesse farle rispettare. Tutto questo porterebbe a dire che noi abbiamo bisogno del centro. Difatti, se il centro non c’è più, chi ci metterà d’accordo?

    Quello di un federalismo "ottriato" è un rischio da prendere in considerazione. "Ottriato" è una rara e brutta parola. Sta per "concesso". Nel linguaggio giuridico indica la carta costituzionale elargita ai sudditi dalla volontà del sovrano, come atto unilaterale.
    Si contrappone alla costituzione votata, elaborata e approvata da organi di rappresentanza della collettività dei cittadini. In Sardegna è stata utilizzata per il nostro attuale Statuto, "ottriato" in quanto non corrispondeva alle richieste degli autonomisti veri, che all’inizio non furono quelli che poi gestirono l’autonomia, i democristiani al governo e i comunisti all’opposizione.

    E ora: quali potrebbero essere le condizioni che ci avvierebbero a "ottriare" anche le prossime istituzioni della Sardegna? L’essere al carro delle decisioni che si prendono in altre regioni d’Italia che, ovviamente, perseguono loro obiettivi e interessi. La rinuncia alla primogenitura del federalismo, che evidentemente non può fermarsi all’aspetto finanziario senza procedere nell’ambito istituzionale.
    Associazioni e partiti che valorizzano l’autonomia istituzionale ma non costruiscono le condizioni interne ed esterne delle proprie decisioni.

    La risposta, come si vede, è semplice ma merita lo sviluppo del ragionamento. Concordando con Bertinotti sulla valorizzazione delle risorse dei territori, bisogna evitare le contraddizioni create da intromissioni spesso da noi stessi provocate. Trovare fermezza e coraggio nel costruire il "nostro" futuro. Proponendo, insomma, soluzioni, per così dire,"personalizzate". Cioè adatte, vere, nostre.

  2. #2
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    PARTITI SARDI, PARTITI ITALIANI

    da Nazione Sarda
    martedì 04 novembre 2008

    Riprendiamo con interesse l’articolo di Salvatore Cubeddu, che commenta l’intervento di F. Bertinotti a Cagliari. Bertinotti ha detto che bisogna territoriliarizzare i partiti italiani, sullo specifico il suo.

    Dargli autonomia decisionale. Su questo aspetto Nazione Sarda, ha da anni sostenuto la necessità della Sardizzazione della politica in Sardegna. Non come articolazione dei partiti italiani, piccolo passo avanti, ove si realizzi. Ma come espressione e pratica della sovranità del popolo sardo. Della Nazione sarda. Un popolo è sovrano se ha anche un “sovrano”. Non può bastare la rivendicazione della norma costituzionale; non può bastare lo statuto, per autonomo che sia. Serve una visione diversa dello stato. Federalismo europeo innanzitutto. Ma perché i popoli senza stato abbiano la forma statutale che deriva dall’essere popoli sovrani serve che si modifichino le costituzioni statali nel senso del consentire agli stessi popoli il diritto alla autodeterminazione. Serve una istituzione europea che,
    costituzionalmente, preveda l’allargamento interno. Nazione Sarda propone, come i Catalani, i Baschi e tanti altri, che si arrivi alle Regioni associate direttamente all’Europa. Appunto l’allargamento interno dell’Unione. Per questo servono i partiti Sardi. Per governare la sovranità, autonomamente, indipendentemente dai centri di decisione romani.

    Partiti che però, oltre la rivendicazione istituzionale propongano anche programmi di governo; visioni della società; orizzonti di democrazia partecipata. Noi non vogliamo uscire dall’Europa. Vogliamo essere cittadini europei; Regioni europee; federalisti europei. Soberania est indipendentzia.

    (Nazione Sarda)
    www.psdaznazionesarda.eu

  3. #3
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    Il Sardegna, 8 novembre 2008

    Memorie
    Legati al cappio del centralismo


    Francesco Casula

    Si celebra oggi e domani all’Hotel Setar di Quartu il Congresso regionale di Rifondazione comunista. Uscita dilaniata dall’Assise nazionale di qualche mese fa, anche in Sardegna si presenta divisa in due fazioni. Sia ben chiaro, dividersi è legittimo e forse, qualche volta, utile: per metter in chiaro differenze e divergenze politiche e programmatiche. È meno utile che ci si divida, rifacendosi agli schieramenti che hanno contrassegnato il Congresso italiano e non rispetto alle questioni che attengono alla Sardegna. Denotando in ciò una totale subalternità e dipendenza dal “Centro”. Dunque comportandosi alla stregua di una periferica succursale dell’Azienda-madre.
    Eppure molte ragioni avrebbero dovuto indurre Rifondazione a liberarsi dal cappio del centralismo per sardizzarsi e costituirsi in organizzazione autonoma e federata a Rifondazione comunista italiana.
    Per due ragioni in particolare. La prima attiene a quanto dichiarato recentemente, da Bertinotti, che di Rifondazione è stato il leader e il principale “cervello”: «Il tempo delle forze politiche centralizzate a livello nazionale è finito… È morta l’organizzazione della politica che ha considerato i territori come periferia. Continua a camminare ma non si accorge di essere morta. Bisogna rompere lo schema centro-periferia e ricostruire. Non dal basso che è una genericità ma dall’identità dei territori».
    C’è poi una seconda ragione: molti dirigenti e militanti di RC provengono da un’esperienza politica, quella di Democrazia proletaria sarda, che è stata paradigmatica ed esemplare per autonomia identitaria rispetto a Dp italiana: rifarsi a quella struttura federata, a quel partito territoriale, originale e autonomo, potrebbe essere l’occasione storica per far fuoriuscire RC in Sardegna dalla paralisi e dalla divisione. Dopo lo spostamento del Partito democratico nell’area moderata e centrista, Rifondazione – insieme ad altri gruppi minori - rimane in Italia l’unica organizzazione di sinistra, cui è difficile non riconoscere radicalità sociale e coerenza nella difesa intransigente dei ceti più deboli, ma la sua azione è inficiata dall’essere un Partito fortemente unitario e centralista e dunque poco attento e sensibile ai territori e alle identità etno-storico-culturali.
    Ad iniziare da quella sarda.

    Storico

    Come è andata a finire? Prevedibile.

 

 

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