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    Predefinito Morto il generale Varennikov, nemico di Gorbaciov

    E’ scomparso oggi, all’età di 85 anni, il generale Valentin Varennikov, uno degli esponenti più noti dell’oltranzismo “nostalgico” in Russia, un uomo che non ha mai accettato il minimo compromesso con il nuovo potere instauratosi nel paese dopo la fine dell’Urss nel 1991 e ha anzi cercato - pagando di persona - in tutti i modi di contrastarlo. Varennikov, classe 1923, combattè nella seconda guerra mondiale, da Stalingrado a Berlino; la sua carriera lo portò successivamente in ruoli centrali nella vita militare dell’Urss della seconda metà del secolo, con importanti incarichi di comando in Angola, in Etiopia, in Siria e infine in Afghanistan, dove ricoprì l’incarico di rappresentante del governo dell’Urss durante gli anni della guerra contro i militanti islamici. Durante la sua lunga carriera ottenne l’onorificenza di Eroe dell’Unione sovietica e di Cavaliere della Gloria. Nel 1991, quando ricopriva l’incarico di vicecapo di stato maggiore generale, Varennikov assunse un ruolo importante all’interno del Gkcp, il “comitato d’emergenza” che inscenò un putsch contro il presidente Michail Gorbaciov. Sconfitto, venne arrestato e rimase in carcere fino al 1994, quando venne amnistiato: ma con orgoglio il generale rifiutò l’amnistia chiedendo di essere invece processato - e nel processo, l’anno successivo, venne infatti assolto e rirpristinato nel grado, anche se da allora in poi i suoi incarichi sono sempre stati molto marginali. Nello stesso 1995 venne eletto deputato alla Duma nelle liste del Partito comunista, e rimase deputato fino al 2007.



    http://mir.it/servizi/ilmanifesto/estestest/?p=612

  2. #2
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    Predefinito Riferimento: Morto il generale Varennikov, nemico di Gorbaciov

    MOSCOW (AP) — Retired Gen. Valentin Varennikov, a hawkish World War II veteran who directed the Soviet war in Afghanistan and joined the rebellion against Mikhail Gorbachev that sped the collapse of the Soviet Union, died in Moscow on Wednesday, colleagues said. He was 85.

    Varennikov died at Moscow's Burdenko Hospital, the military's top medical facility, according to the Military Commanders Club, an association of retired high-ranking military officers. The group's spokesman, Nikolai Deryabin, would not give the cause of his death, but said it followed neurosurgery he underwent in January.

    Varennikov joined the Red Army after graduating from an officers' school in 1942 and was sent directly to the front. He was wounded three times and was among a small group of war heroes who were given the honor of carrying captured Nazi banners and throwing them onto the pedestal of Lenin's tomb during a 1945 victory parade on Red Square.

    He rose steadily through the ranks to lead a group of Soviet forces in communist East Germany in the late 1960s and early 1970s. In 1979, he was named the first deputy chief of the Soviet military's General Staff and played an active role in the Soviet war in Afghanistan.

    In 1984-1989 Varennikov served as the top Soviet military officer in Afghanistan, leaving the country briefly to help coordinate salvage efforts after the 1986 Chernobyl nuclear disaster.

    In 1988, Varennikov was awarded the highest Soviet decoration — the Hero of the Soviet Union medal.

    In 1989, the year of the Soviet withdrawal from Afghanistan, he was named the chief of Soviet Ground Troops.

    He enthusiastically backed the August 1991 hard-line coup that briefly ousted Soviet President Mikhail Gorbachev, who returned to the Kremlin but resigned four months later as the Soviet Union ceased to exist.

    Varennikov was arrested along with other coup plotters after their defeat and put in prison. But unlike others, he rejected a 1994 Kremlin amnesty and demanded a trial, which ended in his acquittal.

    He went on to pursue a political career, winning election to parliament on the Communist Party ticket in 1995. He was elected again in 2003.

    Varennikov fiercely criticized Russia's first president, Boris Yeltsin, accusing him of running the country to ruin, but praised Yeltsin's successor, Vladimir Putin, for his moves to rebuild the nation's military might and global prestige. Varennikov has been scathingly critical of the West, accusing it of plotting to weaken and subdue Russia.

    Putin repeatedly met with Varennikov and other Soviet military veterans, and it was during his presidency that Varennikov was named the Defense Ministry's inspector general, a largely honorary title.

    Shortly after Varennikov's death was announced, the Kremlin said Putin's successor, President Dmitry Medvedev, offered condolences to his relatives and loved ones. In the condolence telegram, released by the Kremlin, Medvedev called Varennikov a "true patriot" and a "distinguished commander."

    The funeral was expected to be held Friday, but specific arrangements were not immediately announced.

  3. #3
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    Predefinito Riferimento: Morto il generale Varennikov, nemico di Gorbaciov

    Varennikov. Ma noi patrioti ora con Putin abbiamo vinto
    Repubblica — 13 agosto 2006 pagina 38 sezione: DOMENICALE
    MOSCA «Il 19 agosto 1991 a Mosca non ci fu alcun tentativo di golpe. Le più alte cariche dello Stato cercarono, in base alla Costituzione, di impedire la disgregazione dell' Urss e la distruzione della nazione. Cercammo inutilmente di convincere Mikhail Gorbaciov: spero di vivere fino al giorno in cui il profeta della perestrojka, assieme al successore Boris Eltsin, saranno processati per alto tradimento». Il generale Valentin Varennikov 15 anni fa era comandante in capo delle truppe terrestri dell' Armata Rossa, vice ministro della Difesa e membro del comitato centrale del Pcus. Assieme al capo del Kgb, Vladimir Kryuchkov, è stato l' ideologo del colpo di Stato contro Gorbaciov. Inviato in Ucraina, trattò la resa del presidente. Fu arrestato il 21 agosto e processato tre volte. Unico tra i golpisti, ha rifiutato la grazia. Dopo un anno e mezzo di carcere è stato assolto. Oggi ha 83 anni, è deputato alla Duma e dispone di un elegante ufficio affacciato sul Cremlino. Il suo autista può guidare l' auto blu contromano sulla piazza Rossa, come trasportasse un esponente del governo. Perché tentaste di prendere il potere con la forza? «Nessuno voleva prendere il potere. Eravamo già al potere, rischiavamo solo di perderlo. Nel "Comitato per le situazioni d' emergenza" c' erano premier, ministri, capo del Kgb, vice presidente dell' Urss e presidente del Soviet supremo. Lo stesso Gorbaciov ha ammesso che non gli chiedemmo le dimissioni. Lasciò la Crimea liberamente: isolamento e reclusione furono balle della propaganda anti-sovietica». Qual era allora il vostro obiettivo reale? «L' indomani Gorbaciov avrebbe firmato il Trattato dell' Unione, che sanciva la fine dell' Urss. Volevamo impedire un atto anti-costituzionale, essendo d' accordo solo sei repubbliche su quindici. In marzo un referendum aveva già confermato la volontà popolare di conservare l' Unione Sovietica. In molte repubbliche secessioniste erano poi in corso guerre civili: chiedevamo al presidente di riportare l' ordine decretando lo stato d' emergenza». Perché una «trattativa politica» degenerò in putsch, con l' intervento dell' esercito? «Il 3 agosto avevamo già chiarito a Gorbaciov la gravità della situazione e le nostre intenzioni. Lui disse: "Io vado in vacanza, voi fate quello che volete". Il 17 decidemmo di inviare a Foros una delegazione per un estremo confronto con il presidente, che non ci ricevette. Il Comitato è nato all' improvviso, la notte del 18: serviva un organismo legale per gestire la situazione». Perché Gorbaciov avrebbe dovuto ubbidire al vostro ultimatum? «Il Paese lo odiava. Dopo cinque anni, la sua perestrojka aveva prodotto solo miseria, caos, conflitti etnici, corruzione. Belle parole sulla democrazia, ma l' Urss era stata distrutta e svenduta all' Occidente. Gli offrivamo la possibilità di salvare la patria e se stesso, affossando la concorrenza del suo avversario, Eltsin». Quale fu l' errore? «Pensavamo che Gorbaciov ed Eltsin avessero le idee confuse. Invece il loro piano era chiaro: distruggere l' Urss per conto degli Usa. Da tempo il Kgb aveva la prove che Gorbaciov e Aleksandr Jakovlev (braccio destro del presidente e architetto della perestrojka, ndr) agivano su mandato della Cia. Eltsin invece avrebbe fatto qualunque cosa pur di liquidare Gorbaciov, prendere il potere e rubare le ricchezze nazionali». I golpisti erano ubriachi e spaventati: perché il salvataggio dell' Urss annegò nella vodka? «Balle. Solo il primo ministro Pavlov, incaricato di intercettare Eltsin all' aeroporto, fu vittima della tensione e bevve. Gli altri agirono in base alla Costituzione, facendo di tutto per evitare spargimenti di sangue». Perché allora il piano fallì? «Per ingenuità e indecisione. Il capo del Kgb e il vice presidente dell' Urss, Janaev, si rivelarono deboli e incapaci di governare. Invece di spiegare in tivù quanto stava succedendo, fecero trasmettere il Lago dei cigni. La gente si impaurì, poi vide solo le immagini di Eltsin che fingeva di difendere la Casa Bianca dagli stalinisti». Il 20 agosto, quando parlò con Gorbaciov in Crimea, cosa gli disse? «Gli rimproverai di essersi inginocchiato davanti agli Usa e all' Europa occidentale. Gli dimostrai che aveva fatto perdere centinaia di miliardi all' Urss, riducendoci sul lastrico. Lo implorai di intervenire nelle repubbliche dove infuriava la guerra civile: per paura di mostrare all' Occidente qualche mitra, si è reso responsabile di migliaia di vittime. Gli dissi che aveva tradito il suo popolo: non replicò». Che ruolo ebbe la reazione di Eltsin in difesa di Gorbaciov? «Nessuno perché non lo difese affatto. Eltsin ha sempre odiato Gorbaciov. Gli proponemmo di aderire al Comitato, o di essere neutrale per eliminare l' avversario. Quel 19 mattina era di ritorno dal Kazakhstan, ubriaco come al solito. Il suo vice, Rutskoj, gli suggerì allora di fingere di salvare il capo dell' Urss e aspettare. Aveva capito che così, oltre a Gorbaciov, avrebbe fatto fuori anche noi». Non le pare che il vostro piano per salvare il comunismo fosse un po' debole? «Pensavamo di avere a che fare con gente per bene. Non arrestammo Eltsin, non ordinammo al gruppo Alfa di stanare dalla Casa Bianca i seicento eltsiniani armati. Il 21 agosto autorizzammo addirittura il volo degli inviati di Eltsin da Gorbaciov. Il popolo pensò all' ennesima lotta per il potere: non capì che si giocava il futuro dell' Urss». Perché, dopo il crollo del Muro, volevate salvare l' Urss e il comunismo? «L' Unione sovietica, prima di soccombere alla quinta colonna dei servizi segreti Usa, era una potenza enorme. Distrutta dalla Seconda guerra mondiale, in pochi anni era risorta. L' Ovest ci invidiava e ci temeva. Eravamo all' avanguardia in tutto. Se l' Urss fosse stata lasciata sviluppare, oggi sarebbe la prima potenza mondiale». Perché il 21 agosto vi siete arresi? «Ministro della difesa e capo del Kgb raggiunsero Gorbaciov consapevoli di aver agito legalmente e nell' interesse nazionale. Non avevano guardie del corpo. Il presidente disse: "Torniamo a Mosca, poi vediamo". Invece aveva già dato l' ordine di arrestarli. Non capì che, accettando la protezione di Eltsin, gli stava consegnando il Cremlino. Così, in dicembre, non poté alzare un dito contro il trattato illegale di dissoluzione dell' Urss: e a Natale fu costretto a dimettersi». Non crede che i russi in realtà fossero stanchi della dittatura comunista e che volessero vivere liberi? «Il Paese, per colpa nostra, non comprese il nostro tentativo di riformarlo senza annientarlo. Mi dispiace solo non esserci riuscito, come ha fatto la Cina». Pensa ancora, come dice il presidente Putin, che il crollo dell' Urss sia stata «la peggiore tragedia del Novecento»? «Non fu un crollo, ma una distruzione forzata. Per il resto concordo con Putin». Nel 1991 non temeste di sancire la dissoluzione del comunismo sovietico? «Il comunismo, con altri nomi, resta la sostanza di fiorenti democrazie occidentali. Quanto all' Urss, eravamo convinti di consolidarla, eliminando Gorbaciov, Jakovlev ed Eltsin, i traditori. La Cia fu più rapida, ma oggi sta perdendo la partita». Cosa intende dire? «Balcani, Afghanistan, Iraq e Libano rivelano il vero volto di Usa e Nato. Con Putin la Russia non è più nelle mani dei farabutti. Abbiamo tutto per tornare una grande potenza: gas e petrolio stanno accelerando i tempi. Spero che l' attuale presidente resti fino a quando l' opera non sarà compiuta». Vede il rischio di una seconda Guerra Fredda con gli Usa? «La Guerra Fredda non è mai finita. Ha solo mutato forme e immagine. Putin ora fa ciò che noi chiedevamo a Gorbaciov, gli interessi nazionali. Dopo 15 anni posso dire che i cosiddetti golpisti avevano ragione e che hanno vinto: per questo una quinta colonna americana è di nuovo al lavoro, in Russia, per fermarci». - GIAMPAOLO VISETTI

  4. #4
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    Predefinito Riferimento: Morto il generale Varennikov, nemico di Gorbaciov

    ARMATA ROSSA INQUIETA ALLARME DEI GENERALI
    Repubblica — 16 giugno 1989 pagina 14 sezione: POLITICA ESTERA
    MOSCA - Con una strenua e meticolosa difesa dell' intera attività dell' esercito sovietico, dalla guerra in Afghanistan alla strage di Tbilisi, il generale Varennikov ha preso ieri la parola sulle pagine dell' organo delle forze armate, Stella Rossa, lanciando un grido d' allarme per la precipitosa caduta del prestigio dei militari in Urss che spinge un numero sempre maggiore di giovani ufficiali a dare le dimissioni dall' Armata Rossa. A meno di una settimana dalla conclusione della prima sessione del Congresso dei deputati del popolo, dove il risentimanto dell' esercito aveva trovato espressione nell' attacco patriottico-restauratore contro Andrej Sakharov che ha sancito l' alleanza tra le forze armate e i conservatori, allarmando non poco lo schieramento democratico del Parlamento, l' inquietudine diffusa nei circoli militari sovietici viene oggi per la prima volta riconosciuta e analizzata apertamente da uno dei più famosi generali dell' Urss. Figli e nipoti contro il popolo Il punto di partenza del lungo ragionamento di Varennikov sono, ancora una volta, le menzogne selvagge e vergognose del Premio Nobel per la pace, secondo cui, afferma il generale, i nostri soldati in Afghanistan si sarebbero uccisi l' un l' altro e i nostri figli e nipoti verrebbero educati nell' esercito contro il proprio popolo. Affermazioni, scrive Varennikov, che sono dirette a minare le fondamenta del nostro esercito e a dividere le forze armate e il partito dal popolo. In realtà, continua il generale, i soldati sovietici in Afghanistan non soltanto hanno eseguito il proprio dovere internazionalista, ma hanno anche svolto un delicato lavoro politico tra la popolazione, per mettere pace tra le parti belligeranti e si sono impegnati in una serie di opere civili che hanno prodotto riconoscenza e rispetto da parte del popolo afghano nei confronti di quello sovietico. Per quanto riguarda l' intervento armato delle truppe speciali del Ministero degli interni a Tbilisi, le parole di Varennikov suonano, se possibile, ancor più decise e giustificatrici. Il compito dell' esercito scrive è di difendere il paese dalle possibili aggressioni esterne. Ma se in qualche caso esso ha svolto compiti che esulano da questo contesto, lo ha fatto nel nome degli interessi del popolo. Nessuno spiega il generale può dire quale esito avrebbe potuto avere a Tbilisi l' accerchiamento del palazzo del governo e di altri edifici pubblici da parte di una folla guidata da estremisti. Indubbiamente - aggiunge ancora - in Georgia è accaduta una tragedia, ma non possiamo dimenticare che tra i dimostranti, e soprattutto tra i loro capi, c' erano uomini che perseguono obiettivi inaccettabili per il socialismo e per il popolo sovietico. Una difesa, come si vede, radicale, che rivela un sentimento di inquietudine diffuso tra le truppe sovietiche, sempre più spesso utilizzate dalle autorità per mantenere l' ordine pubblico, mentre i conflitti sociali e nazionali si moltiplicano nel paese. Sono certo - aggiunge infatti Varennikov - che l' esercito continuerà a godere dell' appoggio del popolo, ma l' opinione pubblica del paese non può non allarmarsi per il fatto che la caduta del rispetto nei confronti dell' uomo in uniforme, mentre procede la riduzione del numero dei soldati, spinge giovani ufficiali, ben preparati, ad abbandonare la carriera militare. Gli articoli tendenziosi che di tanto in tanto vengono diffusi dalla stampa - conclude il generale - suscitano spesso nei giovani un rifiuto del servizio militare che, pure, non è soltanto un dovere sancito dalla Costituzione, ma anche, oggi, una necessità fuori di dubbio. Traspare l' incertezza L' incertezza che traspare dalle parole di Varennikov, mentre la nuova distensione di Gorbaciov allontana sempre più dall' immaginario collettivo sovietico la sindrome dell' accerchiamento, offre per la prima volta l' immagine di un esercito in subbuglio, preoccupato per il proprio presente e, soprattutto , per il futuro. Ieri, l' organo del Pcus faceva notare, nel corso di una breve intervista al generale Anikiev, capo della direzione politica del ministero degli Interni, il ritardo con cui i soldati sovietici sono accorsi per frenare l' ondata di brutale violenza contro i turchi meskheti, a Ferganà. Credo - ha spiegato il generale Anikiev - che gli indugi siano stati dovuti all' imprecisione delle informazioni trasmesse al centro dai dirigenti repubblicani. Ma certo - ha concluso - ciò che ho visto con i miei occhi laggiù, è atroce. - Fiammetta Cucurnia di FIAMMETTA CUCURNIA

  5. #5
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    Predefinito Riferimento: Morto il generale Varennikov, nemico di Gorbaciov

    PARLA L' EX GOLPISTA VARENNIKOV
    " Il sistema e' alla bancarotta e non serve la violenza "
    ------------------------- PUBBLICATO ------------------------------ TITOLO: "Il sistema e' alla bancarotta e non serve la violenza" PARLA L' EX GOLPISTA VARENNIKOV - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - DAL NOSTRO INVIATO MOSCA . Eroe dell' Unione Sovietica. Comandante in capo delle forze di terra dell' URSS. Arrestato nel 1991 per "tradimento della patria". Il generale Valentin Varennikov e' uno degli uomini che tre anni e mezzo fa tentarono di deporre Michail Gorbaciov e fermare il corso della storia. Amnistiato dal parlamento, rifiuto' : accettare significava riconoscersi colpevole. Pretese il processo, e vinse: il suo onore di soldato era salvo. E' uomo di principi, il generale Varennikov. Fosse per lui, le statue di Lenin sarebbero tutte al loro posto e casino' e malavita bisognerebbe cercarseli a Las Vegas, non all' ombra del Cremlino. Su suo ordine, nella notte del 19 agosto ' 91, i carri armati con la stella rossa presero posizione nelle strade di Mosca. Ma vedere oggi gli stessi tank, con i colori della Russia, demolire Grozny pezzo a pezzo, questo gli fa orrore: "Non si possono usare le forze armate per risolvere i conflitti nazionali: l' obiettivo dell' esercito e' difendere lo Stato dalle aggressioni straniere. Per assicurare l' ordine abbiamo il ministero degli Interni e i servizi di sicurezza". Eppure lei, a suo tempo, ha mobilitato l' esercito per fermare la disgregazione dell' URSS. Ora Eltsin invade la Cecenia per salvare l' integrita' della Russia. Dov' e' la differenza? "Innanzitutto, nel ' 91 le forze armate sono state impiegate solo a Mosca, non nel resto del Paese, e solo dopo la proclamazione dello stato d' emergenza. E in secondo luogo i carri armati sono serviti a presidiare gli obiettivi strategici, non ad attaccare la popolazione. A quell' epoca, ministero degli Interni e Kgb avevano forze troppo esigue. Quindi fummo costretti a impiegare unita' dell' esercito". Dunque lei, al posto di Eltsin o Graciov, non avrebbe bombardato Grozny? "Non mi piace ragionare con i se. Ma le dico questo: io ho combattuto a lungo in Afghanistan, e anche li' abbiamo fatto di tutto per limitare le sofferenze della popolazione". Quale sarebbe allora la strada migliore da seguire in Cecenia? "Personalmente, non ho mai sostenuto il separatismo, e' una forma di estremismo pericolosa per la Stato. Ma allo stesso tempo sono contro la violenza". Anche altri generali sembrano condividere questo punto di vista. "Sono posizioni comprensibili, che partono dalla constatazione che le truppe non sono ben preparate e che l' esercito non va usato nei conflitti interni. Quei generali che si sono pronunciati contro hanno difeso gli interessi delle forze armate e in definitiva dello Stato". Ma il coro di voci dall' interno dell' armata russa e' tale da far pensare che ci sia una gran confusione e che nessuno eserciti piu' un vero controllo. "No, non direi che le forze armate sfuggano all' autorita' del presidente, cosi' come non c' e' una vera frattura. La situazione e' sotto controllo, anche se non sempre e' del tutto normale". Lanciando l' idea di sottoporre lo stato maggiore alla presidenza, Eltsin ha pero' voluto dare un colpo di freno. "Questo e' un passo che potrebbe danneggiare le forze armate, che gia' si trovano in una situazione difficile. Se vogliamo davvero rafforzarle, allora bisogna assicurare i finanziamenti adeguati e creare condizioni di vita e funzionamento decenti. E soprattutto bisogna allontanare le ombre dall' esercito, proibendo il suo impiego in caso di conflitti interni". Ma non e' possibile che persone o gruppi nelle forze armate decidano di intervenire direttamente nella politica, magari con un golpe "morbido"? "Non voglio neanche discutere questa possibilita' , sono contrario ad azioni del genere, sia che si tratti di golpe morbidi o duri. Il problema non e' nelle forze armate ma nel Paese: il conflitto ceceno ha mostrato la bancarotta di un' intera politica. Ora bisogna cambiare il corso generale, che non corrisponde piu' agli interessi del popolo".
    Ippolito Luigi
    Pagina 6
    (16 gennaio 1995) - Corriere della Sera

  6. #6
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    Predefinito Riferimento: Morto il generale Varennikov, nemico di Gorbaciov

    AA. VV., La Russia che dice di no, pp. 86, 9,00

    La Russia che dice di no è il titolo di un interessantissimo volume, composto da scritti di vari intellettuali russi contemporanei (Pavlenko, Sanacev, Abdulkajjum, Safarevic) che si presenta come una specie di "summa" del pensiero del nazionalcomunismo russo odierno e dell'opposizione patriottico-religiosa al corrotto, oligarchico e antipopolare regime filoamericano di Boris Eltsin. (…) Fondamentale, in questa situazione, il ritorno al pensiero di K.N. Leontev (1831-1891), il quale auspicava un "eurioasiatismo" che vedesse i popoli slavi dell'Europa orientale e quelli islamici del Medio Oriente e dell'Asia Centrale uniti contro il corrotto e depravato Occidente, comune nemico di entrambi. Tra gl'interventi più interessanti proposti nel volume: La riconversione della Bandiera Rossa (intervista al celebre scienziato nazionalista russo I. R. Safarevic) e La parola al popolo (vero e proprio proclama patriottico degli intellettuali nazionalisti russi in difesa della Patria e dell'identità nazionale del popolo russo, firmato da nomi di spicco quali Gromov, Rasputin, Prochanov). ("Il Monviso", 17 ottobre 1994)

    http://www.insegnadelveltro.it/

  7. #7
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    Predefinito Riferimento: Morto il generale Varennikov, nemico di Gorbaciov

    solo adesso ho letto questo post
    cavolo, quanto mi dispiace....
    era veramente un valoroso compagno

  8. #8
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    Predefinito Riferimento: Morto il generale Varennikov, nemico di Gorbaciov

    in angola ,1983


    in afghanistan, 1986


    con kim jong-il , 1985

  9. #9
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    Predefinito Riferimento: Morto il generale Varennikov, nemico di Gorbaciov

    Citazione Originariamente Scritto da Spetaktor Visualizza Messaggio
    AA. VV., La Russia che dice di no, pp. 86, 9,00

    La Russia che dice di no è il titolo di un interessantissimo volume, composto da scritti di vari intellettuali russi contemporanei (Pavlenko, Sanacev, Abdulkajjum, Safarevic) che si presenta come una specie di "summa" del pensiero del nazionalcomunismo russo odierno e dell'opposizione patriottico-religiosa al corrotto, oligarchico e antipopolare regime filoamericano di Boris Eltsin. (…) Fondamentale, in questa situazione, il ritorno al pensiero di K.N. Leontev (1831-1891), il quale auspicava un "eurioasiatismo" che vedesse i popoli slavi dell'Europa orientale e quelli islamici del Medio Oriente e dell'Asia Centrale uniti contro il corrotto e depravato Occidente, comune nemico di entrambi. Tra gl'interventi più interessanti proposti nel volume: La riconversione della Bandiera Rossa (intervista al celebre scienziato nazionalista russo I. R. Safarevic) e La parola al popolo (vero e proprio proclama patriottico degli intellettuali nazionalisti russi in difesa della Patria e dell'identità nazionale del popolo russo, firmato da nomi di spicco quali Gromov, Rasputin, Prochanov). ("Il Monviso", 17 ottobre 1994)

    Edizioni all'insegna del Veltro
    Valentin Varennikov fu il terzo firmatario (secondo l'ordine alfabetico) di questo storico manifesto.
    Gli altri erano: Bondarev, Blochin, Volodin, Gromov, Zjuganov, Zykina, Klykov, Prochanov, Rasputin, Starodubcev, Tizjakov.

 

 

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