Texas, luglio 1972.
La biblioteca era immensa. Volumi e volumi la componevano rendendo la vista sia numericamente sia intellettualmente straordinaria.
Essa era divisa in due grandi piani, entrambi in legno che, col prevalente marrone che colorava le copertine dei libri, rendeva l’effetto ottico ancora più caratteristico e antico. Effettivamente era una fonte da cui poter attingere, e probabilmente in quei libri vi era la possibilità di svolgere un copioso lavoro di studio sulle più disparate materie.
I due giovani uomini giunti presso quella grande stanza, si rendevano ancor più conto del paradosso di quella situazione: uno di loro, appena si era vestito in giacca e cravatta per recarsi all’importante e tanto richiesto appuntamento, era stato ammonito dalla madre per essersi vestito “come un pinguino di Manhattan”, mentre l’altro si era accorto che in casa sua non c’era nemmeno una singola cravatta. Per fortuna che lo zio Robert aveva gentilmente prestato la sua.
I due erano giunti insieme in macchina presso quel ranch di San Antonio ed erano arrivati in perfetto orario. Citofonando gli aveva aperto una giovane donna che però non aveva l’aria di essere una domestica. “Dovrebbe essere la figlia…” bisbigliò il più giovane dei due al suo compagno. Al cenno che probabilmente egli aveva ragione, i “grazie” e i sorrisi furono abbondanti.
La giovane donna quindi li accompagnò presso quello stanzone-biblioteca dove ora si trovavano. Per la verità ella aveva offerto ai due ospiti anche qualcosa da bere, ma i due avevano risposto, praticamente in coro, di stare benissimo così.
Dunque i due ora si trovavano ed aspettavano chi li aveva gentilmente e inaspettatamente ospitati.
Dopo cinque minuti da loro ingresso i due giovani uomini si destarono dalla loro confusa distrazione e sentirono un cigolio sulla destra del primo piano della biblioteca: vi era infatti una porta quasi mimetizzata ed accanto ad uno specchio. Passarono pochi secondi tra l’apertura completa della porta e l’arrivo dell’uomo che i due stavano aspettando.
Egli era ingrassato non poco e si muoveva con una certa lentezza con l’ausilio di un bastone.
I due furono illuminati e in parte shocckati dalla visione.
L’uomo fece ancora qualche passo in avanti, poi si fermò li guardò in faccia ed esclamò: “Anche un singolo cenno di saluto sarebbe gradito da parte vostra”.
“Buona giorno!” esclamarono, terrorizzati per la loro gaffe i due uomini, “ci scusi ma eravamo ancora estasiati dalla vostra bellissima casa…” rispose uno dei due.
“Va bene, va bene…” rispose quasi seccato l’uomo che si sedette su una poltrona “cosa aspettate a sedervi, ci sta un bellissimo divano…vi piace tanto la casa e il suo arredamento, sedetevi pure”.
I due si sedettero non riuscendo a nascondere la profonda imbranataggine che del resto era riscontrabile già dalle loro prime mosse.
L’anziano uomo prese da un comodino accanto alla sua poltrona una scatola di sigari, ne prese uno e fece cenno di offrirne uno anche ai suoi due ospiti. Entrambi risposero all’unisono “No, grazie mille”.
L’anziano uomo, non prestando almeno apparentemente molta attenzione verso i due, si accesse un sigaro e incominciò a fumarlo emettendo una copiosa quantità di fumo. Per tre volte pose il sigaro sulla sua bocca e per tre volte emise molto fumo. Tra una boccata e l’altro era evidente che, nonostante avesse gli occhi socchiusi, sorrideva di gusto. Senza dubbio stava pensando ad altro.
Dopo la terza boccata incominciò:
“Dunque, a cosa devo la vostra visita”.
“Bè, guardi, allora signore…”.
“Un momento ragazzo” lo ammonì l’anziano uomo “per prima cosa dovete ricordarvi i vostri nomi, che io per la testa ho così tanta roba che nemmeno ricordo esattamente i vostri due nominativi”.
“Si, è vero, ci scusi: io sono il Charles Seas è come avrà letto…ehm, vabbè e lui è Robert Peterson. Siamo della sezione della contea di San Antonio, appunto”.
“Pensate un po’: l’unica cosa che mi ricordavo era che eravate della conte di San Antonio!”.
Seguirono una decina di secondi di silenzio, finché l’uomo sbottò:
“Ragazzi, vi prego. Ho ricevuto una lettera firmata da tutti gli iscritti del circolo della contea che chiedevano di essere ricevuti da me con una loro delegazione. Ora, io ho molti impegni, anche se a voi non sembrerà e non ci crederete nemmeno a seguito di questa mia affermazione. Per questo vi dico subito, così per levarci questo peso: se non dite subito cosa cavolo volete potrei farvi cacciare fuori da questa casa entro pochi secondi.”.
“Si, si…ci scusi” rispose Charles che, dando un’occhiata a Robert si poneva come il relatore di ciò che entrambi dovevano chiedergli.
“Dunque siamo appunti qui perché qualche giorno fa è accaduto qualcosa di profondamente curioso presso il circolo del nostro partito: un nostro iscritto si è fatto, durante un’assemblea pubblica, fatto promotore di una lettera da spedire a lei. Questa lettera è stato firmata da tutti i membri del circolo, trova tutte le firme nella copia a sua disposizione, è, senza un briciolo di speranza abbiamo spedito presso la sua abitazione questa richiesta di incontrare una delegazione del nostro circolo…ed eccoci qui!” disse ridendo e cercando sponda nel compagno, mentre l’anziano uomo, dal suo volto rugoso, non lasciava trapelare niente.
“Bene, ragazzi. Io vi ricevo quindi. Siamo qui. Ditemi cosa volete, perché una vostra delegazione mi voleva incontrare?”.
“Ebbene…si tratta…si tratta…di George McGovern”.
Una smorfia di dolore si colse nel volto dell’anziano uomo. Non era una dolore fisico, era intellettuale.
Sostengono alcuni che, in passato, grandi musicisti, provassero un vero e proprio dolore nel sentire un genere di musica a loro non affine. La consideravano un scherzo della natura, ma anche un affronto, un insulto e anche se non potevano risentirne dal punto di vista fisico ne risentivano dal punto di vista intellettuale.
Questa era l’idea che l’anziano uomo dava col suo aspetto. Aspettò un po’ col volto arrabbiato e volontariamente interruppe sul nascere la frase di Charles che stava continuando il discorso:
“Cari amici” disse con gli occhi chiusi toccandosi la fronte “non vi ho fatto ancora finire il discorso, ma so già dove volete andare a parare…e già questo crea in me una profonda rabbia. Anzi, penso di essere abbastanza incazzato nero con voi due…”
Charles si fece coraggio e lo interruppe “Mi scusi, ma deve almeno ascoltarmi…può esprimere tutti i suoi pareri che del resto noi già prevedevamo sull’argomento, ma almeno deve finire…”.
“Ragazzino, non ho tempo da perdere con dilettanti come te, tornatene a casetta che mamma ha pronto un bel chessburgner con maionese…”.
“Mi scusi, ma non penso che questi sia un comportamento corretto da parte sue…”
“Dunque, dunque...due cose da dirti: 1) se un comportamente è corretto lo decido io e non tu 2)la vostra imbecillità si dimostra superiore a quella dell’apparenza…dovete volete parar…”.
“Signor Presidente!” tuonò Charles scattando in piedi “rappresento non me stesso in questo momento, ma una precisa iniziativa popolare. Signor presidente la prego, le scongiuro, tenga contro dell’opinione del nostro circolo: appoggi pubblicamente il nostro candidato alla presidenziali McGovern!”.
L’anziano uomo stette zitto e ammirò compiaciuto con una strana risatina Charles, prese il bastone, si alzò in piedi. Si avvicinò ad un quadro accanto alla sedia e guardandolo in maniera fissa disse: “Ci sono momenti della vita in cui ti chiedi: quanto ha influito la mia condotta sulla terra per il raggiungimento di alcuni risultati. Quando sono stato meritevole di ciò che ho avuto, del frutto del mio lavoro. Ci sono dei momenti in cui credi che le vicende, i fatti, la storia siano il frutto di qualcosa di più ampio che di una mera casualità”.
I due giovani uomini lo ascoltavano quasi con la bocca aperta per l’ammirazione. L’uomo continuò:
“Ci sono dei momenti dunque, dove ogni cosa è legata, tutto è logico. Tutto è naturale. Volendo prevedibile. Come se mosso dall’alto” stette zitto per un pò, ma poi riprese “ma un giorno mi accorsi che forse mi stavo sbagliando, quel 22 novembre sull’Air Force One. Lì ho capito davvero non c’erano meriti e ringraziamenti divini: ero presidente degli Stati Uniti d’America per un mero caso”.
“Presidente Johnson” disse Charles “non volevamo entrare in questo capitolo…sappiamo che fu un evento particolare e imprevedibile la morte del presidente Kennedy”.
L’anziano uomo fece cenno con la mano di fare silenzio: “Ragazzini” disse cambiando radicalmente tono “sono in congresso dal 1937, e pur essendo diventato presidente degli Stati Uniti solo perché vice di Kennedy, ho dato una buona prova sul campo vincendo anche delle elezioni presidenziali con quel fascistello di Goldwater (Arizona, brutta gente). E’ una cosa che ho capito da queste esperienze è che, forse perché fu casuale, sono stato uno dei presidenti con le idee più chiare in testa. Proprio perchè poco “mediatico”, poco preparato ad un ruolo come quello presidenziale.
Ora, so bene quello che faccio e non saranno certi queste vostre affermazioni a farmi cambiare idea.
La situazione è presto detta: in novembre di quest’anno, 1972, si terranno le elezioni presidenziali: gli sfidanti sono Richard Nixon per i repubblicano e McGovern per il partito democratico.
Siccome considero McGovern una persona pericolosa, senza cognizione di causa, nonché un comunista, formalmente non appoggerò alcun candidato ma penso che mi asterrò o…bè, Nixon come me è esperto, ed anche più perdente di me”.
“Ma signor presidente” ribatté Charles “si respira davvero una brutta aria! Già Nixon ha fatto parecchi danni negli ultimi quattro anni da presidente, e poi lo scenario e inquietante: abbiamo sentito di sedi del partito spiate, per non parlare poi della condotta del vicepresidente Agnew. Signor presidente emerito, la prego, lei l’unico ex presidente democratico in vita: appoggi McGovern, già troppa gente del nostro partito gli ha negato l’appoggio”.
Sorridendo Lyndon B. Johnson rispose: “Caro Charles, io sono stanco morto. Non ce la faccio più e nemmeno mi sento molto bene. Ma almeno cerco di essere una persona coerente: io ai comunisti in Vietnam ci tiravo la bombe…”.
I due giovani militanti si accorsero dell’inutilità della loro visita. Furono accompagnati alla porta da Johnson stesso. Saliti in macchina, mentre Robert accendeva la macchina e Charles guardava il vuoto basito, si sentì canticchiare dall’abitazione dell’ex presidente la canzoncina elettorale “Nixon now”.
Washington, novembre 1972.
“Se fossi nato in negli Stati Uniti ! Nixon down!”. Così tuonò, secondo alcuni indiscrezioni di stampa poco attendibili, il consigliere per la sicurezza nazionale Henry Kissinger quando si delineò l’insperata vittoria del candidato democratico McGovern.
Dal libro “Storia del movimento socialista nel continente americano” di Paul Rains:
“La presidenza McGovern negli Stati Uniti d’America, insieme al trionfo socialista di Allende in Cile, risultò essere uno dei più grandi motivi di soddisfazione per il movimenti di sinistra internazionale.
Il presidente McGovern stupì infatti tutti e, appena insediato, fece una proposta non diretta alla nazione che l’avevo eletto, ma anzi al partito che lo aveva osteggiato: “A seguito della non partecipazione di taluni esponenti di spicco del partito democratico al sostegno della mia candidatura, posso affermare con sicurezza che cambieremo radicalmente il partito: non sarà più un partito liquido! Ma un partito strutturato, con tessere, sezioni di base (sezioni, non circoli!) e con una propria classe dirigente sul territorio. I nostri militanti lavoreranno sul territorio e si batteranno per la conquista presso le istituzioni di contea, di stato e di unione. Verranno abolite le primarie per la scelta degli organismi dirigenti, l’unico organo sovrano a decidere la linea politica sarà il congresso! Al congresso si potranno presentare mozioni per la propria candidatura a presidente nazionale. L’incarico di presidente corrisponde con quella di candidato alle presidenziali, e quindi non avranno più senso le primarie anche per questo incarico.
Solo una moderna democrazia congressuale può farci avanzare sulla via del progresso: è finito il tempo di deputati cooptati e impreparati: la parola gli iscritti”.
A seguito di queste sconvolgenti dichiarazioni giunse a Washington un messaggio del segretario del Pcus Breznev che si congratulava con McGovern per essersi detto d’accordo per una forma di partito strutturato. Anche il segretario del Pci Enrico Berlinguer si disse contento della scelta di McGovern e propose un importazione delle feste dell’unità oltreoceano.
In concomitanza però (come avevano fatto a perdere contro McGovern!?!) si registrò lo scioglimento del partito repubblicano in quattro diverse forze politiche: Rinnovamento Americano, guidato da Spiro Agnew e da Lambert Dins che si rifaceva ai principi della liberaldemocrazia europea, il Patto Nixon, partito personale dell’ex presidente Nixon basato sullo spionaggio presso le sedi dei partiti rivali (uno dei punti di riferimento ideologico del partito era Francesco Cossiga, dotato di tessere onoraria), L’unione democratica dei conservatori, che a sua volte aveva al suo interno la corrente del consumatori contro il caro vita dell’italo-americano Manuel Marucci, e il minuscolo Nuovo Partito Repubblicano di Joe Bacon che rivendicava il diritto di presentarsi alle elezioni col simbolo dell’elefantino in quanto il partito non era stato sciolto convocando la convention nazionale ma solo il consiglio di presidenza.
Davanti a questo scenario confuso, il partito democratico di McGovern, approvò una legge che sanciva la nascita del partito unico McGoverniano.
La bandiera fu mantenuta cosi come era, tranne per le stelle che diventarono rosse anziché bianche. Queste stelle però divennero 49 a seguito della secessione del Wyoming che formò la Repubblica Democratica del TransWyoming sotto la ferrea dittatura militare del generale Dick Cheney.
“Il Wyoming? Quanti grandi elettori ha?” rispose McGovern facendo intendere la sua volontà di non interessarsi fin troppo alla vicenda di quello stato.
Gli Stati Uniti cambiarono anche definizione: diventarono Stati Uniti Socialisti d’America.
In quel periodo analisi storiche evidenziarono che Lenin, in certi scritti spediti a comunisti americani, riteneva l’America come un buon territorio per la rivoluzione socialista guidata da un nuovo messia: questo messia era George McGovern!
McGovern si allineò alle posizioni sovietiche ed entrambe le forze decisero una riduzione graduale entro 4 anni delle armi atomiche.
Così tutto il mondo visse in pace, e l’unico conflitto fu quello per sedare la rivolta del Partito Marxista Leninista Italiano a Firenze, che si batteva per primarie di coalizione anzichè di partito, dopo che il sindaco di quella città si era incatenato sotto la sede de “Il bolscevico” per chiedere un’informazione corretta.
McGovern fu dunque il Lenin americano, colui che diede il via alla futura colonizzazione degli immortali ideali socialisti nel continente americano.