In casa sardista circola ufficiosamente un documento sintetico che potrebbe giungere ad essere documento ufficiale in vista delle prossime regionali. Si mettono cinque condizioni per stringere un’alleanza.
1)
Sovranità: nel programma deve essere chiaro che si va ad approvare uno Statuto fortemente federalista, non costruito secondo i principi della devolution (cioè dello Stato che concede sovranità) ma delle federazioni a base associativa, dove due soggetti dotati di sovranità si accordano sui reciproci ambiti. Si tratta di innescare dalla Sardegna una profonda revisione costituzionale dell’Italia, che vada oltre lo schema devolutivo. Si tratta di costruire uno statuto non sulla base delle possibilità concesse dalla Costituzione, ma sulla base delle necessità e del diritto dei sardi. Uno Statuto che apra un conflitto politico che dovrà concludersi con una composizione alta. Nessun interesse, invece, per procedere ad uno statuto che stia tutto all’interno dei poteri autorizzati dall’attuale carta costituzionale. Obiettivi minimi: piena sovranità sul territorio, sui litorali e sul mare; piena autonomia impositiva; rappresentanza diretta a Bruxelles e nella NATO.
2)
Discontinuità: la prossima legislatura deve registrare una forte discontinuità sia con l’attuale legislatura che con la precedente.
Dell’attuale si contestano: la debolezza o inesistenza delle politiche per il lavoro; l’assenza di visione strategica sullo sviluppo e l’investimento di ingenti risorse su una visione estetizzante della Sardegna; la crisi ambientale legata all’aumento impressionante di emissioni di Co2; la confusione in tema di politiche scolastiche e universitarie; la questione morale e legale certificata ormai da un numero imbarazzante di sentenze; l’affermarsi della regola “Prima i tagli e poi le riforme” inaugurata in Sardegna con lo smantellamento della Formazioneprofessionale; il centralismo dei poteri della Giunta regionale e il sistema delle leggi delega che ahnno caratterizzato questa legislatura; l’autoritarismo e il leaderismo come attributi dell’azione politica e istituzionale; la legittimazione del conflitto di interessi attraverso la Statutaria.
Della precedente legislatura: l’ingovernabilità; l’assenza di una politica della sovranità; la debolezza delle politiche attive del lavoro; l’assenza di una visione realistica del sistema delle imprese della Sardegna; l’assenza di una politica fiscale; l’assenza di una politica dell’istruzione; la dissipazione delle risorse nella formazione; la subordinazione delle istituzioni a logiche lobbistiche; la subordinazione ai governi centrali; la subordinazione alle segreterie dei partiti nazionali fino alla rinuncia all’esercizio pieno della propria sovranità; la consumazione del territorio; le politiche di indebitamento; la scarsa produttività legislativa; l’invecchiamento della classe dirigente.
3)
democrazia: il candidato alla Presidenza deve essere scelto in Sardegna secondo forme democratiche. Vanno riequilibrati i rapporti tra i cittadini e le istituzioni, attualmente sbilanciati verso le istituzioni, con i cittadini in posizione subordinata e indifesa. Vanno riequilibrati i rapporti tra gli enti locali e la Regione. Vanno riequilibrati i rapporti tra i cittadini e i poteri finanziari nei settori sensibili del governo del territorio, della sanità, dell’informazione e della dialettica politica.
4)
riformismo: nessuna legislatura è completamente negativa. L’atteggiamento giusto è quello riformista e non iconoclasta. Non si deve radere al suolo ciò che hanno fatto i governi precedenti, ma occorre sedersi e porre rimedio agli errori e solo agli errori. Si è contrari ad ogni radicalismo.
5)
sviluppo: la grave crisi economica in atto impone che ci si concentri sulla crisi dei redditi, degli investimenti e dei consumi che caratterizza il nostro tempo. Occorre concentrare tutti gli sforzi finanziari in questa direzione. Per cui non è da escludere che gli impegni assunti per scelte non strategiche vadano revocati per concentrarsi su politiche a breve e medio periodo a sostegno dei redditi, degli investimenti pubblici e privati, e dei consumi. Bisogna semplificare la parte manovrabile del bilancio e orientarlo su lavoro, fisco, istruzione, ambiente, territorio e turismo, sospendendo e rinviando tutto ciò che non è strategico.