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Dimissioni in bianco. Si può fare
Martedì 25 Novembre 2008 123
di Cosimo Pierre ROMA – Se qualcuno, fra gli elettori del centro-destra, crede ancora nella critica al mercatismo del ministro Tremonti e nel fatto che il Governo berlusconiano ha a cuore la condizione dei lavoratori dipendenti, soprattutto se donne e in attesa di un erede, adesso farebbe bene a ricredersi, sempre che sia ancora in grado di ragionare.
Dopo i numerosi provvedimenti che restituiscono alle libere professioni e alla libera impresa la facoltà di pagare la quantità di imposte che si desidera, mentre nessuna defiscalizzazione di salari e stipendi è nemmeno nelle ipotesi, il Governo ha pensato bene, con il decreto legge n.112 del 25 giugno 2008, collegato alla finanziaria 2009, di abrogare la legge n. 188 del 2007, riguardante uno dei fenomeni di maggiore ingiustizia sociale e di discriminazione fra i sessi sul posto di lavoro che un Paese considerato civile dovrebbe in tutti i modi impedire: le dimissioni coartate e anticipate del lavoratore al momento dell'assunzione.
Come noto, all'inizio del rapporto di lavoro, molto spesso viene fatta firmare al dipendente una lettera di dimissioni senza data, che, poi, il datore di lavoro, nelle microimprese e in tantissimi studi professionali, utilizza quando decide di non avere più bisogno del lavoratore. Lo stratagemma, imposto al nuovo assunto, è rivolto soprattutto alle donne ed utilizzato contro di loro nel momento in cui sono in attesa di un figlio. Il datore di lavoro, così, evita di pagare cinque mesi di stipendio per il congedo di maternità e, nello stesso tempo, assumere un'altra persona per sostituire la futura mamma.
Il Governo Prodi aveva vietato questa prassi da padroni delle ferriere, con la legge n. 188 del 2007. Questa legge imponeva, a pena di nullità, che il lavoratore dimissionario esprimesse la sua volontà esclusivamente su un modulo predisposto dal Ministero del Lavoro, contenente un codice di identificazione e la data certa. Uno dei tanti abusi dei datori di lavoro era stato finalmente vietato.
Naturalmente, il Governo Berlusconi-Tremonti, esclusivamente interessato alle esigenze delle imprese, ha pensato bene di depennare questa norma di garanzia anti-discriminazioni, con il decreto legge n. 112 del 2008 collegato alla finanziaria 2009, insieme a tutte le altre predisposte dal precedente Governo che intendevano tutelare il lavoro, la sicurezza, la dignità delle persone. Come sempre, l'elettorato di riferimento di questa maggioranza (professionisti, lavoratori autonomi, microimprenditori) ha festeggiato, perché gli è stata restituita la più ampia facoltà di utilizzare la manodopera come semplice costo di produzione, da innalzare o abbassare a seconda delle esigenze del ciclo economico.
La vicenda ha provocato anche il licenziamento in tronco della consigliera nazionale di Parità, Fausta Guarriello, la quale, come appare perfino ovvio, aveva criticato il provvedimento, proprio in nome dell'incarico che le era stato conferito, dato che il ripristino delle dimissioni in bianco è un arma rivolta soprattutto contro le donne.
La Fiom ha stigmatizzato l'episodio, denunciando che "Guarriello è stata rimossa perché colpevole di non aver condiviso l'abrogazione della legge 188 sulle dimissioni volontarie e i provvedimenti legislativi sulla detassazione dello straordinario, così come l'annullamento di politiche di incentivo a favore dell'occupazione femminile".
Ma la ministra Carfagna, autoproclamatasi senza ragioni evidenti, paladina dei diritti delle donne, non ha niente da dire sull'abrogazione di un provvedimento, come quello sulle dimissioni in bianco, chiaramente a sfavore delle lavoratrici e, quindi, in totale contrasto con le norme in materia di pari opportunità?