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    Predefinito Se la destra cita Gramsci. Invito alla battaglia culturale

    “E ora che abbiamo perso, ci vuole Gramsci”.
    No, non sono le parole del compagno Paolo Ferrero dal palco del congresso nazionale di Rifondazione comunista, né si tratta di un intervento di Fausto Bertinotti dalle pagine di “Liberazione” a seguito della disfatta elettorale del 13 e 14 aprile 2008.
    A scrivere che “ci vuole Gramsci, cioè che è necessario un progetto gramsciano anche nel centrodestra” è Angelo Crespi, attuale consigliere del Ministro dei Beni e delle Attività Culturali Sandro Bondi, già docente di “Storia del giornalismo” presso l'Università Cattolica di Milano e collaboratore dei quotidiani “Il Giornale” e “Il Foglio”.
    E' il 15 aprile del 2006, e l'Unione di Romano Prodi ha da poco (e di poco) vinto le elezioni politiche, alla Camera e al Senato.
    Dalle pagine del settimanale di cultura “Il Domenicale”, ideato e finanziato da Marcello Dell'Utri, il direttore Crespi diffonde questa analisi: al centro-destra è mancata “una adeguata politica culturale per creare quel consenso indispensabile per ottenere la rivoluzione liberale che si preconizzava nel 1994 e poi nel 2001 [...]. Solo attraverso la cultura può realizzarsi una vera rivoluzione [...]”. Infine, un dichiarato attacco al pluralismo, malattia infantile del centro-destrismo: “Quando si è trattato di scegliere uomini, dare prebende, incardinare esperti nei vari settori della cultura, ci siamo comportati da ingenui liberali”.
    Traduzione: occorre organizzare un monopolio culturale che tolga ossigeno alla sinistra. Cioè, non più concedere spazi, né patrocini né incarichi, ad uomini di sinistra.
    Parola di Angelo Crespi, e cioè di Marcello Dell'Utri.

    Facciamo ora un salto indietro, arrivando al meeting del 2000 di “Comunione e Liberazione”, a Rimini. Ospiti dell'anno: Silvio Berlusconi e Giulio Andreotti.
    All'interno del meeting viene allestita una mostra anti-risorgimentale dal titolo “Un Tempo da riscrivere: il Risorgimento italiano”.
    Attenzione al verbo-chiave: “riscrivere”, perché sarà proprio questo il punto centrale di tutto l'intero programma culturale del centro-destra italiano dell'ultimo decennio.
    Intellettuali di diverso pensiero politico, da Scalfari a Montanelli, esprimono preoccupazione. Il cenacolo dongiussaniano risponde con rassicurante pacatezza. E cita Gramsci: “Antonio Gramsci, che non era un chierico, sosteneva che il Risorgimento fu borghese e antipopolare” (Da CL una risposta ai laici, di Giancarlo Cesana).
    Vero. Che però Gramsci contesti il Risorgimento borghese da comunista, e non da restauratore della monarchia papalina, sono dettagli che per Cesana non contano.

    Stacco di camera: torniamo al 2008. Licio Gelli ha (paradossale?) un programma su “Odeon Tv”, dove riscrive simpaticamente la storia del Fascismo (“Sono nato fascista e morirò fascista”), loda l'operato della Loggia massonica P2 e consegna pubblicamente il testimone a Silvio Berlusconi: per il completamento del Programma di Rinascita democratica “l'unico che può andare avanti è Silvio Berlusconi”.
    Primi ospiti della trasmissione “Venerabile Italia”: Giulio Andreotti e Marcello Dell'Utri.
    Nomi che tornano.

    Ora: accantoniamo momentaneamente questa storia, ed entriamo in una libreria alla ricerca di un bel libro di poesia.
    Tra le novità editoriali degli ultimi anni vi è certamente la collana di Poesia de “Il Saggiatore”, a cura di Davide Rondoni.
    Copertine colorate, titoli attraenti.
    Si tratta per la precisione di titoli molto interessanti, soprattutto per un lettore “impegnato”, alla ricerca delle pietre miliari della letteratura (chiedo venia per la necessaria banalizzazione) “di sinistra”: alla ricerca cioè di una poesia critica, di contestazione.
    C'è Arthur Rimbaud, c'è Allen Ginsberg.
    Inoltre: due antologie dall'evocativo titolo: Subway (Poeti italiani underground) e I disobbedienti (Da Teognide a Pasolini: poeti dell'impegno civile).
    Li compro tutti quanti.
    Ma chi è Davide Rondoni?
    Poeta bolognese e giornalista de “L'Avvenire”, milita sin da ragazzo in “Comunione e Liberazione”, fedele allievo di Don Giussani.
    Opinionista spesso legato alle campagne più ideologiche della destra italiaca, è uomo ultimamente legato al Ministro Sandro Bondi, a cui ha anche regalato, nel 2007, la pubblicazione del terribile libello poetico Perdonare Dio, con sua piuttosto generosa nota prefazionale.
    Dopo la vittoria di Berlusconi, alle politiche del 2008, Rondoni approda finalmente al “Tg1”, dove non di rado si possono ascoltare le sue “opinioni culturali”.
    Utilizzando una categoria gramsciana probabilmente cara a Dell'Utri, Rondoni è un intellettuale organico al Popolo delle libertà.

    Che senso ha, dunque, una collana di poesia “di sinistra”, a cura di un intellettuale della destra di governo?
    Arrivo alla tesi di questo pezzo: è in atto un processo di “riscrittura” della Storia d'Italia, dal Risorgimento al Secondo Stato degli anni '70 (P2, Gladio, servizi deviati), passando naturalmente per la storia del Fascismo e della Resistenza.
    Un piano fondamentale di riscrittura della Storia repubblicana in chiave piduista e clerico-fascista (Mussolini, occorre saperlo, fu gran maestro della loggia massonica P1: la storia del Secondo stato ha una sua coerenza).
    Attiguo a questo processo di “riscrittura” vi è, secondo me, un progetto secondario ma non meno insidioso, che consiste nella “neutralizzazione” delle radici culturali, novecentesche, della Sinistra italiana.
    Si vuole cioè minare sin dalle fondamenta l'identità stessa della Sinistra italiana, attraverso una continuativa azione di disinformazione storiografica e dequalificazione terminologica.
    Tutte le false notizie diffuse negli ultimi mesi su Gramsci (ucciso dai compagni di Partito, suicidato, anzi no: redento) si inseriscono, disordinatamente, in questo quadro generale, così come in esso si inseriscono tutte le citazioni selvagge e decontestualizzate che la destra opera nei confronti dei testi del marxismo, o più semplicemente del pensiero critico del defunto secolo.

    Ad esempio: se apriamo l'antologia Subway (Poeti italiani underground) ci troviamo di fronte ad un'antologia poetica del tutto neutrale, nata a seguito di un concorso finalizzato alla distribuzione di opuscoli poetici all'interno delle metropolitane di Milano.
    Niente di male davvero, se non fosse che tutto il vocabolario Beat (Underground, Subway) viene qui consapevolmente depurato da ogni valenza sociale e semanticamente svalutato sino alla neutrale indicazione urbanistica, tanto più che le poetiche qui raccolte sono del tutto eterogenee, con una netta predominanza del tema diaristico-confessionale.
    Allo stesso modo I disobbedienti (a cura di Umberto Piersanti, poeta che è solito definirsi “anti-sessantottino”) è un elenco inconcludente (assieme a Pasolini e Ginsberg ci sono Petrarca, Jacopone da Todi, Ezra Pound, Quasimodo...) in cui il disordine ideologico della selezione sottintende questa chiara morale: la disobbedienza non è una prerogativa della sinistra, l'impegno civile è sempre esistito, e l'egemonia della sinistra nel genere “civile” è solamente un accidente storico (che noi stiamo combattendo).

    Ma bene, non fossilizziamoci sul piccolo pesce della poesia italiana contemporanea, nel mare sconfinato della “cultura di massa”: l'esempio Rondoni valga dunque come parabola.

    Pensiamo piuttosto al Ministro dell'Economia Giulio Tremonti, che da due anni a questa parte è divenuto un discepolo di Marx.
    Pensiamo ad un libro come La paura e la speranza, in cui tutte le tesi “No global” contro il mondialismo, il neo-liberismo e la finanziarizzazione dell'economia, vengono strumentalizzate per proporre, infine, una ricetta di destra (elemosine ai poveri, e finanziarie a Confindustria).
    “Il re è nudo!” – grida il re.

    Oppure pensiamo ai neo-fascisti, che si sono improvvisamente trasformati in militanti di “Casa Pound” e del “Blocco studentesco”.
    Sono anche loro No-global, il loro simbolo è il lampo nel cerchio dei Centri sociali degli anni '90, occupano scuole, sono contro il “Capitale”, e intonano “Né rossi né neri...”.
    Né neri?

    Va bene, lasciamo perdere i vischiosi tragitti della “trama”. Il ragionamento che faccio è molto semplice: la crisi strutturale sta per esplodere. Il 2009 sarà un anno micidiale. Il vocabolario, la terminologia, la teoria della “lotta al sistema”, devono solidamente stare nelle mani della Destra, e cioè del Palazzo capitalistico, strategicamente alleato (proprio come ai tempi della marcetta su Roma) con gli ambienti più conservatori del Vaticano.
    Prevenire la rinascita della sinistra, anticipandone tempi e parole d'ordine. Et voila: storia e genesi del nuovo populismo.

    Ecco l'operazione in atto: esproprio terminologico, neutralizzazione culturale della sinistra, riscrittura della storia d'Italia.
    La notizia, ultima, della conversione di Gramsci (che foss'anche vera non sarebbe minimamente fonte di scandalo) viene strumentalmente presentata da “Corriere della Sera” e “Tg2” come una notizia bomba, addirittura rivoluzionaria dal punto di vista della rilettura della cultura politica italiana. Suvvia: si tratta, evidentemente, di una mera operazione mass-mediale di destabilizzazione iconografica.
    Insomma: Gramsci, Pasolini, l'anticlericale Rimbaud, e in fondo in fondo anche Carletto Marx: fossero oggi in vita, voterebbero certamente per Berlusconi, o figurerebbero ai convegni di “Comunione e Liberazione”, tra Formigoni e l'agente “Betulla”. Qualcuno di voi ha per caso dei dubbi?
    Paradossale, ma probabilmente è proprio questo il messaggio subliminale che vuole essere introdotto nell'inconscio collettivo degli italiani.

    Sia chiaro: io non credo che esista un “complotto”. Rondoni ha tutto il diritto di esprimere il proprio pensiero e di svolgere le proprie operazioni culturali, così come non vi è nessun male a ipotizzare un'eventuale conversione religiosa del leader comunista Antonio Gramsci.
    Sarebbe anzi molto interessante iniziare a parlare del superamento del dualismo ideologico del Novecento (ma ora non è questo il luogo per sviluppare l'argomento).
    Trovo sinceramente comprensibile, razionale ed anche giusto, che da destra si tentino queste operazioni egemoniche.
    Incomprensibile è piuttosto che la sinistra in Italia non debba mai rendersi conto di niente, o che preferisca (e non ci è dato ancora sapere per quale arcana patologia o fallimentare tatticismo) sempre e soltanto tacere.

    Io propongo allora questo: delle tavole rotonde della sinistra culturale.
    Scrittori, intellettuali, giornalisti, assieme a politici e dirigenti “illuminati”: riuniamoci per organizzare una risposta strutturata e di amplio respiro, che coinvolga ed attraversi tutte le diverse forme di comunicazione e di diffusione del pensiero.
    Il “Partito degli intellettuali” non può essere ridotto ad una coalizione tecnocratica allo sbando, incapace di rispondere al fascismo di ritorno.

    Concludo citando Walter Benjamin, dalle Tesi di filosofia della storia (ora in Angelus Novus): “Il pericolo sovrasta tanto il patrimonio della tradizione quanto coloro che lo ricevono. Esso è lo stesso per entrambi: di ridursi a strumento della classe dominante. In ogni epoca bisogna cercare di strappare la tradizione al conformismo che è in procinto di sopraffarla. Il Messia non viene solo come redentore, ma come vincitore dell’Anticristo. Solo quello storico ha il dono di accendere nel passato la favilla della speranza, che è penetrato dall’idea che anche i morti non saranno al sicuro dal nemico, se egli vince. E questo nemico non ha smesso di vincere.”.

    DN

  2. #2
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    Questo è il pezzo che ho approntato in questi giorni sul tema "culturale" di cui si parlava nei 3d su gramsci.
    Lo pubblicherò e farò circolare nei prossimi giorni, con qualche possibile variazione.

    Lo condivido però con voi in anteprima. Se avete commenti o anche critiche da fare, sono le benvenute. Mi piacerebbe sapere che ne pensate.
    Ciao.
    D.

  3. #3
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    bellissimo articolo.in particolare, concordo molto con questo pezzo


    Citazione Originariamente Scritto da dadodidi Visualizza Messaggio

    Pensiamo piuttosto al Ministro dell'Economia Giulio Tremonti, che da due anni a questa parte è divenuto un discepolo di Marx.
    Pensiamo ad un libro come La paura e la speranza, in cui tutte le tesi “No global” contro il mondialismo, il neo-liberismo e la finanziarizzazione dell'economia, vengono strumentalizzate per proporre, infine, una ricetta di destra (elemosine ai poveri, e finanziarie a Confindustria).
    “Il re è nudo!” – grida il re.

    Oppure pensiamo ai neo-fascisti, che si sono improvvisamente trasformati in militanti di “Casa Pound” e del “Blocco studentesco”.
    Sono anche loro No-global, il loro simbolo è il lampo nel cerchio dei Centri sociali degli anni '90, occupano scuole, sono contro il “Capitale”, e intonano “Né rossi né neri...”.
    Né neri?

    Va bene, lasciamo perdere i vischiosi tragitti della “trama”. Il ragionamento che faccio è molto semplice: la crisi strutturale sta per esplodere. Il 2009 sarà un anno micidiale. Il vocabolario, la terminologia, la teoria della “lotta al sistema”, devono solidamente stare nelle mani della Destra, e cioè del Palazzo capitalistico, strategicamente alleato (proprio come ai tempi della marcetta su Roma) con gli ambienti più conservatori del Vaticano.
    Prevenire la rinascita della sinistra, anticipandone tempi e parole d'ordine. Et voila: storia e genesi del nuovo populismo.

    Ecco l'operazione in atto: esproprio terminologico, neutralizzazione culturale della sinistra, riscrittura della storia d'Italia.
    La notizia, ultima, della conversione di Gramsci (che foss'anche vera non sarebbe minimamente fonte di scandalo) viene strumentalmente presentata da “Corriere della Sera” e “Tg2” come una notizia bomba, addirittura rivoluzionaria dal punto di vista della rilettura della cultura politica italiana. Suvvia: si tratta, evidentemente, di una mera operazione mass-mediale di destabilizzazione iconografica.
    Insomma: Gramsci, Pasolini, l'anticlericale Rimbaud, e in fondo in fondo anche Carletto Marx: fossero oggi in vita, voterebbero certamente per Berlusconi, o figurerebbero ai convegni di “Comunione e Liberazione”, tra Formigoni e l'agente “Betulla”. Qualcuno di voi ha per caso dei dubbi?
    Paradossale, ma probabilmente è proprio questo il messaggio subliminale che vuole essere introdotto nell'inconscio collettivo degli italiani.

    DN

  4. #4
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    L'intervento è interessante, per quanto si veda parecchio la deformazione da poeta.
    Per mancanza di tempo però non posso rispondere a tutto.
    Pertanto ti faccio notare una chiave di analisi diversa del fenomeno del neofascismo (ognuna ha le sue deformazioni professionali).


    Oppure pensiamo ai neo-fascisti, che si sono improvvisamente trasformati in militanti di “Casa Pound” e del “Blocco studentesco”.
    Sono anche loro No-global, il loro simbolo è il lampo nel cerchio dei Centri sociali degli anni '90, occupano scuole, sono contro il “Capitale”, e intonano “Né rossi né neri...”.
    Né neri?
    Qui manca un pezzo, credo bene esemplificato dal simbolo.



    Contrariamente a ciò che puoi pensare, l'origine di tale simbolo non è (solo) a sinistra.
    La stella nel cerchio era infatti il simbolo della B.U.F. di Mosley:



    Non si sono reinventati niente insomma. Hanno direttamente ripreso, da quello che era il loro stesso "passato", una serie di temi e simbolismi riutilizzabili, appetibili secondo gli schemi comunicativi dell'oggi.
    Idem per quello che riguarda l'antiglobalismo (la rivista della Destra Sociale "Area" ne parlò già prima di Seattle, per quanto ovviamente su una posizione critica opposta alla nostra).
    Questa trasformazione ad ora riguarda però solo una parte del neofascismo, ovvero CP, giacchè il medesimo processo in FN ha dato come prodotto un movimento cattolico/reazionario (ed anche qua ci sono i riferimenti ai fascismi esteri, come nel simbolo del blocco, non potendo troppo riutilizzare nomi e simbolismi del [neo]fascismo italico..E quindi La Fuerza Nueva spagnola, il riferimento a Codreanu e all'Arcangelo Michele..).
    Fondamentalmente non hanno che da scegliere nell'ampissimo spettro di opzioni e riferimenti creato durante l'epoca dei fascismi (ed anche un po' dopo), una fonte inesauribile di contraddizioni in cui si può pescare qualsiasi riferimento politico/simbolico/storico/mitologico.
    La "svolta" a sinistra che ha contraddistinto gli ultimi anni del neofascismo credo sia più descrivibile con l'immagine del "pendolo", che ha contraddistinto la storia dei neri sicuramente dal 1945 ad oggi.

  5. #5
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    Sono abbastanza d'accordo con quello che è stato scritto nell'articolo. Bisogna ,però, considerare anche i repentini cambiamenti di casacca di molti personaggi dello spettacolo che,a mio avviso, obbediscono alle richieste di Dell'Utri e Bondi in vista della diffusione mediatica della cultura/incultura della destra . Parlo di gente come Montesano che diventa aennino, Pappalardo che dice ad alta voce :"io sono di destra!", Ruggeri che si scopre anti-comunista da un giorno all'altro e se la prende con Fazio, Clarissa Burt che si candida con An, Marcella Bella che fa lo stesso, Luca Barbareschi che elogia Franco e mille altri esempi (mi viene in mente,a tal proposito, la partecipazione di Battiato ad una "festa tricolore").

    Non parliamo,poi, del mondo del calcio dove gente come Buffon, Tacconi e Di Canio si dichiarano apertamente fascisti.

    E non dimentichiamo ambienti maggiormente "underground" dove un tempo erano le idee di sinistra a farla da padrone mentre oggi iniziano ad insinuarsi ,anche se ancora in forma timida,pulsioni xenofobe o fascisteggianti.

    Nel caso del grande circuito massmediatico,ovviamente, è ben visibile la mano dei personaggi citati nell'articolo parlando,invece, di stadi ed ambienti underground credo che siano gruppi minori e più radicali ad esercitare certe pressioni.

    In ogni caso la destra ha studiato ben benino Gramsci! Alcuni di voi,sicuramente, mi diranno del paranoico e dell'antifascista dogmatico ma la realtà è una e ben percepibile! Mi chiedo e vi chiedo: secondo voi negli anni '70 ed '80 un gruppo rock , un attore o un presentatore televisivo avrebbero avuto vita facile se si fossero dichiarati di destra?

  6. #6
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    Citazione Originariamente Scritto da Mat Kava Visualizza Messaggio

    Qui manca un pezzo, credo bene esemplificato dal simbolo.



    Contrariamente a ciò che puoi pensare, l'origine di tale simbolo non è (solo) a sinistra.
    La stella nel cerchio era infatti il simbolo della B.U.F. di Mosley:



    .
    Esattamente. La fortuna dei gruppi politici neofascisti è quella di sapere utilizzare i simboli "minori" delle dittature e dei movimenti di estrema destra risultando,il più delle volte, creativi e simpatici. Pensiamo alle rune, alla saetta della B.u.f che hai citato o a simboli quali il tridente. Molta gente non conosce questi simboli ed anzi pensa che siano il frutto della fervida fantasia creativa dei giovani neofascisti. Inoltre bisogna ammettere che anche nel creare manifesti molti di questi personaggi sono stati estremamente intelligenti: hanno riciclato elementi di culture a loro estranee (la pop culture o la forma manifesto tipica dei volantini della sinistra) utilizzandoli per diffondere loro idee ed iniziative.

  7. #7
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    articolo interessante e in buona parte condivisibile.

    P.S: in effetti sono abbastanza colpito dalla pedanteria con cui l'intellighenzia da pagina culturale sta "vendendo" tremonti come il più importante esegeta di marx in circolazione

  8. #8
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    Citazione Originariamente Scritto da dadodidi Visualizza Messaggio
    Io propongo allora questo: delle tavole rotonde della sinistra culturale.
    Scrittori, intellettuali, giornalisti, assieme a politici e dirigenti “illuminati”: riuniamoci per organizzare una risposta strutturata e di amplio respiro, che coinvolga ed attraversi tutte le diverse forme di comunicazione e di diffusione del pensiero.
    Il “Partito degli intellettuali” non può essere ridotto ad una coalizione tecnocratica allo sbando, incapace di rispondere al fascismo di ritorno.
    Sulla diagnosi ci possiamo anche essere - più banalmente ridurrei la questione alla strategia di conquista dell'egemonia culturale della destra, che segue a stetto giro di posta l'avvenuta conquista dell'egemonia psicologica e sociale -, è la soluzione che secondo me fa acqua da tutte le parti, nel senso che maschera e alimenta alcuni dei motivi principali della nostra sconfitta. E' fare appello agli intellettuali di sinistra, i quali sono i primi ad aver sconfessato il marxismo (l'unico pensiero granitico, a sinistra, del novecento), regalandolo alle destre e avallando su tutta la linea il pensiero debole di cui tanto ci si lamenta, ad essere sbagliato in partenza: che senso ha fare appello all'intellighenzia ufficiale perchè si riunisca attorno a un tavolo e si sforzi di escogitare contromisure contro quello stato di impotenza ed emarginazione di cui sono i principali artefici? Tentativi del genere ne sono stati fatti tanti, anche troppi, e cosa hanno concluso? Ulteriori arretramenti, ulteriori fughe dalla realtà!

    Se vogliamo tornare a Gramsci, dobbiamo capire che l'intellettuale collettivo, non è l'intellettuale di professione (come Vendola ha scritto sul suo documento congressuale), ma che siamo o dovremmo esserlo noi, forza politica organizzata rappresentativa degli interessi della classe lavoratrice. Per diventare intellettuali alla maniera gramsciana bisogna, non solo studiare e dibattere (cosa sempre utile), ma soprattutto sporcarsi le mani con l'attività politica, che è ascolto, confronto ma anche scontro con la realtà del mondo del lavoro dipendente. Tornare davanti ai cancelli delle fabbriche, rinsaldare i legami coi compagni che dentro le fabbriche ci lavorano, è il primo passo di questo percorso 'formativo'. Mettere le nostre analisi e le nostre proposte politiche sotto esame delle realtà lavorativa è la precondizione per costruire un qualsiasi pensiero politico coerente ed efficace. E dal consenso o dal dissenso, anche brutale, si impara più di mille libri. Il pensare in astratto il mondo non dovrebbe interessci.

    Finchè il nostro partito non sarà composto per almeno la metà (altro che quote rosa!) da lavoratori dipendenti, cioè dagli elementi più coscienti della classe lavoratrice, hai voglia a far tavole rotonde e a sognare l'egemonia perduta. Solo la compagnia di chi lavora per vivere può farci tornare coi piedi per terra, punto di partenza indispensabile per elaborare qualsivoglia pensiero ancorato all'esistente. Dopodichè Carletto e gli altri faranno il resto. Se la natura di classe del nostro partito (e delle nostre teste) non cambia, resteremo noglobal, sognatori, aspiranti intellettuali, ma difficilmente diventeremo intellettuali 'organici' alla classe lavoratrice.
    Può essere un discorso retorico e demagogico, ma è una convinzione che, per quanto mi riguarda, si va rafforzando con l'esperienza politica attiva.

  9. #9
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    Articolo interessante e in linea di massima condivisibile anche se non ho capito cosa sia il “superamento del dualismo ideologico del novecento” e perché sarebbe interessante.

    Nemmeno io (vedi Lev Davidovic) sono d’accordo invece con la proposta.
    E’ un controsenso che siano gli intellettuali di sinistra a strutturare una risposta quando tu stesso Dadodidi giustamente scrivi che gli intellettuali di sinistra nella loro stragrande maggioranza sono stati inerti o hanno fatto da sponda. Per prima cosa Gramsci va letto e studiato in prima persona da tutti i comunisti senza filtri, anziché leggere gli intellettuali di sinistra postmoderni.


    Eviterei anche di dare l’impressione che tutto si riduca ad un “la destra ci sta copiando o ci ruba le idee o le figurine”, cosa a volte non del tutto falsa (ma non sempre, vedi Mat Kava sul no-globalismo), ma ovviamente più articolata ed ampia ed in politica abbastanza legittima. Non legittimo è cercare di far passare Gramsci per quello che non era, legittimissimo e tanto di cappello se la destra studia Gramsci, mentre la sinistra è impegnata a leggere Revelli e la Litizzetto.


    Se si tratta anche di battaglia terminologica, io comincerei a non chiamarlo “gramscismo di destra”; c’è già abbastanza confusione e soprattutto non esiste nessun gramscismo di destra, ma esiste una destra che studia Gramsci come metodo per l’azione e fa un lavoro manipolatorio sulla figura storico-culturale, ma anche politica, di Gramsci.

    Il discorso va anche ben oltre i confini italiani e ben prima degli anni 2000. Parte almeno dal periodo della presidenza Reagan negli USA, ora non ho sotto mano nessuna fonte, ci ritornerò.
    Per quanto riguarda l’Italia lo studio di Gramsci a destra risale a ben prima del 2006; Riprendo un articolo da un opuscolo sul revisionismo storico che scrivemmo nel 2002 nel mio ex circolo: Già allora Veneziani definiva la destra come già approdata “da un riferimento elitario, aristocratico, a volte esoterico, con una polemica costante verso la democrazia di massa, a un riferimento popolare, se non populista […] e una polemica costante verso le oligarchie intellettuali, politiche ed economiche” (La cultura della destra, laterza, 2002).
    Questo aspetto è evidente anche nella “proposta di un manifesto per la cultura” di Marcello Dell’Utri pubblicato sul “foglio” del 2 giugno 2002 in cui si promuove un progetto di egemonia culturale coniugato con la cultura d’impresa.
    Ancora Veneziani teorizza che “il luogo di intervento di una cultura della destra nella società civile sta nel punto di intersezione tra scuola,beni culturali e comunicazione […] Un programma di educazione civile, popolare, nazionale non riguarda solo la scuola, ma anche i media.”
    Questa produzione teorica aveva trovato la sua applicazione pratica nel “modello Tremaglia”, assessore alla cultura della Regione Lombardia nel 1995-2000.
    La strada indicata era “il terreno della cultura come uno spazio di pari importanza alla politica, nel quale costruire una vera battaglia delle idee e non una semplice celebrazione della propria identità”: alla prova dei fatti attraverso l’organizzazione di mostre e convegni che aveva così potuto usufruire di una platea decisamente più ampia del solito oltre che di finanziamenti.
    Il fine, costruire una cultura della destra di governo segnata dal revisionismo storico, passo necessario per poter rivendicare un passato fascista senza timore di essere tacciati di nostalgia per un trascorso comunemente deprecato.
    Inoltre una delle caratteristiche del modello Tremaglia è quella di offrire cittadinanza a diverse culture di destra, affiancando esponenti moderati a ideologi dichiaratamente neofascisti.

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    Grazie dei contributi.
    Sulla destra radicale, è vero che le simbologie sono secolari, ma secondo me è innegabile il tentativo di sovrapporre la realtà del Blocco ad una iconografia movimentista di sinistra, così come lo stesso fascismo andava a sovrapporsi (ed è la strategia di ogni populismo) al sindacalismo operaio comunista.
    E se il lampo dei Csoa può sfumare gradualmente in un simbolo celtico, l'operazione è doppiamente funzionale.

    Sulla critica che mi ha fatto Soso, sull'utlizzo della definizione "gramscismo di destra" e la confusione terminologica che questa definizione contribuirebbe ad accrescere: sono daccordo, hai ragione.
    Ho cambiato il titolo del pezzo in "Se la destra cita Gramsci. Invito alla battaglia culturale".

    Sulla proposta del tavolo di intellettuali, io penso che intellettuali, scrittori, giornalisti e militanti debbano tornare a lavorare fianco a fianco.
    La risposta non la danno, certo, gli intellettuali italiani, soprattutto dopo trent'anni di nichilismo di "sinistra" e posa baronale. La risposta deve essere politica. Ma politicamente si deve pensare seriamente di rifondare un coordinamento di intellettuali "organici" o giù di lì.

 

 
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