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  1. #1
    Cattolico Tradizionalista
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    Provincia di Lecce - Il mondialismo è una statua di cera, Lady U$A non mi farò mai ammagliare dalla tua bandiera
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    Predefinito Ordine Futuro intervista Rutilio Sermonti

    Fonte: http://www.ordinefuturo.info/index.p...id=70&Itemid=1

    Nella nostra area culturale, umana e politica, il nome di Sermonti non ha certo bisogno di presentazioni ma come Ordine Futuro dobbiamo esprimere una particolare ammirazione per un “uomo di Cultura” che non mai cessato di essere simultaneamente “militante” a tutti gli effetti, per un “vecchio camerata” che si trova perfettamente a suo agio anche con i militanti dell’ultima generazione spronandoli a fare di più e soprattutto a fare meglio.
    Per questo abbiamo deciso di fargli una (prima) intervista in questo momento di crisi del Sistema mondialista.

    - Secondo la neopresidente di Confindustria Marcegaglia, per riprenderci dalla crisi attuale, in Italia, sarebbe auspicabile un aumento dei salari e questo appare possibile solo in seguito a un aumento della produttività e delle vendite. Sembrerebbe un circolo virtuoso da opporre al circolo vizioso attuale. Oggi i lavoratori, pagati sempre meno (abbassamento del costo del lavoro) spendono meno e quindi si ingrippa tutto il meccanismo economico. Basterebbe aumentare gli stipendi per rovesciare il processo e fare aumentare i consumi e quindi la produttività? Oppure c'è qualcosa di più profondo nella crisi della nostra economia?

    La sig.ra Marcegaglia parla dal cuore del sistema capitalistico e nel rigoroso ambito di esso, né, data la sua carica, potrebbe essere altrimenti. E' quindi in condizioni di impossibilità assoluta di intravedere una qualsiasi soluzione.
    E' che non si tratta di una "crisi" congiunturale, ma dell'assurdità insita nel sistema stesso, e anche nel semplice fatto di non uscire dal recinto dell'economia.
    La necessità assoluta dell'industria "moderna" di ridurre il costo del lavoro (automazione, dislocazione, ecc.) non può conciliarsi con quella, altrettanto tirannica, di aumentare le vendite (sviluppo). Per vendere molto, occorrono molti che comprino, e per comprare ci vuole "potere d'acquisto". E da dove lo ricavano, le masse, il potere d'acquisto, se non dal reddito di lavoro? Credere che un tale circolo vizioso, che ha già causato due guerre mondiali e una miriade di minori, possa risolversi con espedienti finanziari o demagogici è soltanto puerile. "Creare" posti di lavoro improduttivi, o aumentare le mercedi a furia di inflazione, di indebitamento dei posteri e di saccheggio del poco patrimonio nazionale che resta, non è semplicemente stolto: è fraudolento e delittuoso. Ma il "sistema" non può offrire altro.

    - A questo punto, un semplice aumento della produttività a fronte di un calo dei consumi a cosa porterebbe?

    Anche ammesso e non concesso che, con tali giochetti, si potesse conseguire un aumento della produttività, non si giungerebbe (come si è ripetutamente giunti) che a quello che loro stessi chiamano un "nuovo 1929", alla sovra-produzione, con corollario di fame, miseria e disperazione. Triste sorte cui -guarda caso- si sottrasse solo la povera Italia oppressa dal tiranno, che, anzi, tra lo stupore di tutto il mondo, proprio in quegli anni riuscì a dotare il paese di colossali infrastrutture ( strade, ferrovie, bonifica integrale, elettrificazione, edilizia pubblica e popolare, ecc.) che portarono ad annoverarla tra le "grandi potenze".

    - Da parte capitalista si richiede a più riprese un abbassamento del costo del lavoro, vale a dire si aumenta lo sfruttamento. A sinistra si parla di ridistribuzione dei capitali e dei ricavi, ma qualcuno potrebbe obiettare che per coerenza, se si ridistribuiscono i ricavi occorrerebbe distribuire anche le perdite. Nel programma di Forza Nuova si parla invece di ricostituire le Corporazioni per la difesa dei lavoratori e nell'interesse di tutta la Comunità nazionale. Come si colloca la proposta corporativa e socializzatrice in una società liberale e a fronte delle proposte marxiste?

    Alle sinistre, pare si sia fermato l'orologio a metà Ottocento e al "Padrone delle ferriere".
    Giustamente -osservi tu - ridistribuire i ricavi ? E quando le industrie sono passive (ipotesi tutt'altro che astratta, credo), che si ridistribuisce, le perdite? Nelle buste-paga, ci mettiamo un bollettino per fare versamenti ? E i lavoratori aspettano, per mangiare, che passi la crisi?
    Lasciando le sinistre al loro usuale bla bla bla, mi dici che Forza Nuova propone di ricostituire le corporazioni per la difesa dei lavoratori.
    Un momento: qui si fa confusione tra corporazioni e sindacati. Di sindacati ce ne sono anche troppi, e si vede a chi sono serviti: solo alle fortune dei sindacalisti. Ma le corporazioni, sia quelle medievali che quelle fasciste, tutelavano il ramo produttivo (l'arte, si diceva), non i lavoratori. E la loro funzione, dopo le leggi del 1926-33, era fondamentalmente quella della programmazione economica (alla quale concorrevano pariteticamente anche i lavoratori), attraverso il loro organo nazionale (Consiglio Nazionale delle Corporazioni). Con la riforma della rappresentanza, nel 1939, esso venne, insieme al C.N. del Partito, a comporre l'organo legislativo (Camera dei Fasci e delle Corporazioni), avente carattere organico e non "ideologico", come quella attuale che rappresenta non il popolo ma i partiti. Ora, tutto il sistema corporativo, compresa la socializzazione che ne è il coronamento, è fondato sulla concezione strumentale dell'economia, che vuol dire economia al servizio della nazione, e non viceversa, come è invece nel liberal-capitalismo. Pensare quindi, in un contesto come l'attuale, a corporazioni nazionali e a socializzazione, significa soltanto incomprensione totale della natura, motivazioni e spirito dell'ordine corporativo; il che è normale per gli antifascisti, che hanno gli occhi bendati dalla faziosità a priori, ma per noi sarebbe il colmo! Non è certo trasformando la FIAT o l'Alitalia in una sorta di elefantiache cooperative, che si caverebbe un ragno dal buco !

    - A proposito della socializzazione e del corporativismo, se la loro applicazione integrale sarà possibile solo in seguito a un cambiamento radicale del sistema politico attuale di ispirazione liberale, cosa possiamo fare in questo senso nel frattempo? Lavorare solo sul piano della divulgazione oppure è possibile creare aree alternative di economia anche prima del crollo del sistema?

    Ritengo che un sistema di tipo corporativo, che è basato, cioè, sulla preminenza della politica (intesa come scienza di governo, non come rissa per il potere) sull'economia, sia l'opposto diametrale di quello vigente. e pertanto instaurarlo oggi equivale a sopprimere quello attuale. Non vedo alcuna possibile compatibilità, neanche parziale, tra i due.
    Il mondo intero controllato dagli speculatori fu dello stesso parere, e infatti mobilitò tutte le sue forze per distruggerci, proprio perché il metodo corporativo da noi creato fu ritenuto capace di demolire, senza colpo ferire, tutto il loro potere.
    La socializzazione, poi, rappresenta la fase più matura e radicale dell'azione corporativa, e non può quindi essere presa in considerazione se non quando i valori e i sistemi corporativi non siano penetrati ben a fondo e assimilati da tutti i produttori. Con la mentalità e i parametri attuali, non si farebbero che grosse e rissose cooperative, del tutto controllate, come le s.p.a. dalla speculazione finanziaria apolide.
    Qual' è, allora, il nostro compito ? E' duplice:
    Il primo ci è stato assegnato chiaramente dal Duce, quando, poco prima della fine, disse, in una famosa intervista a Fossani " I miei veri figli verranno dopo, e saranno quelli che sapranno vedere in me quello che io stesso non ho potuto vedere". Si tratta quindi, non di custodire come in un museo le sue passate realizzazioni, ma di comprenderne il metodo e le finalità, onde svilupparle, e soprattutto renderle feconde ed attuabili in una realtà italiana e mondiale grandemente diversa da quella del terzo e quarto decennio del secolo scorso.
    Il secondo, non meno impegnativo e ormai urgente, preso atto dell'imminenza del crollo del mondo liberal-capitalista, che non sarà causato da noi, bensì dalla sua intrinseca assurdità, come è già avvenuto per il capitalismo di Stato, e anche della degenerazione umana causata dai due, formare la nuova classe dirigente di uomini liberi e con idee chiare, in grado di inaugurare il nuovo ciclo e di restituire al branco belante la dignità umana.
    E' quello che i vecchi come me e i giovani come voi, con caparbia tenacia, stiamo già facendo, ma intensificando l'impegno, il coordinamento e l'unità di strategia.
    Escogitare proposte di rappezzo del grande corpaccio in putrefazione è solo tempo perso, e si rischia di infettarsi. Alla larga !

    - La Chiesa cattolica ha dichiarato che, a livello dottrinario, il comunismo è intrinsecamente perverso, quindi incorreggibile e irrecuperabile. Di fronte ai giganteschi problemi economici, sociali, ecologici e esistenziali generati dal capitalismo mondialista non pensi che un giudizio simile si potrebbe applicare per analogia anche al sistema capitalista?

    Quanto affermi è talmente evidente, che l'omessa condanna totale del liberal-capitalismo da parte del Vaticano può spiegarsi soltanto con la triste costatazione che esso si curi più di rispettare i voleri dei "poteri forti" di Mammona che i precetti di Cristo. Non ci scordiamo che l'attuale cattolicesimo ufficiale è anche democratico, sebbene Gesù insegnasse che la maggioranza segue la via che porta alla perdizione.
    Per la giustizia, dobbiamo però registrare che persino il pentitissimo Woityla, sulle orme del grande Leone XIII, proclamò, nel centenario della Rerum novarum, che l'economia non è in grado di guidare se stessa. Si fermò lì, senza trarne le coerenti conseguenze, ma è già qualcosa.

    - Si parla di continuo di economia globale come di una cosa inevitabile, con tutte le sue conseguenze negative - delocalizzazioni selvagge, licenziamenti, successo delle economie più spietate e disumane in grado di sfruttare di più e esportare a prezzi più bassi, dissesto ambientale, alienazione umana. E' possibile un ritorno al nazionalismo anche in campo economico rialzando le frontiere e le barriere doganali?

    Più che di ritorno al nazionalismo, parlerei di ritorno al primato della politica, intesa questa come perseguimento dell'interesse globale della nazione, anzichè come strumento della bulimia finanziaria di pochi apolidi. Ciò è perfettamente compatibile non solo coi singoli nazionalismi in pacifica competizione, ma anche -e forse più- con le grandi federazioni di nazioni, quale tutti auspichiamo per l'Europa.
    Con tale precisazione, affermo che il totale e incondizionato ripudio della "economia globale", e il ritorno a una economia saldamente pilotata con criteri extra-economici ( del tipo, cioè, di quella italiana dell'anteguerra) è L'UNICA POSSIBILITA' DI SALVEZZA per la specie umana.
    Stando così le cose, non è proprio il caso di sfogliare la margherita chiedendosi: è possibile...non è possibile...? Occorre darci sotto, senza perdere altro tempo nei vaniloqui con cui la moderna pazzia è intenta a suicidarsi.
    Noi siamo gli autori, non un prodotto, della storia.
    Se un uomo non è disposto a correre qualche rischio per le sue idee, o le sue idee non valgono nulla o non vale niente lui.

  2. #2
    Boh..
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    Onore a Sermonti!

 

 

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