Ubriaco e drogato contro la fermata del bus. Ora torna nel villaggio abusivo
Travolse undici pedoni
Agli arresti nel campo rom
Protestano il sindaco e Mantovano: scelta dissennata
ROMA — A Regina Coeli è rimasto solo venti giorni. Fino a ieri pomeriggio, quando il Tribunale del riesame ha deciso che Bruno Radosavljevic può attendere il processo agli arresti domiciliari. Dove? Nel campo nomadi abusivo in cui abitava anche prima del 5 novembre, quando ubriaco e drogato, al volante della sua Bmw, è piombato su 13 persone che aspettavano l'autobus ad Acilia. Undici i feriti, solo per un colpo di fortuna non ci è scappato il morto.
Le ragioni che hanno spinto il collegio a scarcerare Radosavljevic, di origine croata, nato a Torino 26 anni fa, si chiariranno quando saranno depositate le motivazioni. Intanto però è polemica. Il più duro è il sottosegretario all'Interno, Alfredo Mantovano: «Giudici dissennati», si infuria. «L'autorità giudiziaria — osserva — con un solo provvedimento premia chi ha rischiato di uccidere per un fatto non accidentale, consacra l'illegalità collocando il croato in un campo nomadi abusivo e pone le condizioni di una nuova concreta minaccia alla vita delle persone, trattandosi di un domicilio di difficile controllo». Mantovano non risparmia una stoccata ai vertici dell'Associazione nazionale magistrati: «Avevano ragione il presidente e il segretario dell'Anm quando qualche giorno fa hanno invocato l'intervento dell'Onu: sono necessari i caschi blu, ma quale forza di interposizione fra i cittadini onesti e giudici così dissennati».
Il Tribunale del Riesame ha commesso «un errore» anche per il sindaco di Roma, Gianni Alemanno: «È un segnale sbagliato, perché non si possono concedere i "domiciliari" a chi ha dimostrato un tale disprezzo della vita. Credo questa decisione debba essere rivista». Radosavljevic è accusato di lesioni volontarie (l'equivalente dell'omicidio volontario, se qualcuno ci avesse rimesso la vita), ipotesi di reato che i giudici non hanno messo in discussione. «E questa è la cosa più importante», dice il pm Delia Cardia, titolare dell'inchiesta. La procura non vuole commentare il provvedimento, ma fra i pm serpeggia una certa perplessità. «Era il caso di pensarci meglio», osserva qualcuno. «Si poteva evitare il campo nomadi abusivo», aggiunge un altro. Impassibile il procuratore, Giovanni Ferrara: «Dopo aver letto le motivazioni — annuncia — valuteremo se impugnare l'ordinanza». Sul fronte opposto, nemmeno il difensore del nomade, Andrea Palmiero, è soddisfatto del tutto. «È una vittoria a metà — precisa —, visto che non è stata modificata l'imputazione. Pur rispettando le parti offese e ritenendo gravi i fatti contestati, credo che fosse più giusto applicare il reato colposo, per il quale non c'è arresto né misura cautelare in carcere». Per di più l'avvocato teme il ritorno di Radosavljevic a casa, nel campo nomadi di Dragona, vicino ad Acilia. «Spero che non gli succeda nulla di male», dice temendo ritorsioni. Il rom, dal canto suo, continua a giurare di essere «molto frustrato» per ciò che è accaduto: «Bruno ha preso subito coscienza di quello che ha fatto e ha chiesto scusa — racconta il penalista —. Certamente non voleva che capitasse una cosa del genere».
Lavinia Di Gianvito
25 novembre 2008
http://www.corriere.it/cronache/08_n...4f02aabc.shtml