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    anarchico
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    Post Le radici pagane del Natale

    Le radici pagane del Natale

    il libro di Elena Savino - Jubal editore
    pp.92 ISBN 8888985166
    Prezzo: 10,00 €

    L'antica festa pagana del Natale del Sole, celebrata il 25 dicembre, venne privato dai padri della Chiesa delle sue pratiche e dei suoi significati originari, considerati troppo licenziosi e pericolosi.
    La Chiesa si appropriò del 25 dicembre decretandone la nascita di Cristo, finché gli antichi rituali vennero completamente assorbiti, riempiti di nuovi significati e dimenticati.
    Le sconcertanti verità storiche sulle radici del Natale, che spaziano dai culti orientali ai Saturnalia romani, dall’adorazione di Mitra fino alla metamorfosi di Babbo Natale - da sciamano nordico a vescovo cristiano a testimonial della Coca Cola
    Un brano del libro:


    Del sole

    Per inspiegabile che sembri, la data di nascita di Cristo non è nota. I vangeli non ne indicano né il giorno né l’anno […] fu assegnata la data del solstizio d’inverno perché in quel giorno in cui il sole comincia il suo ritorno nei cieli boreali, i pagani che adoravano Mitra celebravano il Dies Natalis Solis Invicti (giorno della nascita del Sole invincibile).
    - Nuova enciclopedia cattolica dell’Ordine Francescano (1941) -

    Nel corso della ricerca di informazioni e documenti riguardanti le origini pagane del Natale, quello che stupisce è che la data del 25 dicembre, prima di diventare celebre come “compleanno di Gesù”, sia stata giorno di festa per i popoli di culture e religioni molto distanti tra loro, nel tempo e nello spazio.
    Le origini di questi antichi culti vanno ricercate in ciò che è “principio” della vita sulla terra e che “dal principio” è stato oggetto di culto e di venerazione: il sole.
    Agli albori dell’umanità, esisteva un ricco calendario di feste annuali e stagionali e di riti di propiziazione e rinnovamento.
    I popoli nel periodo primitivo della loro esistenza erano intimamente legati al “ciclo della natura” poiché da questo dipendeva la loro stessa sopravvivenza. Al tempo, la vita naturale appariva indecifrabile, incombente, potente espressione di forze da accattivarsi; era un mondo magico. L’uomo antico si sentiva parte di quella natura, ma in posizione di debolezza. Per questo, attraverso il rito, cercava di “fare amicizia” con questa o quella forza insita in essa.
    Al centro di questo ciclo c’era l’astro che scandiva il ritmo della giornata, la “stella del mattino” che determinava i ritmi della fruttificazione e che condizionava tutta la vita dell’uomo. Per quest’ultimo, temere che il sole non sorgesse più, vederlo perdere forza d’inverno riducendo sempre più il suo corso nel cielo, era un’esperienza tragica che minacciava la sua stessa vita. Perciò, doveva essere esorcizzata con riti che avessero lo scopo di evitare che il sole non si innalzasse più o di aiutarlo nel momento di minor forza.
    È proprio partendo da questa considerazione che possiamo individuare le origini dei rituali e delle feste collegate al solstizio d’inverno.
    Durante queste feste venivano accesi dei fuochi (usanza che si ritrova nella tradizione natalizia di bruciare il ceppo nel camino la notte della vigilia) che, con il loro calore e la loro luce, avevano la funzione di ridare forza al sole indebolito.
    Spesso questi rituali avevano a che fare con la fertilità ed erano quindi legati alla riproduzione. Da qui l’usanza, nelle antiche celebrazioni, di danze e cerimoniali propiziatori dell’abbondanza e in alcuni casi, come negli antichi riti celtici e germanici, ma anche romani e greci, di accoppiamento durante le feste.

    Del solstizio d’inverno

    Il termine solstizio viene dal latino solstitium, che significa letteralmente “sole fermo” (da sol, “sole”, e sistere, “stare fermo”).
    Se ci troviamo nell’emisfero nord della terra, nei giorni che vanno dal 22 al 24 dicembre possiamo infatti osservare come il sole sembra fermarsi in cielo, fenomeno tanto più evidente quanto più ci si avvicina all’equatore. In termini astronomici, in quel periodo il sole inverte il proprio moto nel senso della “declinazione”, cioè raggiunge il punto di massima distanza dal piano equatoriale. Il buio della notte raggiunge la massima estensione e la luce del giorno la minima. Si verificano cioè la notte più lunga e il giorno più corto dell’anno.
    Subito dopo il solstizio, la luce del giorno torna gradatamente ad aumentare e il buio della notte a ridursi fino al solstizio d’estate, in giugno, quando avremo il giorno più lungo dell’anno e la notte più corta. Il giorno del solstizio cade generalmente il 21, ma per l’inversione apparente del moto solare diventa visibile il terzo/quarto giorno successivo. Il sole, quindi, nel solstizio d’inverno giunge nella sua fase più debole quanto a luce e calore, pare precipitare nell’oscurità, ma poi ritorna vitale e “invincibile” sulle stesse tenebre. E proprio il 25 dicembre sembra rinascere, ha cioè un nuovo “Natale”.
    Questa interpretazione “astronomica” può spiegare perché il 25 dicembre sia una data celebrativa presente in culture e paesi così distanti tra loro. Tutto parte da una osservazione attenta del comportamento dei pianeti e del sole, e gli antichi, pare strano, conoscevano bene gli strumenti che permettevano loro di osservare e descrivere movimenti e comportamenti degli astri.
    Per fare un esempio, a Maeshowe (Orkneys, Scozia) si erge un tumulo datato (con il metodo del carbone radioattivo) 2750 a.C. All’interno del tumulo c’è una struttura di pietra con un lungo ingresso a forma di tunnel. Questa costruzione è allineata in modo che la luce del sole possa scorrere attraverso il passaggio e splendere all’interno del megalite, illuminando in questo modo il retro della struttura. Questo accade al sorgere del sole e al solstizio d’inverno.

    Delle origini comparate del Dio Sole

    Pur non avventurandoci in comparazioni religiose che richiederebbero accurati studi, pena l’apparire ridicoli, diremo comunque che il 25 dicembre è associato al giorno di nascita o di festeggiamento di personaggi divini risalenti anche a secoli prima di Cristo.
    Per citarne alcuni:

    Il dio Horus egiziano
    I mosaici e gli affreschi raffiguranti immagini di Horus in braccio a Iside ricordano l’iconografia cristiana della Madonna col bambino, tanto da indurci a credere che in epoca cristiana, per ovvi motivi, alcune rappresentazioni di Iside e Horus, spesso raffigurato come un bambino con la corona solare sul capo, furono probabilmente “riciclate”.

    Il dio Mitra indo-persiano
    Con buona pace della Gatto Trocchi, quello di Mitra fu il culto più concorrenziale al cristianesimo e col quale il cristianesimo si fuse sincreticamente. A proposito, anche Mitra era stato partorito da una vergine, aveva dodici discepoli e veniva soprannominato “il Salvatore”.

    Gli dei babilonesi Tammuz e Shamas
    Nel giorno corrispondente al 25 dicembre odierno, nel 3000 a.C. circa, veniva festeggiato il dio Sole babilonese Shamash. Il dio solare veniva chiamato Utu in sumerico e Shamash in accadico. Era il dio del Sole, della giustizia e della predizione, in quanto il sole vede tutto: passato, presente e futuro.
    In Babilonia successivamente comparve il culto della dea Ishtar e di suo figlio Tammuz, che veniva considerato l’incarnazione del Sole. Allo stesso modo di Iside, anche Ishtar veniva rappresentata con il suo bambino tra le braccia. Attorno alla testa di Tammuz si rappresentava un’aureola di 12 stelle che simboleggiavano i dodici segni zodiacali.
    È interessante aggiungere che anche in questo culto il dio Tammuz muore per risorgere dopo tre giorni.

    Dioniso
    Nei giorni del solstizio d’inverno, si svolgeva in onore di Dioniso una festa rituale chiamata Lenaea, “la festa delle donne selvagge”. Veniva celebrato il dio che “rinasceva” bambino dopo essere stato fatto a pezzi.

    Bacab
    Era il dio Sole nello Yucatan; si credeva che fosse stato messo al mondo dalla vergine Chiribirias.

    Il dio Sole inca Wiracocha
    Il dio sole inca veniva celebrato nella festa del solstizio d’inverno Inti Raymi (festeggiata il 24 giugno perché nell’emisfero sud, essendo le stagioni rovesciate, il solstizio d’inverno cade appunto in giugno).

    Ovviamente i primi citati in questa rapida carrellata devono aver influito alquanto nella creazione del cristianesimo che, ricordiamolo una buona volta, non fu creato da Cristo. Riguardo invece ai culti solari precolombiani è interessante notare come i tempi e i simboli del sacro siano comuni a civiltà così distanti fra loro. Questo dovrebbe far sorgere più spesso il sospetto di un’origine comune delle religioni tramite uno studio comparato delle stesse alla ricerca del significato della vita. Invece, ottusamente ci si continua ad adagiare su fedi antropomorfiche dogmatiche e più o meno esplicitamente intolleranti nei confronti delle altre.

  2. #2
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    Solite banalità che vengono ogni anno messe sul piatto.
    Ahimè l'autore, profondamente ignorante, non si accorge che da 50 anni a questa parte l'Archeologia ha fatto passi da gigante.





    NATALE: quando nacque davvero Gesù, una nobile ammenda di Messori
    Notizia del 21/12/2007

    VERSIONE STAMPABILE

    di Vittorio Messori
    [Dal “Corriere della Sera”, 09 luglio 2003]

    Il Ferragosto non è così lontano ed io devo fare ammenda. Succede, infatti, che in un momento di malumore - e proprio su questo giornale - abbia auspicato che la Chiesa si decida a una modifica del calendario: spostare al 15 di agosto quel che celebra il 25 di dicembre. Un Natale nel deserto estivo, argomentavo, ci libererebbe dalle insopportabili luminarie, dalle stucchevoli slitte con renne e babbinatali, persino dall’obbligo degli auguri e dei regali. Quando tutti sono via, quando le città sono vuote, a chi - e dove - mandare cartoline e consegnare pacchi con nastri e fiocchetti? Non sono i vescovi stessi a tuonare contro quella sorta di orgia consumistica cui sono ridotti i nostri Natali? E allora, spiazziamo i commercianti, spostiamo tutto a Ferragosto. La cosa, osservavo, non sembra impossibile: in effetti, non fu la necessità storica, fu la Chiesa a scegliere il 25 dicembre per contrastare e sostituire le feste pagane nei giorni del solstizio d’inverno. La nascita del Cristo al posto della rinascita del Sol invictus.

    All’inizio, dunque, ci fu una decisione pastorale che può essere mutata, variando le necessità. Una provocazione, ovviamente, che si basava però su ciò che è (o, meglio, era) pacificamente ammesso da tutti gli studiosi: la collocazione liturgica del Natale è una scelta arbitraria, senza collegamento con la data della nascita di Gesù, che nessuno sarebbe in grado di determinare. Ebbene, pare proprio che gli esperti si siano sbagliati; e io, ovviamente, con loro. In realtà oggi, anche grazie ai documenti di Qumran, potremmo essere in grado di stabilirlo con precisione: Gesù è nato proprio un 25 dicembre. Una scoperta straordinaria sul serio e che non può essere sospettata di fini apologetici cristiani, visto che la dobbiamo a un docente, ebreo, della Università di Gerusalemme. Vediamo di capire il meccanismo, che è complesso ma affascinante. Se Gesù è nato un 25 dicembre, il concepimento verginale è avvenuto, ovviamente, 9 mesi prima. E, in effetti, i calendari cristiani pongono al 25 marzo l’annunciazione a Maria dell’angelo Gabriele. Ma sappiamo dallo stesso Vangelo di Luca che giusto sei mesi prima era stato concepito da Elisabetta il precursore, Giovanni, che sarà detto il Battista. La Chiesa cattolica non ha una festa liturgica per quel concepimento, mentre le antiche Chiese d’Oriente lo celebrano solennemente tra il 23 e il 25 settembre. E, cioè, sei mesi prima dell’Annunciazione a Maria.

    Una successione di date logica ma basata su tradizioni inverificabili, non su eventi localizzabili nel tempo. Così credevano tutti, fino a tempi recentissimi. In realtà, sembra proprio che non sia così. In effetti, è giusto dal concepimento di Giovanni che dobbiamo partire. Il Vangelo di Luca si apre con la storia dell’anziana coppia, Zaccaria ed Elisabetta, ormai rassegnata alla sterilità, una delle peggiori disgrazie in Israele. Zaccaria apparteneva alla casta sacerdotale e, un giorno che era di servizio nel tempio di Gerusalemme, ebbe la visione di Gabriele (lo stesso angelo che sei mesi dopo si presenterà a Maria, a Nazareth) che gli annunciava che, malgrado l’età avanzata, lui e la moglie avrebbero avuto un figlio. Dovevano chiamarlo Giovanni e sarebbe stato “grande davanti al Signore”. Luca ha cura di precisare che Zaccaria apparteneva alla classe sacerdotale di Abia e che quando ebbe l’apparizione “officiava nel turno della sua classe”. In effetti, coloro che nell’antico Israele appartenevano alla casta sacerdotale erano divisi in 24 classi che, avvicendandosi in ordine immutabile, dovevano prestare servizio liturgico al tempio per una settimana, due volte l’anno. Sapevamo che la classe di Zaccaria, quella di Abia, era l’ottava, nell’elenco ufficiale. Ma quando cadevano i suoi turni di servizio? Nessuno lo sapeva. Ebbene, utilizzando anche ricerche svolte da altri specialisti e lavorando, soprattutto, su testi rinvenuti nella biblioteca essena di Qumran, ecco che l’enigma è stato violato dal professor Shemarjahu Talmon che, come si diceva, insegna alla Università ebraica di Gerusalemme. Lo studioso, cioè, è riuscito a precisare in che ordine cronologico si susseguivano le 24 classi sacerdotali. Quella di Abia prestava servizio liturgico al tempio due volte l’anno, come le altre, e una di quelle volte era nell’ultima settimana di settembre.

    Dunque, era verosimile la tradizione dei cristiani orientali che pone tra il 23 e il 25 settembre l’annuncio a Zaccaria. Ma questa verosimiglianza si è avvicinata alla certezza perché, stimolati dalla scoperta del professor Talmon, gli studiosi hanno ricostruito la “filiera” di quella tradizione, giungendo alla conclusione che essa proveniva direttamente dalla Chiesa primitiva, giudeo-cristiana, di Gerusalemme. Una memoria antichissima quanto tenacissima, quella delle Chiese d’Oriente, come confermato in molti altri casi. Ecco, dunque, che ciò che sembrava mitico assume, improvvisamente, nuova verosimiglianza. Una catena di eventi che si estende su 15 mesi: in settembre l’annuncio a Zaccaria e il giorno dopo il concepimento di Giovanni; in marzo, sei mesi dopo, l’annuncio a Maria; in giugno, tre mesi dopo, la nascita di Giovanni; sei mesi dopo, la nascita di Gesù. Con quest’ultimo evento arriviamo giusto al 25 dicembre. Giorno che, dunque, non fu fissato a caso. Ma sì, pare proprio che il Natale a Ferragosto sia improponibile. Ne farò, dunque, ammenda ma, più che umiliato, piuttosto emozionato: dopo tanti secoli di ricerca accanita i Vangeli non cessano di riservare sorprese. Dettagli apparentemente inutili (che c’importava che Zaccaria appartenesse alla classe sacerdotale di Abia? Nessun esegeta vi prestava attenzione) mostrano all’improvviso la loro ragion d’essere, il loro carattere di segni di una verità nascosta ma precisa. Malgrado tutto, l’avventura cristiana continua.

  3. #3
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    Giacchè aiutai a correggere le bozze di traduzione, ben conosco quest'articolo, che vale per molti degli accostamenti "ad mentula canis" che oggettivista, penso in buona fede, ha copiato senza controllare.

    Il Cristianesimo fu influenzato dai misteri Mithraici?




    Confutazione della tesi secondo cui il cristianesimo avrebbe attinto, se non addirittura scopiazzato, la religione mithraica.
    JP. Holding
    --------------------------------------------------------------------------------

    Durante l’era romana, il Mithraismo era forse il piú forte concorrente del Cristianesimo. Il Mithraismo d’oggi giorno é, religiosamente parlando, ininfluente, sebbene sia ancora in concorrenza con il Cristianesimo, ma in modo differente: é uno dei candidati principali per coloro che sostengono la tesi dell’ “imitazione pagana” come una possibile fonte del Cristianesimo.
    Riportiamo una serie di scritti ad opera dei uno dei principali autori che sostengono tale tesi, ovvero Acharya S, la quale, nella sua grande opera ‘The Christ Conspiracy’ (118-120), delinea una dozzina di cose che Gesú avrebbe avuto in comune con Mithra e, che di conseguenza, il Cristianesimo ha per forza di cose preso in prestito dal Mithraismo per creare la figura di Gesú. I punti da lei presentati sono:


    1. Mithra nacque da una vergine il 25 dicembre in una grotta e la sua nascita fu testimoniata da pastori;
    2. Egli era considerato un grande maestro ed un predicatore .
    3. Ebbe 12 compagni o discepoli;
    4. Venne promessa l’immortalitá ai seguaci di Mithra;
    5. Fece miracoli;
    6. Essendo il ‘grande toro del Sole’, Mithra si sacrificó per la pace nel mondo;
    7. Venne sepolto in una tomba e risorse di nuovo dopo tre giorni;
    8. La sua resurrezione veniva celebrata ogni anno;
    9. Veniva chiamato ‘il Buon Pastore’ ed identificato con l’agnello ed il leone;
    10. Era considerato la ‘Via, la Veritá e la Luce’, ed anche il ‘Logos’, ‘Redentore’, ‘Salvatore’ e ‘Messia’;
    11. Il suo giorno sacro era la domenica, il ‘Giorno del Signore’, persino centinaia d’anni prima dell’apparizione di Cristo;
    12. La festa principale di Mithra era quella che poi divenne la Pasqua;
    13. La sua religione aveva un’eucarestia o ‘Cena del Signore’, durante la quale Mitra disse: “Colui che non mangerà del mio corpo ne berrà del mio sangue per essere unito a me ed io a lui non verrà salvato.”
    14. “Il suo sacrificio annuale é la Pasqua ebraica dei Re Magi, redenzione o promessa simbolica di rigenerazione morale e fisica;
    15. Samuel Golding viene citato per aver riferito, una volta, che 1 Cor. 10:4 contiene “parole identiche a quelle delle scritture Mithraiche, ad eccezione del fatto che il nome Mithra viene usato al posto di quello di Cristo.”
    16. La ‘Catholic Encyclopedia’ (Enciclopedia Cattolica) viene citata in quanto riporta che le funzioni Mithraiche vennero condotte da ‘padri’ e che il ‘capo dei padri’, simile al Papa, ha sempre vissuto a Roma ed era chiamato ‘Pater Patratus’.

    Con questo saggio vogliamo offrire una visione generale sul Mithraismo e, allo stesso tempo, analizzare ogni affermazione alla luce delle prove presenti. Comunque, affinché vengano poste le basi, é necessario esplorare brevemente cosa é accaduto nel campo degli studi Mithraici nell’arco degli ultimi decenni. .



    Punto della situazione degli Studi sul Mithraismo


    Da Cumont a Ulansey: la rivoluzione degli studi Mithraici
    Nel 1975, John Hinnells (studioso di Mithraismo) si lamentó del fatto che “la difficoltá pratica che ogni studioso deve affrontare é quella di dover avere una vasta conoscenza in molteplici settori: linguistica, antropologia, storia (indiana, persiana e romana), archeologia, iconografia, sociologia, per poter comprendere discretamente gli studi sul Mithraismo". Hinnells, naturalmente, aveva ragione. Qui, la stessa osservazione puó essere fatta a riguardo degli studi biblici. Ma dato che il Mithraismo è una religione praticamente morta, non esistono equivalenti di scuole religiose che mantengono la fiamma degli studi sul Mithraismo ancora viva, e tanto meno non esistono Autori di una “Patristica Mithraica”, i quali avessero prodotto immense opere e meditazioni su Mithra.

    Quindi, non é sorprendente il fatto che dalla fine del XIX secolo fino alla metà del XX ci fosse solamente una persona al mondo che potese essere considerata quale autorità del Mithraismo: Franz Cumont.
    Cumont si dedicó alla tesi che presupponeva che la credenza Mithraica fosse incredibilmente varia dagli albori della storia sino al periodo romano. Uno dei primi indizi disponibili circa un dio chiamato Mithra compare in un trattato del 1400 a.C. [Hinn.MS, IX]; da quel momento in poi, Mithra è uno dei vari dei indo-iraniani ed è rinomato per dare ordini, creare uomini e metterli al proprio servizio -- forse in maniera alquanto “militare”. Inoltre, Mitrha sembra essere un dio che rappresenta il concetto di lealtà –una delle molte astrazioni e personificazioni delle virtù nell’antico Oriente, come Bhaga, il dio della condivisione, e Aryaman, il dio dell’ospitalità. Come tale, Mithra era il tipo che andava in giro a punire coloro i quali avessero infranto un patto. Egli era “il guardiano della verità”, “il più caro agli uomini”, colui che “ha le braccia cosí lunghe da catturare chi pronuncia menzogne”, colui che “non ferisce nessuno ed è amico di tutti”, “colui che vede e sa tutto” – difatti il sole era il suo “occhio” sul mondo. Inoltre, Mithra era il responsabile della pioggia, della natura e della salute. Nell’antico pensiero orientale il comportamento morale delle persone (e particolarmente del re) determinava il benessere nazionale e favoriva un clima fertile. Se il re di una certa terra avesse rotto un patto, i suoi coltivatori avrebbero dovuto prendere tutti i loro averi e fuggire, dato che presto Mithra sarebbe passato per tale terra su un carro con l'immagine di un cinghiale sulla parte anteriore (accompagnato da un aiutante divino che rappresenta la Vittoria) e avrebbe scombussolato tutto ció che avrebbe incontrato sul suo cammino e avrebbe rimesso il tutto in ordine [MS.27-51]. In altre occasioni, Mithra era accompagnato da un dio chiamato Varuna, il quale era il suo superiore. Varuna era il dio che aiutava gli uomini nella coltivazione del riso (sebbene fosse comunque compito di Mithra prendersi cura del riso “che maturava nel terreno incolto”); in tale modo, questi due divinità sovrintendevano agli aspetti agricoli delle vite degli uomini.
    Il Mithra antico era un personaggio importante: egli era il signore del contratto, fautore della verità. Pacifico, benevolo, protettore, che forniva un posto piacevole dove vivere ed elargitore di bestiame, Mithra non era facilmente adirabile. Piú in la’ nel tempo, nella storia Ariana, egli divenne un guerriero, sebbene in seguito ritornó al suo ruolo di pacificatore. Ma a quel tempo, lo Zoroastrismo cominció a espandersi e Mithra ebbe occasione di intraprendere nuovi compiti. Serví da mediatore fra Ohrmazd e Ahriman, il dio buono e quello cattivo del dualismo Zoroastriano; ma allo stesso tempo, subí una certa degradazione, dato che si trasformó in un membro di un gruppo di sette yazatas che avevano servito gli dei superiori [Cum.MM, 5] e gli vennero assegnati altri attributi, di guardiano, ovvero : doveva portare i demoni all'inferno e le anime al Paradiso.
    Per un certo periodo, sembra che le cose fossero alquanto tranquille per Mithra. Fino al primo secolo a.C., Mithra era ancora associato al sole, cosí come lo erano Apollo ed Ermete. [MS.129] E quindi, perchè tutte queste informazioni? Il problema era che Cumont aveva totalmente torto nel dire che l’antico Mithraismo (e diremo, per convenienza, persiano) fosse in continuità col Mithraismo romano. Come si puó notare, il Mithra romano era noto principalmente per avere ucciso un toro; tuttavia, non c’è alcun indizio che riporti che, per qualsiasi motivo, il Mithra persiano fosse mai entrato in un recinto per tori. [MS, xiii] Il Mithra romano non è assolutamente interessato all’applicazione di contratti o alla scorta di demoni all’inferno. E per complicare maggiormente le cose, i suoi seguaci in Persia, a differenza dei Mithraisti romani, non lo adoravano in stanze che assomigliavano a caverne (sebbene Porphyry credesse, in modo errato, che Zoroastro, “il presunto fondatore del culto”, avesse escogitato l’dea di una grotta come immagine dell'universo -- Beck.PO, , né avevano livelli vari di iniziazione, né credevano nella segretezza. [Ulan.OMM, 8]) Semplicamente, non vi é un collegamento fra le due credenze tranne il nome del dio in questione, certa terminologia e certe nozioni astrologiche che erano comunque state importate nell'impero romano da Babilonia [Beck.PO, 87].


    Tuttavia, dato che Cumont era convinto della continuità tra il Mithra Persiano e quello romano, presuppose, ad esempio, che il Mithra Iraniano dovesse aver pur ucciso un qualche toro nella Mitologia o leggende della zona e, quindi, modelló le prove per farle combaciare alla sua tesi, sforzandosi cosí a trovare un qualche mito che rappresentasse l’uccisione di un toro (tale uccisione non avvenne per mano di Mithra, ma di Ahriman) ed ammettendo che ci fosse un qualche collegamento od una storia sconosciuta nella quale il Mithra persiiano avesse ucciso un toro. Anche un allievo di Cumont, Vermaseren [Ver.MSG, 17-18], cercó un collegamento tra i due Mithra, ma l’unica storia che potesse in un modo alquanto remoto presentare un certo collegamento fu quella in cui Soma, il dio della vita (il quale, essendo pioggia, veniva descritto come il seme del toro sacro che fertilizza la terra), venne assassinato da un consiglio di dei, tra i quali appariva anche Mithra, il quale era inizialmente contrario alla sua uccisione e dovette, pertanto, essere persuaso a rispettare le decisioni del consiglio. Ma in termini piú semplici, il Mithra romano era tutt’altro dio di quello Persiano. Il Mithra romano era amante della Forza (intesa come attività fisica) portava un cappello frigio (copricapo tipico degli Orientali di quel tempo) ed un mantello. Uccise un toro enorme e si guadagnó il culto ed il rispetto del dio sole. Fece nuove amicizie, ebbe animali che lo aiutarono nell’uccisione di altri tori, e gli furono anche consegnati due gemelli che sembravano suoi figli e che tenevano due torce. Le differenze sono molte e sostanziali quindi.

    L'unica cosa uguale tra i due Mithra è l’associazione con il sole, attributo comunque a molti dei.

    Fino al momento del primo congresso internazionale di studi Mithraici all’inizio degli anni 70, la mancanza di indizi che provassero la continuità tra il Mithraismo Persiano e quello romano fece insospettire studiosi di Mithraismo sul fatto che il Mithraismo romano fosse “una nuova creazione che usava antichi nomi e particolari iraniani con una certa risonanza esotica al fine di dare un'apparenza esoterica ad un culto misterioso” [MS, xiii] – ed il Mithraismo romano era tale soltanto di nome, semplicemente un nuovo sistema che usava il nome di una famosa divinitá orientale antico per attrarre i Romani urbani che avevano scoperto l’oriente e tutti i relativi attraenti misteri. Si pensi a tale processo come alla riorganizzazione di un’antica religione che cerca di soddisfare i nuovi gusti, con l’unica differenza che tutto ció che mantiene di tale religione è il nome della sua divinitá! E che cosa era questa nuova religione? Per gli anni gli studiosi di Mithraismo furono confusi sul significato dell’immagine dell’uccisione del toro; il problema era, come abbiamo notato, che i Mithraisti lasciarono immagini senza titoli. Pertanto, negli anni 70, uno studioso di Mithraismo disse [MS.437]:"Al momento, la nostra conoscenza sia di pratiche generali che locali di culti di riti di passaggio, di atti ceremoniali e perfino di tutta l’ideologia sottostante è basata principalmente su un’opinione e non sugli avvenimenti".
    E Cumont stesso osservó, negli anni 50 [Cum.MM, 150, 152]:
    "I libri sacri che contengono le preghiere recitate o gli inni che venivano cantati, il rituale per gli iniziati e le cerimonie delle festività sono spariti e ne sono rimaste poche tracce… [noi] conosciamo le discipline esoteriche dei Misteri soltanto grazie ad alcune imprudenze".
    Molto presto, studiosi di Mithraismo notarono qualcosa sulla scena dell’uccisione del toro: i vari esseri umani, gli animali ed altre figure facevano riferimento a delle costellazioni!.Il toro corrispondeva alla costellazione del Toro; lo scorpione a quella dello Scorpione; e così via. Gli studiosi ci impiegarono piú tempo, peró, a capire a quale costellazione corrispondesse Mithra; in principio, Spiedel pensó che corrispondesse alla costellazione di Orione [Spie.MO], ma poi Ulansey propose una tesi che dimostrava che Mithra corrispondesse a Perseo [Ulan.OMM, 26ff] e che il Mithraismo romano fosse fondato su una scoperta “rivoluzionaria„ dell’astronomia di quell’epoca (che era strettamente collegata all'astrologia) secondo la quale “l'intera struttura cosmica si stesse muovendo in una direzione sconosciuta fino a quel tempo„ -- un processo ora chiamato “la precessione degli equinozi”. Conforme alla credenza Stoica secondo la quale una divinitá fosse “fonte di ogni forza naturale”, la personificazione delle forze naturali sotto forma di figure mitologiche divine (e l'origine del culto del Toro), in una città lungamente sotto la dominazione persiana come Tarso e dove Perseo era quindi il dio principale,lo stesso Perseo era la scelta perfetta -- ma questo non era il tipo di cosa che i seguaci desiderassero che fosse a conoscenza di tutti; pertanto, secondo Ulansey, i seguaci scelsero il nome di Mithra (un dio persiano), in parte per coprire l'identità di Perseo (il quale è spesso associato alla Persia), ed in parte a causa di un'alleanza fra i pirati delle Cicladi, i quali introdussero per primi il Mithraismo ai Romani, ed un governante in Asia Minore chiamato Mithridates [Ulan.OMM, 89]. Questa storia é quanto mai aggrovigliata!


    Qual' è fu il motivo di questa digressione? Il motivo è fu di avvertire il lettore, affinché stia all'erta ogni qualvolta che un critico dichiarerà che il Mithraismo sia in qualche modo parallelo al Cristianesimo. Si controllino con attenzione le loro fonti. Se, come Acharya S, le loro fonti risalgono a Cumont o al periodo pre Cumont, é piú che certo che stiano usando materiale fin troppo datato.

    Inoltre, se dichiarano qualcosa di alquanto definitivo sulla credenza Mithraica, molto probabilmente si sbagliano e certamente basano tale credenza su opinioni espresse da qualcuno che o non é un esperto in Mithraismo (e questo é il caso di Freke e Gandy in The Jesus Mysteries), oppure tali opinioni sono troppo vecchie e giá state smentite.
    Gli studiosi di Mithraismo, come si puó notare, non dimostrano in alcun modo che il Cristianesimo abbia mai preso in prestito nozioni filosofiche dal Mithraismo, dato che non posseggono nessuna prova, ad eccezione del fatto che “l'unico campo in cui possiamo accertare che il Cristianesimo imitó il Mithraismo è nell’arte.„ [MS.508n]. Si noti bene che in questo caso non stiamo parlando di Cristianesimo apostolico, ma di Cristianesimo nel terzo e quarto secolo, che, in uno sforzo per dimostrare che la loro fede era quella superiore, intrapresero una campagna "propagandistica" simile a quelle attuali.

    Mithra venne rappresentato come colui che uccise il toro mentre lo cavalcava; la chiesa, in maniera simile, descrisse Sansone mentre uccide un leone. Mithra tiró delle frecce ad una roccia per creare una sorgente d’acqua; la chiesa cambió questa scena per creare quella dove Mosé fa scaturire dell'acqua dalla roccia a Horeb. Pratiche di sostituzione iconografica che sono sempre state fatte per ogni culto; Per di piú, ciò non implicó uno scambio o furto Teologico alcuno.
    In quanto a tutti gli altri parallelismi, verso la fine degli anni '60, prima dell’arrivo della tesi sull’astrologia, un appello venne fatto “alla possibilità di un’influenza Mithraica„ dato che appariva “in molti casi„ -- ed inoltre, venne detto che “non era stato preso seriamente in considerazione” il fatto che il Mithraismo avesse attinto dal Cristianesimo [Lae.MO, 86]. Ma un parallelismo piú credibile era che i due sistemi “potrebbero aver corrisposto ad una medesima necessità romana, un bisogno sociale ed un interrogativo teologico senza aver saputo dell'esistenza l’un dell’altro. Come in tanti altri casi di filosofia e di letteratura, pensieri paralleli e modelli sociali possono sembrare, indipendentemente l’uno dall’altro, come “nuovi” elementi". Oggi (e perfino secondo Cumont) i parallelismi fatti fra le due fedi (da studiosi professionisti di Mithraismo) sono quasi interamente o caratteristiche religiose “universali” (cioè, entrambe avevano un codice morale; e quale religione non ce l’ha?) o sociologico: entrambe si divulgarono velocemente grazie “all'unità politica e all’anarchia morale dell'Impero.” [Cum.MM, 188-9] Entrambe le fedi attirarono un gran numero di seguaci dalle classi più basse. (E naturalmente, numerose differenze vengono anche menzionate: il Cristianesimo era piú numeroso nelle aree urbane abitate dagli ebrei della diaspora, mentre il Mithraismo era indifferente al giudaismo ed era popolare nelle zone rurali; il Mithraismo attraeva gli schiavi, le truppe ed i funzionari, mentre il Cristianesimo invece fedeli di estrazione piú varia; ecc.)
    Ci si puó chiedere se coloro che argomentino la teoria del plagio del Cristianesimo ai danni di Mithra siano a conoscenza di alcune di queste nuove opere sul Mithraismo , e se ciò fosse, che cosa ne pensino;.
    La risposta è sì, ne sono a conoscenza; ma che cosa ne pensino è che è nient'altro che un'ennesima cospirazione. Nel suo ultimo sforzo, Acharaya descrisse la tesi della costellazione e della mancanza di prove che dimostrino che Mithra, durante il periodo iraniano, abbia mai ucciso un toro:
    La discussione non è convincente e sembra essere motivata dalla possibile ripercussione che avrebbe sul Cristianesimo che tenta quindi di ridimensionare la ben fondata disputa secondo la quale il Cristianesimo copió il Mithraismo in molti dettagli.
    Quando studiosi come Ulansey sono implicitamente accusati, come in tale caso, “di essere motivati dalla ripercussione sul Cristianesimo” (o, in altre circostanze, di essere segretamente cristiani), i sostenitori dell'imitazione stanno chiaramente tenendo un’assemblea di "congiurati".

    Si penserebbe da questa dichiarazione che Acharya fosse andata in Iran e avesse trovato dozzine di immagini di Mithra che uccide un toro, che risalgono al 500 a.C., ed orme nella sabbia che equivalgono a quelle dei vicini Apostoli. Naturalmente, non trovó niente di tutto ció. Anzi, ci hanno detto che “in realtà, il tema dell’uccisione del toro ed il rituale esistevano in molte culture precedenti all’era Cristiana, indipendentemente dal fatto che sia o meno stata descritta nella letteratura od iconografia persiana.” Nessuno dubita che il tema dell’uccisione del toro esista; peró ci si chiede se appaia come qualcosa che Mithra abbia fatto nell'era pre-Romana. Se Ulansey dimostra che l’azione di Mithra fosse collegata alla scoperta della precessione degli equinozi. Acharaya tenta di offrire una risposta:
    Infatti, il tema del toro é il riflettersi dell'Età del Toro, intorno al 4500-2300 A.C, uno dei cicli di 2.150 anni creati dalla precessione degli equinozi. Gli studiosi ritengono che la precessione degli equinozi fosse stata “scoperta” soltanto durante il secondo secolo A.C. dallo scienziato greco Ipparco; tuttavia, è alquanto evidente che la precessione fosse ben nota, dall'elite che governava e dai religiosi, per millenni prima della presunta “scoperta”. Reperti archeologici dimostrano copiosamente che le antiche popolazioni seguissero i cicli della precessione equinoziale.
    Con questa dichiarazione, prima di tutto, Acharya si schiera non solamente contro Ulansey, ma, come ci ricorda lo stesso Ulansey, contro gli storici della scienza che concordano sul fatto che Ipparco avrebbe scoperto la precessione [Ulan.OMM, 76]. Inoltre, si oppone anche alle prove di Aristotele ed altri che indicano che tale conoscenza non fosse disponibile prima di Ipparco [ibid., 79]. Al contrario, presuppone una sconosciuta e anonima “elite che governa” e “sacerdoti” che presumibilmente conoscevano la precessione; tuttavia, quando entra nei dettagli, presenta solo un esempio: “il cambiamento fra le età del Toro ed dell’Ariete appare anche nella Bibbia (Esodo 12), quando Mosé istituisce il sacrificio dell'agnello o del montone anziché del toro.” Qui il problema é che, ammesso che abbia ragione, il tutto é nell’ordine sbagliato. Se Esodo simbolizza la precessione, dovrebbe ordinare il sacrificio del toro anziché del montone, e non viceversa. Non che sia di principale importanza, dato che Esodo 12 (dove viene descritta la Pasqua ebraica) non parla di tori, e l’agnello non è ancora diventato una montone, per quanto uno si sforzi di immaginare. Il fatto che “Dupuis insistette sull'identificazione, cosí come fece Volney”, é un piacevole pettegolezzo sulle loro vite, ma non significa molto. Inoltre, le assurde speculazioni di Bunsen sono infondate. “In maniera simile a Ormuzd, Mithra è rappresentato mentre cavalca un toro e Jehovah è descritto mentre cavalca un Cherubino, che equivale a Kirub o toro.” Mithra non è mai stato descritto mentre cavalca un toro; ed inoltre, dove e quando Jehovah avrebbe cavalcato un cherubino e, linguisticamente, come fa a diventare un “toro”? I miti solari dove altri dei non collegati a Mithra (Apis, ecc.) sono descritti o chiamati tori e i sacrifici di tori in vari posti non hanno nessun'importanza con questo problema; asserire semplicemente che sono “essenzialmente lo stesso tema di Mithra quando uccide il toro„ e citare altri esempi simili non lo rendono tale -- specialmente visto che non ci sono prove iconografiche o letterarie che dimostrano tale punto. Sembra che il vero “toro„ qui sia questo zoppicante (nessuna parola lo descriverebbe meglio) tentativo di mettere insieme asserzioni senza avere alcuna base d’appoggio e di gridare "Eureka"„ per impedire che la gente noti che niente sia stato realmente dimostrato.
    Dulcis in fundo: non si creda alla lettera a ció che studiosi come Acharya, Freke, Gandy, Wynne-Tyson, ecc. dicono a proposito del Mithraismo. Se così pochi studiosi di Mithraismo hanno acquistato padronanza di tutti gli attrezzi necessari e non concordano su questi punti con coloro che presuppongono l'imitazione, perchè quest'ultimi dovrebbero essere credibili?


    Si cerca di tirare acqua al proprio mulino con parallelismi?
    Ora, siamo pronti ad intraprendere la parte pratica del nostro saggio dove considereremo, uno alla volta, le affermazioni fatte da Acharya S sui presunti “parallelismi„ fra Mithraismo e Cristianesimo.
    1. Mithra nacque da una vergine il 25 dicembre in una grotta e la sua nascita fu assistita da pastori.
    Questa dichiarazione, che é stata successivamente ripetuta in parte da James Still (del Secular Web), è parte veritá, parte no. Cominciamo con la parte del 25 dicembre considerando la risposta di Glenn Mugnaio, che è più che sufficiente: “… il problema del 25 dicembre non é alquanto pertinente – da nessuna parte, il Nuovo Testamento collega questa data con la nascita d Gesú.” Ciò venne poi stabilito successivamente dalla chiesa, qualunque fosse stato il motivo di scegliere quella data -- non fu la chiesa apostolica a farlo e se avessero preso spunto da qualche parte, tutti l’avrebbero fatto, dato che il 25 dicembre era “universalmente famoso per i festeggiamenti sacri„ [Cum.MM, 196], poiché segnava (a quel tempo) il solstizio d’inverno.
    Poi, passiamo alla parte della grotta. Prima di tutto, Mithra non nacque da una vergine in una grotta; egli nacque da una roccia, la quale, presumibilmente, formó al suo interno una grotta – ( ed io suppongo che, tecnicamente, la roccia dalla quale nacque potrebbe essere classificata come vergine) Ed ecco come uno studioso di Mithraismo descrive la scena secondo la tradizione Mithraica: Mithra “che porta un cappello frigio, si protrae in avanti dalla massa rocciosa. Finora, soltanto il suo torso nudo è visibile. In ogni mano, innalza una torcia illuminata e, particolare insolito, fiamme rosse provenienti dalla petra genetrix zampillano intorno a lui.„ [MS.173] Mithra nacque giá adulto, ma nessuno di quelli che propongo la tesi dell' imitazione accenna mai questo particolare! (La scena della nascita dalla roccia deriva probabilmente da Perseo, il quale nacque, in maniera simile, in una grotta sotterranea; Ulan.OMM, 36.)
    Sono cosí rimasti solo piú i pastori e questa è la parte interamente vera; sebbene i pastori di Mithra fecero di più che semplicemente “assistere„ (diversamente dai pastori di Luca, essi testimoniarono la nascita; non ci fu nessun angelico mediatore), essi lo aiutarono ad uscire dalla roccia e gli offrirono le primizie del loro gregge –alquanto un'impresa per questi pastori in qualunque circostanza, specialmente se si considera che la nascita di Mithra ebbe luogo in un momento in cui (sic) gli uomini, a quanto pare, non erano ancora stati creati sulla terra. [Cum.MM, 132] Ma in questo caso, l’argomento piú decisivo è che questa scena, come quasi tutte le prove di Mithraismo romano, data almeno un secolo dopo il Nuovo Testamento. È troppo tardi per dire che qualunque elemento che venne preso in “prestito” venne fatto dalla chiesa Cristiana -- se ció avvenne, avvenne al contrario; ma molto probabilmente questi non furono i fatti. (È giusto anche notare che il Mithra iraniano non nacque da una roccia… la sua nascita é attribuita o ad un rapporto incestuoso fra Ahura-Mazda e sua madre, o ad una semplice donna mortale… ma non esiste nessuna storia di una nascita da una vergine. [Cum.MM, 16]) Acharya dice che il Mitra indiano “nacque da una donna, Aditi, ‘la madre degli dei’, l’inviolable o vergine alba”; questo è semplicemente ancora un altro caso dove lei applica illecitamente la terminologia [l’“alba„ diventa “vergine„ – e da quando l’alba “ha rapporti sessuali„ e come?]. E lo stesso accade in questo gioco di parole: “Si potrebbe dire che Mithra nacque da “materia prima” o “materia primordiale”, che potrebbe anche essere considerata la “prima madre”, la “materia vergine”, la “madre vergine”, ecc…” – tutto ció non può essere “considerato”, se non con l’aiuto di vivida immaginazione. Il semplice gioco sulla somiglianza psico-linguistica del suono delle parole inglesi “matter” (materia) e “mother” (madre) e provare ad identificare “prima„ (in ‘materia prima’ o ‘prima madre’) con “vergine„ non funziona. L'assistente di ricerca Punkish aggiunge: "Aditi" (secondo un sito web di astrologia) significa “libero senza limiti”: paradiso infinito a confronto della terra limitata, o finita; una dea vedica che rappresenta il generatore primordiale di tutto ció che venne generato; lo spazio eterno dell’infinito, l’insondabile/impenetrabile profondità che rappresenta il velo sullo sconosciuto. (Si noti, non si parla di materia/madre ma di generazione di materia!) Il Rig Veda (collezione e libro di versi sacri Indú) lo descrive come il padre e la madre di tutti gli dei; è chiamato Devamatri, la madre di tutti gli dei, o Swabhavat, ció che esiste da sè (e di per sé). Spesso viene implorata per benedire bambini e bestiame, per chiedere protezione e perdono. Nel Yajur Veda (libro parallelo al Rig Veda contenente testi religiosi che si concentrano su liturgia e rituali), Aditi é considerata come il sostegno del cielo e della terra, la sovrana di questo mondo e la moglie di Vishnu. Il Vishnu Purana (uno dei piú antichi Puranas, scritture religiose Indú) descrive Aditi, la figlia di Daksha e moglie di Kashyapa, come la madre di 8 Adityas (moglie di Vishnu o di Kashyapa? Peró alquanto improbabile che sia una vergine allora!!!). Inoltre, c’é anche questo sito web Dialogueonline.net - Magazine (motore di ricerca comparativa sulle principali religioni) dove troviamo: “Secondo il Rig Veda (10/72/2), Brahmanaspati, come un artigiano, creó gli dei i quali, a loro volta, crearono “Sat„ da “Asat„. Inoltre, il Rigveda (10/72/4-5) dice che “Daksha nacque da Aditi e Aditi nacque da Daksha, glii dei nacquero da Aditi e Aditi diede luce ad otto figli„. Questo mantra suggerisce pricipalmente due cose:

    1.) Aditi e Daksha nacquero l’uno dall’altro, il che non è mai possibile;

    2.) il Creatore di questo universo era Aditi perché diede luce agli dei. Ma il tutto é ridicolizzato ancora piú sfrontatamente quando tali punti vengono confutati nel Rig Veda (8/90/15): “Aditi era figlia di Adityas„. A questo proposito, il Rigveda contiene più di una controversia dato che aggiunge che Aditi era la madre di Vishnu ed in tale modo il Rigveda (4/55/3 di 8/27/5) dichiara: “Aditi mise al mondo Vishnu„. Ma Vajasaney Samhita (20/60) e Taitirya Samhita (7/5/14) rinnegano lo stesso verso e riaffermano che Aditi era la moglie di Vishnu. La dea Aditi si trova anche lei in varie controversie ed è considerata creatrice di questo universo. Quindi, questi mantra non riescono a chiarificare in maniera sufficiente il problema fondamentale della nascita, della maternità e perfino della creazione dell'universo per mano di Aditi, creatrice e creazione da un punto di vista indù)
    A questo punto, Acharya aggiunge, nella sua opera, prove iconografiche che presumibilmente mostrano “Mithra bambino seduto sulle gambe della sua madre vergine, con i Magi in ginocchio davanti a loro mentre gli presentano i loro regali.„ Uno è costretto a chiedersi come un'icona possa riflettere il fatto che la madre di Mithra fosse una vergine, dato che non è esplicitamente specificato. Inoltre, si desidera sapere se nessuna di queste prove sia pre-Cristiana (e nessuna lo é). Citare altri autori che semplicemente dicono che indica una nascita da una vergine, sebbene non offrano alcuna prova, non è sufficiente per una seria argomentazione. Infine, Acharya parla “del più grande Mithraeum del vicino-oriente [il quale] venne costruito nella Persia occidentale a Kangavar e fu dedicato ‘a Anahita, l’Immacolata Vergine Madre del Signore Mithra”. Questa è una dichiarazione molto curiosa che viene ripetuta in Internet, ma nessuna fonte viene citata e Acharya la attribuisce ad uno ‘scrittore’ senza nome o fonte. Credo, tuttavia, di aver trovato la sua fonte ed è un giornale scritto nel 1993 da David Fingrut, che all’epoca era allievo in un’high-school" (corrispondente piú o meno al nostro liceo) ed il quale a sua volta scrisse tale dichiarazione senza avere alcuna documentazione. Il suo scritto è disponibile su Internet. Detto questo, la dichiarazione é sbagliata fin dall’inizio, dato che la costruzione a Kanagvar non è affatto un Mithraeum, ma un tempio a Anahita (200 a.C.) e sebbene io abbia trovato una fonte non ancora comprovata che afferma che Anahita venne descritta come una vergine (nonostante sia dea della fertilità!), Anahita non è considerata la madre di Mithra, ma anzi la sua consorte (benchè offra l'altre informazioni contradittorie). Inoltre, la sola esistenza della dea Anahita prima dell'età romana non dimostra niente. Ancora una volta, sembra che Acharya parli a vanvera.
    2. Mithra veniva considerato un grande maestro e predicatore.
    Oltre al fatto che questa è una cosa che ci si aspetterebbe da qualsiasi leader importante, e specialmente in un contesto religioso (“Era un grande dio -- non ci ha insegnato niente!„), devo ammettere che questa dichiarazione sembra essere il primo autentico “svarione„ di una lunga lista. Non ho trovato da nessuna parte nessun indizio secondo il quale Mithra fosse un maestro, itinerante o meno. (Potrebbe probabilmente essere chiamato “Insegnante”, ma quale leader non lo sarebbe? E ‘insegnante’ in che senso? Questo è un parallelismo alquanto vago da trarre!) Ad ogni modo, poiché non c’è nessuna prova per questo particolare in nessuna opera letteraria Mithraica, lanciamo la nostra prima sfida agli studiosi che credono nell’imitazione pagana, in modo particolare ad Acharya S: come viene dimostrato che Mithra era “un grande maestro„? Che cosa insegnó e dove e a chi? In che modo era un “istruttore„ e perchè questo lo rende simile a Gesú?
    3. Ebbe 12 compagni o discepoli.
    Ho notato che questa dichiarazione viene ripetuta parecchie volte, quasi sempre (si veda oltre) senza l’appoggio di alcuna documentazione. (Uno dei nostri lettori scrisse ad Acharya chiedendole la prova specifica che dimostrasse tale dichiarazione...lei non rispose, sebbene avesse prontamente risposto ad un precedente messaggio.) Il Mithra iraniano, come abbiamo visto, aveva un singolo compagno (Varuna) ed il Mithra romano aveva due assistenti/compagni (due miniature di Mithra che portano due torce), chiamati Cautes e Cautopatres, che dovevano forse rappresentare l'alba ed il tramonto (mentre “il Grande Papá„ Mithra doveva rappresentare il mezzogiorno), la primavera e l'autunno, le stelle Albedaran e Antares [Beck.PO, 26] o la vita e la morte. (Freke e Gandy tentarono assurdamente di collegare questi due gemelli ai due ladroni che furono crocifissi con Gesú - Frek.JM, 51 - perché uno andó in paradiso con Gesú [torcia in su] mentre l’altro discese all’inferno [torcia in giù]! E perchè non collegarli invece a Stanlio ed Olio, perché uno era un pentito [torcia in giù] e l'altro era un prepotente [torcia in su]) Mithra inoltre aveva un certo numero di compagni animali: un serpente, un cane, un leone, uno scorpione -- ma non erano comunque 12.
    Ed ecco la vera ironia. La mia idea sulla fonte di queste dichiarazioni deriva da un'immagine, trovata in libro del Ulansey, di una scena dell’uccisione del toro scolpita in una pietra. La scena é incorniciata da due file verticali con sei immagini che sembrano rappresentare delle figure o facce umane su due lati. Cosí mi passó per la mente che alcuni non-Mithraisti forse videro quest’immagine e dissero, “Eh eh eh, quelle 12 persone devono essere dei compagni o dei discepoli! Proprio come nel caso di Gesú!„ Giorni dopo ricevetti il libro di Gandy e Freke e, infatti, questo è il collegamento che fanno loro. In realtá, giungono fino a dire che durante la cerimonia di iniziazione Mirthaica, i discepoli Mithraici si vestirono come i segni dello zodiaco e formarono un cerchio intorno all’iniziato. [Frek.JM, 42] Da dove (o piuttosto, da quale fonte) ottengono queste informazioni sui metodi di iniziazione Mirthaica, non si può che immaginare; nessuno studioso di Mithraismo sembra esserne a conoscenza e la loro fonte, Godwin, è un esperto “nell'insegnamento esoterico occidentale„ -- non é un Mithraista e lo si vede, perché sebbene lo scriva nel 1981, molto dopo il primo congresso di Mithraismo, Godwin stava ancora seguendo l’idea di Cumont secondo la quale il Mithraismo iraniano e quello romano siano lo stesso e concluse cosí offrendo interpretazioni sulla scena dell’uccisione del toro che non hanno alcuna somiglianza con quello che studiosi di Mithraismo oggi vedono in tale scena. (Peró, Freke e Gandy non scrivono il numero della pagina dove Godwin presumibilmente dica ció -- ed il suo materiale sul Mithraismo non dice nulla su nessuna cerimonia di iniziazione.) Tuttavia, oltre al fatto che questa incisione è decisivamente post-Cristiana (cosa che permetterebbe che qualsiasi prestito avvenuto sia in maniera inversa rispetto alla tesi di partenza, queste figure vennero identificate da studiosi moderni di Mithraismo come rappresentazioni di simboli zodiacali. Effettivamente, le prime due facce dovrebbero essere il sole e la luna!
    Recentemente, Acharya ha riconosciuto che le 12 figure attorno a Mithra sono i segni zodiacali, sebbene continui a difendere le sue tesi dicendo che “il tema dei 12 discepoli o seguaci in un’“ultima cena„ è ricorrente nel mondo pagano, anche all'interno del Mithraismo „ – dove la cena Mithraica viene paragonata all'Ultima Cena di Gesú Cristo (si veda oltre). Inoltre aggiunge: “il re spartano Cleomene organizzó in maniera simile un’ultima cena con dodici seguaci 400 anni prima di Gesú. Quest’ultima dichiarazione venne fatta da Plutarco in “Agide e Cleomene„ 37:2 - 3.„ Questo è soltanto parzialmente vero -- venni avvisato a proposito di questo passaggio da un provveduto lettore: “Perché [Cleomene] sacrificó e diede loro delle grandi parti e, con una ghirlanda sulla testa, festeggió e si divertí con i suoi amici. Si dice che inizió l'azione prima di quanto previsto, dato che aveva capito che un servo che era al corrente dell’inganno ordito dal re era uscito per andare a visitare una donna che amava. Ciò lo impaurí d’essere scoperto. Quindi, appena fu mezzogiorno, e tutti i custodi dormivano col ventre pieno di vino, si mise il suo soprabito e, scoprendo la spalla destra, sguainata la spada, si lanció in avanti, insieme ai suoi amici, tredici in totale, anche loro armati di spade.„ È “un’ultima cena„, ma non contiene nessun significato importante in sé (e tanto meno, un significato di redenzione! -- e questi tipi, chiaramente, dovevano fare “un’ultima cena„ ad un certo qual punto!) ed i dodici compagni non hanno alcun vero ruolo. E tutto ció potrebbe essere semplice coincidenza, poichè c’è anche gente che ha cinque, dieci o altri compagni.
    4. L'Immortalitá promessa ai seguaci di Mithra.
    Su questo punto, Acharya sta soltanto facendo un’ipotesi, anche se potrebbe essere valida; secondo un altro studioso di Mithraismo, dottrina che “ha certamente offerto ai suoi iniziati una liberazione da un terribile destino a cui tutti gli altri uomini sono condannati ed una strada privilegiata ad un sommo stato di benessere.„ [MS.470] Perchè questa é una buona ipotesi? Non perché il Mithraismo abbia avuto un qualche prestito dal Cristianesimo, o il Cristianesimo dal Mithraismo, o qualunque altro gruppo religioso da qualcun’altro, ma perché se non si promettete ai propri seguaci qualcosa che assicuri loro l’eternitá, uno puó anche smettere di dedicarsi alla religione! In pratica, comunque, l'unica vera prova di un’ideologia che “salvi„ è una parte del graffiti trovata nel Mithraeum Santa Prisca , del 200 d.C, sul quale c’é inciso, “hai salvato anche noi, avendo versato il sangue eterno.„ [Spie.MO, 45; Gor.IV, 114n; Verm.MSG, 172]. Si noti che questo si riferisce a Mithra che versa il sangue del toro -- e non il suo -- e che (secondo la moderna interpretazione “astrologica„ del Mithraismo) ció non significa “salvezza„ nel senso cristiano (che implica libertà dal peccato), ma un’ascesa attraverso i livelli di iniziazione verso l’immortalitá.
    5. Mithra fece miracoli.
    Mithra fece certe azioni piuttosto tipiche per qualsiasi divinitá in tutto il mondo, vera o falsa, ed in entrambe le personificazioni iraniane e romane. Ma anche questa è altra di quelle cose dove ci viene da dire, “e allora?„ Concordiamo con Miller:
    Bisogna ricordarsi che ALCUNE somiglianze generali DEVONO appartenere a tutti i capi religiosi. In termini generali, devono essere buoni, fare azioni notevoli di bontá e/o manifestare potere sovrannaturale, stabilire insegnamenti e tradizioni, creare rituali per la comunità e sconfiggere il male. Questi sono elementi comuni della vita religiosa--NON oggetti che richiedono una certa teoria di dipendenza… L’aspetto comune dell’homo religiosus è una spiegazione adeguata e più plausibile che quella della dipendenza o scambi di personificazioni divine.
    Naturalmente, i nostri studiosi che credono nell’imitazione pagana sono liberi di provare e trarre parallelismi più esatti, ma finora non ho letto nessun’esempio dove Mithra trasformó acqua in vino o calmó una tempesta.
    6. Essendo “il grande toro del Sole„, Mithra si sacrificó per la pace nel mondo.
    Questa descrizione sembre essere stata presa da una credenza che assomiglia a quella cristiana, ma dietro le vaghe illazioni si nasconde una diversa storia. Mithra “non si sacrificó„ nel senso che morí; non era “il grande toro del Sole„, ma piuttosto, fu lui che uccise il toro. Tentativi di identificare in qualche modo Mithra con lo stesso toro che uccise, sebbene ancora popolare fra i non-Mithraisti di antica data come Loisy e Bunsen, vennero respinti da Vermaseren, il quale disse che “nè i templi nè le incisioni recano alcuna prova definitiva che sostenga quest’opinione e soltanto scoperte future potranno confermarla„ [Verm.MSG, 103]; non era per la “pace nel mondo„ (tranne, forse, nel senso che Cumont interpretó l’uccisione del toro come il mito della creazione [Cum.MM, 193], sebbene avesse totalmente torto). Si puó solo dire che Mithra “si sacrificó„ nel senso che, con quest’azione, egli rischiò, nel compiere un atto eroico; il resto non ha nessuna giustificazione nella letteratura moderna di studi Mithraici – e ancora meno implica un parallelismo con Cristo, il quale si sacrificó per la redenzione dei peccati degli uomini (e non “pace nel mondo„).
    Punkish aggiunse: … La nota a fondo pagina nel libro ‘Christ Conspiracy’ cita O'Hara, che secondo la bibliografia si riferisce a Gwydion O'Hara, Sun Lore. Se uno cercasse informazioni su questo autore su Amazon.com, si puó notare che le recensioni dei suoi libri non sono molto positive. Infatti, è il tipo di persona, come Barbara Walker, che inventa le cose.

    Che tipo di autorità ha? Nessuna: è uno scrittore di pratiche pagane e, una volta, era un'alto "sacerdote" della chiesa Wiccan in Canada in un momento quando quest'ultima era piú un ideale che una realtà (!)… sembra essere un altro fabbricante di miti.

    Come mai Acharya cita questo tipo anziché uno studioso di Mithraismo?
    7. Mithra fu sepolto in una tomba e resuscitó dopo tre giorni.
    8. La sua resurrezione veniva celebrata ogni anno.
    Devo classificare questi due punti come “illazioni„ -- non ho trovato nessun riferimento, nella letteratura di studi Mithraici, ad un Mithra che fu sepolto, o persino morente [Gordon dice direttamente che non c'è “nessuna morte di Mithra„ -- Gor.IV, 96] e, di conseguenza, nessuna resurrezione (in un senso ebraico?!) da celebrare. Freke e Gandy [Frek.JM, 56] sostengono che gli iniziati Mithraici “recitarono una scena della resurrezione simile„, ma l’unico riferimento che citano è un commento di Tertulliano,ovvero ben dopo il Nuovo Testamento! Punkish aggiunge: “La nota a pié pagina è per ‘La prescrizione contro gli eretici’ di Tertulliano, capitolo 40, dove si legge: “Se ancor bene mi ricordo, anche Mitra (nel regno di Satana) segna i suoi seguaci, e imprime loro il suggello sulla fronte, dì quella che sia la sua religione; anche l'offerta del pane è fra le cerimonie che si ricollegano a lui; ecco che nei suoi riti appare anche un'immagine della resurrezione, e ai caduti di spada offre la corona.„ … Quindi, la loro discussione si basa sulla memoria di Tertulliano e non sono gli iniziati ma Mithra che fa la celebrazione ed introduce un’“esempio” di una resurrezione?! In che modo é tutto ció collegato agli iniziati che recitano la/una scena? Inoltre, Wynne-Tyson [Wyn.MFC, 24; il cfr. Ver.MSG, 38] si riferisce ad uno scrittore della chiesa del quarto secolo, Firmicus, che dice che i Mithraisti si addolorano all'immagine di un Mithra morto, ma dopo aver letto l’opera di Firmicus, non sono riuscito a trovare questo riferimento da nessuna parte. Acharya aggiunge la dihiarazione di Dupuis che afferma che Mithra morí crocefisso, ma dalla descrizione, o Dupuis o Acharya confondono Mithra con Attis.
    9. Veniva chiamato “il Buon Pastore„ ed identificato con l'agnello ed il leone.
    Soltanto il terzo aspetto ha valore di verità per quanto riesca a cercare nelle fonti di studi Mithraici: nel Mithraismo romano, il leone è considerato come l'animale “totem„ di Mithra, cosí come l'animale di Atena era il gufo ed quello di Artemide era il cervo [Biv.PM, 32]. Dato che Mithra era un dio-sole, veniva anche associato al segno zodiacale del Leone, che era la Casa del Sole nell’astrologia Babilonese. Ma oltre a questa prova post-Cristiana, ci si può chiedere quale sia tutta quest’importanza. Ci aspettiamo che i Cristiani o i Mithraisti dicano: “ non possiamo usare il leone, perché é già stato usato da altri tipi!„? La Esso dovrebbe togliere il simbolo della tigre a causa dei “Fiocchi d'Avena” della Kelloggs? Ma se si vuole realmente entrare nei dettagli tecnici, Gesú ha diritto “legale” al simbolo del leone dato che é membro della tribù di Giuda molto prima che Mithras persino apparisse nell’incarnazione persiana (Gen. 49:9).
    Ci sono anche altre connessioni: nei reperti romani, uno dei compagni di Mithra nella scena dell’uccisione del toro è un leone; alcune volte il leone è compagno di caccia e di divertimenti di Mithra. Mithra, è anche associato ad un essere con la testa di leone che, a volte, è identificato come il dio Zoroastriano diabolico Ahriman [MS.277]; una delle sette fasi del processo di iniziazione nel Mithraismo è la fase del leone. Ma Mithra viene soltamente chiamato leone in un racconto Mithraico (che fa parte del folclore armeno) perché da bambino uccise un leone e lo aprí in due. [MS.356, 442]
    10. Veniva considerato “la Via, la Verità e la Luce”, ed anche il “Logos”, il “Redentore”, il “Salvatore” ed il “Messia”.
    Acharya aggiunge, nel suo ultimo libro, anche il titolo di creatore del mondo, di Dio degli Dei, di mediatore, di possente sovrano, di re degli dei, di signore del cielo e della terra, di sole di Giustizia.
    Come si puó notare, questi sono molti titoli e, benchè abbia ricercato tra le opere di studiosi di Mithraismo, ho scoperto che nessuno di questi titoli riguardasse Mithra, tranne che quello di mediatore (sebbene non nel senso di un mediatore fra Dio e l'uomo a causa dei suoi peccati, ma come mediatore fra gli dei zoroastriani buoni e diabolici; abbiamo visto l'identificazione “del sole„, ma mai quel titolo). Infatti, neppure i nuovi titoli sono mai stati riconosciuti dagli studiosi di Mithraismo. C’è un riferimento ad un “Logos„ che veniva insegnato agli iniziati Mithraici [MS.206] (questo riferimento é nelle prove romane, che, ancora una volta, sono molto dopo l'istituzione del Cristianesimo), ma ci si ricordi che “Logos„ significa “parola„ e risale all’inizio del giudaismo a Filo -- i cristiani presero in prestito l'idea da Filo, forse, o dalle origini generali della parola, ma non dal Mithraismo.
    11. Il suo giorno sacro era la domenica, il “Giorno del Signore„, centinaia degli anni prima della venuta di Gesú Cristo.
    12. La festa principale di Mithra era quella che poi divenne la Pasqua.
    Considereremo questi due punti insieme. Il Mithra iraniano celebrava alcuni giorni speciali: l'8 ottobre, il 12-16 settembre e la festa dell’ “accoppiamento del bestiame„ dal 12 al 16 ottobre [MS.59]. Ma per quanto riguarda la Pasqua, ho soltanto letto che c’era una celebrazione nell'equinozio primaverile -- ed era solo uno dei quattro, dato che ce n’era uno per ogni stagione.
    Per quanto riguarda la domenica come giorno sacro, questo è corretto [Cum.MM, 190-1], ma compare soltanto nel Mithraismo romano e, in questo caso, Acharya apparentemente presuppone, come Cumont, che ció che era vero per il Mithraismo romano era anche vero per quello iraniano -- ma non c’è alcuna prova. Se ci fosse stato qualche prestito (e probabilmente non ci fu), avvenne al contrario.
    13. La sua religione aveva un’eucarestia o “Cena del Signore”, durante la quale Mithra disse: “Colui che non mangierá del mio corpo né berrá del mio sangue per essere unito a me ed io a lui non verrá salvato.„
    Questa dichiarazione piace anche a Freke e Gandy [Frek.JM, 49] e bisogna scavare un po’ per scoprire la sua vera origine. Godwin dice che il riferimento proviene “da un testo persiano Mithraico„, ma non precisa la data di questo testo, né dice dove l’ha trovato, né offre alcuna documentazione; quest’ultima l’ho trovata infine in Vermaseren [Verm.MSG, 103] -- la fonte di questa dichiarazione è un testo medioevale e chi parla non è Mithra, ma Zarathustra! Anche se Vermaseren ha suggerito che questa potrebbe essere la formula alla quale Justin si riferisce (ma non ha mai descritto) dicendo che fa parte dell’ “Eucarestia„ Mithraica, non c’è altra prova di tale dichiarazione prima di questo testo medioevale. (Freke e Gandy, ed ora anche Acharya, provano a rendere il rito ancestrale sostenendo che deriva da una cerimonia Mithraica persiana che usava una pianta psichedelica chiamata Haoma, ma é chiaro che si stanno arrampicando sui vetri e che stanno aggiungendo altri significati per far sembrare questo rito simile all’Eucarestia.) Questa “prova„ è pressoché inutile – e anzi puó semplicemente provare che il Mithraismo derivi dal Cristianesimo e non viceversa! (il Cristianesimo, naturalmente, era in Persia ben prima di questo testo medioevale; si veda Jesus Sutras di Martin Palmer per ulteriori informazioni.)
    Nel Mithraismo, la cosa che si avvicina di piú all’“Ultima Cena„ é quando gli iniziati mangiano pane e carne e bevono acqua e vino. Tale pasto era forse una celebrazione del pasto che Mithra ebbe con la divinitá del sole dopo l’uccisione del toro. Tuttavia, il pasto degli iniziati è visto solitamente come nient'altro che un pasto di generale amicizia come quelli che venivano fatti dappertutto nel mondo romano -- da gruppi religiosi a confraternite funerarie. [MS.348]
    14. “Il suo sacrificio annuale é la Pasqua ebraica dei Re Magi, redenzione o promessa simbolica di rigenerazione morale e fisica.„
    Questa è piuttosto una dichiarazione confusa, dato che é un’apparente falsitá (non ho trovato alcuna indicazione che dichiari che “il sacrificio„ di Mithra fosse annuale, ma piuttosto fosse un evento lontano nel passato); la dichiarazione usa termini della credenza giudeo-cristiana (“Pasqua ebraica„, “redenzione„) per descrivere un rito del Mithraismo, senza mostrare nessuna somiglianza. In questo caso, mi pare che i termini vengano illecitamente utilizzati e, fino a che altri dettagli non verranno forniti, la dichiarazione non puó essere considerata come veritiera.
    15. Samuel Golding viene citato per aver detto, una volta, che 1 Cor. 10:4 contiene “parole identiche a quelle delle scritture Mithraiche, ad eccezione del fatto che il nome Mithra viene usato al posto di quello di Cristo”. Nel suo ultimo lavoro, Acharya attribuisce questo commento anche a Weigall.
    In risposta a questo, devo dire che se Golding o Weigall possedessero delle scritture Mithraiche, devono consegnarle immediatamente alla comunità di studiosi di Mithraismo, perché questi vorrebbero consultarle. Ulansey [Ulan.OMM, 3] ci dice che “gli insegnamenti del culto (Mithraico) non furono, per quanto ne sappiamo, mai messi per iscritto„ e noi “praticamente non possediamo nessuna prova letteraria del culto che ci potrebbe aiutare a ricostruire le sue dottrine esoteriche.„ Quindi, Golding e Weigall da dove hanno ottenenuto tali notizie?
    16. La ‘Catholic Encyclopedia’ (Enciclopedia Cattolica) viene citata in quanto riporta che le funzioni Mithraiche vennero condotte da ‘padri’ e che il ‘capo dei padri’, simile al Papa, ha sempre vissuto a Roma ed era chiamato ‘Pater Patratus’.
    Freke e Gandy aggiungono la loro propria idea: come i cristiani, gli niziati Mithraici, quando conversavano, si chiamavano l’un l’altro “fratello„ [Frek.JM, 67]. Entrambe le dichiarazioni sono vere, ma, molto semplicemente…cosa ce ne importa? L’uso di termini familiari presso società religiose è un fatto universale (e ció non stupisce), perché i termini familiari sono i più utili per esprimere sentimenti o un obbligo. Infatti, “la terminologia della consaguineitá„ veniva usata nell'antichità Greco-Romana tra persone della stessa religione o razza, così come tra amici, alleati e perfino futuri ospiti. (Non ho trovato prove che il ‘Pater Patratus’ “abbia sempre vissuto„ a Roma, ma anche se avesse, questo non avrebbe alcuna importanza: dato che Roma era la città principale dell'impero, in quale altra cittá questa persona avrebbe la propria sede?)
    17. Qui di seguito ci sono alcune note supplementari di Punkish tratte da “Jesus Mysteries”:
    Dopo aver compiuto la sua missione sulla terra, si dice che Mithra fosse asceso al cielo su un carro fatto a sole - e la nota a piè pagina fa riferimento a Cumont, p138. Cumont, a dire il vero, faceva riferimento a Mithra mentre vegliava sulla prima coppia (una specie di Adamo ed Eva) ed assicurava la protezione divina all’umanità durante un diluvio universale simile a quello all’epoca di Noé! Ció non fa riferimento alla missione di Gesú, benchè l’omissione di questi particolari lo faccia implicitamente presumere, specialmente durante una discussione sulla resurrezione.
    Per quanto riguarda l’ascesa al cielo di Mithra, questo è un errore di lettura del testo. Non é Mithra, ma gli dei (per esempio Elio) che erano con lui che, dopo essersi presi cura degli esseri umani, che ascendono e poi Mithra attraversa l'Oceano nel suo carro. L'Oceano prova ad inghiottirlo ma non ce la fa e cosí, alla fine, Mithra raggiunge la dimora degli immortali. Cumont non utilizza il termine “ascensione„ solamente per Mithra.
    Le dichiarazioni di JM sui parallelismi cristiani di escatologia: elencano Mithra come autorità alla destra, Dio di Luce, sovrano del mondo che aspetta la fine dei tempi, il ritorno sulla terra, il risveglio dei morti ed il giudizio finale. La nota 258 a piè pagina p271 dice che “Cumont confronta dottrine escatologiche Mithraiche identiche al Cristianesimo.„ Questo è un terribile errore di lettura da parte di Cumont pp145-146… Non sono riuscito a trovare nessun’informazione circa “il sovrano del mondo„: protettore dell’umanità sì, ma non sovrano. Mentre si dice che Mithra debba ritornare sulla terra insieme ad un toro per separare il buono dal cattivo (come “dio di verità„ e non Dio di Luce - il titolo più simile a quelli elencati che troviamo é quello di padre celeste che riceve i fedeli in una casa signorile splendente), Mithra sì sacrifica il toro davanti all’intera umanità che si risveglia dal mondo dei morti, ma la dottrina è un’aggiunta all’idea dell’anima immortale - il che assomiglia più alla trasmigrazione, e la resurrezione è a scopo di godimento materiale. Il grasso del toro ed il vino consacrato [e non il suo sangue] viene offerto ai giusti per guadagnarsi l’immortalitá - tuttavia è Ormazd che esegue il giudizio - come annientamento del cattivo insieme alla distruzione, non punizione eterna, di Ahriman e dei suoi demoni ed un universo ringiovanito è la felicità futura senza male. Come è possibile che questo sia identico all’escatologia cristiana cosí come hanno sostenuto Freke e Gandy?
    Questo conclude la nostra lista, e cosí eccovi le nostre conclusioni: Acharya non ha mai dimostrato in maniera convincente che il Cristianesimo abbia preso in prestito qualche cosa dal Mithraismo. Le prove o non combaciano con le date, o non sono conformi alle conclusioni degli studiosi moderni di Mithraismo, o molto semplicemente non esistono. Acharya avrà bisogno di documentazioni molto più solide prima che qualsiasi delle sue dichiarazioni possano essere prese seriamente.




    Fonti

    1. Beck.PO -- Beck, Roger. Planetary Gods and Planetary Orders in the Mysteries of Mithras. London: Brill, 1988.
    2. Biv.PM -- Bivar, A. D. The Personalities of Mithra in Archaeology and Literature. New York: Bibliotheca Persica Press, 1998.
    3. Cum.MM -- Cumont, Franz. The Mysteries of Mithra. New York: Dover, 1950.
    4. Frek.JM -- Freke, Timothy and Peter Gandy. The Jesus Mysteries: Was the "Original Jesus" a Pagan God? New York: Harmony Books, 1999.
    5. Gor.IV -- Gordon, Richard. Image and Value in the Greco-Roman World. Aldershot: Variorum, 1996.
    6. Lae.MO -- Laeuchli, Samuel. Mithraismo in Ostia: Mystery Religions and Cristianesimo in the Ancient Port of Rome. Northwestern U. Press, 1967.
    7. MS -- Mithraic Studies: Proceedings of the First International Congress of Mithraic Studies. Manchester U. Press, 1975.
    8. Spei.MO -- Spiedel, Michael. Mithras-Orion, Greek Hero and Roman Army God. Leiden: E. J. Brill, 1980.
    9. Ulan.OMM -- Ulansey, David. The Origins of the Mithraic Mysteries: Cosmology and Salvation in the Ancient World. New York: Oxford U. Press, 1989.
    10. Ver.MSG -- Vermaseren, M. J. Mithras the Secret God. New York: Barnes and Noble, 1963.
    11. Wyn.MFC -- Wynne-Tyson, Esme. Mithras: The Fellow in the Cap. New York: Barnes and Noble, 1958.

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    Ringrazio Miles per il suo contributo. Per quanto riguarda la posizione degli storici cattolici sul Natale ho trovato questo interessante articolo che sottopongo alla vostra attenzione.

    Le origini della festa di Natale

    di Andrea Nicolotti

    È possibile sapere in che giorno dell'anno nacque Gesù di Nazaret? Perché il Natale è festeggiato il 25 Dicembre? Si tratta di una data storicamente attendibile, o di una convenzione?


    Testimonianze e documenti

    Prima parte tratta da Mario Righetti1, Storia liturgica, vol. II, Milano, Ancora, 19693, pp. 65-70. Revisione e postilla di Andrea Nicolotti. Sottotitoli aggiunti.

    Giotto, Natività, Cappella degli Scrovegni (1304-1306)

    Una questione preliminare trattando delle origini della festa di Natale, riguarda la data della nascita del Salvatore. In quale giorno nacque Gesù? I Vangeli ne tacciono completamente, e gli scrittori più antichi non ci hanno lasciato nulla di certo in proposito. Secondo Clemente Alessandrino (+ c. 215), in Oriente alcuni fissavano la nascita il 20 di Maggio2, altri il 20 di Aprile, altri ancora il 18 di Novembre; ed egli, non senza ironia, appunta coloro "che non si contentano di sapere in che anno è nato il Signore, ma con curiosità troppo spinta vanno a cercarne anche il giorno"3. In Occidente S. Ippolito (+ 235), nel Commentario su Daniele, ha per il primo un accenno alla data del 25 Dicembre4. Nel 243, l'anonimo autore del De Pascha computus fa nascere Gesù, Sol iustitiae, il 28 di Marzo, per il semplice motivo che in quel giorno, quarto della creazione, Dio creò il sole5. Nell’opuscolo De solstitiis et aequinoctiis (fine del III sec. o metà del IV), si dice: “Nostro Signore fu concepito il 28 Marzo, che è giorno della Pasqua, della Passione del Signore e del suo concepimento”, e “Il Signore nacque nel mese di Dicembre, di inverno, il 25”6. Similmente si legge in Tertulliano Adversus Judaeos7 e in S. Agostino, De Trinitate8. Questa strana varietà di opinioni, dimostra che in quei primi secoli, non solo non esisteva una tradizione intorno alla data del Natale, ma che la Chiesa non ne celebrava punto la festa, altrimenti, fra tanta diversità di pareri, se ne sarebbe fatto questione viva, come avvenne per determinare la solennità della Pasqua. Del resto, non era tanto la data della nascita di Gesù che interessava la Chiesa, quanto il fatto che si realizzava con la venuta di lui sulla terra, l'inizio del mistero della redenzione9.

    Sennonché, nella prima metà del IV sec., noi incontriamo un documento autentico romano che attesta indiscutibilmente l'esistenza della festa di Natale a Roma il 25 Dicembre10. È la Depositio Martyrum filocaliana, un abbozzo di calendario liturgico che rimonta all'anno 354, e nel quale si legge in primo luogo11:

    VIII Kal. Ianuarii natus Christus in Betleem Iudeae

    seguita da un breve elenco di martiri venerati a Roma.

    Quale fosse il carattere di questa prima commemorazione natalizia, non sappiamo; probabilmente doveva essere una Memoria, privilegiata senza dubbio, ma non dissimile dalle consuete Memoriae martyrum celebrate nei loro anniversari; la festa infatti restò sempre ancorata fra quelle del Santorale12. Possiamo invece chiederci se la Chiesa romana, introducendola nel suo calendario, conoscesse quella analoga dell'Epifania, che si celebrava in Oriente il 6 gennaio. La risposta negativa, a nostro avviso, sembra la più sicura, almeno fino a qualche decennio dalla sua istituzione.

    Un altro documento che, secondo taluni, conferma i dati del Filocaliano, è il discorso tenuto da Papa Liberio in S. Pietro nel 353, in occasione della velatio di S. Marcellina, sorella di S. Ambrogio. Il tenore del discorso, più di Ambrogio che di Liberio, ci è conosciuto nella rievocazione fattane dal santo vescovo nel suo De Virginibus, scritto 23 anni dopo. In esso si parla della festa che si celebrava a Roma in quel giorno, il Natale del Salvatore; ma poiché nello stesso giorno si ricordava dalla liturgia il miracolo di Cana, e la moltiplicazione dei pani, ed era pure consuetudine compiere la consacrazione delle vergini13, tale celebrazione natalizia non può che riferirsi a quella dell'Epifania14. Questa infatti a Roma, nel 376 doveva già coesistere con la festa del 25 dicembre15.

    1 Il Prof. Mario Righetti (docente di Liturgia a Genova, Accademico pontificio, consultore della Congregazione dei Riti e perito conciliare al Vaticano II) fu l’autore della più voluminosa storia della liturgia latina del XX secolo; presentazione in B. BAROFFIO, Mons. Mario Righetti (1882-1975). Un'esimia figura del clero e della cultura italiana, in "Rivista Liturgica" LXII (1975), pp. 597-606.

    2 Clemente però, che riporta una notizia probabilmente derivata dai seguaci dello gnostico Basilide, parla di genesis, intendendo probabilmente la concezione di Gesù, e non la nascita. Infati i basilidiani celebravano il battesimo di Gesù a Gennaio, e non a Maggio.

    3 Stromata, I,21,146.

    4 IV,23,3: "La prima venuta di nostro Signore, quella nella carne, nella quale egli nacque a Betlemme, ebbe luogo otto giorni prima delle calende di Gennaio, di mercoledì, nel quarantaduesimo anno del regno di Augusto". Questo passo è stato considerato da alcuni interpolato (Cfr. B. ALTANER, Patrologia, Casale, 1977, p. 169, che segue il parere di O. Bardenhewer e F. X. Funk). Altri lo vedono come autentico (W. Bauer, A. Harnack), come anche l'editore del testo critico M. Lefèvre (Paris, 1947). Si tratta di un’opera composta probabilmente intorno al 203-204.

    5 De pascha computus 19: “O quam praeclara et divina Domini providentia, ut in illo die quo factus est sol in ipso die nasceretur Christus V kl. Apr. feria IIII. et ideo de ipso merito ad plebem, dicebat Malachias propheta: orietur vobis sol iustitiae, et curatio est in pennis”; Ed. Hartel, CSEL 3.3, 266. L’opera era attribuita a Cipriano.

    6 “Conceptus est ergo Dominus noster octavo calendas aprilis mense Martio, qui est dies Paschae, passionis Domini et conceptionis eius”; “Sed et Dominus nascitur mense Decembri hiemis tempore octavo kalendas ianuarias”. L'opuscolo fu composto in oriente, secondo la sentenza di B. BOTTE che ha dato un'edizione critica nell'opera Noel, Epiphanie: retour du Christ, Paris, 1966, p. 99. Esso è pervenuto tra le opere falsamente attribuite a San Giovanni Crisostomo.

    7 8,18: “La passione di Cristo fu compiuta nel tempo delle settanta settimane sotto Tiberio Cesare e i consoli Rubellio Gemino e Rufio Gemino, nel mese di marzo, nel periodo della Pasqua, l’ottavo giorno prima delle calende di Aprile, nel primo giorno degli azzimi”.

    8 4,5: “Secondo la tradizione nacque il 25 dicembre”.

    9 O. CULLMANN, Weihnachten in der alten Kirche, Basel, 1947, p. 9.

    10 Lasciamo naturalmente da parte la testimonianza del Liber Pontificalis che attribuisce a Papa Telesforo (125-136?) l'istituzione della messa natalizia di mezzanotte: “Hic instituit ut... et Natalem Domini noctu missas celebrantur”; ed. DUCHESNE, t. I, p. 129. Ormai nessuno ammette l'autenticità di questa attribuzione arbitraria fatta nel VI secolo.

    11 La Depositio Martyrum fa parte del Calendario filocaliano, ma è preceduta dalla Depositio episcoporum di Roma, l'ultimo dei quali è Papa Silvestro (+ 335). È certo perciò che il Calendario rimonti almeno al 336. Il testo è in Monumenta Germaniae Historica. Auctores Antiquissimi, IX (parte I; 1892) pp. 13-196. Riprodotto in C. KIRCH, Enchiridion fontium historiae ecclesiasticae antiquae, Friburgi, 1965, *544.

    12 Il Santorale è quella parte del Messale o del Breviario, chiamata anche Proprio dei Santi, che contiene i formulari liturgici propri di alcune feste disseminate lungo l’anno e non presenti nel Temporale.

    13 De virginitate, III,1. La velatio virginum al IV sec. sia a Milano che a Roma si faceva di regola nel giorno dell'Epifania, o nella seconda festa di Pasqua, o nelle feste degli Apostoli.

    14 H. FRANK, Zur Geschichte von Weihnachten und Epiphania, in Jahrbuch für Liturgiewissenschaft (1933), p. 10 opina invece per il Natale. Comunque si interpreti il testo ambrosiano, è un fatto che il s. Vescovo compose per il Natale l'inno Intende qui regis Israël. BORELLA. Il rito ambrosiano, Brescia, 1964, p. 56.

    15 Il COEBERGH, basandosi sopra un rescritto dell'imperatore Onorio indirizzato a Simmaco di Roma nel 419, ritiene che a quell'epoca l'Epifania vi era già celebrata come dies solemnis. Cfr. Revue Bénédectine (1965), p. 304.

    Le ipotesi

    Come si è giunti a fissare una tale data? I liturgisti hanno proposto due ipotesi.

    Sostituzione di una festa pagana

    La prima ipotesi, enunciata già da un antico scrittore siriaco sconosciuto1, ripresa da H. Usener2 e da B. Botte3, suppone che la Chiesa di Roma, dopo la pace, allo scopo di avviare più facilmente alla fede la massa dei pagani, trovò opportuno istituire al 25 dicembre la festa della nascita temporale di Cristo per distoglierli dalla festa pagana, celebrata in quello stesso giorno in onore del "Sole invitto", Mitra, il vincitore delle tenebre. Il culto del sole a quest'epoca era in auge presso i Romani, e non poteva non richiamare all'autorità ecclesiastica la nota immagine profetica del Sol justitiae di Malachia, che la tradizione cristiana applicava a Cristo4. Una decorazione musiva della prima metà del III sec. lo rappresenta appunto, frammisto a simboli cristiani, nella figura di Helios, trionfante sopra un carro trascinato da cavalli bianchi5. Nel 274, Aureliano aveva innalzato a Mitra un sontuoso tempio, la cui inaugurazione era avvenuta il 25 Dicembre: N(atalis) Invicti CM. XXX, annota pure il calendario civile Filocaliano con l'indicazìone dei ludi circensi da effettuarsi in suo onore6. L'ipotesi pertanto prospettata dai critici circa l'origine della festa natalizia si presenta senza dubbio seducente; ma, dobbiamo riconoscere che, a parte l'analogia delle due date e delle due feste, mancano prove positive di una reale sostituzione dell'una all'altra.

    Intanto è assai strano che una novità di questo genere, introdotta a principio del IV sec., sia taciuta completamente dai Padri e dagli scrittori ecclesiastici dell'epoca. Si citano bensì alcuni testi di S. Ambrogio7, S. Massimo di Torino, S. Zenone di Verona, S. Agostino, S. Gerolamo, i quali si dilettano a mettere in relazione Cristo con il sole e il natale di quello col natale di questo; ma essi ne parlavano sviluppando semplicemente l'immagine di Malachia: Orietur vobis sol justitiae (14,2) e ricordando, non già il natale del sole pagano, Mitra, ma il natale del sole visibile, il Sol novus, che nasce con il solstizio d'inverno (25 Dicembre), quando jam incipiunt dies crescere, come nota S. Agostino8. Un passo di S. Leone, che sembra in apparenza dire qualche cosa di più, ha in realtà tutt'altro significato9. Con tutto ciò, non siamo alieni dall'ammettere come la prima ipotesi sia consona allo stile della Chiesa romana; la quale talvolta si compiacque di introdurre le sue feste, non tanto per commemorare un mistero, o per mettere in rilievo una ragione simbolica, quanto piuttosto per tramandare un fatto avvenuto nell'Urbe, quale la depositio di un martire, la traslazione delle sue reliquie, la dedicazione di una basilica od anche, come forse in questo caso, per combattere una festa pagana dandole un contenuto e un significato cristiano. Più tardi, era l'idea proposta da S. Gregorio Magno ad Agostino per agevolare la conversione degli inglesi.

    Data calcolata su basi cristiane

    La seconda ipotesi, suggerita da L. Duchesne10, fa derivare la data della nascita di Cristo da quella presunta della sua morte. Infatti, come abbiamo già accennato, era opinione molto diffusa a principio del III sec. che il Redentore fosse morto il 25 di Marzo. S. Ippolito (+ 235), nella sua Tavola pasquale, lo afferma decisamente11; e il suo computo è importante, perché sta alla base di una tradizione cronologico-liturgica, che possiamo ritenere romana od occidentale12. La data, storicamente insostenibile13, era dovuta a semplici considerazioni astronomico-allegoriche, cioè, che in quel giorno, cadendo l'equinozio di primavera, fosse stato creato il mondo. Ciò posto, era facile il passaggio ad un'altra coincidenza. Cristo non poteva aver trascorso su questa terra che un numero intiero di anni; le frazioni sono imperfezioni che non si confanno con il simbolismo dei numeri e si è quindi portati ad eliminarle il più che si può. L'Incarnazione perciò dovette avvenire, come la Passione, il 25 Marzo; e coincidendo questa con il primo istante della gravidanza di Maria, la nascita di Cristo s'aveva da computare necessariamente al 25 Dicembre. Tale infatti è la conclusione di Ippolito14. Questa ipotesi trova conferma in un uso attestatoci dallo storico Sozomeno, e che spiega analogamente perché gli orientali festeggiassero il Natale il 6 Gennaio. “Sozomeno - osserva Duchesne - parla di una setta di Montanisti, che celebravano la Pasqua il 6 Aprile al posto del 25 Marzo in virtù del fatto che il mondo sarebbe stato creato all’equinozio, cioè, secondo essi, il 24 Marzo, la prima luna piena del primo mese doveva essere caduta quattordici giorni più tardi, vale a dire il 6 Aprile. Ora, tra il 6 Aprile e il 6 Gennaio, v'è giusto nove mesi, come tra il 25 Marzo e il 25 Dicembre. La data greca della natività, il 6 Gennaio, si collega così con un computo pasquale basato su considerazioni simboliche e astronomiche del tutto analoghe a quelle che avrebbero dato origine alla festa del 25 Dicembre”15. L'ipotesi del Duchesne non manca di qualche probabilità, come ne possiede anche, e forse maggiori, l'altra sopra riferita, la quale infatti sembra riscuotere le preferenze dei liturgisti moderni.

    Le due ipotesi possono coesistere

    A ben riflettere però, le due teorie potrebbero completarsi a vicenda. Le autorità ecclesiastiche, desiderose di sostituire una festa cristiana alla festa solare del 25 Dicembre, trovarono nel sincronismo delle due date (25 Marzo - 25 Dicembre) un motivo di più per mettervi la commemorazione del Natale di Cristo. S. Agostino lo mette più volte in rilievo16.

    1 In una nota di commento alla Expositio in Evangelia di BAR SALIBI (+ 1171); ASSEMANI, Bibliotheca Orientalis, tomo II, p. 162.

    2 Das Weihnachtsfest, Bonn, 19693.

    3 Les origines de la Noël et de l'Epiphanie, Louvain, 1963.

    4 Tertulliano difende i cristiani dall'accusa dei pagani di essere "adoratori del sole": “Se il giorno del sole concediamo alla gioia, lo facciamo per un ben altro motivo che per il culto del sole”. Apologeticum, 16,10. Sullo stesso argomento ritorna anche in Ad Nationes, I, 13.

    5 P. TESTINI, Archeologia cristiana, Roma, 1958, p. 167. L'affresco fu scoperto negli scavi intorno al sepolcro di S. Pietro.

    6 Le sigle CM XXX significano Circenses Missus triginta. L'espressione missus nei ludi circensi designava il lancio di un gruppo di bighe o quadriglie nel circo, le quali dovevano compiere cinque o sette giri secondo gli accordi. Dopo di esse seguiva un altro gruppo (missus II) e così via. Il numero variava secondo la solennità del giorno; per lo più era di XXIV. M. R., Il Natale di Mitra e il Natale di Gesù, Torino, 1908, emise l'opinione che la nota Natalis Invicti si debba riferire a Costanzo, vincitore di Massenzio nella battaglia di Mursa (Dicembre 351), ma non fu accettata da alcuno.

    7 Il FRANK (in Archiv für Liturgiewissenschaft (1952), p. 24) ne vede un riflesso nell'inno Intende qui regis Israël, dove dice: Praesepe iam fulget duum, lumenque nox spirat novum, quod nulla non interpolet fideque iugi luceat. Per gli altri Padri, vedi G. BONACCORSI, Il Natale. Appunti d'esegesi e di storia, Roma, 1903, p. 51, ove son riportati i passi relativi.

    8 Il quale in questo passo mostra di credere che proprio N. Signore fosse nato il 25 Dicembre: “Anche infatti Giovanni, a quanto ha tramandato la Chiesa, è nato il 24 giugno, quando ormai i giorni cominciano ad accorciarsi; quindi il Signore è nato il 25 dicembre, quando i giorni cominciano già ad allungarsi”. Ennarationes in Psalmos, 132,15. Cfr. De Trinitate, IV,5. Anche S. Gerolamo ripete questi concetti. Dal solstizio d'inverno "cresce la luce e decrescono le tenebre, cresce il giorno e decresce l'errore, la verità si avvicina. Oggi nasce per noi il sole della giustizia" (Homilia de nativitate Domini, 155-156). Il calendario dell'astrologo Antiochus segna al 25 Dicembre: “Nascita del sole: cresce il giorno”; citato dal CUMONT, Textes et Monuments relatifs aux mystères de Mithra, I, 342, nota. È interessante pure rilevare da S. Agostino come Fausto manicheo obiettasse ai cristiani: “Celebrate i giorni solenni dei pagani assieme a loro, come le calende ed i solstizi”; Contra Faustum, 20,4.

    9 Egli vuol premunire i fedeli Egli vuol premunire i fedeli dal non festeggiare quel giorno come se fosse una festa della nuova nascita del sole (de novi, ut dicunt, solis ortu). Tractatus septem et nonaginta, 22. Ai tempi di S. Leone (440-461) gli adoratori di Mitra erano forse del tutto scomparsi. Egli in questo passo allude ai Manichei, i quali veneravano il sole tutti i giorni, ma particolarmente nel dì natalizio di Gesù, essendo solis dies natalis. M. R., op. cit., n. 54.

    10 L. DUCHESNE, Origines du culte chrétien. Étude sur la liturgie latine avant Charlemagne, Paris, 1925, pp. 271-281. Cfr. H. ENGBERDING, Der 25 Dezember als Tag der Feier der Geburt des Herrn, in Archiv für Liturgiewissenschaft (1952), p. 25 sg. che ne riprende la tesi.

    11 Cfr. V. GRUMEL, Traité d'études byzantines; I La Chronologie, Paris, 1958, cap. II. Della Tavola o Canone pasquale il residuo più importante sarebbe il computo inciso sulla cosiddetta statua di Ippolito a Roma; cfr. EUSEBIUS, Historia Ecclesiastica, VI,22.

    12 Cfr. TERTULLIANUS, Adversus Judaeos, 8,18, già citato. Lo stesso affermano il Catalogo Filocaliano dei papi e gli Atti di Pilato, scrittura apocrifa assai diffusa in Oriente a principio del sec. IV e forse prima.

    13 Perché nessun venerdì, 25 marzo, cade, tra gli anni che possono essere presi in discussione, nel plenilunio o nel giorno susseguente alla Pasqua giudaica.

    14 Commentario su Daniele, IV,23. Cfr. M. HANSSENS, La liturgie d'Hippolyte, Rome, 1960, p. 273. Un'altra conferma la troviamo nel già citato passo (IV,5) del De Trinitate di S. Agostino, composto intorno al 400, dove si dice che Cristo “secondo la tradizione nacque il 25 dicembre”.

    15 Origines du culte chrétien, pp. 278-279.

    16 De diversis quaestionibus octoginta tribus liber unus, 56: “Moltiplicati per sei, che è il numero iniziale di questa serie, si ottiene duecentosettantasei, cioè nove mesi e sei giorni, che vengono computati dall’ottavo giorno prima delle calende di aprile [25 marzo], giorno in cui si crede che il Signore sia stato concepito ed è lo stesso giorno della sua passione, sino all’ottavo giorno prima delle calende di gennaio [25 dicembre], in cui è nato”.


    Postilla: studi e novità recenti

    [L’articolo originale di Mario Righetti precedentemente riportato risale al 1969. Viene qui corredato di una postilla di aggiornamento, a cura di Andrea Nicolotti, che rende ragione di alcuni progressi recenti.]

    Gli studi di Thomas Talley sul Natale e sulla diffusione del culto del Dies natalis solis invicti, hanno ridimensionato la predominanza della teoria legata alla sostituzione della festa pagana. Talley sulla base di alcune indicazioni di Agostino e del citato De solstitiis et aequinoctiis, opera anonima di origine africana, ha suggerito la possibilità che il Natale abbia fatto la sua prima apparizione nell’Africa donatista piuttosto che a Roma, forse tra il 243 e il 3111.

    Nuove ed interessanti prospettive sono state aperte dagli studi calendariali. Occorre notare che la liturgia pone al 25 marzo la festività dell'annunciazione dell'angelo a Maria, nove mesi prima della nascita di Gesù festeggiata il 25 dicembre; infatti l’angelo, secondo il Vangelo di Luca, apparve a Maria quando Elisabetta, futura madre di Giovanni Battista, era al sesto mese di gravidanza2; di conseguenza la festa della nascita di Giovanni Battista è collocata al 24 giugno, tre mesi dopo l’annunciazione e sei prima del Natale di Gesù. L’Oriente bizantino celebra il 23 settembre l’annuncio a Zaccaria, nove mesi prima della nascita del Battista in giugno.

    Un tentativo di giustificazione storica di queste date la si ritrova nel famoso sermone In diem Natalem di Giovanni Crisostomo: egli riteneva - scorrettamente - che Zaccaria, il padre di Giovanni Battista, fosse sommo sacerdote, sulla scia di una tradizione già attestata nel protoevangelo di Giacomo. Egli riteneva altresì che l'offerta dell'incenso di cui parla l'evangelista Luca fosse l'offerta del sommo sacerdote nel giorno dell'espiazione. Poiché il giorno dell'espiazione cadeva il 10 di Tishri (il mese che corrisponde al nostro settembre-ottobre), ecco che la natività di Giovanni veniva a cadere a giugno. Si tratta di una spiegazione che il Crisostomo elabora per giustificare la data del 25 dicembre, o si trattava di un'interpretazione altrimenti diffusa?

    Questi rapporti di date convergenti solitamente vengono spiegati come frutto di un calcolo basato sulla data - ritenuta già stabilita - del 25 dicembre; manca d’altra parte un chiaro riscontro nel testo evangelico che possa confermare anche solo una di queste date. Esiste però l’indicazione di Luca 1,5-8, il quale parlando di Zaccaria padre di Giovanni ci informa che egli apparteneva alla classe sacerdotale di Abia (ex efêmerias Abia), e che quando gli apparve Gabriele per annunciare lo stato di gravidanza della moglie egli “esercitava sacerdotalmente nel turno del suo ordine” (en tôi hierateuein auton en têi taxei tês efêmerias autou). A. Ammassari ritiene che l’indicazione del turno di Abia risalga ad una antica tradizione giudaico-cristiana registrata da Luca3; così il rito bizantino, che il 23 settembre fa memoria dell’annuncio a Zaccaria, avrebbe conservato una data storica abbastanza precisa.

    È noto che nel santuario di Gerusalemme Davide stesso aveva disposto che i sacerdoti ebrei fossero distinti in 24 tàxeis, ebraico sebaot (1 Cr 24, 1-19); queste classi, avvicendandosi l’una all’altra, dovevano prestare servizio liturgico per una settimana ciascuna, “da sabato a sabato”, per due volte l’anno4. Purtroppo l'evangelista ci informa riguardo al turno al quale apparteneva Zaccaria, ma non ci dice in che periodo dell’anno questo turno prestava servizio al Tempio.

    Il progresso nello studio dei calendari in uso presso gli Ebrei5 ha portato ad alcuni tentativi di ricostruire l'ordine di successione di queste classi sacerdotali. La difficoltà più grande, è capire in che modo avvenissero gli avvicendamenti delle classi. Esse, infatti, prestavano servizio per sette giorni ciascuna, e conseguentemente un ciclo completo delle 24 classi ricopriva 168 giorni. Ci si domanda quindi se la successione delle classi fosse ininterrotta, indipendentemente dal sopraggiungere dell’anno nuovo, provocando un continuo sfasamento rispetto all’anno precedente, o se ogni anno, ad un determinato punto, l’ordine delle classi sacerdotali ripartisse dal principio, con la prima classe (Jehoiarib); le testimonianze talmudiche in proposito non sono univoche.

    Già nel XIX secolo Henry Browne e Thomas Lewin, assumendo come valida l’ipotesi della successione ininterrotta, avevano tentato di stabilire la data della nascita di Gesù sulla base dei turni sacerdotali. Il punto di partenza dei loro calcoli fu il dato accertato che il secondo Tempio di Gerusalemme fu distrutto tra il 5 e il 6 agosto del 70, e che il 4 agosto era iniziato il corso sacerdotale di Jehoiarib6. Andando a ritroso con la successione delle classi che precedevano, se Gesù fosse nato il 7 a.C. (come essi ritenevano), il turno di Zaccaria in quell’anno sarebbe caduto il 16 maggio, e la nascita di Gesù sarebbe conseguentemente da collocare in agosto7. È ovvio che, a seconda dell’anno prescelto per la nascita di Gesù, il turno di Abia viene a cadere in un momento diverso, il che rende questo sistema poco affidabile. Recentemente, Roger T. Beckwith8 si è decisamente orientato per la soluzione dei cicli sacerdotali annualmente interrotti; egli ritiene che l’arrivo del mese di Tishri fosse il momento in cui si dava inizio ogni anno al ciclo, come era già avvenuto dopo la ricostruzione dell’altare del Tempio dopo l’esilio9. Ciò sembra essere confermato anche dai calendari rinvenuti a Qumran10, dove si seguiva un calendario solare (ideale?) di 364 giorni con un giorno intercalare ogni terzo mese. Qui era previsto un ciclo di avvicendamenti dei turni sacerdotali che durava sei anni, in modo che, allo scadere di ogni ciclo, nella prima settimana del primo anno fosse di servizio il medesimo sacerdote11. Ha destato interesse il fatto che secondo questo calendario il turno di Abia, prescritto per due volte l’anno, nel primo dei sei anni ricorre la prima volta dall’8 al 14 del terzo mese del calendario, e la seconda volta dal 24 al 30 dell’ottavo mese del calendario. Ora, questa seconda volta corrisponde all’incirca all’ultima decade di Settembre; ciò permetterebbe di pensare che Zaccaria una volta ogni sei anni avesse il suo turno di servizio in questo periodo di tempo, che è del tutto compatibile con la tradizionale data delle natività di Giovanni Battista e di Gesù. Certo è che non è così facile pensare che nel Tempio di Gerusalemme fosse applicato un calendario solare, a meno che non si pensi che Zaccaria non seguisse il calendario ufficiale.

    Ritornando invece al calendario lunare farisaico, sulla base della notizia che il Tempio fu distrutto il 5-6 agosto (9-10 di Ab) durante il turno di Jehoiarib, possiamo vedere quale sarebbe stata la successione nelle settimane successive, se il servizio avesse potuto continuare normalmente. Jehoiarib sarebbe stato seguito da Jedaiah, Harim, Seorim, Malchijah e Mijamin, ed Hakkoz avrebbe iniziato il proprio turno il 21 Elul (15 settembre). Se arrivati a questo punto, in vista dell’inizio di Tishri, la successione sacerdotale fosse ricominciata da principio, ecco che Jehoiarib avrebbe ricominciato il ciclo dal 28 di Elul (22 settembre), e l’ottavo turno di Abijah (quello di Zaccaria) sarebbe cominciato il 17 Heshvan (10 novembre). Se invece si fosse proseguito senza curarsi dell’inizio dell’anno, dopo Hakkoz sarebbe toccato subito ad Abijah, dal 28 di Elul (22 settembre) al 4 di Tishri (29 settembre).

    Si assuma che il sistema dei turni sacerdotali del 70 d.C. fosse il medesimo utilizzato al tempo di Gesù: nel caso di turni in continua successione, sarebbe assai difficile risalire al periodo ricoperto da Abijah in quell’epoca, non conoscendo né l’anno preciso della nascita di Gesù, né quando vennero fatti cadere gli anni embolismali, ossia gli anni in cui veniva aggiunto un mese in più (un secondo mese di Adar) per riallineare il calendario. Invece, ammesso che il servizio ricominciasse ogni anno, risulterebbe che Zaccaria ha sempre esercitato il suo turno intorno alla seconda decade di novembre. Collocando la nascita di Gesù dopo 15 mesi, si ricavano queste possibilità: in caso di anno ordinario, Gesù sarebbe nato a gennaio-febbraio; in caso di anno con mese embolismale (con il II di Adar), la Natività andrebbe spostata a dicembre-gennaio12. Naturalmente occorre tener conto del fatto che le indicazioni evangeliche non sono matematiche: una indicazione come “al sesto mese di gravidanza” si riferisce ad un tempo generico, con un margine di una trentina di giorni. Allo stesso modo, i calcoli si basano sul presupposto - inverificato - che Gesù e Giovanni siano nati dopo nove mesi precisi di gravidanza. Qualora si volesse considerare seriamente la possibilità di un tal genere di difficile ricostruzione cronologica, occorrerebbe pertanto considerare i dati con una certa elasticità, senza pretendere di ricavarne delle date assolutamente precise. Jack Finegan, ad esempio, ritiene che Gesù sia nato in inverno, ma rinuncia ad ogni collocazione eccessivamente puntuale13.

    Riassumendo, la nascita di Gesù alla fine di dicembre (o all’inizio di gennaio, come è festeggiata in Oriente), potrebbe essere una data ricavata sulla base di una serie di calcoli congiunti, quindici mesi dopo l’annuncio a Zaccaria, nove mesi dopo l’annunciazione a Maria, sei mesi dopo la nascita di Giovanni il Battista. Un calcolo basato sui turni sacerdotali al Tempio, pur con tutti i suoi limiti, pare non opporsi alla cronologia tradizionale. Il fatto che vi fossero dei pastori con le loro greggi all'aperto nella notte in cui nacque Gesù14 non è un motivo per escludere che fosse inverno; ancor oggi a Betlemme è possibile vedere ovini al pascolo nei freddi giorni natalizi15. Certamente queste argomentazioni, in mancanza di documenti più precisi, non hanno un valore assoluto.

    In conclusione, manca ancora una soluzione definitiva per il problema della data del Natale, ma gli studi degli ultimi decenni hanno aperto nuove prospettive finora trascurate. Certamente la volontà di cristianizzare una festa pagana ha rivestito una certa importanza; ma non è escluso che la collocazione di questa festività al 25 dicembre abbia seguito un proprio percorso, indipendente dalla festa del sole, facendo invece riferimento alla data dell’annunciazione. Non è nemmeno da escludersi che la nascita di Gesù in dicembre sia frutto di una tradizione che si propose di richiamare da vicino i racconti evangelici.

    1Le origini dell'anno liturgico, Brescia, 1991, pp. 93-101.

    2 Luca 1,26-27: “Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria”.

    3 Alle origini del calendario natalizio, in «Euntes Docete» XLV (1992), pp. 11-16.

    4 Cfr. Giuseppe Flavio, Antiquitates, VII,365.

    5 Per una presentazione generale della questione calendariale con bibliografia si rimanda a: "Il calendario giudaico: la misura del tempo nell'ebraismo" in www.christianismus.it.

    6 Ad esempio, Flavio Giuseppe, Bellum iudaicum, VI,220-270.

    7 H. BROWNE, Ordo saeclorum, London, 1844; T. LEWIN, Fasti sacri, London, 1865.

    8 The Date of Christmas and the Courses of the Priests, in Id., Calendar & Chronology, Jewish and Christian, Leiden, 1996, pp. 79-92.

    9 Esdra 3,2-6: “Giosuè figlio di Iozadàk con i fratelli, i sacerdoti, e Zorobabele figlio di Sealtiel con i suoi fratelli, si misero al lavoro per ricostruire l'altare del Dio d'Israele, per offrirvi olocausti, come è scritto nella legge di Mosè uomo di Dio [...] Cominciarono a offrire olocausti al Signore dal primo giorno del mese settimo, benché del suo tempio non fossero ancora poste le fondamenta”

    10 I testi calendariali sono editi e raccolti in TALMON DJD XXI

    11 Per un commento di questi testi (principalmente 4Q320-321), cfr. S. TALMON, The Calendar Reckoning of the Sect from the Judæan Desert, in «Scripta Hierosolyminitana» IV (1958), pp. 162-199; C. MARTONE, Un calendario proveniente da Qumran recentemente pubblicato, in «Henoch» XVI (1994), pp. 49-76; Id., Calendari e turni sacerdotali a Qumràn, in F. ISRAEL - A. M. RABELLO - A. M. SOMEKH (a cura di), Hebraica. Miscellanea di studi in onore di Sergio J. Sierra per il suo 75° compleanno, Torino, 1998, pp. 325-356; J. FINEGAN, Handbook of Biblical Chronology, Peabody, 19982, pp. 275-278. Sui difficili problemi di intercalazione del calendario qumranico, che comunque risultava imperfetto, R. T. BECKWITH, The Perpetual Calendar of the Dead Sea Scrolls, in Id., Calendar & Chronology, Jewish and Christian, Leiden, 1996, pp. 120-140; U. GLESSMER, Calendars in the Qumran Scrolls, in P. W. FLINT - J. C. VANDERKAM (a cura di), The Dead Sea Scrolls After Fifty Years, Leiden, 1999, pp. 376-395.

    12 Per le tabelle e i calcoli basati su diversi computi calendariali, cfr. J. FINEGAN, Handbook of Biblical Chronology, Peabody, 19982, pp. 275-278.

    13 Handbook of Biblical Chronology, pp. 278-279.

    14 Lc 2,8: “C'erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge”.

    15 È quanto testimoniato ad esempio dal biblista Harry Mulder, che passò il Natale del 1967 a Betlemme e prestò attenzione a questo particolare, registrando la presenza di pecore ed agnelli nel villaggio, e concludendo con queste parole: “Non è impossibile che il Signore Gesù sia nato a Dicembre”. Lo scritto di Mulder è anche riportato nel commentario del Vangelo di Matteo di W. HENDRIKSEN, Exposition of the Gospel according to Matthew. New Testament Commentary, Baker Book House, 1973, vol. I, p. 182.

 

 

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