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Discussione: Tonino The Economist

  1. #11
    a.k.a. tolomeo
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    Citazione Originariamente Scritto da Dottor Zoidberg Visualizza Messaggio
    Ho appena ascoltato integralmente l'intervento, rigorosamente in dialetto, di Di Pietro (per una volta che si degna di presentarsi) alla Camera: Ebbene, ha trovato l'uovo di Colombo!!! Secondo lui la Cassa Depositi e Prestiti deve rilevare tutti i mutui delle famiglie che non riescono a pagarli e rinegoziarli al 3/4% con durata variabile a seconda delle esigenze. Come dire alle banche: fate un mutuo anche ad un disoccupato, poi la Cassa lo rileva e chi s'è visto s'è visto.

    Io in economia valgo quanto una capra, ma il Tonino può andarci a lezione da quella capra
    ha inventato i subprime!!!

    farebbe di tutto per un voto.

    anche i suoi beni immobiliari beneficerebbero?
    .

    A fool and his money can throw one hell of a party.

  2. #12
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    Citazione Originariamente Scritto da Dottor Zoidberg Visualizza Messaggio
    Ho appena ascoltato integralmente l'intervento, rigorosamente in dialetto, di Di Pietro (per una volta che si degna di presentarsi) alla Camera: Ebbene, ha trovato l'uovo di Colombo!!! Secondo lui la Cassa Depositi e Prestiti deve rilevare tutti i mutui delle famiglie che non riescono a pagarli e rinegoziarli al 3/4% con durata variabile a seconda delle esigenze. Come dire alle banche: fate un mutuo anche ad un disoccupato, poi la Cassa lo rileva e chi s'è visto s'è visto.

    Io in economia valgo quanto una capra, ma il Tonino può andarci a lezione da quella capra
    è proprio un cretino insopportabile.

  3. #13
    email non funzionante
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    Il primo condono finanziario. Ma Di Pietro non era contrario ai condoni?
    A parte gli scherzi mi dovrebbero spiegare:
    1) Quanti dipendenti dovrebbe assumere lo Stato per ricontrattare tutti i mutui in sofferenza, gestirne la contabilità ed i pagamenti delle rate (come, tramite bollettino?)
    2) In quanto tempo si dovrebbe gestire l'operazione, dato che per un rimborso fiscale ci vogliono almeno 5 anni.
    3)Tutti gli immobili derivanti dai mutui non pagati resterebbero agli attuali proprietari oppure andrebbero a chi? Come?

  4. #14
    the wizard
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    Tonino in sostanza vorrebbe fare quello che ha già detto Tremonti: lo Stato garantisce i mutui per le banche, in modo da non farli fallire. Preso da un lato o dall'altro il problema resta lo stesso.

  5. #15
    Sovranità al Cittadino.
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    Citazione Originariamente Scritto da kurt113 Visualizza Messaggio
    Ri-alimentare il mercato rinforzando la domanda è un rischio insito nella globalizzazione.
    Se siamo esterofili convinti e assolutamente obbiettivi si può in in tal senso ridare potere d'acquisto al consumatore attraverso un travaso di soldi pubblici, ben sapendo però che qesti soldi travasati non resteranno in Italia ma saranno spesi per almeno un 50% in prodotti provenienti dall'estero, mentre invece se tali fondi vengono ridistribuiti alle aziende manufatturiere Italiane, queste diventano più competitive, acquisiscono quote di mercato a scapito dei loro competitor stranieri, incrementano l'occupazione, il reddito degli addetti e la contribuzione fiscale, in pratica i soldi immessi hanno maggiori probabilità di rimanere in Italia.
    La tua osservazione non è per nulla sbagliata. La globalizzazione selvaggia ci ha svenato. Anche perchè i paesi come la Cina e l'India, che usano manodopera a livello di schiavi, hanno gioco facile ad essere competitivi.

    Ma è sbagliata, poi, la tua conclusione: rinforzare le aziende in maniera episodica non le rende più competitive.

    E' più logico uscire dalla logica perversa della globalizzazione ed imporre dazi europei. Per riequilibrare il mercato.

    La Cina si è comportata in maniera irresponsabilmente predatoria, rastrellando tutto il nostro denaro, provocando una crisi che ha coinvolto lei stessa.

    Cosa se ne fa adesso dei miliardi di dollari e di euro che ha accumulato? Ci accende il caminetto di un miliardo e trecento milioni di formichine operose?

  6. #16
    the wizard
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    Citazione Originariamente Scritto da Valerio2 Visualizza Messaggio
    La tua osservazione non è per nulla sbagliata. La globalizzazione selvaggia ci ha svenato. Anche perchè i paesi come la Cina e l'India, che usano manodopera a livello di schiavi, hanno gioco facile ad essere competitivi.

    Ma è sbagliata, poi, la tua conclusione: rinforzare le aziende in maniera episodica non le rende più competitive.

    E' più logico uscire dalla logica perversa della globalizzazione ed imporre dazi europei. Per riequilibrare il mercato.

    La Cina si è comportata in maniera irresponsabilmente predatoria, rastrellando tutto il nostro denaro, provocando una crisi che ha coinvolto lei stessa.

    Cosa se ne fa adesso dei miliardi di dollari e di euro che ha accumulato? Ci accende il caminetto di un miliardo e trecento milioni di formichine operose?
    Non bisogna imporre i dazi, che generano sempre problemi, ma pretendere che i beni prodotti altrove rispettino gli standard di produzione di quelli realizati in Italia/Europa. Tassare le importazioni per ritrovarsi il piombo nei giocattoli o le melammine nella pastasciutta non porta da nessuna parte. Costringere gli extra-UE a fornire prodotti all'altezza di quelli nostrani farebbe innanzitutto tornare indietro le nostre ditte che hanno delocalizzato

  7. #17
    Meno male che Silvio c'è
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    Citazione Originariamente Scritto da Dottor Zoidberg Visualizza Messaggio
    Ho appena ascoltato integralmente l'intervento, rigorosamente in dialetto, di Di Pietro (per una volta che si degna di presentarsi) alla Camera: Ebbene, ha trovato l'uovo di Colombo!!! Secondo lui la Cassa Depositi e Prestiti deve rilevare tutti i mutui delle famiglie che non riescono a pagarli e rinegoziarli al 3/4% con durata variabile a seconda delle esigenze. Come dire alle banche: fate un mutuo anche ad un disoccupato, poi la Cassa lo rileva e chi s'è visto s'è visto.

    Io in economia valgo quanto una capra, ma il Tonino può andarci a lezione da quella capra
    L'idea sarà di quel genio di travaglio

  8. #18
    Sovranità al Cittadino.
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    Citazione Originariamente Scritto da Veleno Visualizza Messaggio


    Non bisogna imporre i dazi, che generano sempre problemi, ma pretendere che i beni prodotti altrove rispettino gli standard di produzione di quelli realizati in Italia/Europa. Tassare le importazioni per ritrovarsi il piombo nei giocattoli o le melammine nella pastasciutta non porta da nessuna parte. Costringere gli extra-UE a fornire prodotti all'altezza di quelli nostrani farebbe innanzitutto tornare indietro le nostre ditte che hanno delocalizzato
    Un'altra soluzione sarebbe allineare i costi delle nostre imprese a quelli delle imprese cinesi, con le dovute conseguenze.

    Triplicare i tagli e mandare la gente a lavorare davvero. E' sempre più facile che convincere chi non ha soldi in tasca a pagare di più per avere la qualità.

    D'altronde un sacco di gente è entusiasta del miracolo economico cinese: è l'occasione buona per allinearci tutti al sistema di vita cinese !

  9. #19
    the wizard
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    Citazione Originariamente Scritto da Valerio2 Visualizza Messaggio
    Un'altra soluzione sarebbe allineare i costi delle nostre imprese a quelli delle imprese cinesi, con le dovute conseguenze.

    Triplicare i tagli e mandare la gente a lavorare davvero. E' sempre più facile che convincere chi non ha soldi in tasca a pagare di più per avere la qualità.

    D'altronde un sacco di gente è entusiasta del miracolo economico cinese: è l'occasione buona per allinearci tutti al sistema di vita cinese !
    Io sull'economia cinese ci ho fatto la tesi di laurea e ti assicuro che non c'è nessun miracolo economico. La Cina è cresciuta grazie esclusivamente ai capitali stranieri, a chi è andato lì a metter su le ditte, ma come domanda interna langue. E anche la crescita della produttività è irrisoria, nonostante i grandi investimenti. Senza l'Occidente la Cina si sgretola come un castello di sabbia, altro che mercato del 3° millennio.

  10. #20
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    A proposito di Cina, forse vi interessa:

    Pechino corre ai ripari per evitare la bancarotta


    di
    Lillo Maiolino
    18 Novembre 2008
    In Cina aumentano la disoccupazione e le proteste dei lavoratori

    Un enorme muffin, croccante fuori, soffice dentro: forse pure troppo. L’economia cinese sembra proprio il tipico dolcetto della colazione anglosassone davanti alla prova del “decoupling”, ovvero lo scollamento dello strapotere centrale e trainante dell’economia Usa rispetto al mercato mondiale. Un ruolo nevralgico che si pensava potesse essere assorbito in buona parte, in questi mesi di crisi, dalla Repubblica popolare cinese, la quarta potenza mondiale. E invece la crisi dei mutui ipotecari subprime, in una prima fase, e la eccessiva dipendenza di Pechino dalle esportazioni hanno dimostrato la vulnerabilità del sistema Cina, costringendo il governo di Pechino a una potente riforma finanziaria che serve a rabbonire, prima di tutto, i malumori crescenti della popolazione.

    Quattro milioni di yuan - 580 miliardi di dollari - da spalmare nei prossimi due anni. Se, da una parte, questa cifra può infondere fiducia nelle borse internazionali, dall’altro serve al regime per evitare una possibile resa dei conti interna. Il programma, in dieci punti, tocca i nervi più sensibili della società cinese: rilancio dell’edilizia e delle infrastrutture (case, grandi arterie stradali e ferroviarie) con relative ripercussioni positive sul mercato automobilistico e immobiliare (quest’ultimo segnala un meno 40 per cento nelle transazioni effettuate), e a seguire l’educazione, l’ambiente, la sanità e il welfare, con particolare attenzione per la terza età, tutto a beneficio di milioni di cinesi.

    Si tornerà dunque a cementificare, ricetta vecchia, con particolare sforzo economico nelle aree del Sichuan colpite dal gravissimo terremoto dello scorso maggio. Un modo per ridare una casa dignitosa a migliaia di sfollati: i prezzi degli immobili, in Cina, sono alle stelle, e un lavoratore medio non ha la certezza di potere comprare un modesto appartamento anche dopo una vita intera di lavoro. Ci sono tanti senzatetto che sono stati sfrattati dal governo per fare spazio a nuove aree edificabili.

    Il piano sarà anche l'occasione di ripianare l’insuccesso delle Olimpiadi che, calcolatrice alla mano, si sono dimostrate un investimento a perdere: la Cina ha costruito impianti e strutture ospitanti per 30 miliardi dei nostri euro (a Sydney erano stati investiti appena 1,5 miliardi di dollari), ci si aspettava 2 milioni di turisti e invece ne sono arrivati appena 400 mila con gli hotel a 4 stelle occupati solo per il 30 per cento. Il ritorno economico per i commercianti è stato scarso, i ristoratori hanno perso quasi un terzo dei loro affari e rimane il pesante interrogativo su come utilizzare in futuro le mastodontiche costruzioni realizzate per l’evento.

    Sia chiaro, la liquidità delle banche cinesi rimane solida e l’economia continua a crescere del 9 per cento l’anno, ma quello che preoccupa il governo centrale sono le continue manifestazioni di protesta di tanti lavoratori che, nei diversi settori, si fanno sentire. Queste proteste minano l’apparente, ma fondamentale, armonia tra la base e le gerarchie comuniste - quella miscela ideale che sostiene da sempre il regime rosso. Così Pechino ha compreso che è tempo di mettere mani a un modello di sviluppo diverso che passa, appunto, attraverso un articolato sistema di riforme.

    I malumori dei cinesi sono emersi dalle agenzie di brokeraggio dove, a ogni calo di borsino, i risparmiatori gridavano con le mani fra i capelli: "Maledetti americani!". Il malcontento si è riversato tra i tanti disoccupati (oltre 20.000) che hanno perso il lavoro e tra coloro che rischiano di tornare a casa. Un altro elemento determinante è stata la diminuzione delle esportazioni con il calo delle richieste dall’estero, solo il 9 per cento di crescita dall’inizio del 2008, il tasso più basso negli ultimi 5 anni.

    Le esportazioni sono ancora per un terzo il motore trainante del Pil nazionale. I prodotti cinesi - sempre concorrenziali grazie alle condizioni di lavoro nelle fabbriche e al mancato rispetto dei diritti basilari dei lavoratori - iniziano a perdere ossigeno sia per la recessione globale che per la rivalutazione dello yuan: 67 mila imprese sono in bancarotta e molte compagnie straniere si ritirano dal Paese. Le "fabbriche del mondo", come vengono definite le industrie tra il delta del fiume Yangtze e quello delle Perle, sono state per decenni le fondamenta robuste sulle quali la Cina ha costruito la sua crescita e il suo benessere. Ma oggi da queste zone scappano gli investitori internazionali e chiudono anche le compagnie cinesi. Il rischio è la bancarotta e la disoccupazione.

    Si contano gravi perdite nel settore edilizio e tra le piccole e medie aziende che continuano a tagliare lavoratori. La borsa di Shanghai in un anno è crollata da 6124 punti ai 2154 registrati a settembre, con una perdita di circa il 64 per cento. Il "Wall Street Journal" ha fotografato così la situazione: "Il rallentamento dell’economia cinese dimostra come la Cina debba ancora raggiungere un grado di forza e di autorità necessaria per guidare l’economia mondiale… La Cina occupa solo il centesimo posto nel mondo per reddito pro capite". Il presidente Hu Jintao è davanti a una svolta epocale dettata in primis dal contesto interno più che da quello intercontinentale. Come in una partita a scacchi bisogna bere o affogare, tentare il colpo di genio o rischiare lo scacco matto.

    http://www.loccidentale.it/articolo/...arotta.0061814

 

 
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