Mussolini, il genocida dal cuore buono
Der herzensgute Massenmörder Mussolini (Kultur, Buchrezensionen, NZZ Online)
Saggio di Aram Mattioli sulla rivalutazione del fascismo nell’Italia di Berlusconi
Chi si è occupato negli ultimi vent’anni dell’Italia e anche un po’ della sua storia non troverà in questo libro niente di fondamentalmente nuovo. Eppure fa impressione essere condotti ancora una volta in una sintesi così compatta del disastro della cultura politica italiana in tutta la sua enormità. Con il suo studio ” La rivalutazione del fascismo nell’Italia di Berlusconi” lo storico di Lucerna Aram Mattioli fa venire i brividi anche al presunto specialista, perché sembra finito nell’oblio con troppa facilità quello che nel Bel Paese, prima lentamente, poi con sempre maggiore spudoratezza, è diventato accettabile: la banalizzazione, la difesa e la glorificazione del Duce.
Paese senza memoria storica
Aram Mattioli non è il primo a definire l’ Italia “un paese senza memoria storica”, ma il suo brillante studio è sistematicamente documentato con molte fonti e la sua chiarezza accresce l’orrore dei fatti. Il saggio si occupa del periodo che va dal 1980 al 2009, soprattutto della devastazione seguita al terremoto politico del 1994, da quando il paese non ha più trovato pace. In quel periodo il magnate dei media Berlusconi, in seguito al crollo della Democrazia Cristiana, evocò dalle sue rovine il partito Forza Italia. Con il sostegno del suo impero tv e della retorica da stadio, alleato con la xenofoba Lega Nord e con Alleanza Nazionale, allora dichiaratamente di estrema destra, vinse le elezioni contro la coalizione litigiosa della sinistra. Nell’Italia disorientata e depressa è riuscito a tenere sino a oggi viva la guerra fredda e il revisionismo, a diffamare costantemente i suoi avversari dando loro dei comunisti e a scrivere pagine rosa sul fascismo.
Ma non tutti i rappresentanti dello schieramento di destra sono contentissimi delle massime incendiarie di Berlusconi, ad esempio l’attuale Presidente della Camera, che si è trasformato da fascista convinto a democratico, mutazione dimostrata anche da genuflessioni a Auschwitz e processioni a Gerusalemme. A lui Aram Mattioli dedica il capitolo, “Le metamorfosi di Gianfranco Fini,” alle cui buone intenzioni non vuol poi tanto credere. Naturalmente Mattioli analizza il ruolo che Fini assume inevitabilmente sempre più, ossia quello di vigile del fuoco che, con parole di monito, tenta di arginare i danni causati dal chiacchierone incendiario.
La maggior parte dei revisionisti italiani non è affatto negazionista riguardo ad Auschwitz, scrive Mattioli, tuttavia scagiona con solerzia Mussolini. “L’erosione del consenso antifascista” però è iniziata molto prima dell’arrivo di Berlusconi e di questo la sinistra non e’ completamente incolpevole. Da un lato per decenni ha mantenuto vivo un mito della Resistenza con tendenze un po’ kitsch, dall’altro Togliatti, il suo leader, quand’era ministro della giustizia, per motivi strategici emanò già nel 1946 una sconsiderata amnistia generale per criminali fascisti di ogni risma. Sulla carta l’”apologia del fascismo” è reato gia’ dal 1952, ma nessun giurista ha mai levato la sua voce e nessun tribunale internazionale ha mai tenuto processi a carico dei trucidatori di massa italiani.
Storici seri già da tempo hanno dimostrato ciò che il fascismo italiano ha commesso, non solo nel proprio paese. Le campagne in Africa, in Libia e in particolare in Etiopia erano non solo guerre di conquista, ma anche di sterminio, con uso di gas e esecuzioni di massa. Mattioli stesso ha scritto studi consolidati in merito. Anche nella campagna dei Balcani gli italiani non erano semplici suonatori di mandolino. Complessivamente la dittatura è responsabile della morte di circa un milione di persone, cosa che non è mai riuscita a fare presa nella coscienza collettiva degli italiani. La storiella di Mussolini zio buono, che commise errori solo perché sotto la cattiva influenza di Hitler è andata avanti per decenni e ora, secondo Mattioli, viene nuovamente tirata fuori dalle “calcolate rotture di tabù di Berlusconi”. Il capo del governo non è certo particolarmente ferrato “dal punto di vista storico”, ma ha la grande capacità di tenere alto l’umore dei partner ex-fascisti della coalizione adulando la “dittatura all’acqua di rose” di Mussolini.
Giustificazione, banalizzazione
In questa banalizzazione Berlusconi è affiancato da schiere di soldati nei suoi media, nei talk show, nelle serie tv e nei libri che evocano il fascismo e anche un “colonialismo dal volto umano” all’italiana. Pure questa tendenza ha una lunga tradizione: nel 1947, il noto giornalista Indro Montanelli redasse l’apologia “Buonuomo Mussolini”. Ancor più gravi ed influenti furono i libri dello storico Renzo De Felice che nel 1956 si separò dalla sinistra e lavorò instancabilmente a un’immagine mite di Mussolini. Successivamente si aggiunse il politologo Ernesto Galli della Loggia, che ancora oggi pratica senza darsi pace un revisionismo un po’ particolare nel “Corriere della Sera”, un po’ come il giornalista Giampaolo Pansa, che nel suo sensazionalistico bestseller racconta di partigiani assetati di sangue e di fascisti dal buon cuore.
Nella società italiana questi intrighi hanno lasciato tracce. La destra trionfante esige sempre più sfrontatamente una riabilitazione dei “combattenti di Salò”, che a partire dal 1943 prestarono servizio nel governo fantoccio di Mussolini e anche che vengano messe sullo stesso piano le vittime dell’Olocausto con quelle delle “atrocità della guerra partigiana”. Politici come l’ex presidente Francesco Cossiga possono vantarsi, impunemente, di Mussolini come “grande statista” e nei talk show noti fascisti sono ospiti graditi, e non solamente nei canali di propaganda di Berlusconi. Aram Mattioli attribuisce però un peso eccessivo all’onnipresenza di simboli fascisti nella vita quotidiana, dalle etichette di vino di Mussolini fino agli striscioni dei tifosi di calcio. Questo genere di stupidità collettiva certo non esiste solo in Italia, qui però fiorisce sotto l’occhio benevolo dei governanti.
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