L'INTERVENTO
Con varie argomentazioni, spesso agganciate all'attualità della cronaca politica, autorevoli personaggi della politica locale, ripropongono l'abolizione dell'Ente Provincia: troppi livelli istituzionali sono un peso per i cittadini, bisogna snellire, risparmiare, togliere competenze. Infatti per molti cancellare la Provincia significa eliminare taluni odiosi balzelli, cancellare inutile strumento di burocrazia ma soprattutto risparmiare cifre cospicue da investire in altre cose e quindi si suggerisce di emulare la snella e moderna struttura statale degli altri stati dell'Europa.
E via, a seguito, le proposte: una gamma di alternative vecchie e nuove; accorpiamo i Comuni con pochi abitanti(!); creiamo i Distretti; reintroduciamo i Dipartimenti o i Comprensori; disegniamo i Mandamenti; facciamo le Contee; ecc. Come in una sorta di ricorso storico, in modo altalenante, nasce, cresce, e poi si esaurisce la polemica contro l'Ente Provincia e i piccoli Comuni. Spesso l'attacco nasce dalla poca conoscenza dell'Ente, delle sue
funzioni e della sua storia; in sostanza della sua utilità.
Se ripercorriamo la storia e le vicende delle Province lungo l'arco degli ultimi 40 anni troviamo ripetuti tentativi di sopprimerle dal sistema delle Autonomie, ma ogni volta le Province, rinnovandosi e ammodernandosi, sono sopravvissute migliorando l'efficacia, l'efficienza, l'economicità delle proprie azioni sociali, economiche e politiche.
Ci si chiede dove trovi l'energia per resistere un ente così bersagliato tanto da essere, a volte, paragonato ai Consorzi di Bonifica o peggio annoverato, con questo ultimo, ai vituperati enti inutili. La Provincia è l'indiscutibile prodotto di ragioni naturali e storiche. La Provincia è necessaria quanto più il Comune è ristretto e debole. N'è testimonianza tutta la storia Italiana, poiché le antiche civitates e i famosi municipi romani e preromani, i gloriosi comuni medievali, a parte l'apparenza del nome, erano Province, in pratica città e campagna unite. Le Province sono state il fattore essenziale della vita collettiva per evitare o il soverchio accentramento (a volte statale, a volte regionale) o l'eccessivo frazionamento amministrativo (dei legislatori romani).
La forza delle Province è proporzionale al loro radicamento nelle coscienze delle comunità locali: è soltanto la diretta corrispondenza tra il sentire della gente e la sostanziale rappresentatività dell'istituzione che dà vigore all'Ente.
Quindi la Provincia si può definire ente locale con forte identità territoriale e legittimazione democratica e la sua esistenza evita il centralismo regionale e garantisce un'equilibrata distribuzione di competenze nei territori a bassa densità residenziale ma con una diffusa rete di comuni medio - piccoli. D'altronde la grande ricchezza della società italiana è data dalla straordinaria varietà e profondità delle molteplici radici e culture. Per valorizzare questa società occorre la capacità di governo policentrico.
Il concetto economia del territorio, abusato dagli attuali attori politici, si fonda sullo sviluppo e valorizzazione delle risorse locali: questo è l'essenza del Federalismo; meglio delle Province, chi può assolvere a questo compito? La Provincia è un ambito di snodo della programmazione regionale, un sostegno delle politiche territoriali e dei servizi su Area Vasta: il migliore livello organizzativo sovra-comunale anche in materia Urbanistica oltre alle Reti dei servizi. Ancora oggi è in provincia, nei piccoli Comuni, che abita la stragrande parte della popolazione e si troverebbero senza un interlocutore sensibile ed attento qual è, per sua natura, la Provincia che assicura un'efficace pianificazione su questioni fondamentali della vita dei cittadini quali rifiuti (questione bacini, inceneritori o discariche, raccolte differenziate), ambiente (tutela acqua, aria, territorio, gestione caccia e pesca), economia (Fiera, interporto, magazzini generali, zip), lavoro (uffici del lavoro), urbanistica (Ptcp e Pati), viabilita' (nuova strade, ponti, manutenzioni), mobilita' (organizzazione del offerta del trasporto pubblico) e cultura (manifestazioni varie, musei ma soprattutto riordino plessi scolastici) e sembra che nessuno e soprattutto tra gli abitanti delle Città - si renda conto di cosa significhi lasciare a se stessi i Comuni con un interlocutore come la Regione (o peggio lo Stato Italiano): sarebbe un danno perché nessuno garantirà gli equilibri necessari ai piccoli Comuni le cui esigenze verrebbero sistematicamente ignorate in un sistema accentrato come quello attuale (che lascia spazio ai pirati politici interpreti di clientelari esigenze).
Giacciono da tempo in Parlamento i decreti attuativi della riforma degli enti locali e l'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione attende ancora una completa applicazione, ma prevede norme transitorie verso un riassetto federalista dello Stato. Il disegno di legge dovrebbe assicurare risorse autonome e stabili ai Comuni e alle Province in relazione al trasferimento delle competenze; la Regione Veneto non ha delegato niente (dovrebbe legiferare e non gestire direttamente le proprie competenze) ma aspettiamo la concretizzazione della proposta del ministro delle Riforme.
Noi del PNE vogliamo realizzare un nuovo modello d'organizzazione provinciale che sarà caratterizzato da una reale e piena autonomia. Il che significa che la Provincia deve avere potestà legislativa, potestà impositiva ed autonomia finanziaria. La qual cosa, a sua volta, significa anche che il luogo di produzione del reddito e del prelievo fiscale deve coincidere con il luogo della spesa. Quando noi parliamo di potestà impositiva, la intendiamo, ovviamente, sostitutiva e non aggiuntiva a quella diacon lello stato.
Luigi Giacon
Responsabile Organizzativo PNE
sez. provincia Padova