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su Il Manifesto del 07/12/2008
In crescita nei sondaggi, il politico tedesco ospite della disastrata gauche italiana offre i suoi consigli. Primo: niente accordi con i riformisti. Secondo: trovate il coraggio di proporre ricette semplici per difendere i lavoratori. A costo di perdere qualcuno per strada.
Oskar Lafontaine, presidente di Die Linke , prova a dare qualche consiglio alla sinistra italiana dopo il naufragio elettorale di aprile. Partiamo dall'economia. La crisi mondiale sarà pagata solo dai lavoratori? La crisi che stiamo attraversando non è semplicemente tecnica ed economica ma di tutto il sistema sociale. E' importante sottolineare questo punto, altrimenti rischiamo di non capirla, sono in gioco i nostri valori. Per trent'anni ha dominato la filosofia neoliberista, una filosofia contro l'umanità il cui unico obiettivo è il profitto e non la soddisfazione dei bisogni dell'uomo. E per avere sempre maggiori profitti si deregolamenta tutto a livello mondiale. Mi piace sempre citare Rousseau per spiegare cosa dobbiamo fare: bisogna avere delle regole per difendere i deboli. In questo periodo senza regole sono i più deboli che necessariamente soccombono. Il risultato di questa crisi è una profonda recessione economica che verrà pagata dai più deboli. C'è una via d'uscita da sinistra a questa crisi? Cosa propone? La sinistra deve avere un'altra filosofia rispetto al neoliberismo. Se loro chiedono deregolamentazione, noi dobbiamo chiedere più regole.Se loro parlano di privatizzazione noi proponiamo una più forte presenza pubblica in economia. Cuore del neoliberismo è la flessibilità. Bene, noi proponiamo allora un mercato che permetta agli uomini di essere liberi, contro la precarietà. La nostra è una filosofia di salari adeguati ai bisogni umani, accettabili non solo per le famiglie ma anche dai singoli. Gli ultimi sondaggi in Germania vi danno in forte crescita. Quali sono i vostri punti di forza? Penso che in Germania quasi tutti i partiti siano infetti dal virus neoliberista. Nel mio paese c'era una forte domanda popolare di un partito diciamo «sano», immune da questo virus. E noi siamo stati, e siamo ancora, in grado di dare una risposta a questa domanda. Faccio alcuni esempi: siamo contrari alla prosecuzione della guerra in Afghanistan; gli altri partiti chiedono a gran voce flessibilità, bene, noi siamo per una forte regolamentazione del mercato; e ancora, lottiamo perché si arrivi per legge a un salario minimo garantito. Sulle pensioni tutti i partiti tedeschi puntano alla distruzione del sistema pensionistico pubblico. Noi vogliamo che le pensioni dei nostri anziani siano adeguate ai loro bisogni. Sulla disoccupazione: dopo un anno di non lavoro adesso si hanno 350 euro. Noi chiediamo maggior sostegno ai disoccupati. Abbiamo quattro punti chiari, condivisi dalla maggioranza della popolazione. E grazie a quelli cresciamo anche elettoralmente. In Italia la sinistra è uscita distrutta dalle elezioni e ancora oggi fatica a trovare una strada. Ha qualche consiglio? Quello che dicevo prima. La sinistra anche in Italia deve avere pochi punti chiari su cui non deve transigere. Devi arrivare al popolo. Se fai compromessi non buoni con altri poi la paghi. Anche elettoralmente. Dunque non vede il bisogno di confrontarsi con la sinistra moderata, riformista? E' il concetto di sinistra riformista a essere falso. Un movimento riformista si deve porre come obiettivo delle riforme al termine delle quali la popolazione stia meglio. La cosiddetta sinistra riformista oggi punta invece all'eliminazione di vantaggi sociali. Non ci si può alleare con chi si dice di sinistra e poi porta avanti politiche che non lo sono. Si torna al concetto iniziale: la formula di Die Linke è per la regolamentazione. E poi in politica estera dobbiamo dire no alla guerra. Serve un rinascimento della sinistra in tutta Europa, direi una «rifondazione», servono punti chiari e condivisi con la base, se decidono tutto i vertici allora si perde. Ma in Italia proseguire su poche linee chiare non è facile. Il rischio scissione è sempre dietro l'angolo. La sinistra deve tirare fuori la testa dal sistema. Un partito si definisce dal programma. Il programma dice chiaramente chi siamo e dove vogliamo andare. E anche con chi possiamo fare il percorso. Anche a rischio di perdere qualcuno per strada? Sì. Assolutamente.