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  1. #1
    Colono della prima Italia
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    Predefinito Gli eroi dimenticati del Regno.

    Come abbiamo aperto la discussione per i Traditori del regno o come dir si voglia dire i più "fetenti del regno", penso che sia molto più valido scoprire gli eroi dimenticati del Regno delle due Sicilie cioè quei duosiciliani che hanno dato la vita per non rinnegare la Patria, oltre i deportati nei lager dei Savoia dimenticati dalla storia, ma non certo da noi, uomini che sono morti di stenti e tra indicibili sofferenze, che si sono spezzati ma giammai piegati ai savoiardi usurpatori.
    Ora io aprendo questa discussione voglio riportare alla memoria un ragazzino che non aveva compiuto nemmeno i suoi diciassette anni, allievo della "Nunziatella" che diede il suo sangue nella difesa di Gaeta.

    ALFIERE CARLO GIORDANO
    Nato a Messina il 27 febbraio 1843 – morto a Gaeta il 13 febbraio 1861

    Giuseppe Giordano(1798-1860), generale di brigata, patrizio di Lucera, dalla sua seconda moglie Rosa De Mari aveva avuto due figli, Gaetano, ex guardia del corpo e ufficiale di stato maggiore, e Carlo, che a tredici anni, fu ammesso alla Nunziatella.
    Le figlie di primo letto Teresa e Liutgarda, si erano sposate con due militari, la prima col generale Bertolini, la seconda col capitano Annibale Briganti. Il generale, di salute cagionevole, morì nel maggio del 1860 lasciando orfano il giovane Carlo. Il 7 settembre Garibaldi entrava a Napoli, e molti genitori legati alla dinastia, preferirono ritirare i propri figli dal collegio di Pizzofalcone. Carlo Giordano rimase fino al 10 ottobre, poi prese la sua decisione e il giorno dopo fuggì dal collegio e fortunosamente raggiunse Gaeta. Fu ammesso nell’arma di artiglieria e il 12 novembre fu promosso alfiere. Con gli altri compagni fuggiti dal collegio fu affidato al generale Luverà comandante superiore della batteria della piazza. Per la necessità di coprire i posti fu assegnato dal 27 dicembre alle batterie Malpasso e Trabocco sotto il comando del maggiore Solofra. Fu sempre coraggioso e valoroso e dove deficitava l’esperienza, lo aiutò la sua giovanissima età. L’11 febbraio si iniziarono le trattative di resa con il generale Cialdini che decise d’intensificare il fuoco contro i punti già danneggiati della piazza per costringere i Napoletani ad addivenire alle condizioni già da lui stabilite.
    Poche ore prima della firma della capitolazione il 13 febbraio 1861, scoppiò con un tremendo boato, il deposito di munizioni della batteria Transilvania, Insieme al collega Pannuti. Carlo Giordano fu l’ultima vittima di un’inutile ferocia, non aveva ancora diciassette anni, e i suoi resti non furono mai trovati.

    Tratto da “Nomi e volti di un esercito dimenticato” di Rob. M. Selvaggi - pag. 160

  2. #2
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  3. #3
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    Predefinito

    [quote=VENTO;8963158]Come abbiamo aperto la discussione per i Traditori del regno o come dir si voglia dire i più "fetenti del regno", penso che sia molto più valido scoprire gli eroi dimenticati del Regno delle due Sicilie cioè quei duosiciliani che hanno dato la vita per non rinnegare la Patria, oltre i deportati nei lager dei Savoia dimenticati dalla storia, ma non certo da noi, uomini che sono morti di stenti e tra indicibili sofferenze, che si sono spezzati ma giammai piegati ai savoiardi usurpatori.
    Ora io aprendo questa discussione voglio riportare alla memoria un ragazzino che non aveva compiuto nemmeno i suoi diciassette anni, allievo della "Nunziatella" che diede il suo sangue nella difesa di Gaeta.

    ALFIERE CARLO GIORDANO
    Nato a Messina il 27 febbraio 1843 – morto a Gaeta il 13 febbraio 1861

    Giuseppe Giordano(1798-1860), generale di brigata, patrizio di Lucera, dalla sua seconda moglie Rosa De Mari aveva avuto due figli, Gaetano, ex guardia del corpo e ufficiale di stato maggiore, e Carlo, che a tredici anni, fu ammesso alla Nunziatella.
    Le figlie di primo letto Teresa e Liutgarda, si erano sposate con due militari, la prima col generale Bertolini, la seconda col capitano Annibale Briganti. Il generale, di salute cagionevole, morì nel maggio del 1860 lasciando orfano il giovane Carlo. Il 7 settembre Garibaldi entrava a Napoli, e molti genitori legati alla dinastia, preferirono ritirare i propri figli dal collegio di Pizzofalcone. Carlo Giordano rimase fino al 10 ottobre, poi prese la sua decisione e il giorno dopo fuggì dal collegio e fortunosamente raggiunse Gaeta. Fu ammesso nell’arma di artiglieria e il 12 novembre fu promosso alfiere. Con gli altri compagni fuggiti dal collegio fu affidato al generale Luverà comandante superiore della batteria della piazza. Per la necessità di coprire i posti fu assegnato dal 27 dicembre alle batterie Malpasso e Trabocco sotto il comando del maggiore Solofra. Fu sempre coraggioso e valoroso e dove deficitava l’esperienza, lo aiutò la sua giovanissima età. L’11 febbraio si iniziarono le trattative di resa con il generale Cialdini che decise d’intensificare il fuoco contro i punti già danneggiati della piazza per costringere i Napoletani ad addivenire alle condizioni già da lui stabilite.
    Poche ore prima della firma della capitolazione il 13 febbraio 1861, scoppiò con un tremendo boato, il deposito di munizioni della batteria Transilvania, Insieme al collega Pannuti. Carlo Giordano fu l’ultima vittima di un’inutile ferocia, non aveva ancora diciassette anni, e i suoi resti non furono mai trovati.

    Tratto da “Nomi e volti di un esercito dimenticato” di Rob. M. Selvaggi - pag. 160[/quotequoto

  4. #4
    Napulitanja
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    che storia. chissà quanti ragazzi come questo hanno dato la vita per la nostra Patria

  5. #5
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    molti come molti furono i ragazzi della nunziatella che si batterono valorosamente tant'è che a fine ottocento molti erano ancora vivi epotevano testimoniare...
    ciò che ha rovinato l'esercitro del nostro regno sono stati il grosso dei generali che si vendettero non comprendendo che se avessero fatto il loro dovere dall'inizio i mille sarebbero morti tutti e il piemonte non ci avrebbe più riprovato, ma non dimentichiamo che la stragrande maggioranza dei generali erano di origine nobile e si sa la politica di ferdinando II contro i nobili,questa può essere una parziale spiegazione ai fatti accaduti...

    CARLO LUDOVICO QUANDEL

    oppure
    ALFIERE GIOVANNI PANNUTI
    stesso percorso di carlo giordano e stesso luogo e giorno di morte, piccola differenza era un sottoufficiale promosso alfiere per meriti di guerra sul volturno e a gaeta e decorato con la medaglia d'oro di san giorgio e la croce di san giorgio...

    Tratto da “Nomi e volti di un esercito dimenticato” di Rob. M. Selvaggi - pag. 160 in basso dopo carlo giordano heheheheh vento ti voglio bene nun ti arrabbià

  6. #6
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    Citazione Originariamente Scritto da Giopizzetto Visualizza Messaggio
    molti come molti furono i ragazzi della nunziatella che si batterono valorosamente tant'è che a fine ottocento molti erano ancora vivi epotevano testimoniare...
    ciò che ha rovinato l'esercitro del nostro regno sono stati il grosso dei generali che si vendettero non comprendendo che se avessero fatto il loro dovere dall'inizio i mille sarebbero morti tutti e il piemonte non ci avrebbe più riprovato, ma non dimentichiamo che la stragrande maggioranza dei generali erano di origine nobile e si sa la politica di ferdinando II contro i nobili,questa può essere una parziale spiegazione ai fatti accaduti...

    CARLO LUDOVICO QUANDEL
    Mi dispiace, ma non condivido, nunziante, pianell, lanza, landi, pisacane ecc ecc non erano certo nobili. Si è cavalcato sempre questo tormentone ma è falso. Il grosso degli ufficiali era di estrazione borghese. Spesso i fedeli soldati Borbonici uccisero i propri ufficiali dopo aver scoperto il loro tradimento.

  7. #7
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    Caro Giovanni , per me è un’onore essere emulato da te , non arrabbiato, premesso questo, io sono del parere che dobbiamo portare a conoscenza di tutto il forum e dei visitatori occasionali, che non tutti si sono comportati da pecoroni ,ma hanno saputo sacrificare le loro vite per l’onore e per la fedeltà alla patria. I soldati non sono mai stati messi in condizione di rigettare a mare i mille, per colpa di tanti generali componenti lo stato maggiore dell’esercito Borbonico, che hanno peccato di vigliaccheria ed incompetenza, oltre chi ha preferito non combattere per i propri lerci tornaconti personali, oppure si è messo alla finestra ad aspettare l’evolversi degli eventi non facendo NULLA, per contrastare i Garibaldini, ma con i se e con i ma non si fa la storia. Fatto eclatante, consultabile sul libro citato da me e Giopizzetto uno dei tanti casi che voglio portare a conoscenza per la motivazione che si è verificato nella mia zona, il generale di brigata Fileno Briganti, che trovò la morte ucciso dai suoi stessi soldati perché era andato di nascosto ad accordarsi con Garibaldi, lasciando in balia di se stessi tutta la Brigata. Il generale Briganti venne ucciso a Mileto, mentre presumibilmente intendeva raggiungere Monteleone (Vibo Valentia), dove il figlio Annibale comandava una batteria d’artiglieria. Soltanto a Monteleone Il Maresciallo Vial comandante il quartiere generale posto nella mia città, aveva un numero di diecimila soldati demoralizzati, che affidò al generale Ghio per la ritirata, mentre lui s’imbarcava per Napoli da Pizzo Calabro su una nave Francese con la cassa della campagna. Il generale Ghio si accampò a Soveria Mannelli, quando si vide circondato dalle forze Garibaldine invece di combattere preferì arrendersi, e per non fare la fine del generale Briganti, si consegnò nelle mani di Garibaldi, che per questa imprese lo premiò dandogli il comando della piazza di Napoli, dove si presentò sfoggiando una nuova, e bella uniforme Piemontese.
    Vento di Calabria

  8. #8
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  9. #9
    Forza e onore
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    Predefinito Il mondo sconfitto dalla guerra tra i due mondi

    GIUSEPPE MARIO ARPINO

    TRATTO DA:
    De BELLIS Giovanni, Modugno e i suoi principali uomini illustri, II ediz. accresciuta e migliorata, Bari, f.lli Pansini, 1892.
    Vi troviamo, alle pp. 37 -72:

    Il commendatore Giuseppe Mario Arpino vide la luce in Modugno il 1804 da Agostino e Rachele Alfonsi.
    Fece i primi studi nella città natia sotto il bravo maestro Bartolomeo Silvestri; poscia i genitori, che non erano molto facoltosi, a via di stenti e privazioni, lo mantennero per parecchi anni a Napoli, dove frequentò l'università e si laureò con sommo onore in economia e giurisprudenza.
    Compiuti gli studi, per volere del padre si rimase a Napoli,dove esercitò la sua professione con tanto lodevole successo da meritarsi in breve la fama di dotto e valente giureconsulto.


    Il 1829 fu nominato giudice di collegio, e pochi anni dopo giudice del tribunale civile di Napoli. Saputasi poscia dal re Ferdinando II di Borbone la valentia del nostro Arpino, lo mandò a Londra come ambasciatore straordinario per affari di stato
    Un tale difficile incarico fu da lui eseguito con grande assennatezza e giustizia; e poichè i mezzi avuti per mantenersi a Londra erano stati superflui, appena tornato, restituì puntualmente al re ciò che gli era rimasto. Per tanta prova di dottrina ed onestà, gli furon conferite molte cariche e titoli d'onore. Fu consigliere della Corte dei Conti e Capo di Dipartimento in Palermo: nel 1848 tornò a Napoli ed assunse la carica di Direttore di Porto e Dogana e di Avvocato Generale della Corte dei Conti.
    Poco dopo assunse le funzioni di Capo della Tesoreria del Regno: stando in questa carica fu dagli Stati Uniti d'America e dal Governo delle Due Sicilie, delegato a formulare il trattato internazionale fra questi stati. Finalmente pei suoi grandi meriti, ebbe nel 1855 la nomina a Ministro degli Affari Esteri: il decreto dovea pubblicarsi il giorno 15 Ottobre, invece il 2 dello stesso mese era colpito da morte inaspettata.
    Il Sovrano, il Regno, la magistratura e Modugno principalmente fecero in lui una grande perdita. (1)
    (1) Da notizie e documenti dei signori G. Sessa, Giamb. Russo e Vito avv. Faenza.

    (a cura di Michele Ventrella)

  10. #10
    Forza e onore
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