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  1. #11
    AUT CONSILIO AUT ENSE
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    Predefinito Rif: Origine e sviluppo del Termine ITALIA

    Qui si fa scienza, non fantascienza!
    "Io nacqui a debellar tre mali estremi: / tirannide, sofismi, ipocrisia"


    IL DISPUTATOR CORTESE

    Possono tenersi il loro paradiso.
    Quando morirò, andrò nella Terra di Mezzo.

  2. #12
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    Predefinito Rif: Origine e sviluppo del Termine ITALIA

    Citazione Originariamente Scritto da Druso Visualizza Messaggio
    Vogliamo parlare degli iperborei longobardi chiamate in diverse fonti ausoni :sofico:?Adesso arriverà qualche bifolco padanista che affermerà che nella sua sperduta valle s'inculano tra di loro da 54832438 generazioni e che quindi è un puro discendente degli sbabbari che non ha nulla a che fare con i mediterronei.
    Vogliamo aggiungere che il nome Langobardia fu dato anche alla terronissimo ducato di Benevento che aveva anche mezza puglia, mezza campania , la lucania ed il molise?
    Ultima modifica di Miles; 09-05-10 alle 17:56
    Preferisco di no.

  3. #13
    AUT CONSILIO AUT ENSE
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    Predefinito Rif: Origine e sviluppo del Termine ITALIA

    Citazione Originariamente Scritto da Miles Visualizza Messaggio
    Vogliamo aggiungere che il nome Langobardia fu dato anche alla terronissimo ducato di Benevento che aveva anche mezza puglia, mezza campania , la lucania ed il molise?
    Arriviamo anche a quello.....
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  4. #14
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    Predefinito Rif: Origine e sviluppo del Termine ITALIA

    Per tutti i bifolchi che staranno pensando ''e osti però l'al mia regiun fasea part de la gallia cisalpina, l'el dis pur ciola'' faccio notare che tale definizione scompare già in età tardoimperiale, e che sia Procopio di Cesarea che l'iperboreo Paolo Diacono chiamavano la regione, che odiernamente va dalla Liguria fino alla Lombardia, Liguria.

  5. #15
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    Predefinito Rif: Origine e sviluppo del Termine ITALIA

    Citazione Originariamente Scritto da Miles Visualizza Messaggio
    Vogliamo aggiungere che il nome Langobardia fu dato anche alla terronissimo ducato di Benevento che aveva anche mezza puglia, mezza campania , la lucania ed il molise?
    Senza contare che ad un certo punto venne usato anche dai bizantini per indicare uno dei loro ''temi'' in Italia meridionale.

  6. #16
    AUT CONSILIO AUT ENSE
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    Predefinito Rif: Origine e sviluppo del Termine ITALIA

    Fase 4 :LE REGIONI

    Ad Augusto risalgono il nome di 11 regioni della Penisola (senza il territorio insulare -Sicilia, Sardegna, Corsica- considerato extra metropolitano) ed erano le seguenti:
    I
    LAZIO e CAMPANIA;
    II
    PUGLIA e CALABRIA quest'ultima indicava allora solo il Salentino);
    III
    LUCANIA e BRUZZIO (cioè Basilicata e Calabria attuali);
    IV SANNIO;
    V PICENO;
    VI UMBRIA;
    VII ETRURIA;
    VIII GALLIA CISPADANA (Emilia);
    IX LIGURIA (l'attuale, fino al di qua del Po a partire dalla sorgente);
    X VENETIA et ISTRIA;
    XI GALLIA TRANSPADANA (l'attuale Lombardia con l'attuale Val D'Aosta e Piemonte al di là del Po)

    Dopo le modificazioni di Diocleziano e da altri imperatori, nel V secolo le
    regioni erano 16:

    1
    LAZIO e CAMPANIA;
    2 TUSCIA e UMBRIA;
    3 PICENO;
    4 VALERIA (il Rietino);
    5 SANNIO;
    6 PUGLIA e CALABRIA (la Puglia odierna);
    7 LUCANIA e BRUZZIO (la Basilicata e la Calabria attuale);
    8 VENEZIA e ISTRIA;
    9 EMILIA,
    10 FLAMINIA (parte dell'attuale Emilia e parte delle Marche);
    11 LIGURIA (Lombardia e buona parte del Piemonte);
    12 ALPI COZIE (la Liguria detta sopra più il Nizzardo);
    13 REZIA PRIMA (Trentino e Alto Adige attuale);
    14 CORSICA;
    15 SARDEGNA e SICILIA.
    16 REZIA SECONDA che però era estranea all'Italia e comprendeva l'attuale Tirolo austriaco).


    Nel Medioevo, già a partire dalla caduta dell'Impero Romano, questa divisione inizia gradualmente a scomparire, e i nomi dopo l'invasione Longobarda sono del tutto dimenticati o comunque caduti in disuso.

    Nascono i Ducati, ossia le nuove circoscrizioni politiche (bizantine e longobarde); seguono quelle ecclesiastiche, e nell'VIII e IX sec. le Marche, i Principati, i Marchesati, e poi dal X al XII-XIII sec. quella frammentazione che daranno il nome ai Comuni e successivamente alle Signorie.

    Solo nel Rinascimento alcuni nomi tornarono in auge, ma per un brevissimo
    periodo, come quando Gian Galeazzo Visconti cercherà di riunire la penisola o gran parte di essa sotto il suo scettro come Re di Italia (o di Lombardia).

    A metà dell'Ottocento, all'epoca della realizzazione dell'Unità, i nomi augustei delle regioni tornano ad esercitare il loro antico fascino.
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  7. #17
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    Predefinito Rif: Origine e sviluppo del Termine ITALIA

    Booooni, non adeguiamoci alle provocazioni e alla condotta in auge nelle "parti alte" del Forum......
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  8. #18
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    Predefinito Rif: Origine e sviluppo del Termine ITALIA

    Di certo nessuno vuole qui negare le individualità delle singole regioni nel contesto italiano. Già il Correnti le aveva messe in risalto in tempi non sospetti.
    A sostenerle ci sono ragioni storiche (come in Toscana o in Piemonte)
    antiche tradizioni di cultura, di lingua e anche per particolari caratteristiche fisiche e somatiche.

    Ma non dimentichiamo che ci sono queste individualità fisiche e storiche (e
    spesso più consistenti, e dall'antichità molto radicate) anche in piccole e
    piccolissime "sub-regioni" della penisola, che i locali conservano gelosamente e che non intaccano alla fin fine il substrato comune a tutte le regioni italiane.
    Fra le piccole "regioni" possiamo citare: la Valtellina, il Sannio, la Capitanata e il Salento.
    Fra le piccolissime il Canavese, il Monferrato, la Carnia, il Polesine, il Marchesato, le Cinque Terre, la Conca d'Oro, la Lomellina, le Langhe, la Brianza, l'Oltrepò Pavese, il Cadore, i Tredici Comuni dell'altipiano d'Asiago (I Cimbri!), la Val di Fiemme, il Montefeltro, la Garfagnana, il Chianti, la Ciociaria, la Terra del Lavoro, l'Irpinia, la Val di Noto, la Barbagia.

    In tutte queste, e forse qualcuna le ho dimenticate, ci sono antiche
    tradizioni civili che hanno una profonda risonanza nell'anima popolare di
    queste aree, spesso più marcate rispetto alle regioni più grandi, non immune ueste da forti incompatibilità caratteriali, spesso anche fra città e paesi vicinissimi.

    I motivi? Sono dentro questa storia, nelle varie epoche.
    Che ha fatto nascere quella stupefacente varietà della popolazione italiana, che non dimentichiamo per quasi duemila anni è sempre oscillata come numero fra i 10 e i 20 milioni di abitanti.

    E tra queste popolazioni, magari confuso ed esitante, ma sempre risorgente, è rimasto presente l'anelito a riunirsi, per magari poi dividersi ancora sotto altra forma, senza però mai cristallizzarsi in nazionalità separate e diverse. E non a caso gli stati regionali più forti hanno sempre cercato di allargare il loro ambito a quanta più vasta parte della penisola fosse nelle loro possibilità abbracciare.

    Quante battaglie e quante umiliazioni, quali sconfitte e vittorie ne sono derivate!
    Direi che vale la pena preservarne il ricordo......
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  9. #19
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    Predefinito Rif: Origine e sviluppo del Termine ITALIA

    Gli Stati Longobardi del Meridione
    IL DUCATO DI SPOLETO

    Storia
    Il ducato all'interno del Regno longobardo (570-774)
    Il VI secolo
    Anche dopo il termine del Periodo dei Duchi e la restaurazione di un'autorità regia centrale con Autari (584), il ducato di Spoleto, retto da Faroaldo I fino al 591, restò sostanzialmente indipendente.

    Il duca, dopo aver restituito al papa Benedetto I le proprietà terriere spoletine usurpate al monastero di San Marco in Pomeriis, ricevette in cambio il consenso papale per occupare con le sue milizie il territorio di Classe, il più importante porto marittimo dell'Adriatico, con la presenza del forte richiamo religioso di Sant'Apollinare in Classe, basilica già consacrata nel 547.

    Faroaldo, contrastato dall'Esarca di Ravenna, Smaragdo, subì una grave sconfitta e venne sostituito da Ariulfo o Ariolfo (591-600), che proseguì l'espansione militare a danno dei Bizantini, rafforzando l'autonomia del ducato che fu quindi in grado di eleggere autonomamente i propri duchi, anche prescindendo dalla volontà regia, tanto che per alcuni decenni l'autorità regia divenne evanescente nella zona.

    Nella contesa per la supremazia del potere tra l'istituzione bizantina dell'Esarcato di Ravenna e il nuovo assetto territoriale determinato dall'occupazione longobarda si inserì il papato, che seppe legittimarsi come forza mediatrice del conflitto grazie alla grande personalità di Gregorio Magno (590-604), pur bisognoso di protezione dei governi dominanti per realizzare le proprie finalità spirituali, non prive di interessi terreni, miranti all'accrescimento del Patrimonio di San Pietro.

    Il VII secolo
    Nel VII secolo il ducato fu retto da Teudelapio (600-653) e Trasamondo I (663-700 circa).
    Nel 662 il ducato appoggiò l'usurpazione di Grimoaldo, duca di Benevento, ai danni di Pertarito e Godeperto, appoggiando di volta in volta il partito ariano e quello cattolico al solo scopo di mantenersi il più autonomo possibile dal "potere centrale" di Pavia.

    Con la conversione dei Longobardi al cattolicesimo, dopo quella regale di Agilulfo e Teodolinda, il ducato si aprì all'opera missionaria romana, dove tuttavia ebbe esiti scarsamente attestati. Pare che la popolazione locale preferisse rimanere ariana o tuttalpiù mantenersi fedele alla Chiesa Ortodossa di rito greco, all'epoca profondamente radicata nel meridione italiano, dove .

    Tuttavia, fu proprio all'interno del ducato di Spoleto che, intorno al 680, sorse il più grande monastero longobardo dell'Italia centrale: l'abbazia di Farfa, in Sabina.

    L'VIII secolo
    Alla morte di Trasamondo I il ducato passò al figlio Faroaldo II.

    Durante il regno di Liutprando, salito al trono nel 712, Faroaldo occupò il porto di Classe, ma il re, che perseguiva con determinazione una politica di accentramento e consolidamento del potere centrale rintuzzando la dura opposizione dei ducati della Langobardia Minor, gli ordinò di restituirlo ai Bizantini (712 o 713).

    Contro il duca insorse il figlio, Trasamondo II, che gli impose il ritiro in un monastero e ne prese il posto, anche se è possibile che la deposizione di Faroaldo risalga al 710, quindi prima dell'ascesa al trono di Liutprando. Una leggenda riporta che nel 705 Faroaldo II era divenuto protettore di san Tommaso di Farfa, al quale avrebbe donato terreni e risorse per la ricostruzione dell'abbazia di Farfa, distrutta dai Longobardi sul finire del secolo precente; il duca stesso si sarebbe poi ritirato nel monastero di San Pietro in Valle, dove sarebbe morto nel 728.

    Nel 717 Liutprando, che aveva ripreso un'azione militare volta ad estendere il dominio longobardo in Italia, attaccò Ravenna e Trasamondo ne approfittò per occupare Narni, ma quando, nel 724, il re attaccò papa Gregorio II a Roma, trovò la resistenza dei duchi autonomisti della Langobardia Minor.
    Gli spoletini si opposero a Liutprando in battaglia sul Ponte Salario, contribuendo alla sconfitta del sovrano, che dovette ritornare sui suoi passi.

    Si creò così un'alleanza tra Spoleto, Benevento e il Papato, legati dal comune interesse a contrastare il rafforzamento di Liutprando, che quindi si alleò a sua volta con l'esarca Eutichio al quale era accomunato, in quel frangente, dalla volontà di ricondurre sotto il potere legittimo i potentati indipendentisti dell'Italia centro-meridionale.

    Liutprando marciò di nuovo su Spoleto, sconfisse le scarse truppe spoletine, occupò la città e ottenne la sottomissione di Trasamondo e di Romualdo II di Benevento.

    Nel 739, Liutprando invase ancora il territorio romano; per la seconda volta il pontefice ricorse all'aiuto di Trasamondo, che aveva arruolato un nuovo, meglio armato, esercito per ingaggiare la lotta.

    Il conflitto, dopo alterne vicende, che qui non vale la pena di narrare, venne risolto definitivamente dal papa Zaccaria che nel 742 riuscì ad ottenere da Liutprando la restituzione di tutte le fortezze occupate.

    Il ribelle Trasamondo venne deposto e rinchiuso in un monastero e Liutprando lo sostituì con il nipote Agiprando.

    Nella seconda metà dell'VIII secolo la tradizionale autonomia politica del ducato venne contenuta dai succesori di Liutprando, che alla sua morte (744) avevano lasciato il Regno longobardo all'apice della potenza e della coesione: gli ultimi re longobardi continuarono quindi a opporsi all'eccessiva frammentazione del particolarismo ducale.

    Anche Rachis, seppure sovrano debole rispetto al grande predecessore, fu in grado di imporre a Spoleto un duca a lui fedele: Lupo.
    Proprio questa fedeltà costò il ducato a Lupo, che nel 751 fu deposto dal nuovo re Astolfo che assunse in proprio la reggenza del ducato; alla morte di Astolfo venne acclamato Alboino, sostenuto dalla popolazione spoletina e da papa Stefano II che, rotta l'alleanza con i Longobardi, richiese l'intervento armato dei Franchi.

    Nel 758, per il suo comportamento filo-papale, Alboino venne attaccato e sconfitto dal nuovo re Desiderio, che in continuità con la politica accentratrice di Astolfo depose il duca Alboino, governando inizialmente anch'egli in prima persona il ducato per affidarlo in seguito prima a Gisulfo (759) e poi a Teodicio.

    Nel 774, dopo la definitiva sconfitta di Desiderio ad opera di Carlo Magno, mentre si persero notizie di Teodicio, citato in quel periodo nel Regesto Farfense come protettore di quell'abbazia, gli spoletini si recarono a Roma, attraverso il taglio simbolico dei capelli, fecero atto di sottomissione a papa Adriano I; con nomina pontificia, il duca Ildeprando prestò giuramento di fronte al pontefice Adriano I e fece del ducato, sostanzialmente, un feudo pontificio; la tradizionale cerimonia longobarda del Gairethinx, in occasione dell'elezione del duca, rimase definitivamente affidata alla storia.

    Il ducato ebbe notevole fortuna, dato che i Longobardi controllavano la Via Flaminia, importante via di transito tra Roma e l'Esarcato, oltre a quella del "corridoio bizantino".

    2. 2. Il ducato dopo la caduta del regno (774-1198)
    Con il crollo del dominio longobardo dovuto alla pressione della Stato pontificio e dei Franchi, il ducato di Spoleto cadde sotto il dominio franco. Il papato divenne quindi importante nella vita del ducato, tendendo a nominare o comunque favorire duchi "francofili". Il primo di questi duchi franchi, dopo Ildeprando, duca e governatore papale con il quale finisce il dominio longobardo, fu Guinigiso I, duca e marchese che resse il ducato dall'774 all'788, «che nominato rappresentante imperiale in tutta la Langobardia Minor ebbe il controllo anche sulla città di Roma».

    Dall'880 fu duca Guido II (880-894), anche lui di stirpe franca, che nell'885 sconfisse i Saraceni sul Garigliano e poi nell'889 anche Berengario del Friuli. Guido fu quindi incoronato re d'Italia da papa Stefano V e poi sacro romano imperatore nell'891 da papa Formoso, associando al potere il figlio Lamberto. Guido II morì nell'894. Anche Lamberto, associato al padre Guido sul trono d’Italia nell'891, dopo tre anni venne incoronato imperatore da papa Formoso. Successivamente Formoso,a morte già avvenuta, fu accusato di tradimento dalla famiglia di Lamberto e subì quel macabro processo ricordato dalla storia come "Sinodo del cadavere". Confermato imperatore legittimo anche dal sinodo dei vescovi a Ravenna, morì nell' 898 per una caduta da cavallo durante una battuta di caccia.

    Agli inizi del X secolo fu duca di Spoleto Alberico I, nobile longobardo che si inserì negli ambienti dell'aristocrazia romana e sposò Marozia, figlia dell'alto funzionario pontificio Teofilatto. Marozia fu la figura femminile più influente nella politica del Regnum Italiae fino al 932 quando, sposatasi per la terza volta con il cognato Ugo di Provenza, venne imprigionata nella fortezza di Castel Sant'Angelo dal suo stesso figlio Alberico II, nuovo duca di Spoleto.

    Nel 1155, dopo l'incendio della città di Spoleto ad opera del Barbarossa, l'imperatore nel 1177 affidò il controllo del territorio ducale a Corrado di Urslinger, che fu nominato duca di Spoleto e conte di Assisi. Alla famiglia del nuovo duca Costanza d'Altavilla affidò la tutela del neonato Federico II

    Con l'elezione di papa Innocenzo III in tutta l'Umbria incominciò a delinearsi lentamente la trasformazione del primitivo Patrimonium Petri, ingrandito dalle cospicue donazioni imperiali, verso la forma definitiva di Stato pontificio: «Le Recuperationes territoriali innocenziane operate nella marca d'Ancona e nel ducato di Spoleto, oltre che ad ampie concessioni amministrative come l'elezione dei consoli già sperimentate dal Barbarossa, furono improntate al legato pontificio insieme ad una politica di persuasione delle popolazioni, basata sul convincimento della supremazia morale della Chiesa nei confonti della tirannide imperiale».

    Dopo varie vicissitudini, nel 1198 il ducato di Spoleto entra a far parte dello Stato pontificio, a parte un breve ritorno agli imperiali, dal 1222 al 1228, con Bertoldo d'Urslingen e Reinoldo d'Urslingen.

    Il ducato continuò per molto tempo, sebbene ridotto di territorio, ad esistere come entità amministrativa autonoma nello Stato della Chiesa: infatti Lucrezia Borgia, con un breve pontificio del 15 agosto 1499, fu nominata governatrice del ducato di Spoleto.

    L'ultima persona che ha portato il titolo, ma solo nominale, di duca di Spoleto è stato Aimone di Savoia, quarto duca d'Aosta (1900-1948).
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  10. #20
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    Predefinito Rif: Origine e sviluppo del Termine ITALIA

    IL DUCATO DI BENEVENTO

    Il Ducato di Benevento costituì l'estrema propaggine meridionale del dominio longobardo in Italia ed insieme al Ducato di Spoleto costituirono quella che venne chiamata Langobardia Minor.

    Formalmente soggetta al dominio dei pontefici romani (Ducato romano), che con i loro possedimenti nelle regioni centrali la tagliavano fuori dal resto dell'Italia longobarda, Benevento fu sostanzialmente indipendente fin dal principio della fondazione del ducato.

    I suoi destini furono strettamente legati alla corona reale solo durante il regno di Grimoaldo e dei sovrani succeduti a Liutprando, tutti legati a vario titolo alle aristocrazie della Langobardia Minor, che ne avevano appoggiato l'ascesa al trono di Pavia.

    Dopo la caduta del regno, tuttavia, il dominio beneventano rimase l'unico dei territori longobardi a mantenere de facto la propria indipendenza per quasi trecento anni, malgrado la divisione dei suoi territori subita nell'851.



    Fondazione del Ducato e Tratti Primigenii dello Stesso


    Le circostanze della costituzione del ducato sono ancora dibattute fra gli storici. La data di fondazione rimane infatti controversa poiché le notizie in proposito contrastano con i tempi della discesa dei Longobardi in Italia, che secondo alcuni sarebbero stati presenti nel Mezzogiorno ben prima della completa conquista della pianura padana. In ogni caso, la fondazione del ducato si fa risalire al 576 e i Longobardi sarebbero quindi giunti soltanto in seguito, intorno al 590. Quello che è certo è che il primo duca fu Zottone, comandante di un'orda di soldati che stava discendendo la Penisola lungo le coste della Campania. Il ducato fu costituito subito come entità statale indipendente, ma ben presto Zottone fu costretto a sottomettersi all'autorità regia costituita nel nord Italia. Gli successe il nipote Arechi I, che con la sua ascesa al potere inaugurò l'adozione del principio di successione ereditaria, quasi inesistente nella cultura politica longobarda.

    La sottomissione di Zottone alla corona non limitò più di tanto l'autonomia del ducato, che pur essendo parte del regno si mantenne essenzialmente indipendente.

    Eppure, tra Benevento e il resto del dominio longobardo esisteva una forte comunanza di radici: si condividevano la lingua, le leggi, la religione.

    In più, era in vita l'usanza per cui i duchi beneventani prendevano in mogli principesse della famiglia reale, usanza voluta e sostenuta sia come legame tra le stirpi longobarde sia come garanzia della reciproca fedeltà tra le due entità statali, la cui separazione era crescente.

    Infatti, se da una parte esistevano innegabili tratti comuni, dall'altra rimaneva una lontananza geografica che ben presto si trasferì anche sul piano culturale e politico.

    I duchi di Benevento e i sovrani di Pavia erano infatti separati da un vasto territorio che rispondeva ad alleanze con Roma o con Ravenna. L'autonomia culturale che si generò fu la naturale conseguenza di questo stato di cose.

    Nella chiesa di Benevento, ad esempio, si sviluppò e diffuse un diverso tipo di canto liturgico, il Canto beneventano, che resisté alla diffusione dei canti gregoriani fino all'XI secolo.

    E in questo ambito di autonomia si sviluppò anche la forma di scrittura detta beneventana, attraverso la quale veniva messo per iscritto il latino.

    Preziose informazioni sulla storia di questo stato longobardo ci provengono dallo scrittore dell'VIII secolo Paolo Diacono, giunto a Benevento al seguito di una principessa di Pavia, sposa del duca.

    Stabilitosi nel grande monastero di Montecassino, Diacono scrisse prima la storia di Roma, poi quella dei Longobardi, fornendoci la principale fonte di informazioni storiche sul ducato dalle origini fino a quel momento.

    Al contrario che nell'Italia del nord, la conquista della zona non fu frutto di un piano articolato come poté essere il trasferimento in massa dalla Pannonia.

    Nel meridione d'Italia si diressero soprattutto guerrieri, dedicati a razzie e ad assedi e formati in bande.
    Si erano recati lì come mercenari al servizio dei Bizantini nelle guerre greco-gotiche e ad essi si sostituirono in consenguenza del loro indebolimento, come del resto sarebbe accaduto secoli dopo con i nuovi venuti normanni.

    Lo stesso Zottone potrebbe essere stato un capo di milizie mercenarie longobarde, forse parte integrante della guarnigione bizantina di Benevento, ormai tanto indebolita ed infida da essere facilmente trasformata in esercito di un nuovo stato.

    All'arretramento bizantino corrispose l'avanzata longobarda, ma non nella forma delle farae, bensì del comitatus, cioè di quel legame di fedeltà che legava i militi al capo e che in nuce contiene il futuro feudalesimo.

    Per conseguenza, l'influenza culturale nel meridione d'Italia fu più debole e, parallelamente, più semplice l'integrazione con le popolazioni vinte, numericamente maggioritarie, anche se socialmente emarginate.
    I corredi funerari confermano questo panorama, che ebbe momenti di accellerazione e di stasi a seconda della volontà dei singoli duchi e dei sovrani longobardi.

    Una delle prime incombenze dei nuovi conquistatori fu quella di ripristinare la cerchia difensiva della città.
    La residua popolazione di origine romana (molto ridotta nei numeri) fu confinata nella parte bassa della città, mentre i Longobardi si installarono nella zona collinare, meglio difendibile e a loro più congeniale.

    I i nuovi quartieri furono costruiti prevalentemente in legno.
    Come si era soliti fare a quei tempi, i grandi monumenti di origine romana furono convertite in elementi difensivi, spesso realizzati alla bell' e meglio.

    In particolare, i nuovi venuti temevano che alcuni edifici (il teatro e le terme, dei quali avevano peraltro scarsa conoscenza e comprensione ancora minore), essendo rimasti al di fuori della cinta, con la loro indubbia mole, potessero fungere da avamposti per eventuali nemici.

    Fu per questa ragione che essi costruirono la Torre della Catena, un fortilizio a base poligonale e di forma piramidale, costruito con ciottoli di fiume disposti ad opus incertum, laterizi e materiale vario recuperato da edifici ormai diruti.

    Nel 600 circa, secondo la tradizione, venne consacrata la prima cattedrale di Benevento.
    La tecnica costruttiva, assai irregolare e con uso di pietre di spoglio, fa pensare del resto che essa sia effettivamente contemporanea alla cinta muraria.
    "Io nacqui a debellar tre mali estremi: / tirannide, sofismi, ipocrisia"


    IL DISPUTATOR CORTESE

    Possono tenersi il loro paradiso.
    Quando morirò, andrò nella Terra di Mezzo.

 

 
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