Roma.
Domani Forza Italia annuncerà ufficialmente la data del proprio scioglimento, che precipiterà tra febbraio e marzo nella rinascita di quello che a lungo è stato definito “il partito azienda” o “il partito di plastica” in un nuovo soggetto politico, il Pdl.
Partorito – nel clima elettorale post prodiano – dallo slancio del Cav. sul predellino di piazza San Babila a Milano quasi un anno fa, il Partito della libertà esiste nel Palazzo dove rappresenta i gruppi uniti di An e FI
ma, in attesa del congresso, è ancora una sostanza evanescente.
Da interpretare. Cosa sarà?

E’ il lascito di Berlusconi alla politica italiana, il nuovo centrodestra a vocazione maggioritaria destinato a sopravivvere al proprio leader fondatore o un fuochetto da campagna elettorale?
Come si concilieranno la vocazione leggera dei gazebo di FI con il correntismo solido delle tessere di An?
Come gestire la perdita di consensi al nord a vantaggio della Lega?
E’ vero che Gianfranco Fini, Giulio Tremonti e Roberto Formigoni possono aspirare a guidare il nuovo partito in un’ipotetica corsa alla successione?
Ma soprattutto, è immaginabile il Pdl (o FI) senza il Cav?

Don Gianni Baget Bozzo ha vissuto da protagonista la “discesa in campo”
del 1994, l’evoluzione di FI, i passaggi di Berlusconi al governo fino alla vittoria plebiscitaria dell’aprile scorso, oggi all’alba del Pdl parla da pragmatico tifoso:
“Il congresso sarà un enorme spot elettorale per le elezioni europee. Il partito si farà sul serio, ma nel corso di questi duri e lunghi cinque anni di governo a venire, FI e An sono troppo disomogenee tra loro per fare tutto e subito”. E aggiunge:
“Il futuro del Pdl è mantenere diviso ciò che Berlusconi unisce”, cioè costruire una “federazione” tra due culture lontane che si incontrano però nella figura del leader.
“An – prosegue don Gianni – non potrà certo accettare subito un gruppo raccogliticcio come quello di FI. Ci penserà il tempo a sistemare le cose. E d’altra parte sarebbe un errore affrettarsi, penso al Pd e al disastro che è sotto gli occhi di tutti”.
C’è chi paragona il Pdl al gollismo, è il lascito del Cav. al paese?
“Il paragone non regge, l’Italia non è la Francia e Berlusconi non è De Gaulle”.

Maurizio Gasparri, capogruppo del Pdl al Senato, ha spiegato la vocazione storica del Pdl nella cultura del centrodestra italiano ricorrendo alla metafora
del gollismo: tra quarant’anni – diceva – il Pdl ci sarà ancora, “renderà eterno e sublimerà il berlusconismo”.
Don Gianni non dubita della vocazione “a durare”, ma spiega: “La Francia è l’opposto dell’Italia e Berlusconi non è De Gaulle. Noi non abbiamo Repubblica, non abbiamo Nazione (con la maiuscola, ndr).
De Gaulle divise la destra dalla sinistra e salvò la Francia.
Di più: De Gaulle è la Francia, ne ha salvato l’idea nazionale. Berlusconi è un altro fenomeno, tant’è che non unisce gli italiani.
E’ una cosa diversa, è un leader popolare, scelto dal popolo del centrodestra. E se assurge all’immagine di salvatore della patria è anche perché l’opposizione, la sinistra, è un disastro: non è in grado di accedere al governo, è vacua, inconsistente e intrappolata nel passato.
Fino al paradosso che oggi la cultura riformista sta nel governo di centrodestra (Sacconi, Frattini Tremonti, Brunetta).
La sinistra in Italia sa fare politica in un solo modo (fallimentare), pensiamo
all’alleanza tra Veltroni e Di Pietro”.
Ovvero, dice don Gianni: “Loro sono sempre antifascisti contro qualcuno”.
Nonostante le defaillance della sinistra, non sarà facile fondere An e FI.
“FI è il brand politico di Berlusconi, un partito che non è mai esistito. An è invece un gruppo culturalmente coeso, trasformato nella ‘lista Fini’, lasciando indietro qualche pezzo di un partito che tutto sommato, rispetto a FI, ha pur sempre una storia.
Difficile che Fini trasformi i fascisti in antifascisti, sarebbe come chiedere ai democristiani di diventare atei. La fusione è complessa e avverrà lentamente. Grazie al governo”.
E dopo Berlusconi?
“Spe Salvi Berlusconi – dice don Gianni – alla successione non voglio pensarci nemmeno. Tremonti è bravo, ma non è in grado di reggere un intero partito.
Fini è sempre stato un capo, mai un leader. E’ stato un capo per successione legittima, perché erede designato di Almirante, mai per conquista di popolo.
E poi i leader uniscono mentre lui ha diviso persino il proprio partito.
Fini è un importante esponente del Pdl che cerca una nuova collocazione
politica dopo aver abbandonato la precedente”.

Denis Verdini, coordinatore di FI, ha spiegato che il Pdl avrà anche il compito
di recuperare il nord dall’egemonia di Bossi.
“E’ un falso problema – dice Baget Bozzo – La Lega non sarà mai egemone, ha
ambizioni modeste: non di stato ma di comune e di quartiere.
E’ legata a Berlusconi, che le ha dato legittimità. Senza di lui sarebbero
rimasti all’insurrezione. Non governerebbero da nessuna parte, neanche in
Veneto e in Lombardia”.
Ma insomma il Pdl è Berlusconi. “Sì”.

www.ilfoglio.it 20 11 08

saluti