Originariamente Scritto da
brunik
Tutti pazzi per l'euro
La crisi finanziaria ha accresciuto i dubbi dei paesi rimasti fuori dalla zona euro che stanno rivedendo le proprie posizioni nei confronti della moneta unica
Tra i postumi della crisi finanziaria e le avvisaglie di quella dell’economia reale, mentre cadono banche e si ridimensionano certezze, una delle poche cose che restano ferme è la fiducia nella moneta unica che, per la prima volta dopo molto tempo, comincia a crescere anche in quei paesi che l’euro non ce l’hanno. L’ultima arrivata a ingrossare la fila di quei paesi che hanno sempre guardato con diffidenza all’unione monetaria europea, tenendosene ai margini, in un “dorato isolamento”, è la Polonia, un paese che pur avendo aderito all’Unione europea nel 2004, non ha ancora adottato l’euro e si è sempre dimostrata piuttosto scettica.
La crisi ha ribaltato le sue certezze e ora l’ingresso del paese nella zona euro, prevista dai trattati di adesione, per il 1 gennaio 2012, pare godere di un clima più benevolo e positivo. È pragmatico il premier Donald Tusk, che lunedì ha detto: “La crisi mondiale ha dimostrato che è più sicuro stare dalla parte dei forti, fra i forti e avere influenza nelle decisioni che loro prendono”. Insomma quando le barchette affondano meglio stare sulla nave dei vincitori, che barcolla solamente sotto i venti della tempesta finanziaria.
La considerazione ha tanto più valore in quanto viene dopo un incontro con il leader del principale partito dell’opposizione, Jaroslaw Kazcynski, che ha sempre guardato con diffidenza un legame troppo stretto del suo paese con Bruxelles e chiede un referendum popolare per decidere l’adozione dell’euro. Un’ipotesi non esclusa a priori dal premier, purché avvenga in tempi rapidi. E comunque, fanno notare fonti del parlamento di Varsavia, il referendum potrebbe solo decidere il quando, non il se, essendo la Polonia obbligata dai trattati ad aderire all’eurozona.
I timori comunque restano, nonostante le analisi contrastanti che banche e istituti finanziari fanno della tenuta dell’economia polacca. Gli ultimi sondaggi mostrano come oltre il 70% dei polacchi vorrebbero un ingresso nella zona euro in tempi brevi.
Ma non sono solo i paesi di nuova adesione a ripensare le proprie scelte e rivedere le proprie posizioni. Anche Danimarca e Svezia, che non hanno la moneta unica pur facendo parte dell’Ue, e l’ex isola “felice” dell’Islanda stanno riflettendo sul loro futuro, ai margine della crisi.
Il dibattito forse più accesso è quello che sta avvenendo in questi giorni in Islanda. L’isola, che ha sempre difeso gelosamente la propria indipendenza e il proprio isolamento, soffre più di altri nella difficile congiuntura economica. La corona islandese ha perso oltre il 40% del suo valore e Reykjavik si è vista costretta a chiedere un prestito internazionale di 5 miliardi di euro per evitare la bancarotta. Oltre il 69% degli islandesi ora vogliono entrare nell’Unione e il 72,5% vuole adottare l’euro secondo quanto riferisce un sondaggio apparso su un giornale locale lunedì. I favorevoli all’adesione erano il 55% prima della tempesta finanziaria.
“Gli islandesi hanno cominciato ad avere dubbi sulla loro corona. Un numero sempre maggiore di loro pensa che la sola soluzione sia agire insieme alle altre nazioni e non isolarsi” ha detto il direttore dell’Istituto di studi economici islandese, Gunnar Haraldsson.
Danimarca e Svezia poi, che avevano già rifiutato l’euro con precedenti referendum, stanno ora assistendo a un vivace dibattito interno sull’opportunità o meno di aderire alla moneta unica, soprattutto in Svezia dove la corona svedese si è svalutata del 7% nei confronti dell’euro dall’inizio della crisi.
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