Il blogger iraniano arrestato http://www.loccidentale.it/articolo/...khshan.0062068


Il silenzio sulla storia di Hossein è un tradimento alla democrazia




di Marco Taradash


24 Novembre 2008



Il più noto dei blogger iraniani, Hossein Derakhshan, è stato arrestato nei giorni scorsi a Teheran, con l’accusa di spionaggio a favore di Israele. Il suo caso non è consueto, anzi presenta qualche ambiguità o stranezza. Derakhshan ha lasciato l’Iran nel 2000 e si è stabilito in Canada dove ha iniziato la sua attività di blogger anti-regime in lingua farsi e in inglese, ottenendo un enorme successo, tanto da conquistarsi l’appellativo di “Blogfather” dei numerosissimi blogger iraniani (anche Ahmadinejad ha il suo..). In Canada Derakshan ha scoperto presto l’antiamericanismo e il pacifismo, e nei suoi commenti ha cercato di conciliarli con la denuncia della repressione delle libertà civili e di parola in Iran. In questo modo si è conquistato grande spazio nei mass media canadesi ed una collaborazione col Guardian di Londra.
Nel 2005 è brevemente tornato a Teheran per un ciclo di conferenze sui blog e non senza difficoltà ha riottenuto qualche tempo dopo il visto per l’espatrio. Con passaporto canadese nel 2006 ha compiuto un viaggio in Israele, allo scopo – spiegò nel suo blog - di mostrare la vita quotidiana del popolo ebraico ai suoi ventimila lettori e di smascherare i pregiudizi antisemiti: “La Repubblica Islamica ritrae Israele come lo stato del male, col disegno consensuale di uccidere ogni singolo uomo e donna che pregano Allah, inclusi gli iraniani. Io voglio sfidare questa rappresentazione. Come attivista della pace, ho intenzione di mostrare agli israeliani che la vasta maggioranza degli iraniani non si identifica con la retorica di Ahmadinejad, a dispetto di ciò che appare all’estero. Voglio dire loro che ogni genere di azione violenta contro l’Iran potrebbe solo danneggiare i giovani iraniani che stanno gradualmente riformando il sistema e avvantaggiare i settori radical”.
Derakhshan ha spesso criticato organizzazioni come Reporters Sans Frontiere o Human Rights Watch sostenendo che le loro campagne contro la censura e la violazione dei diritti umani in Iran sono spesso controproducenti e servono gli interessi americani piuttosto che quelli degli iraniani. Derakhshan è insomma animato da uno spirito patriottico molto personale, al punto da difendere, nelle numerose interviste che ha rilasciato negli ultimi due anni, il buon diritto dell’Iran di possedere l’arma nucleare a scopo difensivo, ma solo dopo che il governo del suo paese ristabilisse rapporti di amicizia con gli Usa e con Israele. E in ogni caso si è detto pronto a rientrare in patria nell’eventualità che l’Iran divenisse oggetto di un attacco da parte dell’Occidente.
Oltretutto, dopo il suo viaggio in Israele, il suo blog si è riempito di critiche nei confronti della politica israeliana e di elogi nei confronti della presunta svolta del premier Ahmadinejad, che a suo dire avrebbe lasciato cadere le minacce nei confronti dello stato ebraico.
Che cosa l’abbia riportato ora in Iran non è chiaro. Tanto che su internet circolano le ipotesi più diverse. C’è chi sostiene che in realtà questo arresto faccia parte di un doppio gioco che Derakhshan ha condotto in questi anni e che potrebbe attuare con più autorevolezza dopo qualche settimana passata nelle camere di tortura del regime. A rafforzare questo sospetto sta lo scontro che Derakhshan ha sostenuto con un altro autorevole esule iraniano negli Usa, Mehdi Khalaji, membro del neoconsevatore Istituto per la Politica nel Vicino Oriente, da lui accusato di servire gli interessi dei nemici dell’Iran e dell’umanità, con conseguente denuncia per diffamazione e richiesta di risarcimento di 2 milioni di dollari. Derakhshan sarebbe insomma una spia, non di Israele ma dello stesso Iran.
Altri invece ipotizzano che Derakhshan sia stato costretto a rientrare in patria per minacce di ritorsione che potrebbero aver subito i suoi familiari e ricordano come, al di là della sua visione politica, Derakhshan abbia sempre difeso la libertà di espressione e i diritti degli oppositori interni, e continuato a denunciare con forza ogni tratto antisemita negli interventi dei sostenitori del regime.
Al di là di ogni supposizione, che al momento non può avere riscontro, resta il fatto che Derakhshan si trova chiuso nelle galere iraniane, e che è necessario fare di tutto per evitargli il supplizio di percosse, violenze psicologiche e torture che è stato riservato, fra gli altri, agli studenti arrestati nel dicembre 2006 dopo una contestazione nei confronti di Ahmadinejad all’Università di Teheran.
Uno di questi, Majid Tavakkoli, ha raccontato qualche giorno fa la sua esperienza al quotidiano online Rooz. Dopo le torture in carcere ha sì ottenuto la riammissione all’Università, ma senza la possibilità di dare esami, in attesa di un suo ravvedimento. Che però non arriva, tanto che Tavakkoli, dando prova di un coraggio straordinario, ha invitato gli studenti a non partecipare alla preparazione delle prossime elezioni politiche: “Contribuire a questa situazione e difendere questo tipo di elezioni sarebbe un tradimento verso la democrazia”. Lo sarebbe anche il silenzio sulla vicenda di Hossein Derakhshan.