Non credo sia facile tracciare una fisionomia di Astrachan, via via definita una città di profughi, di fuggiaschi, di gente in cerca di fortuna, una specie di approdo come per i pionieri del Far West. C’è però un connotato che la contraddistingue e viene giustamente sottolineato: e cioè che nella sua storia e tra le sue mura non vi sia mai stata la servitù della gleba. Retaggio che spiega in parte anche la pacifica convivenza odierna fra le due grandi etnie e le due grandi fedi religiose della popolazione: da una parte i russi ortodossi, dall’altra i tatari musulmani. Ed è perlomeno curioso che abbia affrontato l’argomento di questo straordinario fenomeno di concordia in un luogo neutro come la Cattedrale dell’Assunzione di Astrachan, una chiesa cattolica, grazie all’incontro con suor Anna, arrivata qui dal Canada francese 13 anni or sono, e con l’imam Farid, ambedue impegnati nella propria missione. «Ad Astrachan —spiega Farid—ci sono oggi più di 40 moschee, mentre prima, in un passato neanche troppo remoto, ce n’erano solo cinque. La presenza, in questa città, di 19 confessioni o fedi non ha creato mai alcun problema, al contrario. Io m’incontro spesso con suor Anna e con altri leader religiosi, mettiamo a confronto le diverse esperienze nel tentativo di appianare e superare le difficoltà che ogni Chiesa deve affrontare. Per quanto riguarda la mia religione, posso tranquillamente affermare che qui non si sono mai verificati episodi omanifestazioni di quel fanatismo islamico che ha provocato altrove gravi inquietudini e turbamenti. Non siamo mai scesi sul terreno di guerra nel nome di Allah. Avrà notato che ad Astrachan si vedono poche donne velate per le strade, anzi non ce ne sono più». La cattedrale, con le sue cupole splendenti in questa giornata di sole e d’azzurro, è stata costruita—informa suor Anna—grazie anche ai finanziamenti dei commercianti e degli industriali locali, per la maggior parte di fede islamica, che accomuna il 24 per cento della popolazione russa. «La cosa non deve stupire — aggiunge in fretta la religiosa canadese avvertendo la nostra sorpresa —. Negli anni Trenta, quando il regime ateo comunista di Mosca minacciava di distruggere tutte le chiese o farne dei magazzini e delle caserme, furono i tatari musulmani, qui ad Astrachan, a fare una catena umana attorno alla chiesa per impedire l’assalto dei militari ».
A Saratov—anch’essa sul Volga, mille chilometri a sud di Mosca, circa un milione di abitanti — la religione sembra avere un impatto più forte. Molta gente, inginocchiata sulla moquette, assiste alla cerimonia liturgica nella moschea di Rachida. «Sia l’Islam che la Chiesa ortodossa—dice l’imam—sono in piena attività e godono, ambedue, di una grande affluenza di pubblico. Le due religioni convivono pacificamente da sempre perché animate dagli stessi principi. Solo la liturgia è diversa». Il regime sovietico è intervenuto pesantemente contro l’una e l’altra fede: «La repressione ha colpito nella stessa misura la comunità cristiana come quella musulmana. Ognuna ha avuto i suoi martiri: gente ammazzata, deportata in Siberia». Queste sofferenze hanno rafforzato lo spirito religioso nella regione di Saratov, che si distingue per l’assiduità, da parte dei musulmani, ai pellegrinaggi annuali alla Mecca. «Ma — assicura l’imam— noi non siamo mai stati contaminati da quel movimento che viene definito integralismo islamico. E disponiamo di un organo interno che previene ogni tipo di estremismo ». I libri di storia informano che l’Islam approdò in questa parte del mondo nel nono secolo dopo Cristo per iniziativa dello sceicco arabo Ibn Fadlan. Attualmente, i musulmani della regione sono una piccola minoranza rispetto allo Stato totalmente islamico delle origini. L’attuale muftì di Saratov, Mukaddas Barbisov, ricorda di essere entrato nella moschea quando aveva 17 anni tra la disapprovazione dei suoi coetanei, che non vi avrebbero mai messo piede, perché — sottolinea — «durante il periodo sovietico, un credente era considerato un retrogrado, fosse esso musulmano o cristiano». Una filosofia non del tutto estinta.