A cosa è servito l'antiberlusconismo.
A distanza di quindici anni dalla sua discesa in campo, Silvio Berlusconi si è dimostrato un uomo capace di conquistare gli italiani. Ha vinto la sua sfida, oggi governa saldamente, gode di un consenso raro per un politico e vistosamente crescente, soprattutto rispetto ai già cospicui risultati elettorali.
Questo giudizio oggettivo è anche condiviso da settori della sinistra, come dimostra il libro (critico) di Massimo Giannini, vicedirettore di Repubblica, che gli riconosce a ragione l’aura di “statista”.
Tutto questo non elimina però il problema democratico di Berlusconi. Cioè il problema di un Paese che ha portato ai massimi incarichi un imprenditore ricchissimo, con interessi personali diffusi in ampi settori dell’economia, e con un potere mediatico squilibrante rispetto alla normale competizione tra le parti politiche.
Un Paese che accetta e si lascia condizionare da questo fenomeno, non è un Paese democraticamente maturo. E probabilmente la storia rileggerà queste pagine di vita italiana, come un periodo di debolezza del nostro percorso democratico, che non trova analogie contemporanee nell’occidente avanzato.
Se nel suo complesso il Paese si è dimostrato immaturo e vulnerabile, ereditiero da un lato di un passato fascista e dall’altro di un forte retaggio comunista (entrambi antitesi di una coscienza fondata su solidi principi democratici), non si può sottacere però che tra moltissimi italiani in questi anni ha serpeggiato con virulenza un chiaro sentimento antiberlusconiano.
Un’ostilità preconcetta, perché fondata proprio sulla difesa di quei valori democratici che lo strapotere mediatico e il conflitto di interessi in corso contraddicono in pieno.
Chi canta vittoria oggi, pensando di aver punito e sconfitto l’antiberlusconismo, dovrebbe riflettere meglio sulla funzione a suo modo salvifica di questa contrapposizione.
Berlusconi non è un dittatore, ma avrebbe potuto esserlo. E in più occasioni ha dimostrato di lasciarsi aperta la porta a questa eventualità.
Berlusconi continua a governare per sé, ma avrebbe potuto farlo senza ostacoli e senza alcun ritegno.
Berlusconi ha logorato le istituzioni, ma non le ha distrutte.
In buona sostanza, l’antiberlusconismo è stato un argine utile a moderare il potenziale di questo magnate. A mettere paletti, a scuotere le coscienze, a rendergli la vita più difficile, la deriva meno scontata.
Questo discorso vale per la società italiana in particolare, molto meno per la politica di opposizione.
Se tra la gente il sentimento di ostilità è stato a lungo palpabile, generalmente coerente e ispirato ad una sana esigenza di "normalità", non altrettanto possiamo dire, alla luce dei fatti, per la politica.
Al di là delle mendaci apparenze, i partiti del centrosinistra lo hanno sostanzialmente fiancheggiato (ora Bertinotti, ora D’Alema, ora Mastella, ora Veltroni), per i motivi più disparati (interessati, strategici, autolesionisti, di bottega).
Cosicché a frenare il Cavaliere è stato il popolo, non la politica. E' stata la prospettiva di non avere largo consenso, è stata la voglia di piacere, accontentare e non turbare larghi settori della società.
La politica di opposizione, invece, che avrebbe potuto fare moltissimo per risolvere la situazione, specie quando si è ritrovata al governo (per quasi sette anni complessivi), in realtà non ha mosso un dito. Non solo, ma ha fatto di tutto per tenere in vita il presunto nemico, anche quando la sua stella dava chiari segnali di tramontare.
Dunque, oggi Berlusconi è una realtà vivida che non si può ignorare. E che la politica, prima ancora della società a lui antagonista, non può più permettersi di screditare. Se non altro per elementari motivi di pudore e di rispetto per l'intelligenza dell'elettore.
Oggi per chi non si sente compromesso con questa destra e questa sinistra, non resta che inchiodare il Cavaliere alle sue responsabilità specifiche, quando sfora nel settore dei propri interessi personali. E inchiodare la stessa opposizione alle sue evidenti manchevolezze.
Se non si fa questo, si finisce da un lato per avallare un'insalubre anomalia, dall'altro per cristallizzare uno strumento di lotta politica (l'opposizione attuale) inadeguato e inefficace, se non addirittura complice.
Ma l’antiberlusconismo gridato e preconcetto mostra la corda. Perché l’Italia ha confermato le sue scelte e i suoi indirizzi con maggiore consapevolezza rispetto al passato, e perché lo stesso Berlusconi fa meno paura di prima: ha sviluppato una maggiore coscienza dei propri limiti e della propria funzione, ed è appagato sotto il profilo personale, giudiziario e patrimoniale.
Resta dunque un principio da difendere e una democrazia da vigilare. Stando attenti però ad essere antiberlusconiani più nella sostanza e molto meno nella forma. I danni di questa sinistra hanno tolto anche l'arma del sano pregiudizio a chi lo vorrebbe usare.