Torna la stagione dei golpe in Africa. Dopo quello in Mauritania, avvenuto la scorsa estate, stavolta è il turno della Guinea, dove ieri sera il 74enne presidente Lansana Conte, al potere dal 1984, è morto in circostanze non ancora chiarite. Stamani, un comunicato delle Forze Armate, trasmesso dalla radio nazionale, ha annunciato la sospensione della Costituzione e lo scioglimento di governo e Parlamento.
Non sono ancora del tutto chiare le circostanze che hanno portato a questa decisione da parte dell'esercito, comunque chiamato in causa già ieri sera dal premier Ahmed Tidiane Souare, il quale aveva chiesto alle Forze Armate di mantenere la pace nel Paese. Fumatore incallito e affetto da diabete cronico, da anni il presidente Conte era ritenuto in pericolo di vita. A stroncarlo, secondo le prime notizie, sembra sia stato proprio un problema di salute, negato fino all'ultimo dai portavoce presidenziali che, ancora la scorsa settimana, avevano rassicurato sulle sue condizioni.
Da tempo lo stesso Conte, ex-militare salito al potere grazie a un altro colpo di stato, era ritenuto il principale ostacolo alle riforme politiche ed economiche di cui la Guinea ha disperatamente bisogno. Primo produttore mondiale di bauxite, ricchissimo di risorse idriche e forestali, il Paese è stato negli ultimi anni vittima del muro contro muro tra opposizione e sindacati da un lato, e Conte dall'altro, troppe volte incline a licenziare premier con estrema facilità senza tenere conto né dell'opinione pubblica né degli accordi stipulati. Nel febbraio del 2007, stanche della crisi economica e della mancanza di prospettive, migliaia di persone scesero per le strade della capitale Conakry chiedendo riforme e le dimissioni del presidente. La polizia reagì con estrema durezza, provocando la morte di almeno 186 persone, secondo le cifre fornite dalle associazioni per i diritti umani locali.
Le notizie di stamane non autorizzano a pensare che il modo di far politica in Guinea sia cambiato. Il Paese, uno tra i più poveri del continente e in cui i servizi sono ormai al collasso, passa così da un regime militare all'altro, perpetuando pratiche vecchie di almeno 15 anni. Nonostante in Africa la politica si evolva, seppure a piccoli passi, alcuni Paesi sembrano fermi al passato. La Guinea, come hanno avuto modo di constatare amaramente i suoi abitanti, è una di queste. La palla passa ora all'opposizione e ai sindacati, disunitisi dopo le violenze del 2007 e incapaci, nell'ultimo anno, di porre un freno alla volontà egemonica di Conte. Lo scenario potrebbe essere aperto a sviluppi interessanti, soprattutto se l'opinione pubblica, che attendeva la fine politica del vecchio presidente, decidesse di non continuare ad accettare passivamente un altro passaggio di mano tra militari.