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  1. #1
    Neutrino NO-TUNNEL
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    Predefinito è morto Samuel Huntington

    E' morto Huntington, autore de "lo scontro delle civiltà"

    E' morto Samuel Huntington, uno dei più influenti politologi statunitensi, autore del celeberrimo "Lo scontro delle civiltà". Professore all'Harvard University, è morto all'età di 81 anni.

    Il best-seller del 1997 era nato da un articolo pubblicato nel 1993 su 'Foreign Affairs'.

    Huntington e' stato autore o co-autore di 17 libri e 90 articoli sulla politica americana, la democratizzazione, la politica militare, le strategie dello sviluppo.

    Deve la sua fama soprattutto alla visione - fonte di molte polemiche tuttora in atto - di uno "scontro fra civilta'" in atto nel mondo dopo la Guerra fredda, oggetto di un saggio apparso nel
    1996 (tratto da un suo articolo di tre anni prima) e che e' stato tradotto in una quarantina di lingue.

    L'idea di base e' che, nel mondo successivo alla dissoluzione dell'Urss, i conflitti violenti non vedranno piu' contrapporsi nazioni o gruppi di nazioni, ma nasceranno dalle differenze culturali e religiose fra le grandi culture.

    http://www.rainews24.rai.it/notizia.asp?newsID=89998

    PURTROPPO, ANCHE ALLA LUCE DEGLI ULTIMI AVVENIMENTI, MI SA CHE STA AVENDO RAGIONE!

  2. #2
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    Citazione Originariamente Scritto da thematrix Visualizza Messaggio
    E' morto Huntington, autore de "lo scontro delle civiltà"

    E' morto Samuel Huntington, uno dei più influenti politologi statunitensi, autore del celeberrimo "Lo scontro delle civiltà". Professore all'Harvard University, è morto all'età di 81 anni.

    Il best-seller del 1997 era nato da un articolo pubblicato nel 1993 su 'Foreign Affairs'.

    Huntington e' stato autore o co-autore di 17 libri e 90 articoli sulla politica americana, la democratizzazione, la politica militare, le strategie dello sviluppo.

    Deve la sua fama soprattutto alla visione - fonte di molte polemiche tuttora in atto - di uno "scontro fra civilta'" in atto nel mondo dopo la Guerra fredda, oggetto di un saggio apparso nel
    1996 (tratto da un suo articolo di tre anni prima) e che e' stato tradotto in una quarantina di lingue.

    L'idea di base e' che, nel mondo successivo alla dissoluzione dell'Urss, i conflitti violenti non vedranno piu' contrapporsi nazioni o gruppi di nazioni, ma nasceranno dalle differenze culturali e religiose fra le grandi culture.

    http://www.rainews24.rai.it/notizia.asp?newsID=89998

    PURTROPPO, ANCHE ALLA LUCE DEGLI ULTIMI AVVENIMENTI, MI SA CHE STA AVENDO RAGIONE!
    Ha scritto anche "Who are We", oltre ad un numero imprecisato di saggi molto interessanti, ancorche' discussi. Personalmente ho letto quasi tutto di H e non concordo con chi lo vuole arruolare a forza nel thinktank neocon magari opponendogli un inconsistente Fukuyama. Grande studioso ebreo-americano di cui si sentira' la mancanza. Dopo di lui non ci sara' nemmeno piu' il bisogno di mettere il trattino. :-)

  3. #3
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    Poveretto, uno dei miei saggisti preferiti, ho letto solo tre libri, ma che fanno capire tutto del personaggio, e della realtà americana, occidentale, e mondiale in generale.

    Mi mancherà moltissimo.

  4. #4
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    Datemi un lenzuolo ah ah ah ah ah ah...per favore

  5. #5
    Neutrino NO-TUNNEL
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    Citazione Originariamente Scritto da Sunix Visualizza Messaggio
    Ha scritto anche "Who are We", oltre ad un numero imprecisato di saggi molto interessanti, ancorche' discussi. Personalmente ho letto quasi tutto di H e non concordo con chi lo vuole arruolare a forza nel thinktank neocon magari opponendogli un inconsistente Fukuyama. Grande studioso ebreo-americano di cui si sentira' la mancanza. Dopo di lui non ci sara' nemmeno piu' il bisogno di mettere il trattino. :-)
    ma infatti non ho mai capito perchè sia stato inglobato nei neocons, lui che non mi pare ne abbia fatto parte...non era mica l'oriana fallaci americano...

  6. #6
    Neutrino NO-TUNNEL
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    Il tramonto delle ideologie e la decadenza dell'Occidente

    di Vittorio Da Rold


    28 dicembre 2008



    Alla fine delle Guerra Fredda, Samuel Huntington, ha saputo fornire per primo e in chiave organica una nuova chiave interpretativa degli eventi mondiali sostituendo lo scontro delle ideologie (liberismo contro socialismo sovietico) a quello delle civiltà. Le ideologie globali – che nascondevano sotto il tappeto della storia le differenze culturali; che trasformava l'Europa, l'Africa, l'Asia, l'America in un enorme teatro di scontro tra Washington e Mosca – erano state sostituite, dopo la caduta del Muro e dell'Unione sovietica, dal conflitto tra diverse civiltà.
    La sua tesi, realista e conservatrice, venne bollata come semplicistica dalla critica liberal americana; invece era solo pragmatica nel senso americano del termine. Le sua costruzione, che pur mancava di una complessità di analisi di tipo hegeliana, (e per questo non piaceva gli intellettuali europei che la giudicavano banale ed epidermica) nasceva dall'analisi dei fatti, dalla crisi degli stati-nazione e dal rinascere delle identità etniche e religiose.
    Nel momento in cui Israele colpisce Gaza, il Pakistan islamico si fronteggia con l'India indù, il Giapppone scintoista manifesta la sua insofferenza di "nano" politico e gigante economico, la Cina confuciana e la Russia ortodossa sfidano sempre più apertamente l'Occidente, e la stessa America è in fase di decadenza e ripiegamento su se stessa, come non vedere che le profezie di Huntington erano semplicemente libere dal pregiudizio del "politically correct" e andavano al radice dei rapporti di forza?
    Huntington era nato ideologicamente nel gruppo degli allievi di Leo Strauss che lanciarono il movimento neo-con: Irving Kristol, Norman Podhoretz, Seymour Martin Lipset, Daniel Bell, Jeane Kirkpatrick e James Q. Wilson. Ma da essi e dai loro fervori estremisti e radicali se ne distaccava perché più vicino a un Henry Kissinger, cioè a quei conservatori che prediligono la "balance of powers", l'equilibrio tra poteri, piuttosto che gli imperi del "bene" che sistemano il mondo a loro immagine e somiglianza.
    Nel 2001, mi parlò in un'intervista esclusiva, della competizione tra Stati Uniti ed Europa destinata ad aumentare sempre di più dopo la fine della Guerra fredda e il consolidarsi del processo di unificazione europea. Ma aggiunse che nel medio periodo il vero "competitor" strategico del gigante americano sarebbe stato la Cina: un mondo, quindi, che, dopo il "secolo breve" a predominio americano, tornerà lentamente bipolare, o forse tripolare.
    Era la previsione di uno studioso serio, di un realista, di conservatore-nazionalista, non certo di un manicheo imperialista.
    Quanto allo scontro tra civiltà, mi spiegò che la tesi provocatoria, che venne alla luce per la prima volta alla fine dell'estate del '93, sulle pagine della rivista più prestigiosa di politica estera americana, <Foreign Affairs>, era molto più cauta delle interpretazioni che ne erano state date dai suoi molti detrattori. Huntington sosteneva che per difendere le loro identità dalla globalizzazione incalzante, l'induismo, lo scintoismo, il confucianesimo e l'islam avrebbero fatto una diga, fino all'uso della violenza, contro il modello di vita culturale e competitivo di tipo occidentale, in particolare nella sua versione yankee.
    I critici, fra cui Jeane Kirkpatrick, politologa dell'Amministrazione Reagan, e Fouad Ajami, della John Hopkins University, avevano affermato che Huntington sbagliava, perché sottovalutava la forza del laicismo in Paesi come l'India, la più grande democrazia del mondo, dove non sembrava che il fondamentalismo potesse attecchire.
    Oggi, mentre assistiamo alla sfida mondiale tra secolarismo e fondamentalismo religioso, con alterne fortune, la tesi di Hungtinton non sembra aver perso smalto e capacità di analisi.
    Huntington che aveva elencato nel suo saggio sei diverse civiltà: islamica, slavo-ortodossa, confuciana, indù, giapponese e occidentale, mi spiegò a maggio 2001, che stavano andando verso una fondamentale trasformazione nelle relazioni tra Usa ed Europa. «Questo è in gran parte il risultato della fine della Guerra fredda e del movimento in Europa verso un'integrazione più stretta. In un secolo l'America è dovuta intervenire in Europa per ben tre volte - due guerre mondiali e la Guerra fredda - per prevenire la dominazione del Continente da parte di una sola potenza. Ora non c'è più il pericolo che il Kaiser o Hitler o Stalin possa dominarla. Si è affermato un modello democratico, e per questo ci stiamo dirigendo verso un aumento della competizione tra Usa ed Europa. L'Unione europea non ha più bisogno di essere protetta da un'invasione dell'Unione Sovietica e sta diventando sempre più unita e fiduciosa in sé stessa», mi disse.
    In questo contesto Huntington era favorevole all'allargamento a Est dell'Unione europea, perché era un processo positivo che avrebbe portato stabilità nel Vecchio continente. La Polonia, la Repubblica Ceca, l'Ungheria avrebbero dovuto entrare, come poi avvenne, nell'Unione europea.
    Un processo positivo che si deve dare però un limite geografico e culturale: l'Europa non si deve estendere fino a comprendere la Turchia perché troppo diversa da essa.
    Poi aveva parlato dei pericoli per l'Occidente. Minacce che erano anche dentro il mondo occidentale stesso: «Il rischio maggiore per l'Occidente, inteso come Stati Uniti ed Europa, sarà il declino delle responsabilità sociali. Vedo le giovani generazioni sempre meno interessate al benessere della comunità e troppo coinvolte dal proprio interesse personale. Questo è un tema (poi ripreso in un saggio successivo "Who are we?, Chi siamo? sulla perdita dei valori americani) che potrebbe causare seri danni in futuro». Una profezia che dopo la crisi dei subprime, della finanza d'assalto e della mancanza di regole morali a Wall Street, delle frodi da 50 miliardi di dollari di Madoff, sembrano di una attualità sconvolgente.
    Problemi interni di "decadenza" che avrebbero potuto essere sfruttati da Nazioni concorrenti, come la Cina, una Nazione "aggressiva", che ha scelto di importare l'economia di mercato dimenticando la democrazia liberale. E un Paese sempre più in conflitto con gli Usa.
    Poi elencò prima delle Torri Gemelle che sarebbero state abbattute da li a quattro mesi, del pericolo del terrorismo islamico, un pericolo sempre in agguato, che trova complicità in Paesi come l'Afghanistan (KAbul disse non Baghdad). «Il terrorismo islamico è un problema reale. Non si tratta, però, di uno scontro tra civiltà. L'Arabia Saudita, ad esempio, è un Paese islamico e un buon amico degli Stati Uniti. Bisogna cambiare la prospettiva: il problema di fondo di molti Paesi a maggioranza islamica è di tipo demografico. Il boom delle nascite ha aumentato enormemente la percentuale di giovani, rispetto al totale della popolazione, e quando si è giovani si è portati alla militanza estremistica, a scegliere posizioni radicali. Ecco perché il terrorismo islamico è un problema da affrontare con molta attenzione, evitando generalizzazioni pericolose». Parole che avrebbero dovuto far riflettere la dirigenza americana, politica ed economica, e che invece non vennero ascoltate.

    http://www.ilsole24ore.com/art/SoleO...ccidente.shtml

  7. #7
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    Citazione Originariamente Scritto da thematrix Visualizza Messaggio
    ma infatti non ho mai capito perchè sia stato inglobato nei neocons, lui che non mi pare ne abbia fatto parte...non era mica l'oriana fallaci americano...
    Vedete io lo piangi in particolare prprio per questo motivo cioè per in qualche modo esser stato "l'oriana fallaci amerikana" e per il suo tirar acqua al mulino giudaico....una notizia veramente che mi lascia affrantooo

  8. #8
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    Citazione Originariamente Scritto da kouros Visualizza Messaggio
    Vedete io lo piangi in particolare prprio per questo motivo cioè per in qualche modo esser stato "l'oriana fallaci amerikana" e per il suo tirar acqua al mulino giudaico....una notizia veramente che mi lascia affrantooo
    Mi sembra un paragone senza senso. H era uno studioso, non un pubblicista. In tutto cio' che ho letto di lui non c'e' una sola parola che possa suggerire una soluzione ideologica. C'e' invece un'analisi ricchissima e distaccata delle questioni identitarie.Trattandosi di un conservatore americano, era "progressista" tanto quanto i suoi colleghi democratici, perche' gli USA hanno una tradizione rivoluzionaria da conservare. Cosa che non valeva per l'Europa prima della fine della guerra fredda. Pertanto riconosceva agli USA un compito storico proprio perche' americano (ancorche' ebreo). Il suo limite era proprio l'essere americano, piu' che l'essere conservatore. Infatti gli americani pensano che l' "evoluzione democratica" che ha portato alla globalizzazione sia stata accettata e non imposta con mezzi economici o militari. E qui sta l'ingenuita' del credere nel proprio messianesimo. Anche di quegli studiosi che, come H, si richiamano ad una visione realista della geopolitica. Il fatto e' che gli USA sono un mondo a parte con una cultura maturata in America. Il legame culturale con l'Europa non c'e' mai stato, se si eccettua la Francia (anch'essa rivoluzionaria) e l'Inghilterra.

  9. #9
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    Citazione Originariamente Scritto da Sunix Visualizza Messaggio
    Mi sembra un paragone senza senso. H era uno studioso, non un pubblicista. In tutto cio' che ho letto di lui non c'e' una sola parola che possa suggerire una soluzione ideologica. C'e' invece un'analisi ricchissima e distaccata delle questioni identitarie.Trattandosi di un conservatore americano, era "progressista" tanto quanto i suoi colleghi democratici, perche' gli USA hanno una tradizione rivoluzionaria da conservare. Cosa che non valeva per l'Europa prima della fine della guerra fredda. Pertanto riconosceva agli USA un compito storico proprio perche' americano (ancorche' ebreo). Il suo limite era proprio l'essere americano, piu' che l'essere conservatore. Infatti gli americani pensano che l' "evoluzione democratica" che ha portato alla globalizzazione sia stata accettata e non imposta con mezzi economici o militari. E qui sta l'ingenuita' del credere nel proprio messianesimo. Anche di quegli studiosi che, come H, si richiamano ad una visione realista della geopolitica. Il fatto e' che gli USA sono un mondo a parte con una cultura maturata in America. Il legame culturale con l'Europa non c'e' mai stato, se si eccettua la Francia (anch'essa rivoluzionaria) e l'Inghilterra.
    Hai detto bene gli USA sono un mondo a parte che mette però il suo lungo naso adunco in tutte le questioni geopolitiche del mondo

  10. #10
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    Citazione Originariamente Scritto da Sunix Visualizza Messaggio
    Mi sembra un paragone senza senso. H era uno studioso, non un pubblicista. In tutto cio' che ho letto di lui non c'e' una sola parola che possa suggerire una soluzione ideologica. C'e' invece un'analisi ricchissima e distaccata delle questioni identitarie.Trattandosi di un conservatore americano, era "progressista" tanto quanto i suoi colleghi democratici, perche' gli USA hanno una tradizione rivoluzionaria da conservare. Cosa che non valeva per l'Europa prima della fine della guerra fredda. Pertanto riconosceva agli USA un compito storico proprio perche' americano (ancorche' ebreo). Il suo limite era proprio l'essere americano, piu' che l'essere conservatore. Infatti gli americani pensano che l' "evoluzione democratica" che ha portato alla globalizzazione sia stata accettata e non imposta con mezzi economici o militari. E qui sta l'ingenuita' del credere nel proprio messianesimo. Anche di quegli studiosi che, come H, si richiamano ad una visione realista della geopolitica. Il fatto e' che gli USA sono un mondo a parte con una cultura maturata in America. Il legame culturale con l'Europa non c'e' mai stato, se si eccettua la Francia (anch'essa rivoluzionaria) e l'Inghilterra.
    A me però questo tizio ebreo sembrava un gran fautore dello scontro delle "civiltà",più che esserne imparziale osservatore.

 

 
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