Guillaume Faye

POPULISMO:
Posizione che difende gli interessi del popolo prima di quelli della classe politica e che esalta la democrazia diretta.


A questo termine attualmente peggiorativo deve essere restituita un'accezione positiva. L'avversione per il populismo si traduce nella realtà in una insofferenza dissimulata per la democrazia autentica. L'anti-populismo, così come il suo corollario dell'anti-demagogia, è una astuzia semantica dei politici e degli intellettuali borghesi per intralciare la volontà del popolo - in particolare degli strati sociali modesti, ritenuti pericolosi perché naturalmente nazionalisti.

La borghesia cosmopolita al potere, di sinistra come di destra, combatte il "populismo" perché rifiuta ogni forma di democrazia diretta, e perché nella sua convinzione "il popolo è politicamente scorretto". Sappiamo benissimo che su argomenti come l'immigrazione, la pena di morte, la disciplina scolastica, la politica penale e fiscale e tanti altri, gli auspici profondi della gente (se potessero esprimersi attraverso un referendum) non corrisponderebbero per nulla, malgrado il flusso incessante della propaganda mediatica, alle scelte dei governanti. E' quindi logico che coloro che hanno sequestrato a loro vantaggio la nozione di "volontà popolare" tentino di assimilare il populismo al dispotismo.

Di qui il sospetto verso la democrazia cantonale svizzera, o le sanzioni illegali contro l'Austria da parte dell'UE quando un partito ritenuto "populista", il FPÖ, si trovò a partecipare democraticamente al potere dopo un'elezione regolare. In realtà il populismo è il volto autentico della democrazia - nel senso greco della parola - e l'antipopulismo è l’ammissione che le élite attuali sono fondamentalmente antidemocratiche.

L'antipopulismo segna il trionfo finale della classe politico-mediatica, pseudo-umanista, protetta, privilegiata, tutelata, che ha sequestrato a suo vantaggio le tradizioni democratiche.

Da qualche tempo, il vocabolo "popolo" conosce d'altronde una cattiva fama. Gli si preferisce quello, abbastanza vago e stravolto rispetto al suo senso originario, di "repubblica". Per la classe mediatico-intellettuale, il "popolo" sono i "borghesucci bianchi" ossessionati da fantasmi securitari, dunque qualcosa di disprezzabile; una categoria che ha da pagare le tasse, rinunciare ad ogni privilegio e soprattutto tacere. Le naturalizzazioni massicce, il diritto del suolo e il voto agli stranieri servono appunto a "cambiare il popolo".

L'ideologia egemonica porta avanti una triplice campagna in tutta Europa:

1) Rendere "corretto" il popolo di radici europee e, se possibile, restringerlo numericamente.
2) Consegnare le chiavi del vero potere nelle mani della finanza internazionale.
3) Assicurare alle classi politiche delle prebende finanziarie. E' la forma moderna e soft dell'oppressione.


Una situazione del genere è palesemente fragile: i politici antipopulisti e antirazzisti dubitano forse che, una volta oltrepassato un certo margine numerico, i loro protetti musulmani e allogeni naturalizzati - insomma i "nuovi cittadini" - non li faranno passare per la pattumiera della storia?


(Pourquoi nous combattons. Manifeste de la résistance européenne, L’Æncre, 2001)


http://fr.altermedia.info/general/populisme_14268.html