L’articolo di Giuseppe D’Avanzo pubblicato ieri su Repubblica andrebbe analizzato nelle scuole di giornalismo.
Andrebbe citato per intero, ma siccome D’Avanzo non scrive mai meno di una pagina e mezzo dovete fidarvi di una nostra personalissima sintesi, questa:
1) mi chiamo D’Avanzo, sono il vicedirettore di Repubblica e ho un nervosismo direi malcelato;
2) sono nervoso perché dell’inchiesta napoletana che promette sfracelli, di cui ovviamente ero al corrente, ha scritto prima il Giornale di me, che oltretutto sono di Napoli e ora devo metterci una pezza, un pezzone:
3) quelli del Giornale vanno dunque screditati, e comincerei col dire che su Antonio Di Pietro hanno scritto «una notizia farlocca» mettendosi in scia a un «venticello calunnioso», e questo nonostante Di Pietro si sia comportato con «esemplare correttezza» (me l’hanno detto alcune mie fonti che ovviamente non voglio citare) al pari di altri «innocenti, incappati nelle intercettazioni telefoniche» e che vogliono trasformare in «colpevoli da sbattere sui giornali»: e io, sin dai tempi di Alberto Di Pisa e Corrado Carnevale, sono uno che se ne intende. Figuratevi che vogliono tirar dentro anche lo «sventurato» Cristiano Di Pietro, figlio di, consigliere provinciale a Campobasso, colpevole di colloqui ripetuti col provveditore alle Opere pubbliche Mauro Mautone che è soltanto l’epicentro di tutta l’inchiesta;
4) volevo anche dirvi che dell’inchiesta non ho letto ancora una riga, non ho visto nessuna intercettazione: e però una manina forse legata ai servizi segreti ne ha già fatta sparire una copia dalla Dia di Napoli, e dunque, se uscisse roba e non la pubblicassi io, ecco, insomma, non dico spazzatura solo perché a Napoli non è il caso;
5) già che ci sono vi elenco una serie di altri esponenti delle forze dell’ordine, che ovviamente non conosco, i quali non c’entrano niente; 6)
finito, anzi no, dimenticavo che l’inchiesta polverizzerà ciò che resta della giunta di Rosa Iervolino; andranno di mezzo il provveditore alle opere pubbliche Mauro Mautone, l’amico di Di Pietro, oltre all’imprenditore Alfredo Romeo, cinque assessori della giunta napoletana e diversi politici nazionali tra i quali Renzo Lusetti del Pd e Nello Formisano dell’Idv e Italo Bocchino del Pdl. Facezie. I miei amici mi hanno anche detto che Giorgio Nugnes si è tolto la vita perché i servizi segreti lo pressavano con la minaccia di far uscire notizie false su di lui.
Fine della sintesi.

Con precisazione. Nostra.
Va bene il nervosismo e il finto snobismo, ma è perlomeno scorretto parlare di una «notizia farlocca rilanciata dal Giornale, che ancora ieri ostinatamente la ripubblica», come appunto vergato da D’Avanzo.
La notizia in questione uscì in queste pagine il 21 ottobre e non è farlocca per niente, rieccola identica:
«La magistratura sarebbe in possesso di intercettazioni telefoniche dove Cristiano Di Pietro chiederebbe l’assunzione di amici suoi al molisano Mario Mautone, provveditore alle opere pubbliche di Molise e Campania e sua vecchia conoscenza. Fu il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro a nominarlo direttore centrale del settore edilizia e poi presidente di una commissione tecnica sugli appalti autostradali. Tutte queste cose, il 23 settembre scorso, le ha raccontate il senatore Sergio De Gregorio all’agenzia Il Velino, ma soprattutto le ha scritte il 10 ottobre La Voce della Campania».

Ed è tutto stravero, l’unica imprecisione è che la faccenda sia anche legata a un’inchiesta sulla ricostruzione post terremoto del Molise: circostanza che l’altro ieri il Giornale ha riportato una seconda volta solo per smentirla.

D’Avanzo, in compenso, dà spazio a un ampio virgolettato di Di Pietro ma in una pagina e mezzo non ha niente da osservare su un particolare che resta inquietante: ossia che lo stesso Di Pietro, per smentire legami troppo stretti con Mautone, abbia finito per rivelare d’esser stato a conoscenza dell’inchiesta napoletana sin dal 2007, quand’era ministro.
Come se fosse normale.

Seconda precisazione.
Non stupirebbe, con l’aria che tira, se nelle scuole di giornalismo cominciassero realmente a pensare che una velina sia quella di Striscia la notizia: occorrerebbe, perciò, fare degli esempi concreti di velina old style, quella classica che mette in secondo piano le notizie vere e in primo piano i personaggi da salvaguardare, magari sulla base di generiche «fonti» che forniscono notizie generiche più che altro per bruciarle, disinnescarle. Chiediamo a Giuseppe D’Avanzo se ha qualche docente da suggerire.

Filippo Facci su www.ilgiornale.it 05 12 08

saluti