DILIBERTO AL MATTINO: Usciamo dalla maggioranza al comune di Napoli

[Masherov]

In questo momento non possiamo essere un partito (per giunta extraparlamentare) di lotta e di governo (locale).
Poi, governo con chi? con i centristi postdemocristiani del PD? Ma per carità!
Dobbiamo uscire da tutte le giunte, al massimo potremo caso per caso dare qualche sostegno esterno, e ovviamente non dare nulla in cambio di nulla.
Essere governati dal PDL o dal PD non muta la situazione nel paese, non mi sembra il caso di preoccuparsi di poltrone e assessorati visto che in tutti i casi la cosa che spesso ci riduciamo a fare è l'essere la vasellina di chi gestisce realmente il potere.

[cyber81]

condivido Masherov

[due_calzini]

In questo momento non possiamo essere un partito (per giunta extraparlamentare) di lotta e di governo (locale).
Poi, governo con chi? con i centristi postdemocristiani del PD? Ma per carità!
Dobbiamo uscire da tutte le giunte, al massimo potremo caso per caso dare qualche sostegno esterno, e ovviamente non dare nulla in cambio di nulla.
Essere governati dal PDL o dal PD non muta la situazione nel paese, non mi sembra il caso di preoccuparsi di poltrone e assessorati visto che in tutti i casi la cosa che spesso ci riduciamo a fare è l'essere la vasellina di chi gestisce realmente il potere.

condivido compagno.
ora più che mai partito di lotta e di opposizione!

[Masherov]

allo stato attuale meglio avere una presenza "leninista" nelle istituzioni: essere presenti per sostenere aspetti positivi per le masse lavoratrici, e allo stesso tempo per ricordare a PDL e PD che non tutti sono omologati su di loro.

[CompagnoStefano (POL)]

condivido compagno.
ora più che mai partito di lotta e di opposizione!

e stare all'opposizione per sempre

bello davvero.

[Masherov]

e stare all'opposizione per sempre

bello davvero.

Per governare ci vogliono i numeri, e oggi la sinistra è ridotta ad un 5-6% frazionato in diverse liste.
Oggi non riusciremmo neppure ad essere incisivi neppure in coalizione con partiti borghesi moderati quali appunto il PD.
Resta poi da capire cosa andremmo a fare in coalizione con il PD, visto che alla fine si tratta di un partito che non ha certo al primo posto l'interesse dei ceti lavoratori e non è immune dal malcostume tangentaro come recenti episodi mostrano chiaramente.

[Lev Davidovic]

e stare all'opposizione per sempre

bello davvero.

Bè, il sempre è una categoria che in politica, e tanto meno nella storia, non esiste.

Intanto dobbiamo concentrarci sull'ora, e da qui partire per un'analisi seria della fase, da cui ricavare un'altrettanto seria linea operativa. La fase che stiamo attraversando non è una semplice congiuntura negativa. è l'inizio di una crisi strutturale del capitalismo mondiale di cui non s'intravede la via d'uscita nè si scontano ancora tutti gli effetti devastanti.

Una cosa è certa: impossibile sperare in politiche neo-kenesiane e redistributive,e non per semplice cattiveria di chi governa (sia esso il PdL o il PD), ma perchè le borghesie nazionali, a fronte di una verticale caduta del saggio di profitto, non sono minimamente disponibili a compromessi tra capitale e lavoro come se ne sono visti in passato, ma vogliono e impongono ai rispettivi governi una sola cosa: tagli su tagli su tagli, ovvero un generale peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro delle classi lavoratrici a beneficio del rilancio del profitto privato e della capacità di stare sul mercato.

Governare l'esistente, allearsi con forze di governo nazionale o locale organiche agli interessi della borghesia come il PD, non significa più resistere nell'attesa di tempi migliori, ma compartecipare alle politiche -ripeto 'necessarie' per la borghesia- di tagli della spesa sociale e privatizzazione delle proprietà pubbliche. Governare insieme al PD signfica corresponsabilizzarsi nell'operazione bipartisan di scaricare sulle spalle della classe lavoratrice i costi sociali della crisi economica mondiale.

Se aggiungiamo poi che il PD è totalmente organico al sistema di gestione territoriale del potere da finire sovente coinvolto in scandali inerenti alla promiscuità tra interesse pubblico e privato (voto di scambio, corruzione e concussione, lottizzazione, intreccio criminoso tra politica e impresa), l'apparentamento con questi signori non può che finire per macchiare la reputazione, se non la fedina penale, anche dei comunisti.

Ne consegue che l'unica opzione in campo per un rilancio del ruolo dei comunisti nelle società capitalistiche avanzate è il partito di lotta e di opposizione cui faceva riferimento il compagno due_calzini. Non è minoritarismo congenito o autolesionismo, è necessità storica. In una fase di crisi economica potenzialmente esplosiva -e non ho pochi dubbi che la questione sociale esploderà anche nel nostro 'sonnecchiante' paese- l'unica strada percorribile è riallacciare relazioni con tutti quei soggetti che pagheranno in prima persona gli effetti della crisi e che si sentono ormai lontani anni luce dai partiti 'di governo', fino a dar loro un progetto politico, a trasformarli da soggetti passivi in protagonisti politici, attori storici.

E' un compito difficilissimo e ambizioso, ma a mio avviso non c'è altra strada. Solo preparandoci ad affrontare la crisi economica, incanalandola in un progetto di trasformazione radicale della società, possiamo ambire a modificare i rapporti di forza dati e dunque a riguadagnare un ruolo di forza egemone. Tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione ( i GAP, l'intervento nelle fabbriche, l'attivazione sindacale, il dibattito teorico) sono utili. In questo dobbiamo concentrare i nostri sforzi umani e finanziari. Rifondazione ha le risorse per farlo. Rifondazione può guidare tutta la sinistra in questo obiettivo.

Fermo restando che è necessario garantire dove possibile una nostra presenza istituzionale (la 'cassa di risonanza' di leniniana memoria), la posta in gioco non è questo o quel governicchio locale in un quadro politico che subirà repentine scosse e convulsioni, ma arginare fenomeni, sempre più tangibili, di reazione di massa e prospettare una via d'uscita progressiva dalla crisi: modificare dunque, in una fase d'eccezionalità storica, l'intero quadro dei rapporti di forza che vedono il movimento operaio da vent'anni in ritirata perenne.