In drammatica coincidenza con la battaglia che infuria nella Striscia di Gaza (e purtroppo è sempre facile coglierla) esce in Italia Valzer con Bashir, il film cartone di Ari Folman passato a Cannes e in corsa per Israele come miglior film agli Oscar. Una storia potente, evocativa e spiazzante che racconta dal punto di vista del regista (quindi un semplice, giovane soldato israeliano) la tremenda strage che si consumò nell'agosto dell'82 nei campi profughi palestinesi di Sabra e Shatila, poco fuori Beirut: circa 3mila di quei rifugiati, senza distinzione alcuna, vennero uccisi a sangue freddo da milizie cristiane come rappresaglia per l'assassino del loro capo carismatico, Gemayle Bashir, da poco eletto presidente del Libano e ben visto anche dai vertici israeliani.
Furono due giorni di crudeltà inaudita. Ma che c'entra Israele? Da due mesi il suo esercito era penetrato nel sud del Libano per una campagna militare che aveva l'intento di "bonificare" 40 km di territorio al confine e porre fine al lancio di razzi (più o meno le stesse motivazioni per l'attuale campagna nella Striscia di Gaza). Alla fine però le colonne israeliane si spinsero fino a Beirut. Per questo si accusa il governo israeliano e i suoi vertici militari (Ministro della Difesa era Ariel Sharon) di aver avallato la strage pur senza aver partecipato attivamente. In pratica che fece finta di non vedere (o trattò concretamente con le milizie cristiane libanesi) lasciando che fossero trucidati migliaia di palestinesi.
Questa la vicenda storica e militare, i cui retroscena sono ancora poco chiari. L'unica certezza è la somiglianza con altre decine che hanno lastricato la questione medio-orientale: ognuno rivolta i fatti dalla propria prospettiva e su queste ragioni fonda odio e rancori. Ce lo insegnano i conflitti etnici che hanno insanguinato l'ex Jugoslavia come la Cecenia, per fare due esempi. E proprio il tema della memoria percorre Valzer con Bashir: Ari Folman nel film interroga amici, i veri compagni di campo e un famoso giornalista per ricostruire quei fatti, visto che i ricordi che ha sono labili e scoloriti. Forse per colpa della sua giovine età, rockettaro finito al fronte con un fucile che brandisce come una chitarra elettrica. O forse fu un rifiuto della mente a registrare l'orrore sotto i suoi occhi, quando quella sorta di gita scolastica con ingenui commilitoni si trasformò in una carneficina.
Negli intervistati che Folman ha ripreso dal vero e poi fatto ridisegnare e animare in 3D, si trovano segni indelebili di quella vicenda, sedimentati nell'incoscio: c'è chi voleva partire al fronte per rimarcare una mascolinità afflosciata e chi non aveva idea di che cosa si trattasse, il famoso giornalista Ron Ben Yisashi che avanza sotto la pioggia di proiettili con noncuranza e il commilitone perseguitato in sogno dai cani che aveva il compito di ammazzare perché non facessero da allarme durante le imboscate. Folman ha chiuso il film con 15 secondi di immagini reali dei corpi palestinesi accatastati per le strade di Beirut, quando la strage fu fermata e iniziarono ad uscire dai campi i superstiti e le donne urlanti. "Un monito" ha chiarito nella conferenza stampa di Roma, per rimarcare agli spettatori che le immagini trasfigurate in bellissimi disegni evocano fatti realmente accaduti.
Sulla coincidenza con le vicende di questi giorni, il regista ha alzato le spalle: "Visti i leader che abbiamo, ciechi che giocano alla guerra come a scacchi senza considerare le sofferenze della popolazione, un film del genere è destinato ad essere sempre tragicamente attuale". Il suo "cinema da reduce", che si inserisce nel filone copioso che annovera Il cacciatore di Cimino come Apocalypse now di Coppola, ha scelto con premeditazione "il punto di vista del soldato – ha spiegato – perché la vicenda è così delicata da non poter azzardare altre interpretazioni". Per tornare a questione più profane, Valzer con Bashir come Gomorra è candidato ai Golden Globe (ed entrerà probabilmente nella cinquina degli Oscar) come miglior film straniero. Amaro viatico per poter riparlare di una strage che continua.