Inaguriamo una nuova rubrica.
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"Io nacqui a debellar tre mali estremi: / tirannide, sofismi, ipocrisia"
IL DISPUTATOR CORTESE
Possono tenersi il loro paradiso.
Quando morirò, andrò nella Terra di Mezzo.
Cominciamo dal Nord, va.
"Io nacqui a debellar tre mali estremi: / tirannide, sofismi, ipocrisia"
IL DISPUTATOR CORTESE
Possono tenersi il loro paradiso.
Quando morirò, andrò nella Terra di Mezzo.
Partiamo dai Castelli di Cannero, sul lago Maggiore, che ho avuto modo di visitare circa tre anni fa:
Lo spettacolo offerto dai Castelli di Cannero, che danno l’impressione di galleggiare sul lago è in verità interessante, e suggestivo.
Costruiti su due isolotti tra il 1200 ed il 1300 i Castelli di Cannero avevano la funzione di avamposto visconteo per il controllo della parte nord del lago e denominati originariamente castelli Malpaga, dal primo feudatario cui i Visconti concessero i due castelli, vissero una vita "tranquilla" fino all'estinzione dei Malpaga, nel tardo 1380. Nel settembre 1402, alla morte di Giangaleazzo Visconti, Duca di Milano e signore di gran parte del Lago Maggiore, arrivò però il caos.
Il duca, infatti, che era sul punto di diventare Re di Lombardia (o d'Italia) morì di peste all'improvviso e con due figli minorenni: Giovanni Maria e Filippo Maria.
Ovviamente il suo vasto dominio, ancora molto fragile, andò sfasciandosi alla svelta.
Su questo oscuro periodo lo storico Francesco Cognasso si è così espresso nel suo lavoro “I Visconti”:
“Ovunque nelle città viscontee attraverso le notizie che arrivavano da Milano si ebbe la sensazione che vi fosse un cedimento nel governo centrale. Dovunque i rappresentanti del governo, i referendari, i podestà rimanevano incerti sul modo di eseguire gli ordini, sentendo che alle spalle non vi era più persona che fortemente volesse”.
Specie nella regione settentrionale della Lombardia si videro intere aree insorgere per riprendere l'antica libertà.
"Io nacqui a debellar tre mali estremi: / tirannide, sofismi, ipocrisia"
IL DISPUTATOR CORTESE
Possono tenersi il loro paradiso.
Quando morirò, andrò nella Terra di Mezzo.
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IL DISPUTATOR CORTESE
Possono tenersi il loro paradiso.
Quando morirò, andrò nella Terra di Mezzo.
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Possono tenersi il loro paradiso.
Quando morirò, andrò nella Terra di Mezzo.
Il controllo sui territori si allentava sempre di più, e la Pieve di Cannobio fu al centro di uno scontro violento e protratto nel tempo.
I Ghibellini maggioritari capitanati dai Mazzironi e dai Poscoloni si contrapposero ai Guelfi, guidati dai Mantelli.
Nelle vicinanze, tra gli altri, spicca il capitano di ventura Facino Cane, che assume il titolo di Conte di Biandrate nel 1406 ed estende il suo dominio fino alla Val d’Ossola due anni dopo, praticamente incontrastato, mentre le milizie viscontee, sbandavano.
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Quando morirò, andrò nella Terra di Mezzo.
I cinque fratelli Mazzardi (Giovanolo, Beltramino, Simonello, Petrolo detto Sinasso e Antonio detto Carmagnola) originari di Ronco, noti come soldati e predoni, misero assieme un piccole esercito e si schierarono con i Ghibellini, prendendo Cannobbio, il Sasso Carmino, il Castello di Traffiume, affidata a Petrolo con i suoi uomini e poi, di slancio, scacciano gli uomini dei Visconti dalla Fortezza Malpaga, cioè il Castello di Cannero, il cui comando viene affidato ad Antonio.
(Alcuni storici sostengono che non ci fu battaglia, i pochi armigeri ducali rimasti furono invece corrotti)
Una volta “liberato” il circondario di Cannobio (Cannero non venne conquistata, ma prestò giuramento di fedeltà ai Mazzarditi), i cinque fratelli si spinsero verso il basso lago, fino ad Arona e ad Angera.
Questo anche grazie al fatto che nella capitale del Ducato si verificarono episodi di ribellione, culminati nell'assassinio di Giovanni Maria Visconti nella Chiesa di San Gottardo a Milano.
Gli succede il fratello Filippo Maria.
A malapena uomo, malaticcio e ritenuto debole, costui si sarebbe rivelato invece un sovrano notevole, che prima ancora di riconquistare Como, decise di disfarsi dei Mazzarditi.
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Quando morirò, andrò nella Terra di Mezzo.
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Possono tenersi il loro paradiso.
Quando morirò, andrò nella Terra di Mezzo.
In questo il nuovo duca fu aiutato dalle malefatte crescenti attribuite ai cinque fratelli, o da essi compiute, per consolidare la loro tirannia locale.
Avvalendosi del castello del lago come rifugio essi si erano infatti organizzati per effettuare incursioni lungo la costa.
Il più spavaldo dei fratelli, denominato “Il Carmagnola”, affidò al fratello Simoncello il progetto di rapire la moglie del podestà di Cannobio, per richiedere un riscatto.
Simoncello, sapendo che la donna si era rifugiata nel convento dei frati Umiliati a Cannobio dopo un precedente tentativo, fece tendere un agguato al frate portinaio e, dopo averlo fatto uccidere, ne gettò il corpo nel Lago, vicino al Sasso Carmine.
Impadronitosi delle vesti del povero frate e del suo mazzo di chiavi, riuscì a penetrare nel convento ed a rapire la consorte del podestà, consegnandola al fratello che la fece rinchiudere in una delle torri del Castello sugli isolotti, senza però riuscire ad ottenere il riscatto voluto, anzi scatenando il duca contro la sua famiglia.
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Il duca li detestava perchè di bassa origine e voleva porre in risalto la sua determinazione a riportare l'ordine nello Stato Visconteo, ancora dominato dalla violenza imposta come metodo di governo e dalle angherie di Facino Cane, che ancora spadroneggiava grazie al metodo del terrore applicato coscientemente verso i gruppi rivali che non si comportavano a loro volta in modo dissimile, come spiega il prof. Andenna nei suoi studi sulla storia locale.
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Possono tenersi il loro paradiso.
Quando morirò, andrò nella Terra di Mezzo.