Liberalsocialismo, difficile matrimonio di due ideali
Capisco che le parole possano evolvere e quello che ieri era una cosa oggi è un'altra, ma cosa vuol dire liberalsocialisti? Mi sembra un'antitesi, i liberali non hanno mai detto che sono anche socialisti.
Paolo Preci, Milano ,
Caro Preci, il liberalsocialismo è una dottrina politica, ispirata in buona parte da Carlo Rosselli e Guido Calogero, che esercitò un grande fascino su molti intellettuali e su una piccola parte della borghesia italiana, soprattutto fra il 1943 e il 1947. In un recente articolo sull'inaugurazione dell'Archivio di Norberto Bobbio ( La Stampa del 9 ottobre), Alberto Papuzzi ha pubblicato un disegno di Renato Guttuso in cui sono ritratte le persone che nel 1939, riunite intorno a un tavolo rotondo, cercavano di definire le linee di un pensiero che avrebbe avuto una considerevole influenza, di lì a poco, sul movimento di Giustizia e Libertà e sul Partito d'Azione. Le persone del disegno di Guttuso sono Bobbio, Cesare Luporini, Aldo Capitini, Umberto Morra, Guido Calogero e lo stesso pittore, di cui si vede soltanto la nuca. Il luogo dell'incontro è la villa di Umberto Morra di Lavriano nei pressi di Cortona, un grosso casolare dell'Ottocento che il padrone di casa aveva ereditato dal padre, generale all'epoca dei fasci siciliani (1896) e più tardi ambasciatore a San Pietroburgo. Conosco quella casa e so che Morra aveva conservato il mobilio ottocentesco, i ricordi russi del padre, gli ingenui affreschi dei pittori ambulanti con cui i proprietari delle ville toscane decoravano i loro tinelli e si era limitato a collocare qua e là i disegni dei suoi amici pittori. Non era cambiato neppure il vecchio letto di ferro battuto su cui Alberto Moravia, ospite di Morra alla fine degli anni Venti, si sdraiava per scrivere il romanzo che gli avrebbe dato la notorietà: «Gli Indifferenti». Quelle cinque persone ebbero un futuro politico alquanto diverso. Bobbio divenne uno dei maggiori studiosi europei di filosofia politica e fu, nonostante qualche screzio con Bettino Craxi, socialista. Luporini insegnò filosofia all'Università di Firenze, studiò il marxismo e fu senatore del partito comunista. Aldo Capitini, che aveva firmato con Calogero il manifesto liberalsocialista del 1937, si allontanò dal movimento per consacrarsi con spirito religioso alla causa della non violenza e promosse, tra l'altro, la prima Marcia della pace da Perugia ad Assisi il 24 settembre 1961. Guido Calogero, che Bobbio considerava «il più giovane dei miei maestri», impiegò buona parte della sua vita politica nella inutile ricerca di una forza capace di conciliare il liberalismo e il socialismo. Fu azionista sino allo scioglimento del partito, aderì al Fronte popolare nel 1948, partecipò alla fondazione del Partito radicale nel 1955, divenne membro del Partito socialista unificato nel 1966. Altrettanto inquiete e insoddisfatte furono le peregrinazioni politiche di altri intellettuali che aderirono al movimento tra la fine degli anni Trenta e il primo dopoguerra. Nel 1945 buona parte della migliore cultura italiana era liberalsocialista e azionista, ma un paio d'anni dopo i seguaci di Carlo Rosselli e Guido Calogero si erano dispersi. Qualcuno aveva raggiunto Ugo La Malfa nel Partito repubblicano, altri avevano aderito al Partito socialista, molti avevano scelto il Partito comunista. Il maggior filosofo liberale italiano, Benedetto Croce, li aveva seguiti con sguardo scettico dalle finestre di palazzo Filomarino e aveva dichiarato, con sentenza inappellabile, che il liberalsocialismo era soltanto un ircocervo, vale a dire un animale mitologico e fantastico, per metà capro e per metà cervo. Molti anni dopo, nel 1980, Bobbio, in un convegno a Bologna, disse più garbatamente che era stato una «formula di élite, tra l'altro circoscritta alla tradizione politica italiana». Elencò alcune ragioni del suo mancato successo e sostenne che una di esse stava in una sua certa ambiguità: «Liberalismo e socialismo sta bene. Ma quale liberalismo, quale socialismo? Né liberalismo né socialismo sono espressioni a significato unico. Ci sono varie interpretazioni dell'uno e dell'altro. Quando li mettiamo insieme, a quale accezione di liberalismo e socialismo ci riferiamo?». Tutti i liberalsocialisti volevano la libertà e la giustizia sociale. Ma non appena passarono dalle teorie ai programmi dovettero sciogliere il loro sodalizio. E ciascuno di essi se ne andò per la sua strada.
http://www.corriere.it/solferino/romano/05-11-07/01.spm