Pagina 1 di 10 12 ... UltimaUltima
Risultati da 1 a 10 di 100

Discussione: Essere pagani

  1. #1
    Forumista assiduo
    Data Registrazione
    31 Mar 2009
    Messaggi
    5,583
     Likes dati
    0
     Like avuti
    7
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Essere pagani

    Trovare un cielo sulla terra
    Al di là di dualismo e nichilismo: un approccio pagano.


    Conferenza pronunciata il 15 maggio 1997 in occasione del terzo colloquio del Gruppo d’Orval a Herbeumont dal direttore della rivista Antaios Chistopher Gerard.

    Per gentile concessione della rivista di studi politeisti Antaios fondata nel 1959 da Ernst Jünger e Mircea Eliade.
    Antaios 168 rue Washington bte 2, B 1050 Bruxelles, Belgique. E-mail: antaios_bru@hotmail.com
    Antaios è membro del Centro Mondiale delle Religioni Etniche (CMRE, Vilnius, www.wcer.org)

    Signore, Signori, rileggendo i miei appunti, ritrovo una citazione dell’etnologo Michel Leiris, tratta dal suo libro Le ruban au cou d’OIympia (1981), che mi sembra particolarmente adatta al mio intervento: «Trovare un cielo sulla terra». Leiris puntualizza: «L’uomo moderno (...) cerca di fondare la propria ricchezza su quanto il mondo gli dispensa fra alti e bassi. Superficialità, senza dubbio, e pertanto criticabile, ma quanto preferibile alla falsa profondità dell’apparente comprensione globale fornita da una credenza zoppicante».
    «Trovare un cielo sulla terra» esprime bene quello che ho voluto indicare nel titolo “ufficiale” forse un po’ scolastico di questa mia chiacchierata: «Al di là di dualismo e nichilismo, un approccio pagano».
    Giacché essere Pagano oggi è, a mio avviso, voler superare sia il dualismo delle religioni monoteiste rivelate - che chiamerò per comodità religioni abramiche (Giudaismo, Cristianesimo Islam) - sia il nichilismo, tipico di una modernità singolarmente distruttiva.
    Nel precisare «un approccio pagano», ho voluto insistere su un fatto - oggi io mi propongo di presentare soltanto un approccio al paganesimo, nella fattispecie il mio approccio, hic et nunc. Dunque non intendo in nessun modo rappresentare la totalità della corrente neo-pagana contemporanea. Del resto, sono profondamente convinto che esistano tanti approcci al paganesimo quanti sono i Pagani. E questo non è forse nella natura delle cose, dal momento che il tratto caratteristico dei differenti Paganesimi, vecchi o nuovi, europei o no, consiste precisamente in quest’esaltazione dell’infinita pluralità del reale?
    Ma vediamo che cos’è in realtà quello che viene chiamato Paganesimo.
    Il termine si può prestare a confusioni e malintesi, tanto più che esso è stato forgiato dai suoi avversari. Sono infatti i Cristiani che, nel corso del III e del IV secolo, hanno fatto della parola latina paganus (contadino) una sorta d’insulto.
    I Pagani erano allora presentati come degli zoticoni, degli antiquati che rifiutavano - sfrontati! - di convertirsi alla vera fede, quella del Cristo. Ancora ai nostri giorni, il termine “Pagano” è talvolta inteso come sinonimo di “barbaro”, di “rozzo”, e addirittura, presso certuni, di “ateo”. Ora, esso non è niente di tutto questo.
    Il Paganesimo che io difendo (per esempio nella mia rivista “Antaios”) è agli antipodi della discutibile esaltazione di chissà quale barbarie o quale culto della forza bruta. Lo scrittore ortodosso russo Vladimir Volkoff parla, in uno dei suoi romanzi, di «nietzscheismo da boy-scout vizioso», espressione che mi sembra assai calzante. Se i Pagani hanno sempre reso omaggi alle forze presenti nell’universo, non si tratta per noi Politeisti, né di un culto della violenza e tantomeno d’idolatria.
    Quanto alla presunta rozzezza dei Pagani, mi limiterò a ricordare che da millenni questi ultimi hanno sviluppato metafisiche estremamente raffinate (si pensi ai Presocratici greci alle Upanishad dell’India, alle scuole platoniche, pitagoriche o ermetiche...) e mitologie sontuose di cui l’antropologia strutturale di un Levi-Strauss e il comparatismo di un Dumézil hanno mostrato l’infinita ricchezza. Infine, l’ateismo — non dimentichiamolo — è pressoché sconosciuto nelle società tradizionali. Non parlo qui dell’ateismo di massa, che prolifera nelle nostre società postcristiane. Per questo rimando al libro di Marcel Gauchet sul Cristianesimo come agente del disincanto del mondo (1).
    Se dovessi definire (molto) rapidamente il Paganesimo in quanto coerente visione del mondo, direi che esso è fedeltà alla stirpe - considerata nel quadro di una memoria millenari (quella che ci “re-ligat” [ religio, religione, è appunto l’atto del religare, collegare - n.d.t.], che ci unisce ai nostri antenati lontani) - radicamento in un territorio (termine da prendere lato sensu) e apertura all’infinito. Potrei ugualmente parlare di partecipazione attiva al mondo, d’equilibrio ricercato fra microcosmo e macro cosmo.
    Il Paganesimo è la religione naturale, la religione della natura e dei suoi cicli, la più antica del mondo perché “nata” - ammesso e non concesso che il mondo sia mai nato - con lui. Lungi dall’essere una fissazione di qualche tipo un po’ bislacco o una nostalgia da letterati fermi a qualche mitica Età dell’Oro, oso affermare che il Paganesimo sta per diventare di nuovo la prima religione del mondo. Infatti, se si considerano gli Induisti, gli Scintoisti, i Taoisti, gli animisti e gli adepti - sempre più numerosi - dei culti precristiani d’Europa o delle Americhe (si pensi alla spettacolare rifioritura dello sciamanesimo nell’ex-URSS), dei culti preislamici (Zoroastriani delle regioni turcofone) e persino pregiudaici (penso in particolare ad un gruppo di Ebrei americani che desidera ritornare ai culti politeisti degli Ebrei), si rischia davvero di arrivare a un totale approssimativo di millecinquecento milioni di persone. Il che ne fa, o ne farà presto, il primo gruppo religioso del pianeta. Due potenze nucleari, l’India e la Cina, sono politeiste - una sotto orpelli modernisti, l’altra sotto orpelli marxisti. In piena Pechino si costruiscono templi taoisti, e l’Induismo è divenuto offensivo, dal momento che missioni indù s’installano ai quattro angoli del mondo.
    Per concludere questa breve illustrazione della reale importanza e del carattere non aneddotico del Paganesimo moderno, ricordiamo che il Paganesimo è religione ufficiale dell’Islanda dal 1973, che esso è in parte riconosciuto in Gran Bretagna (ospedali, prigioni eccetera) e negli Stati baltici. In Russia, correnti pagane si sviluppano a velocità vertiginosa, nel bene e nel male, visto e considerato il disastro sociale di questo Paese. Interessarsi al Paganesimo mi sembra dunque pertinente.
    Quello che più spesso si rimprovera ai Pagani, antichi e moderni, è il passatismo. E lo stesso rimprovero che veniva mosso dai marxisti a quei poveri pazzi che non consideravano Marx e Lenin come gli orizzonti insuperabili del pensiero. Questo rimprovero - di non essere «nel senso della storia - è del tutto insensato, dal momento che il Paganesimo non ha una visione lineare del tempo, un tempo visto come avanzata costante verso il Progresso (la Parusìa) a partire da un momento ben definito (la nascita del Cristo etc.). Questa concezione segmentata e lineare del tempo c’è estranea.
    Noi Pagani concepiamo il tempo come ciclico, proprio come i cicli cosmici (quello solare, per esempio, con equinozi e solstizi). In realtà il Paganesimo è una religione dell’anno, e dunque della verità. Il tempo dei Pagani è quello dell’Eterno Ritorno, simile alla grande Ruota che gira e gira senza posa.
    Noi non crediamo né alla creazione né alla fine del mondo. Per noi, non ci sarà apocalisse, ben sì innumerevoli fini di cicli, eternamente ricominciati. Una successione senza inizio né fine di nascite, crescite e declini, di crepuscoli seguiti da rinnovamenti, di cataclismi seguiti da rinascite, in seno a un Ordine (in greco: kosmos) intemporale, in cui uomini e Dei, mortali e Immortali, hanno il loro posto e la loro funzione.
    Il mito del Progresso non ci appartiene. Noi non crediamo al senso della storia (concetto totalitario, a mio avviso), alla “fine” del Paganesimo, alla “morte” degli Dei. Di conseguenza, il rimprovero di adorare divinità morte ci lascia indifferenti.
    I nostri Dei, le nostre Dee non sono morti, per la semplice ragione che non sono mai nati. Apollo e Dioniso, Cernunno ed Epona, Mithra e Perkunas sono eternamente presenti al nostro fianco. Citiamo Eraclito (framm. 30): «Il mondo di fronte a noi - il medesimo per tutti - non lo fece nessuno degli Dei né degli uomini, ma fu sempre, ed è, e sarà, fuoco sempre vivente, che divampa secondo misure e si estingue secondo misure». Questo breve frammento vecchio di venticinque secoli traduce le linee di fondo del pensiero pagano: eternità del mondo, ciclicità del tempo, comunità dei mortali e degli Immortali...
    Se il tempo è lineare, come vorrebbero le teologie giudeo-cristiana e razionalista, il Paganesimo è impensabile, perché “morto”, e scandaloso, perché si muove in direzione contraria al sacrosanto senso della storia.
    Ma se, come tutti noi avvertiamo, il tempo è ciclico, la prospettiva muta radicalmente. Il Paganesimo non è mai potuto morire: perché, a immagine e somiglianza delle innumerevoli divinità che popolano i suoi innumerevoli pantheon, esso non è mai nato. Se le sue forme antiche (liturgie, templi...) hanno ceduto il passo ad altre che pure vi si sono largamente ispirate, tuttavia restano gli archetipi, che sono essi stessi eterni. Un bell’esempio è quello del Cattolicesimo medioevale, rimasto molto pagano: è quello che personalmente chiamerei il Pagano-Cristianesimo (fuochi di san Giovanni, e tutta la mitologia cristiana) (2).
    Per meglio comprendere questa visione pagana del mondo, è indispensabile superare i blocchi mentali — i famosi “ostacoli epistemologici” di Bachelard - indotti dal modo di pensare giudeo cristiano. Marcel Détienne (uno dei maggiori ellenisti contemporanei), puntualizza nella sua illuminante prefazione al bel libro del professor W.F. Otto dedicato agli Dei della Grecia: «Dietro il falso sapere dell’intellettuale e dell’universitario, spunta il grande avversario (...): il cristianesimo, che fa da schermo fra gli Dei greci e noi, e che ci ha imposto in maniera insidiosa un certo modo di pensare la religione. Dapprima inoculandoci il virus dell’interiorità: in base al quale la religione è inseparabile da una relazione personale col Dio, che l’unico contatto possibile con la divinità deve avvenire attraverso un soggetto individuale - un Io che apprenderebbe il sacro grazie a una sorta di protesi dell’anima, l’anima inquieta e pavida delle civiltà malate. Altro male, non meno virulento: che il sentimento religioso nascerebbe da un bisogno di salvezza che va di pari passo con la trascendenza: che la finalità degli Dei consiste nel liberare gli uomini da questo mondo, nel farli salire accanto a sé, nello strapparli a una natura dalla quale sono essi stessi totalmente disgiunti. Con la sua angoscia di salvezza, Le sue gioie segrete di anima peccatrice, il cristianesimo è soprattutto un ostacolo epistemologico: una malattia, uno stato di languore al quale bisogna strapparsi e dal quale bisogna guarire se si vuole riscoprire la figura autentica degli Dei della Grecia» (3).
    La citazione è lunga, ma notevole come perfetto esempio di teologia negativa del Paganesimo. Marcel Detienne ha colto benissimo le differenze fondamentali tra Paganesimo e rivelazioni abramiche. Qualcuno potrebbe obiettare che, nell’Antichità, esisterono delle correnti, minoritarie ma privilegiate dalla ricerca moderna, come l’Orfismo o i Misteri, che conoscono questa ricerca di salvezza personale. Semplicemente, noi non ci abbeveriamo a questa fonte, alla quale preferiamo la religione civile arcaica(4).
    Un altro ellenista, Jean-Pierre Vernant, professore al Collegio di Francia, si è già posto la questione di sapere in quale modo noi potremmo vedere la Luna, Selene, con gli occhi di un Greco, cioè di un Pagano: «Ho potuto provarci in gioventù, durante il mio primo viaggio in Grecia. Navigavo di notte, d’isola in isola; sdraiato sul ponte guardavo, sopra di me, il cielo in cui brillava la luna, luminoso volto notturno, che diffondeva il suo riverbero chiaro, immobile o danzante, sulla cupa distesa del mare. Ero ammirato, affascinato da quel chiarore dolce e strano che bagnava le onde addormentate; ero commosso come davanti ad una presenza femminile, vicinissima e remota ad un tempo, familiare e tuttavia inaccessibile, il cui splendore fosse venuto a visitare l’oscurità della notte. Ecco Selene, mi dicevo, notturna, misteriosa e brillante — è Selene che io vedo» (5)
    Il professor Vernant ha ragione, in questa poetica rievocazione della sua gioventù, a parlare di “visione”. Il Paganesimo è soprattutto una conversione dello sguardo, quello che si rivolge su di un universo del quale noi siamo, insieme alle Dee e agli Dei, una parte integrante. Per meglio assimilare questa visione pagana, questo sguardo pagano, dobbiamo liberarci dal modello del “credente” delle religioni abramiche. Questo termine è realmente privo di senso per un Pagano: egli non crede, aderisce. Allo stesso modo, egli non si converte ad un’altra religione, che sarebbe l’unica vera (e che negherebbe ipso facto tutte le altre perché false, barbare o rozze). Semplicemente, il Pagano ridiviene quello che è sempre stato, perché l’anima è naturalmente pagana. Anima naturaliter pagana.
    Liberarsi, dicevo, dal modello del credente. Uno che crede di potersi assicurare la salvezza individuale ed eterna quaggiù e nell’aldilà, in seno ad una Chiesa che, di fronte agli “infedeli” e ad altri eretici, deterrebbe essa sola il monopolio del Vero e del Bene, e che sarebbe l’unica abilitata a conferire al credente i sacramenti che fanno di lui un “fedele” in opposizione agli infedeli”, gli altri.
    La nostra visione non è dualista, e noi respingiamo come prive di senso le opposizioni artificiali fra Dio creatore e creature, cielo e terra, anima e corpo, credenti e non credenti, ortodossi ed eretici etc. Il Paganesimo è olistico, non dualista, e il nostro cammino è soprattutto ricerca di legami più che di rotture. Ancora una volta, noi non neghiamo l’esistenza, nel Paganesimo antico, di correnti dualiste, alle quali però non facciamo riferimento.
    Gli Dei e le Dee del Paganesimo non sono né unici né onniscienti. Essi non hanno creato questo mondo, ma sono nati in esso e attraverso esso. A mano a mano che l’universo, ciclo dopo ciclo, si organizzava a partire da entità primordiali (Urano e Gaia, per esempio), essi sono scaturiti per generazioni successive. I nostri Dei non sono persone, con le quali stabilire relazioni personali, ma Potenze. Essi incarnano la pienezza dei valori positivi: bellezza, splendore, forza, giovinezza...
    Nel Paganesimo, esiste una comunità d’uomini e Dei, di mortali e Immortali. Nel Simposio Platone parla appunto di «comunanza reciproca d’uomini e Dei». Nel Gorgia, egli precisa: «i dotti affermano che il cielo e la terra, gli Dei e gli uomini sono legati insieme dall’amicizia, il rispetto dell'ordine, la moderazione e la giustizia, e per questa ragione essi chiamano mondo l’insieme delle cose e non disordine e sregolatezza». Molti secoli più tardi, Heidegger dirà: “La terra e il cielo, gli esseri divini e quelli mortali formano un tutto unico”.
    Gli Dei non sono dunque creatori del mondo ex nihilo: come creare qualcosa a partire dal nulla? Essi sono emanazioni del mondo, nel quale si manifestano. Questo concetto di manifestazione è fondamentale nella nostra religione naturale, e si oppone a quello di rivelazione, che per definizione è soprannaturale. Allo stesso modo, noi ignoriamo dogmi e profeti, papi e curati, ortodossi ed eretici, sette e guru.
    Il Pagano è nel mondo, che si sforza, in tutta umiltà, di decifrare per meglio cogliere le innumerevoli manifestazioni del divino. E’ Schiller, mi pare ne “Gli Dei della Grecia”, che diceva: «agli sguardi iniziati, ogni cosa indica la traccia di un. Dio» - ancora questa idea dello sguardo!
    Il Paganesimo non lascia mai che l’uomo si ripieghi su se stesso, sotto il peso del peccato originale. Al contrario, essere pagano consiste precisamente nell’aprirsi all’esperienza del mondo. Vorrei soffermarmi per un momento sull’importanza dello sguardo, che i Greci chiamavano theorìa, osservazione delle manifestazioni del divino. Essa ci riporta all’antica concezione dell’èn tò pàn, che si ritrova sia presso i Presocratici che nelle Upanishad: la dottrina non dualista dell’unità. In questa visione, il mondo non è visto come intimamente malvagio (“Il quaggiù”, termine quasi peggiorativo in francese), incline al peccato, valle di lacrime da attraversare in tutta fretta prima di potere accedere ad un qualche ipotetico “retromondo”. Non bisogna fuggire il mondo, ma affrontarlo, senza Illusioni né speranze di salvezza.
    C’è dunque una reale accettazione del mondo, con tutte le sue infinite imperfezioni, ma considerato pur sempre come manifestazione del genio divino. La sua contemplazione attiva non può che rafforzare il nostro sentimento d’identità col grande Tutto. Queste concezioni intimamente pagane sono sopravvissute in seno alla cristianità europea. Le si ritrova, soffocate, in Scoto Eriugena, Meister Eckhart, Nicola Cusano... Il dogma cristiano del Dio creatore esterno al mondo, sua creazione, è sempre stato contestato. E la famosa tentazione panteista, tanto vilipesa dai teologi ufficiali, gelosi custodi del Vero.
    Già Cicerone, nel De divinatione, precisa: «tutto è pieno di spirito divino e di senso eterno, di conseguenza le anime degli uomini sono mosse dalla loro comunità d’essenza con le anime degli Dei». Ricordate la citazione di Platone, poco più sopra? Ippocrate diceva, secoli prima di Cicerone: «pànta thèia kàt anthròpina» [ le cose sono divine e umane al tempo stesso — N.d.T.]. C’è del divino nel mondano e del mondano nel divino...
    Ho citato prima W.F. Otto, professore all’Università di Tubinga, oppositore del nazionalsocialismo e seguace di Zeus Olimpio. Nel suo notevole saggio sugli Dei della Grecia, dice: «Non è a partire da un aldilà che la divinità opera nel foro interiore dell’uomo, o nella sua anima, misteriosamente unita ad essa. Essa è tutt’uno col mondo. Essa si para dinanzi all’uomo a partire dalle cose del mondo, quando egli è in cammino e partecipa al fermento vitale del mondo. L’uomo fa l’esperienza del divino non attraverso un ripiegamento su di sé, bensì attraverso un movimento verso l’esterno».
    Il Paganesimo ignora dogmi e catechismi. Nessun libro sacro ci prescrive in modo autoritario quello che dovremmo “credere”. La nostra libertà di pensiero resta intatta. Soltanto, il nostro compito consiste nell’onorare Dei e Dee per mezzo di riti, giacché il Paganesimo è una religione d’opere più che di fede. Si tratta, è vero, di una religione vissuta nei gesti: il saluto al Sole e alla Luna, i solstizi e gli equinozi, l’offerta di un grano d’incenso o di qualche fiore...
    Gli Dei non sono persone preoccupate della nostra sorte, bensì Potenze, mai particolari in sé- si tratta sempre dell’Essere del mondo tutto intero, nella manifestazione che gli è propria. Noi Pagani non ci attendiamo alcun soccorso, alcuna salvezza dai nostri Dei. La loro sola esistenza, la sola presenza di queste entità inaccessibili e tuttavia familiari basta a riempirci di gioia, a consolarci dei soprusi dell’esistenza. Se noi non ci aspettiamo nulla dai nostri Dei, anch’essi dal canto loro sono indifferenti alla nostra sorte, ed è giusto così. La morale della retribuzione ci è dunque estranea. Venticinque secoli fa - ieri - Euripide ha espresso perfettamente questo modo di sentire nella sua tragedia Ippolito. Ecco il dialogo che si svolge fra Artemide e il protagonista al momento della sua morte:
    « - Artemide: Addio, non mi è permesso di vedere i morti, né di lasciare che il mio sguardo sta offuscato dall’ultimo respiro di un moribondo. E già ti vedo vicino a questo passo doloroso.
    - Ippolito - Vai pure. E addio dunque, te felice! Possa tu rompere senza soffrire una lunga amicizia».Superbo esempio di superiorità e di distanza, agli antipodi d’ogni sentimentalismo. E qui, indubbiamente, il grande merito di questa filosofia, di questo atteggiamento: mai esitare a dire le cose come stanno, senza abbellirle né lamentarsi, senza lusingarsi, senza nascondere nulla e senza cercare la minima illusione consolatrice.
    Ed eccoci ad un elemento centrale nella concezione pagana del mondo: il Senso del Tragico. Gli Dei non sono onnipotenti, per quanto siano simboli di pienezza. Essi non possono tutto, perché la loro potenza è limitata dal Destino - Virgilio lo chiamava «inexorabile Fatum». Esiste dunque un limite impossibile da superare. Presso i Greci sono le Moire, presso i Romani le Parche, presso gli Scandinavi, le Nome - che filano il destino proprio a ciascuno (6). Queste potenze impersonali e inflessibili sono l’Ordine inviolabile del mondo. Esse sono al di sopra degli Dei, come ricorda Omero: «nemmeno gli Dei, dice Atena, possono allontanare la morte dall’uomo che prediligono quando la fatale Moira colpisce».
    Il senso del Tragico consiste appunto nell’accettazione del Destino: amor Fati. Esso è, del pari, coscienza acuta dei propri limiti e lucido rifiuto di ogni consolazione, considerata cosa indegna di un uomo libero. Un bell’esempio di personaggio tragico è presentato da Jacqueline de Romily nel suo ultimo libro dedicato all’eroe omerico Ettore (7).
    Gli Dei del Politeismo contemporaneo non concedono alcuna ricompensa. E la nostra etica dell’onore che ci comanda di trasmettere un nome senza macchia, di essere fedeli alla parola data e di rispettare i contratti. Il Mithra degli Indo-Iraniani è proprio il Dio amico, quello del contratto.
    Il Paganesimo è una religione non del peccato, ma dell’errore. L’errore supremo è quello che i Greci, nostri maestri, chiamavano hybris: la mancanza di moderazione, dettata dall’orgoglio, che spinge l’uomo accecato a scagliarsi contro l’ordine cosmico. Il più terribile esempio di hybris contemporanea è dato dai totalitarismi moderni, i quali, a furia di voler «cambiare l’uomo» in realtà lo avviliscono.
    Il Paganesimo non postula alcun riscatto. Si tratta, è vero, di una religiosità di questo mondo, una religiosità dell’immanenza: il mondo è sacralizzato. La cosa sembrerà strana per quanti continuano a credere che la sola vera religione sia quella dell’aldilà. Ma essere Pagano oggi vuol dire anche liberarsi da questo genere di cascami. Il Paganesimo non è una religione del terrore, del disprezzo di sé, bensì della piena salute, fisica e psichica: mens sana in corpore sano, diceva Giovenale ( Satire, X, 356). Inoltre il Paganesimo si caratterizza, idealmente parlando, per il suo gusto dell’equilibrio. Sono ancora una volta i Greci a tracciare per noi la via da seguire, col concetto delfico di Méden Agan, (nulla di troppo), illustrato dall’eccezionale senso delle proporzioni dell’arte ellenica.
    Il Paganesimo non è una religione di salvezza (anche se certi culti misterici che assicurano la salvezza agli adepti vi trovano un posto): si tratta invece di una religione terrena, mirante ad assicurare la pienezza ottimale in questo mondo, hic et nunc. Vi si cercherà invano la minima ossessione dell’aldilà. La morte non vi è considerata come elemento centrale (col corollario di un moralismo soffocante, e l’ipocrisia che ne scaturisce). La morte è una tappa nel processo eterno di trasmissione: come diceva Nietzsche — il filosofo col martello — «la Ruota gira» e la danza degli elementi continua, senza inizio né fine. Alla domanda angosciosa «che c’è dopo la morte?», noi aggiungeremo l’altra — «e prima della nascita?». Per noi, i cicli sono cominciati ben prima della nostra nascita e continueranno ancora per molto dopo la nostra scomparsa, a maggior gloria degli Dei. Taliesin, poeta gallese del Medio Evo, ha ben illustrato quest’intuizione (8):

    « Sono stato rivestito di un’altra forma.
    Sono stato salmone azzurro.
    Sono stato cane. Sono stato cervo.
    Sono stato daino sulla montagna.
    Sono stato palo. Sono stato vanga.
    Sono stato scure salda in mano.

    Sono stato gallo variopinto
    Signore di galline schiamazzanti.
    Sono stato stallone nella scuderia.
    Sono stato toro nella fattoria.
    Sono stato setaccio del mugnaio
    Aia del coltivatore.
    Sono stato seme nel solco.
    Sono cresciuto sulla collina.
    Chi mi aveva seminato mi ha raccolto ».

    Questo bel testo è più che sufficiente per concludere questa rapida presentazione del Paganesimo, che, lo ricordo, è soltanto un approccio pagano. Ho voluto citare qui tutta una serie di testi - da Eraclito a Vernant, da Cicerone a Romilly, non per pedanteria ma per meglio mostrare che io sono soltanto una maglia di una catena plurimillenaria. In realtà, io mi considero «parlato» da queste testimonianze di una fede secolare, angariata, perseguitata, soffocata - ma sempre rinascente e indomita.
    Per concludere, affido alla vostra meditazione il seguente testo, dovuto alla penna di Friedrich Hielscher, amico dei fratelli Jünger, oppositore del nazionalsocialismo e fondatore di un gruppo neo-pagano. Nelle sue memorie, egli cita queste parole di un suo amico, il pensatore ebreo Martin Buber: «Sapete, - disse Buber chinandosi verso di me - sapete, signor Hielscher esistono soltanto due possibilità: o Dio è il Creatore che ha creato tutto a partire dal nulla, il Tutto Altro, Colui che sta di fronte al mondo, come diciamo noi Ebrei e le nostre Sacre Scritture, oppure egli è al tempo stesso il Tutto e l’Uno, e il mondo si trova in lui, come diceva Goethe e come dite voi stessi oggi. Nel primo caso, io non posso innalzarmi fino a Lui, perché la creatura che io sono non potrebbe mai superare la distanza che ci separa; nel secondo caso, io non ho alcun bisogno di elevarmi fino a Lui, dal momento che io sono in ogni modo in Lui. E allora, perché tutte queste polemiche?»(9).





    Note

    1 M. Gauchet, Le Désenchantement du monde, Gallimard, Paris 1985
    2 P. Walter, Mythologie chrétienne, Entente, Paris 1992
    3 W. F. Otto, Le Dieux de la Grèce, Payot, Paris 1981
    4 J. P. Vernant, Mythe et religion en Grèce ancienne, Seuil, Paris 1990
    5 R. Boyer, Yggdrasill. La religion des anciens Scandinaves, Payot, Paris 1992
    6 J. P. Vernant, (a cura di), L’Homme grec, Seuil, Paris 1993
    7 J. De Romilly, Hector, Ed, de Fallois, Paris 1996
    8 Cit. in: J. Sterckx, Le Dieux protéens des Celtes et des Indo-Européens, S.B.E.C., Bruxelles 1994
    9 F. Hielscher, cit. in: “Nuovelle Ecole” n. 48, spécial Ernst Jünger, Paris 1996 E-mail: nuovelle-ecole@labyrinthe.fr



    Traduzione di Alessandra Colla e Manuela Badariotti

    Pubblicato sul n. 156, settembre 1997 della rivista Orion
    Società Editrice Barbarossa, Casella Postale 136, 20095 Cusano Milanino (MI)
    Tel. 02 66400383 Fax 02 66400423
    E-mail: orionseb@tin.it

  2. #2
    POPULISTA
    Data Registrazione
    12 Jul 2009
    Località
    ITALIA NAZIONALISTA
    Messaggi
    16,445
     Likes dati
    4
     Like avuti
    284
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Re: Essere pagani

    Originally posted by Harm Wulf
    ...
    Giacché essere Pagano oggi è, a mio avviso, voler superare sia il dualismo delle religioni monoteiste rivelate - che chiamerò per comodità religioni abramiche
    L'analisi che posso fare è dal punto di vista gnostico. È vero che lo gnosticismo, con tutte le sue schiere di potenze, di esseri intermedi (demiurghi, arconti, etc.) è un ponte tra paganesimo è cristianesimo, ma è anche vero che è una religione dualista. Il dualismo non è qualcosa di sbagliato se consideriamo che l'intero universo esiste e va avanti grazie al diverso rapporto tra negativo e positivo, + e -, 1 e 0... lo stesso codice binario è un linguaggio universale.
    Tuttavia non definirei lo gnosticismo religione abramica sebbene vi siano dei rapporti, in quanto insegna che il dio del Vecchio Testamento è un dio falso e diverso da quello del Nuovo.

    Il Paganesimo è la religione naturale, la religione della natura e dei suoi cicli, la più antica del mondo
    Su questo punto noi gnostici pensiamo due cose: in disaccordo coi cattolici e con gli ortodossi siamo convinti che le potenze cui credono i pagani (e i neo-pagani) siano realmente esistenti, però tendiamo ad indentificarle ad esseri (arconti) ostili allo spirito dell'uomo: sono coloro che governano i cieli inferiori e impediscono all'anima di risalire attraverso i vari cieli per raggiungere il vero Dio inconoscibile e nascosto.
    Se per noi la natura, che identificiamo con la materia (hyle), è qualcosa di ostile all'uomo ne consegue che il paganesimo, sebbene non lo riteniamo falso come dicono i cattolici, ma vero, sia quanto meno contrario ai reali bisogni metafisici dell'uomo.

    Noi Pagani concepiamo il tempo come ciclico, proprio come i cicli cosmici (quello solare, per esempio, con equinozi e solstizi).
    Anche gli gnostici.

    Gli Dei non sono dunque creatori del mondo ex nihilo: come creare qualcosa a partire dal nulla? Essi sono emanazioni del mondo, nel quale si manifestano.
    Per noi sono gli arconti emanati dalla monade suprema, decaduti e creatori attravero la materia preesistente e reggitori dei cieli.

    Il Paganesimo non lascia mai che l’uomo si ripieghi su se stesso, sotto il peso del peccato originale. Al contrario, essere pagano consiste precisamente nell’aprirsi all’esperienza del mondo.
    Anghe gli gnostici negano l'idea malsana del peccato originale e attribuisco poco valore al libero arbitrio, tuttavia essi fuggono il mondo considerato come "terra straniera" e aspirano a ritornare alla loro antica "patria celeste".
    2010:

  3. #3
    Grande Capo
    Data Registrazione
    07 Mar 2002
    Messaggi
    951
     Likes dati
    0
     Like avuti
    1
    Mentioned
    1 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Re: Essere pagani

    Originally posted by Harm Wulf
    Trovare un cielo sulla terra
    Al di là di dualismo e nichilismo: un approccio pagano.

    Conferenza pronunciata il 15 maggio 1997 in occasione del terzo colloquio del Gruppo d’Orval a Herbeumont dal direttore della rivista Antaios Chistopher Gerard.

    semplicemente C.O.M.P.L.I.M.E.N.T.I. ! ... c'e' dell'altro, xo'
    Abrezio

    ho provveduto ad arkiviare il 3d completo
    RISORGIMENTO, ILLUMINISMO e REDENZIONE
    Abrezio

  4. #4
    Mjollnir
    Ospite

    Predefinito

    Ma tu non eri laico-agnostico

  5. #5
    Mjollnir
    Ospite

    Predefinito Re: Re: Essere pagani

    Originally posted by Ichthys
    [B]

    L'analisi che posso fare è dal punto di vista gnostico. È vero che lo gnosticismo, con tutte le sue schiere di potenze, di esseri intermedi (demiurghi, arconti, etc.) è un ponte tra paganesimo è cristianesimo, ma è anche vero che è una religione dualista. Il dualismo non è qualcosa di sbagliato se consideriamo che l'intero universo esiste e va avanti grazie al diverso rapporto tra negativo e positivo, + e -, 1 e 0... lo stesso codice binario è un linguaggio universale.
    Tuttavia non definirei lo gnosticismo religione abramica sebbene vi siano dei rapporti, in quanto insegna che il dio del Vecchio Testamento è un dio falso e diverso da quello del Nuovo.

    [B]

    Su questo punto noi gnostici pensiamo due cose: in disaccordo coi cattolici e con gli ortodossi siamo convinti che le potenze cui credono i pagani (e i neo-pagani) siano realmente esistenti, però tendiamo ad indentificarle ad esseri (arconti) ostili allo spirito dell'uomo: sono coloro che governano i cieli inferiori e impediscono all'anima di risalire attraverso i vari cieli per raggiungere il vero Dio inconoscibile e nascosto.
    Se per noi la natura, che identificiamo con la materia (hyle), è qualcosa di ostile all'uomo ne consegue che il paganesimo, sebbene non lo riteniamo falso come dicono i cattolici, ma vero, sia quanto meno contrario ai reali bisogni metafisici dell'uomo.

    [B]

    Anche gli gnostici.

    [B]

    Per noi sono gli arconti emanati dalla monade suprema, decaduti e creatori attravero la materia preesistente e reggitori dei cieli.



    Anghe gli gnostici negano l'idea malsana del peccato originale e attribuisco poco valore al libero arbitrio, tuttavia essi fuggono il mondo considerato come "terra straniera" e aspirano a ritornare alla loro antica "patria celeste".

    E' precisamente questo disprezzo del mondo e questa condanna radicale della materia che mi fa diffidare dello gnosticismo.
    Qualunque forma spirituale che senta come un dramma ed una assurdità il divenire e la molteplicità, che senta il bisogno di giustificarlo o "redimerlo" è estranea alle nostre radici ed è da tenere in sospetto.
    Il dualismo, poi, se mescolato alla frattura radicale introdotta dal creazionismo (creatore-creatura) diventa assolutamente catastrofico, mentre in un sistema per così dire monista i vari dualismi si possono comporre in una visione armonica.

  6. #6
    Trad-Rad
    Data Registrazione
    03 Aug 2002
    Località
    Ultima Thule
    Messaggi
    323
     Likes dati
    0
     Like avuti
    0
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Re: Re: Re: Essere pagani

    Originally posted by Mjollnir



    E' precisamente questo disprezzo del mondo e questa condanna radicale della materia che mi fa diffidare dello gnosticismo.
    Qualunque forma spirituale che senta come un dramma ed una assurdità il divenire e la molteplicità, che senta il bisogno di giustificarlo o "redimerlo" è estranea alle nostre radici ed è da tenere in sospetto.
    Il dualismo, poi, se mescolato alla frattura radicale introdotta dal creazionismo (creatore-creatura) diventa assolutamente catastrofico, mentre in un sistema per così dire monista i vari dualismi si possono comporre in una visione armonica.
    A queste considerazioni, che trovo corrette, aggiungo che il "sentimento del peccato" cacciato dalla porta rientra dalla finestra laddove gnosticamente e dualisticamente si neghi l'idea del peccato originale, salvo condannare la materialità e aspirare al "Regno celeste".

    Il paganesimo è invece un'esaltazione del dato reale, e la sua visione all'interno del cosmo e della dimensione metafisica.

  7. #7
    Grande Capo
    Data Registrazione
    07 Mar 2002
    Messaggi
    951
     Likes dati
    0
     Like avuti
    1
    Mentioned
    1 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito

    Originally posted by Mjollnir
    Ma tu non eri laico-agnostico
    laico di ke !?.. no no,laico no... civilista ho detto ed anke agnostico, ma anke altro ancora; ... se saprai ben guardare, se non sei un fanatico, in tutto e tutte le skuole e dottrine scoprirai una parte di verità... bisogna razionalizzare e prendere ciò ke di giovamento offrono e scartare ciò ke di pernicioso ed inutile (kuando non dannoso... come i contenuti e pratica della kattokristica religio) prevaricando, impongono (dogmi compresi).-
    mandi fradi
    Abrezio
    RISORGIMENTO, ILLUMINISMO e REDENZIONE
    Abrezio

  8. #8
    Moderatore
    Data Registrazione
    30 Mar 2009
    Località
    Messina
    Messaggi
    18,411
     Likes dati
    1,422
     Like avuti
    1,210
    Mentioned
    2 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito

    Riporto anche nella presente - e assai consona - sede questo bel thread, con i migliori auguri per il nuovo forum...

    Saluti.

  9. #9
    POPULISTA
    Data Registrazione
    12 Jul 2009
    Località
    ITALIA NAZIONALISTA
    Messaggi
    16,445
     Likes dati
    4
     Like avuti
    284
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito Re: Re: Re: Essere pagani

    Originally posted by Mjollnir


    E' precisamente questo disprezzo del mondo e questa condanna radicale della materia che mi fa diffidare dello gnosticismo.
    Qualunque forma spirituale che senta come un dramma ed una assurdità il divenire e la molteplicità, che senta il bisogno di giustificarlo o "redimerlo" è estranea alle nostre radici ed è da tenere in sospetto.
    Il dualismo, poi, se mescolato alla frattura radicale introdotta dal creazionismo (creatore-creatura) diventa assolutamente catastrofico, mentre in un sistema per così dire monista i vari dualismi si possono comporre in una visione armonica.
    Il dualismo di cui parlano gli gnostici non è tra creatore e creatura, ma tra luce/spirito e materia oscura.

    I pagani non possono negare che la materia e la natura siano ostili alle reali aspirazioni dell'uomo. Gaia, la madre Terra, le leggi naturali, gli istinti bestiali e tutto il resto se ne infischiano dei bisogni metafisici dell'uomo.

    Ogni uomo non è il suo corpo, ma lo pneuma: esso è l'entità originaria ricoperta dalla psyche e dal corpo (diviso in corpo semimateriale e materiale).
    Lo pneuma è il principio acosmico trascendente nell'uomo, in genere nascosto e non svelato nelle sue preoccupazioni terrene, o che si rivela negativamente in un sentimento di estraneità, di non completa appartenenza, e che diviene positivo quaggiù soltanto per mezzo della Gnosi tramite Cristo, la quale nella contemplazione della luce divina di cui è parte gli fornisce un contenuto acosmico di ciò che le è proprio e lo restituisce così nella sua primitiva condizione, ora oscurata.
    Il termine psyche è riservato al rivestimento cosmico manifesto. L'anima viene creata col corpo e soffre degli influssi della materia (ma non lo spirito); l'anima aspira ad essere liberata ma è trattenuta dal corpo che la tiene a sé per mezzo del corpo semimateriale. Il compito dello spirito è quello di strappare l'anima ai vincoli materiali, impedendogli così di reincarnarsi ancora rischiando di subire ulteriori cadute e deterioramenti, e di recarla con sé, attraverso i vari cieli o dimensioni governate dagli dèi inferiori e dagli arconti del destino, alla Luce fondendosi con essa, come una goccia nel mare.



    L'uomo ha due principi spirituali: una è dalla Prima Mente e partecipa anche del potere del Demiurgo, l'altra è stata immessa dalla rivoluzione dei cieli ed in questa penetra l'anima che vede Dio.
    Stando così le cose, l'anima che è discesa dentro di noi dalle sfere segue il corso delle rivoluzioni delle sfere; ma quella presente in noi come mente della Mente (Nous / Logos) è superiore alla mozione che opera il divenire, ed è da essa che proviene la liberazione dall'heimarméne e l'ascesa al Pléroma.

    Se può interessare, il tema dell'anima planetaria è affrontato dalla letteratura mandea e dalla Pistis Sophia.

    ICQUS
    2010:

  10. #10
    Mjollnir
    Ospite

    Predefinito

    Grazie per le tue interessanti precisazioni, Ichthys.
    A mia volta specifico, per quanto riguarda il dualismo, che in effetti non lo ritengo di per sè esecrabile; avevo infatti affermato

    "Il dualismo, poi, se mescolato alla frattura radicale introdotta dal creazionismo (creatore-creatura) diventa assolutamente catastrofico, mentre in un sistema per così dire monista i vari dualismi si possono comporre in una visione armonica".

    E' evidente che un dualismo integrato in una visione unitarista dell'essere del mondo non è talmente pericoloso, in quanto viene per così dire depotenziato fino ad essere "di 2° grado", e riguardante forse + il nostro atto conoscitivo che il mondo in sè.

    Per quanto riguarda la natura, direi che per il pagano non è tanto essa un male in sè quanto il pensarla come solamente materiale, appunto come principio di indeterminazione e di confusione. In questa visione la natura-physis non può mai essere assolutamente natura-naturalistica (nel significato deteriore) appunto perchè, esistendo, deve in qualche misura partecipare della forma e di un principio di strutturazione ed ordinamento comune a tutto l'essere. In questo senso la materia è il non-essere assoluto; finchè quindi una cosa esiste realmente, non può essere esclusivamente materia.

 

 
Pagina 1 di 10 12 ... UltimaUltima

Discussioni Simili

  1. essere pagani oggi
    Di Morning Star nel forum Paganesimo e Politeismo
    Risposte: 33
    Ultimo Messaggio: 18-11-08, 22:01
  2. Essere pagani?
    Di Strangolatore di Dresda nel forum Paganesimo e Politeismo
    Risposte: 21
    Ultimo Messaggio: 04-07-05, 22:24
  3. Essere pagani
    Di Harm Wulf nel forum Esoterismo e Tradizione
    Risposte: 6
    Ultimo Messaggio: 25-12-02, 22:03
  4. Essere pagani
    Di Harm Wulf nel forum Destra Radicale
    Risposte: 2
    Ultimo Messaggio: 02-12-02, 01:39
  5. Essere pagani
    Di Harm Wulf nel forum ZooPOL
    Risposte: 0
    Ultimo Messaggio: 30-11-02, 16:44

Permessi di Scrittura

  • Tu non puoi inviare nuove discussioni
  • Tu non puoi inviare risposte
  • Tu non puoi inviare allegati
  • Tu non puoi modificare i tuoi messaggi
  •  
[Rilevato AdBlock]

Per accedere ai contenuti di questo Forum con AdBlock attivato
devi registrarti gratuitamente ed eseguire il login al Forum.

Per registrarti, disattiva temporaneamente l'AdBlock e dopo aver
fatto il login potrai riattivarlo senza problemi.

Se non ti interessa registrarti, puoi sempre accedere ai contenuti disattivando AdBlock per questo sito