www.sospsiche.it, 1 dicembre 2008

La Fisam è una associazione di secondo livello che riunisce associazioni di volontariato che operano nel settore della malattia mentale ed è presente in 10 regioni italiane.
Il suo obiettivo è migliorare le condizioni di cura, di sostegno sociale, di diritto alla cittadinanza sia dei malati psichici che delle loro famiglie.
Stiamo portando la voce dei malati e delle famiglie ai politici di tutte le formazioni, informando la società civile delle difficoltà riscontrate da malati e famiglie, trattati come strumenti e oggetti della sanità nazionale e non, come soggetti portatori di diritti.
Denunciamo la forte diminuzione della tensione su come le persone così dette normali trattano le persone che hanno avuto la sfortuna di incontrare nel loro cammino la malattia mentale. Si sentono le trombe di chi esalta la Legge 180 e pensa che tutti i problemi siano definitivamente risolti soltanto difendendo una Legge che ha fatto bene a chiudere infamanti manicomi, ma non ha purtroppo dato dignità e cure adeguate ai malati e alle loro famiglie.
I "media" parlano della malattia con titoli cubitali solo quando il malato uccide oppure quando un familiare uccide un malato. Fatti che nell’opinione pubblica generano un sentimento di estremo disagio e di omertoso silenzio. Non ci si interroga sul perché. Non ci si chiede se dietro questo tragico avvenimento non ci fosse stato un professionista medico non all’altezza delle cure, oppure una carenza di attenzione alla situazione familiare toccata così duramente da non vedere alternative se non l’uccisione del malato.
Non ci si chiede se la cattiva assistenza sanitaria possa essere dovuta ad una mancanza di risorse adeguate dal punto di vista qualitativo o quantitativo. Si esorcizza il tutto con il silenzio e con una frase che costantemente si legge o si sente: "È stato una raptus di follia". Vano tentativo di spiegazione, ma sicura e certa deresponsabilizzazione sociale, professionale e istituzionale.
Anche quando ci troviamo di fronte a comportamenti anticonservativi la mia riflessione e la mia esperienza mi dice che il suicido non è mai o quasi mai una libera scelta. Chi attua una azione suicidaria è una persona che sta soffrendo insopportabilmente e vede nella morte l’unica soluzione possibile.
E cosa dire delle percentuali di suicidi nelle carceri (da Ristretti orizzonti) ".. il tasso di suicidi in Italia dal 1980 al 2005 è stato di 0,6 ogni 10.000 abitanti, nelle carceri il tasso dei suicidi dal 1980 al 2007 è stato di 11,1 ogni 10.000 carcerati e il tasso di suicidi nella polizia penitenziaria è stato di 1,6 ogni 10.000 operatori". Numeri che fanno pensare. Una prima riflessione importante è che bisognerebbe scoprire e capire le ragioni di questo atto, in modo da riuscire a prevenire una situazione che provochi in futuro altri casi simili.
Seconda riflessione: in carcere abbiamo un’incidenza di oltre 18 volte di atti anticonservativi nei rispetti dei cittadini italiani, mi chiedo e vi chiedo: siamo sicuri che questi soggetti siano tutti senza diagnosi psichiatrica? E se sono portatori di diagnosi psichiatrica perché sono in carcere? Si sta facendo forse un uso distorto del carcere e lo si è sostituito al manicomio? Domande senza risposta. Non esiste nessuno studio serio sull’aumento di popolazione carceraria dopo la chiusura dei manicomi e sull’incidenza della malattia mentale nei detenuti prima e dopo la chiusura dei manicomi. Un dubbio però rimane.
I quattro articoli della legge 180, recepita nella 833/78 hanno cambiato i contenitori, non più i manicomi, ma le famiglie; l’obiettivo, non più l’allontanamento, ma l’inserimento nella società; le tecniche il progetto terapeutico; i protocolli scientifici, l’azione sul territorio; ma dopo tutto queste belle parole, non hanno mantenuto le risorse finanziarie manicomiali, risorse che negli anni sono state al 35%della spesa ante Legge 180.
In Europa la spesa media per le malattie mentali si aggira dal 10% al 12% in Italia non raggiunge il 5%. (libro verde europeo). E qui mi fermo, non perché non ci sia altro da aggiungere, ma perché non si può dire tutto in una volta sola. Sicuramente molto cammino occorre fare se non si vuole rimanere al sempre vero messaggio della Rupe Tarpea, istituzionalizzando la soluzione del problema mediante la cancellazione fisica del suo portatore sia con il suicidio, sia con l’uccisione (da parte di un parente), sia con la carcerazione, sia con l’istituzionalizzazione del manicomio familiare e con l’abbandono sociale.
È inutile negare, nonostante teoricamente le conoscenze psicologiche, antropologiche, psichiatriche, psicoterapeutiche, psicofarmacologiche, riabilitative siano aumentate negli anni e la ricchezza di modelli teorici spinga a sperimentare, la realtà ci porta a constatare una estrema povertà di interventi nella operatività giornaliera dei Servizi deputati alla cura dei malati psichici. Qui si apre un’altra domanda: quali e quante sono le responsabilità politiche, amministrative, sociali, professionali, personali.
Vi porto il mio augurio di una conferenza che possa incidere sul panorama nazionale per stimolare un’attenzione maggiore verso i malati psichiatrici, le loro famiglie e tutti gli operatori del settore che credono si possa fare di più e meglio.

Il Presidente pro-tempore Fisam
Cosimo Lo Presti


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