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    Predefinito Un israeliano in Palestina

    http://it.peacereporter.net/articolo...o+in+Palestina

    Posto solo il link perchè stranamente non mi fa incollare il testo.

    La notizia non è fresca, ma vedendo ieri Report alcune cose che i media non dicono mai sono state dette.

    Le concessioni edilizie ai palestinesi non vengono mai concesse in quel di Gerusalemme, vengono demolite le loro case e sono impossibilitati a ricostruirle, se invece un ebreo vuole costruire l'amministrazione locale "stranamente" concede il permesso.
    Un ottimo esempio di convivenza civile e di uguaglianza.

    Fortunatamente ci sono israeliani che hanno capito come convivere e farsi volere bene, quando un giornalista chiedeva ad un bimbo palestinese a cui hanno demolito la casa cosa pensasse degli ebrei questi diceva "voglio uccidere tutti gli israeliani", da quando questa associazione ricostruisce case per e con i palestinesi il parere dello stesso bimbo cambiava notevolmente "apprezzo gli israeliani per l'aiuto", la pace si costruisce dalla base, dalla convivenza civile.

  2. #2
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    Predefinito

    mano nella mano col nemico
    fonte peace reporter

    24/11/2008
    Mano nella mano col nemico




    In una scuola pubblica israeliana per arabi ed ebrei imparano a conoscersi e a dialogare


    La tregua in atto tra Hamas e Israele rischia in questi giorni di infrangersi per la ripresa delle azioni militari nella Striscia di Gaza e dei lanci di razzi verso il territorio israeliano. I rapporti tra il governo israeliano e l'Autorità Palestinese del presidente Abu Mazen sono congelati per via delle dimissioni del premier israeliano Olmert e per l'imminente fine del mandato del presidente Abu Mazen. In periodi come questi, i contatti tra ebrei israeliani e palestinesi si riducono ai minimi termini, mentre cresce sempre più velocemente la distanza tra i mondi di due popoli così vicini, separati da un muro.

    Per quanto le soluzioni politiche siano distanti, tuttavia, nelle società civili israeliana e palestinese c'è chi non si arrende e continua a costruire ponti tra arabi ed ebrei. Tra queste realtà ce n'è una molto conosciuta, si trova a Gerusalemme. É la scuola Hand in Hand, uno dei rari istituti statali in Israele dove arabi ed ebrei possono studiare assieme, sulla base di programmi improntati al multiculturalismo. Conoscersi e condividere esperienze sono le le sfide con cui i bambini tra i 10 e i 16 anni della scuola si devono confrontare, sia tra i banchi che sui i campi di gioco. La miglior vetrina di questa iniziativa sono infatti gli sport, che notoriamente sono palestra di vita. Bambini e bambine arabi e israeliani giocano assieme, soprattuto a basket, e mostrano una sorprendente capacità di scavalcare le barriere culturali, valorizzando le differenze e superando le paure che le due società instillano continuamente negli adulti. Una paura reciproca che i bambini superano con grande facilità, gettando il seme del dialogo nelle rispettive comunità. Molti pensano che se un giorno l'attuale classe politica smetterà di ostacolare le soluzioni pacifiche del conflitto, questi giovani potranno essere la futura classe dirigente. Di Israele, s'intende, perché i palestinesi che vi partecipano sono arabi con cittadinanza israeliana, da sempre discriminati all'interno di Israele. I palestinesi dei territori occupati per il momento non hanno nulla di simile, non ci sono scuole nei territori in cui si insegni anche l'ebraico.

    Il progetto Hand in Hand ha preso il via nel 1997 in Galilea, nella cittadina di Misgav. In seguito è stata aperta un altra scuola a Gerusalemme e una terza a Wadi Ara, nel centro del paese. Quest'ultima è un caso unico nel suo genere, visto che si trova in un villaggio arabo, l'unico in cui si rechino a studiare anche bambini ebrei. Oggi le tre scuole accolgono oltre novecento studenti che imparano in un contesto completamente bilingue: ogni centro ha un direttore arabo ed uno ebreo e le classi, a loro volta, un insegnante arabo e uno ebreo. Oltre che con i bambini, il progetto Hand in Hand punta a coinvolgere anche i genitori e i leader delle rispettive comunità, creando occasioni di incontro e scambio tra le due distinte storie, esperienze e identità religiose.

 

 

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