Proposte per la lettura e Iniziative
LUDOVICO GEYMONAT
UN MAESTRO DEL NOVECENTO
di Tiziano Tussi - Giornalista Insegnante - Comitato Nazionale A.N.P.I.
Si è da poco svolto un convegno sul filosofo Ludovico
Geymonat, a cent’anni dalla nascita.
Tenutosi a Milano non casualmente nel salone
dell’ANPI provinciale, in Via Mascagni, storica
sede dell’Associazione partigiani d’Italia. Il 24 novembre,
per tutto il giorno, si sono succeduti interventi di filosofi,
operatori politici, studenti e studiosi del pensiero e
dell’opera di Geymonat. Con diverse sottolineature, tendenti
a sottolineare gli aspetti disciplinari, dato che Geymonat
ha ricoperto a Milano la prima cattedra di Filosofia
della scienza, nel 1956; le sue azioni da partigiano,
nome di battaglia Luca; la sua attività di comunista, dal
1942, sempre fedele al pensiero critico. Criticate e studiate,
era solito dire a chi lo ascoltava, in special modo
agli studenti che lo incontravano.
Esce dal PCI alla metà degli anni sessanta a causa degli
scontri politici internazionali che mettevano di fronte la
Cina e l’URSS ed alla scelta che allora fece il PCI, decisamente
pro URSS. Si avvicinò a Democrazia Proletaria
che lo candidò più volte alle elezioni politiche. In seguito,
convinto attore delle fasi di formazione di Rifondazione
Comunista. Intanto nel 1987 aveva fondato, con altri,
l’Associazione culturale marxista, che ancora ora è viva
e vegeta e che pubblica la rivista Marxismo oggi. E’ morto
nel 1991, ad ottantatre anni. In suo onore era già stato
organizzato un convegno nel 2001, a dieci anni dalla
morte, da un gruppo di ex allievi, in primis Fabio Minazzi,
e colleghi di studi, di cui sono ancora disponibili gli atti *.
Ora a cent’anni dalla nascita un altro bell’incontro da
parte degli stessi che lo conobbero e che, assieme a
studenti interessati al suo pensiero, ai suoi libri, ne hanno
ricordato al figura, l ‘opera e gli scritti. Per meglio precisare
una piccolissima parte del suo pensiero ripubblichiamo
alcuni estratti di un articolo inviato nel 1957 all’Unità,
e da questa rifiutato. L’articolo prende l’avvio, come
spunto metodologico, dall’atteggiamento più aperto
dei giornali del PCI verso l’opera di Trotzki. Vuole invitare
a discutere le tesi anche di coloro che si prendono
come bersaglio, solo dopo averle lette. Il testo integrale
lo si trova in Ludovico Geymonat, Contro il moderatismo,
a cura di Mario Quaranta, Feltrinelli, Milano, 1978.
Il libro, ça va sans dire, è fuori catalogo, così come molti
altri di Ludovico Geymonat.■
*Per averne copia chiedere alla segreteria del convegno di cui stiamo
parlando al numero 3932322086; indirizzo e-mail sarapatrocinio@
libero.it
“...Apriamo un franco dibattito all’interno del partito.
Com’è ben noto, alcuni mesi or sono i nostri avversari
pensarono – o più semplicemente sperarono – che la
classe lavoratrice avesse tolto la propria fiducia al Partito
comunista. Parecchi fatti sintomatici di questi ultimi tempi
[] stanno però a dimostrare che quella speranza era
assolutamente illusoria: i lavoratori più avanzati continuano
ad essere con noi, e chiunque voglia schierarsi in
modo inequivocabile dalla parte del movimento operaio
non può fare a meno di lottare entro o accanto al Partito
comunista.
Questa constatazione, che riempie di fierezza l’animo
del più semplice militante, non deve però indurlo a ritenere
che il Partito comunista abbia ormai raggiunto la
massima efficienza compatibile con la presente situazione,
e di conseguenza non abbia più bisogno dell’apporto
di energie nuove, di nuovi stimoli, di quelle coraggiose
iniziative che possono provenire soltanto dalla base. []
Eppure non vi è dubbio – come ci provano i fatti poco
sopra menzionati – che esiste anche oggi, fra tutti gli
strati più sani di lavoratori – operati, contadini, intellettuali
– una sicura coscienza politica: essi si rendono perfettamente
conto della violenza dell’offensiva scatenata
dai monopoli contro la classe lavoratrice [] sanno che
l’immobilismo della società italiana ( in tutti i campi più
importanti, da quello della scuola a quello delle riforme di
struttura ) non è casuale ma espressamente voluto dai
nostri governanti;[]
Di fronte a una situazione così chiara, sorge però la
domanda: come far uscire questo stato dì’animo dal livello
del rancore a quello dell’azione politica? Quali vie
bisogna ideare perché questa carica rivoluzionaria diventi
politicamente feconda, si traduca in una partecipazione
impegnata alla vita del Partito, faccia sorgere proposte
e iniziative capaci di dare nuovo impulso alle organizzazioni
di classe ?[] la via, secondo me più efficace,
per vincere il quietismo dei compagni [è] la via dell’analisi
razionale, obbiettiva, spregiudicata, del movimento cui
apparteniamo e cui intendiamo restare fedeli. [] se avremo
il coraggio di affrontare noi stessi un serio e obbiettivo
dibattito intorno alle grandi lotte interne attraversate e
superate in passato dal movimento operaio, non solo
renderemo più vive le nostre riunioni, ma accresceremo
senza alcun dubbio il livello ideologico dei compagni,
faremo di essi dei militanti più agguerriti, più decisi, più
strettamente legati al Partito. [] Ciò che risulta [] istruttivo
esaminare è il programma politico (giusto o sbagliato
che sia) e – ovviamente – non solo alla luce dei fatti in
base a cui esso venne formulato, ma anche in base a
quelli successivi che gli diedero torto o ragione. []
Pare quindi giunto il momento di sottoporre ad analisi
critica precisa i programmi sostenuti.[]
onde discernerne ciò che poteva esserci in essi di veramente
rivoluzionario ( e perciò usufruibile nella lotta contro
le correnti opportunistiche) da ciò che vi era, invece
di errato, di velleitario, di dogmatico.
L’unità del nostro partito non correrà, per questa analisi,
alcun rischio effettivo, ma ne uscirà senza dubbio approfondito
e cementata. Essa non è, infatti, un mito che
vada sorretto sull’ignoranza, ma è un’unità viva e dialettica
che trae vigore e solidità dalla conoscenza delle posizioni
sbagliate e dalla chiarificazione dei loro errori.”
http://www.gramscioggi.org/Gramsci%20oggi-007-2008.pdf