da Il Gazzettino (via forum di Raixe Venete): http://www.raixevenete.com/forum_rai...ontro+i+Veneti
«Ku Klux Klan a Treviso» L'Unità inventa il Nordest feroce
di Ario Gervasutti
A Treviso è pronto a entrare in azione il Ku Klux Klan, la famigerata organizzazione razzista americana. Non solo: tra poco saranno in circolazione gli autobus per i bianchi e quelli per neri. E quando un immigrato si siede al tavolino di un caffè trema e batte i denti per la paura. Benvenuti nella capitale dell'apartheid, centrale del terrore razzista.
Clima da apartheid, violenze e immigrati nel terrore: l’irreale reportage dalla Marca proposto dal quotidiano fondato da Gramsci
La Treviso dell'Unità «Lì c'è il Ku Klux Klan»
Un universo di paura dove dietro l'angolo ci sono loro, i veneti, pronti con le spranghe a colpire chiunque abbia la pelle di un altro colore. Fantasie? Purtroppo no. È la realtà che si poteva leggere ieri sulla prima pagina dell'Unità guidata dalla neo direttrice Concita de Gregorio. Naturalmente il fatto che Treviso e il Nordest siano stati ripetutamente indicati anche da sinistra come un esempio di integrazione, al quotidiano fondato da Antonio Gramsci non importa nulla. E neppure fa notizia per un giornale sempre così sensibile ad ogni segnale che viene da oltrefrontiera, il fatto che nei mesi scorsi un inviato del governo marocchino giunto in città proprio per verificare come vivano e siano accolti i suoi compatrioti si sia dichiarato del tutto soddisfatto. Dettagli. Questa è una città ricca che elegge a sindaco uno come Gentilini, che vota in massa centro-destra e compra scarpe da 250 euro: non può che essere razzista all'ennesima potenza. E allora l'ideologia e i dogmi prendono il posto della realtà, tanto non importa raccontare e tantomeno capire. Conta diffondere certezze, pazienza se sono false.
Leggiamo con calma dall'Unità di ieri: «Il sorriso di Virna Lisi accoglie, dalle foto appese alla parete, i clienti del caffè Signore e Signori dove tutto è rimasto come in quel lontano 1965 quando l'obiettivo di Pietro Germi trasformò Treviso nella capitale di torbidi intrighi d'amore e sesso. Anche la gente, grossomodo, è quella di allora, cordiale, elegante, belle donne, cravatte sfavillanti, scarpe da 250 euro, vetrine stracolme di oro e gioielli». Ora, a parte l'originalità del quadretto e del richiamo a Signore e signori, che nel 1965 la gente di Treviso fosse tutta elegante, con cravatte sfavillanti, scarpe lussuose e passeggiasse tra vetrine stracolme di oro e gioielli, è fuori da ogni realtà. Nel 1965 molti trevigiani facevano fatica a tirare la fine del mese e si parlava di emigranti, non di immigrati: particolare che viene sempre dimenticato quando si tratta di dipingere la città secondo lo stereotipo del ricco razzista. Ma senza i ricchi razzisti non si potrebbero giustificare i patimenti di Khalid e Hamad, «amici marocchini che tremano come foglie, quasi battono i denti in preda al panico seduti nello storico caffè». Perché tremano? Perché nel giro di tre giorni la temperatura è scesa da 31 a 13 gradi? Macché: «"Se non ci fossi tu non saremmo mai venuti qui - dicono balbettando - non ci vogliono, non ci sopportano"». Paura di sedersi al bar se non in compagnia di un vigoroso giornalista pronto a difenderli dagli assalti razzisti. «Eppure nessuno ha gridato "arabo di merda" - osserva, bontà sua, il cronista dell'Unità -. "Non lo dicono, ma lo pensano - ribatte Khalid - se portassimo qui i nostri figli a giocare - aggiunge indicando un gruppetto di bimbi che offre grano ai piccioni - si creerebbe il vuoto intorno a loro"».
Insomma, nella Marca c'è l'apartheid e nessuno fa niente. «A Treviso la partita si sta facendo pesante, qualcuno teme che prima o poi ci scapperà il morto, come a Milano». Che poi il ragazzo di Milano, come ormai è chiaro a tutti, non sia stato ucciso a bastonate perché aveva la pelle nera, ma perché aveva rubato due merendine a due pregiudicati che gestivano un bar, è secondario. Come se non fosse sufficientemente aberrante il fatto che in giro c'è gente capace di ammazzare un ragazzo solo perché ruba una merendina: no, occorre buttare lì il sospetto dello sfondo razzista. Sennò come si giustificherebbe ciò che sta per accadere a Treviso? Qui «non saranno i tranquilli ospiti del caffè di piazza dei Signori a sfoderare spranghe e coltelli. Dietro le quinte si preparano gli uomini del Ku Klux Klan e i mandanti hanno già impartito gli ordini: "tolleranza doppio zero"». Eccola, la quadratura del cerchio: l'ispiratore «è sempre lui, Putin-Gentilini». Lo sceriffo che domenica ha fatto ridere mezza Venezia facendo dal palco leghista l'imitazione di se stesso, ma che certa sinistra continua a demonizzare, senza accorgersi di fare in questo modo proprio il suo gioco. È lui il capo del Ku Klux Klan, e i trevigiani sono pronti a indossare il cappuccio bianco. Ma anche quello, ovviamente, sarà firmato e dovrà costare almeno 250 euro. Nel frattempo, il razzista trevigiano si allena. «Nessuno parla, nessuno offende, occorre osservare con discrezione per cogliere certi sguardi che solo i veneti sanno fare, occhi fulminei che sfiorano la barba di Khalid e tagliano l'aria. E dicono tutto». Come non pensarci prima? Gli sguardi che solo i veneti sanno fare. Solo i veneti, nessun altro: una caratteristica etnica, forse genetica. Così come i lombardi usano il naso per dire e non dire, e i siciliani usano le orecchie (ma solo per "non" dire: riservati sono). Con gli occhi i veneti sono in grado di fare il contropelo alla barba di Khalid, come si fa a non accorgersene? Magari perché la caratterizzazione etnico-geografica attraverso la fisiognomica era una specialità nazista. Ma tutto fa brodo: l'importante è segnare il salto di qualità nell'analisi politica. La responsabilità di aver creato una Johannesburg anni '70 nel cuore del Nordest non è solo di Gentilini, nè della Lega: troppo semplice. È di chi consente alla Lega e a Gentilini di governare: i trevigiani.
E allora, è giusto insultarli. Perché cos'altro è se non un insulto - un insulto a sfondo razzista - quel riferimento a una caratteristica negativa "tipica dei veneti"? È lo stereotipo che se uno è spiritoso lo piglia come una battuta stantìa, se è suscettibile si incavola e si domanda, appunto: perché questi insulti? Forse perché i trevigiani sono colpevoli di non votare in massa a sinistra. Ma a questo mondo nessuno è perfetto.
Ario Gervasutti
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