«La mia Big Society nel governo di David»
A colloquio con Phillip Blond, direttore di “ResPublica”
di Stefano Baldolini
Europa, 14 maggio 2010
«David ha superato alla grande la prova. È stato radicale, e rapido nel formare una squadra».
Phillip Blond, teologo anglicano, direttore del think tank ResPublica e ideatore dei “Red Tories”, probabilmente è nel partito il più aduso agli ossimori, alle sperimentazioni politiche. E chiama il nuovo premier britannico così: David, semplicemente. Insomma, il governo di coalizione, la strana creatura bicefala della nuova politica britannica non lo spaventa più di tanto. Anzi, Blond ha un’aria entusiasta, e una spiegazione c’è.
Nei giorni scorsi, con il partito diviso sull’accordo con i Libdem, ha ammonito: nuove elezioni durante un periodo di austerità potrebbero portare a una campagna difficile, e l’emersione di un nuovo leader laburista a una sconfitta molto dura. Sembrava un messaggio in codice più che una riflessione culturale, poca teoria, molta prassi politica. Probabilmente ad uso e consumo della guerra di posizione tra i think tank londinesi. Già, perché se è vero che il suo "rivale" Iain Duncan Smith, del Centre for Social Justice (Csj), è entrato nella squadra di governo dalla porta principale (ministro del lavoro e delle pensioni), è anche molto plausibile che la coabitazione tra tories e libdem possa dare nuova energia al progetto radicale dello stesso Blond. Che non fatica ad ammetterlo, anche a costo di apparire in contraddizione con quanto affermato in passato.
«Molto dell’agenda dei “Red Tories” è nell’agenda del governo. La loro lezione fondamentale dei “Red Tories” è che sia lo stato sia il mercato hanno sbagliato la strada per cambiare la società». Ora, la palla deve passare in mano ai cittadini, «che devono indirizzare il cambiamento. Le associazioni civiche possono fare la differenza. Possono contribuire a riforme nella tassazione, ai rapporti con le banche». Ed ecco che paradossalmente questa nuova linfa arriva proprio dall’innesto con i liberaldemocratici. «È nella migliore scuola liberale, precedente alla corruzione a favore dello stato e del mercato, che si ritrova la centralità dell’individuo» contro i grandi poteri che ne bloccano lo sviluppo. «Dai grandi liberali britannici, lo stesso Chesterton, a Jo Grimond», l’uomo che a cavallo dei Sixties salvò il partito e l’eredità dei lib, portandolo in un decennio dal 2,7 per cento a oltre l’undici. Insomma il «liberalesimo ha un grande senso se produce libertà. E ora la nuova coalizione deve riconoscere le istanze che le società pone e tradurle in realtà».
E ora che «David» ha appena chiuso la sua prima riunione di gabinetto del primo governo di coalizione dalla seconda guerra mondiale, di fronte a Nick Clegg, parlando di «grande opportunità per pensare a lungo termine», Blond traccia un primo bilancio degli ultimi giorni. Dall’esito del voto in poi.
«David ha gestito le difficoltà, i conflitti, il risultato elettorale, ponendo le basi per la creazione di un interesse comune, per una “new politics”. E in effetti, non ha fatto altro che portare il concetto di “big society’” dentro il governo». Big Society per Blond significa governo attivo e non passivo, partecipazione dal basso, piccola impresa, organizzazioni di volontariato, sussidiarietà. Una società di piccoli, per la prima volta in competizione con le big company. Approccio ai limiti della visione no global che portò Blond alle soglie dell’emarginazione politica tra i conservatori. Difficile capire, se tutto ciò coincida con le posizioni reciproche di Cameron e Clegg, ma ora il viaggio del fondatore di ResPublica è ricominciato.
Ecco dunque che per Blond il governo di coalizione è un’opportunità importante. Tuttavia non si fa illusioni, sa che in molti considerano insormontabili le tradizionali piattaforme ideologiche dei due partiti. Le differenze, per esempio, sui temi etici. Poi c’è la mancanza di esperienza del sistema politico britannico con la prassi di un governo di coalizione. «Certo, dei problemi potrebbero esserci. Ma quello che si sta tentando di fare, quello che Cameron ha innescato è un processo politico. Un reale cambiamento. Si sta provando a restituire il potere ai cittadini. Quello che bisogna tener presente è la domanda che veniva dagli stessi cittadini alle prese con la crisi. Un cambio di leadership.
Un nuovo modello economico, un nuovo modello sociale. Per far partire questi processi occorre tempo, per arrivare a un conservatorismo radicale occorre saper guardare più lontano». Insomma, assoluta fiducia in «David». Altra cosa è capire se rientrerà nel team di governo. «Vedremo, – si schermisce – intanto lavoro ad accrescere l’influenza di ResPublica, a renderla internazionale», e «sarei molto onorato», confida, «di essere invitato nuovamente» al meeting di Rimini. Con Comunione e liberazione, infatti, pur da anglicano, non nasconde «di avere molte affinità ». «Dal solidarismo, alla sussidiarietà. Passando per una pratica radicale dell’essere cattolici».
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