LA CORTE EUROPEA CONDANNA L'ITALIA
PER L'ETA' PENSIONABILE DELLEDONNE.
Ingiusto, secondo i giudici di Lussemburgo, il regime previdenziale che prevede, per i dipendenti pubblici, la differenza di cinque anni con gli uomini.
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ROMA - La Corte di Giustizia Europea ha condannato l'Italia per il regime pensionistico dei dipendenti pubblici che prevede che le donne vadano in pensione a 60 anni, mentre gli uomini a 65. Pronunciandosi sulla base di un ricorso della Commissione Europea, la Corte del Lussemburgo osserva che viene così violato "il principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore".
Infatti la pensione viene calcolata, osserva la Corte, sulla base degli anni di servizio prestati e in base all'ultimo stipendio del dipendente pubblico. E quindi, costringendo le donne ad andare in pensione cinque anni prima degli uomini, le si condanna inevitabilmente a percepire una pensione inferiore.
[...] Pertanto la legge 23 ottobre 1992 n.421, che definisce il regime pensionistico dei dipendenti pubblici, andrebbe riformata, dal momento che ha istituito "un regime professionale discriminatorio", e viola il principio generale della parità di trattamento, garantito dall'art.141 CE (ma anche dalla Costituzione italiana).
Una decisione davvero opportuna, commenta la sociologa Chiara Saraceno: "Sono assolutamente d'accordo con quanto stabilito dalla sentenza della Corte di Giustizia Europea, l'ho detto anche in pubblico, provocando reazioni non sempre positive. L'Italia è rimasta tra i pochi paesi a mantenere questa discriminazione [...]".
La vicepresidente del Senato, Emma Bonino, ricorda come la sentenza di condanna per l'Italia, emessa oggi, fosse nell'aria da tempo: "Neppure la 'minaccia' europea è servita a fare un passo avanti rispetto a quello che in Italia è un vero tabù a destra come a sinistra, per non parlare dei sindacati di ogni colore. - osserva - Ciò che deve preoccupare, non è solo il fatto di essere messi all'indice dall'Europa su di una questione che non dovrebbe neppure essere di attualità in uno Stato moderno, come la disparità di trattamento uomo-donna, ma che in Italia esista una legge che stabilisce che una donna debba avere meno anni di contributi di un uomo, comportando così una discriminazione retributiva a tutti gli effetti".
(13 novembre 2008)
www.repubblica.it/2008/11/sezioni/economia/pensioni-corte-giustizia/pensioni-corte-giustizia/pensioni-corte-giustizia.html?rss?ref=rephpnews
di ROSARIA AMATO
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