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    Predefinito Uno scambio fraterno, tra un vendoliano e una ferreriana

    Questo è un brano pubblicato oggi.
    Si tratta di uno scambio epistolare con una compagna della moz.1.
    Al di là dei contenuti, vorrebbe anche dimostrarvi, che un confronto fraterno, da compagni e non da nemici, è possibile.

    *

    LETTERA AD ILARIA. COSA VUOL DIRE LA SINISTRA.

    Ilaria Mascetti, amica di vita e di lotte, del Direttivo del PRC di Ascoli Piceno, mi scrive questo bellissimo messaggio critico, in risposta al brano “La parafrasi del fuoco”, e in polemica con i miei ultimi riferimenti ad una “Sinistra” diffusa, umanista e pasoliniana.
    Accolgo queste critiche, con affetto e gratitudine, e tento una risposta.


    Caro Davide,
    conosci il mio affetto per te, e sai che non è legato alle critiche che altre volte ed ora porrò alla tua attenzione.
    Forse conosci di meno il mio amore per l'arte, per la poesia e per tutto quello che ritengo comunicativo: è immenso.
    Tutto questo non mi toglie lucidità per comprendere la distinzione tra azione politica ed artistica.
    Credo che molto raramente si possano sposare, a volte solo quando la vita di qualcuno che poi in tanti ricordiamo giunge ad atti estremi di lucidità ed eroismo, in cui troviamo la materializzazione della tensione e del furor michelangiolesco.
    Qui anche a me compaiono i volti di Gramsci o Pasolini.
    Di certo non le misere figure dell'attuale politica italiana. No, non ne trovo traccia.
    [...]
    Solo una cosa ti chiedo: non fare solo di qualcuno, quello che invece è amore e lavoro di tanti.
    Pasolini, la sua figura e le sue parole non sono proprietà privata di una sinistra, che già settaria mi sembra, se nasce con dei distinguo.
    Pasolini e tanti altri sono l'amore e la vita di tanti compagni, anche quelli che oggi purtroppo ritieni lontani.
    Da lì credo che derivi d'altronde il lavoro e la cultura di Vendola.
    Non credo sia sbucato dal nulla ma da un partito, dal quale ha preso e condiviso tanto fino a ieri, al quale oggi volta le spalle come se mai niente fosse accaduto.
    [....]
    Così ti chiedo di continuare il tuo lavoro con l'onestà che sempre in te riconosco, aprendo però anche a volte un po' di più gli occhi su alcune cose [...].
    Ti chiedo anche di chiarire il significato della parola “Sinistra”, che tutto può voler dire e niente.
    I termini di ampi significati possono affascinare e abbagliare, ma la chiarezza e definitezza in politica non sono mai troppe (e non parlo di rigidità).
    Sono sicura della tua sincerità e buona fede, meno di quella di altri.
    Ribadisco: la poesia e la cultura non sono un bene privato. In tanti le amiamo e non basta un nuovo partito, né una corrente politica a difenderle.
    Nel rispetto della tua arte e della nostra amicizia,
    ti abbraccio forte,

    Ilaria

    *

    Carissima Ilaria,
    innanzitutto grazie, e di cuore.
    Ti risponderò, naturalmente, a mio modo, e cioè da poeta, attraversato e determinato da venti di passione e sentimento, che poi sono anche il risultato di una percezione reale di mancanza, e quindi di una fisiologica esigenza di autenticità e di vita.
    Trovo splendido, sì, il potermi esprimere così liberamente anche all'interno di una missiva di carattere politico. Il nostro Partito ha difeso, durante la deriva tecnocratica della destra e della sinistra degli ultimi tre lustri, questa opportunità di scambio umano e non solo burocratico.
    La poesia è stata per me, innanzitutto, l'ululato di una solitudine che chiamava alla comunanza, alla rivolta dal formalismo sociale quotidiano (la catena di montaggio dell'esistenza post-fordiana), un anelito ad altro e all'altro, ad un altrove che era anche “Utopia”.
    In politica (perché non esistono campi separati, ma si è un unico indefinito corpo), ho tradotto questa esigenza, prima fisiologica e poi razionale, in un bisogno di “comunità”: la “casa comune” di cui ho sempre parlato (come forma di Partito, e come forma di Stato).
    Gramsci parlava di “centralismo democratico”, contro il “centralismo burocratico” del Pcus.
    Sarebbe bello, oggi, poter ampliare questa struttura novecentesca, aprendosi anche alle nuove esigenze e forme reali di associazionismo e nuova militanza. Credo in un Partito che sappia cioè essere punto di riferimento centrale all'interno di una Rete orizzontale di realtà associative e culturali non per forza da esso dipendenti.
    Cerco di spiegarmi meglio.

    Pasolini scriveva di aver incontrato il comunismo ben prima della lettura di Marx. Lo aveva incontrato nel sentimento istintivo di solidarietà nei confronti dei braccianti friulani in rivolta contro i soprusi del padrone.
    I braccianti friulani, così come gli operai di Torino, trovarono nella “falce e martello” del '900, il simbolo nuovo, vivente, del loro riscatto esistenziale e materiale.
    Quel simbolo era giovane, fresco, innocente. Esso “significava”, poiché parlava della loro vita.
    La falce e martello era il simbolo della realtà in atto: il presente che aboliva il passato e le sue forme, la stella del futuro.
    Non solo: molti di quei giovani operai e contadini morirono, sventolando i loro stracci rossi.
    Morirono perché quel riscatto non fosse solo cifra di un processo deterministico della Storia ma gesto consapevole ed individuale di amore per l'uomo. Perché quelle bandiere fossero un dono: la promessa che non sarebbe più nato un solo figlio già condannato in grembo alla schiavitù, alla povertà e all'ignoranza.
    Morirono per abolire la condanna di classe. Per le nostre scuole pubbliche, per i nostri ospedali, per i nostri diritti costituzionali, oggi smantellati dal trentennio liberista e corrosi dalle tarme baronali della burocrazia.

    Non mi addentro in speculazioni di natura economica, se non per dire che il marxismo novecentesco è stato un tentativo di razionalizzare questo sentimento popolare e di tradurlo scientificamente in programma potenzialmente funzionale in forma di Stato.
    In Italia esso si è fatto, con Gramsci, “guerra di posizione”: e cioè lotta interna al Sistema finalizzata al graduale miglioramento delle condizioni popolari. Esso era comunque una risposta scientifica, ad una domanda sentimentale.
    Voglio cioè dire che il marxismo è stato, ovunque, la traduzione di una richiesta popolare pregressa, di un'egemonia culturale, o per lo meno sentimentale, senza la quale esso sarebbe stato privo di significato storico, così come una fede matrimoniale senza alcuna sposa.
    Noi rischiamo, oggi, di apparire come il tale che per quarant'anni vagò, con l'anello in mano, alla ricerca della defunta fidanzata, per strada chiedendo in sposa ogni giovinetta, non rendendosi conto di essere nel tempo invecchiato, e impazzito.
    Il vecchio folle si condannò così ad un eterno sogno schizofrenico e senza speranza, perché nonostante tutto l'impegno e la galanteria del mondo, fu chiaramente da tutte le fanciulle respinto, e dalla folla deriso.
    E questa è per me un'immagine non folclorica né ridicola, ma invece profondamente drammatica.
    La realtà, parlava un'altra lingua. Lo sposalizio promesso, era scaduto per sempre.
    E tutto questo ci riguarda, perché il Partito vecchio non può più pensare di sposarsi con una giovane realtà. Ilaria, non accadrà mai più.

    Come vedi, parlo di poesia, di sentimento, e ne faccio una questione profondamente politica, oserei dire: razionale.
    Paradossalmente tutto ciò che ci resta, dopo la tempesta storica, tutto ciò che del nostro passato spontaneamente ci si riconsegna e rinnova, non è la “teoria” ma la “poesia” della tradizione.
    Non è, cioè, la “risposta” data in un particolare contesto storico-culturale, ma la “domanda” della vita reale e presente, che chiede di vivere.
    Il comunismo del '900, nelle diverse forme assunte, fu un tentativo storico di rispondere a questa domanda, che oggi si rinnova in nuove ed impreviste forme, che noi dobbiamo saper ascoltare, e a cui dobbiamo offrire nuove ipotesi interpretative, nuove soluzioni.

    La soluzione sovietica, come sai, si tradusse in una forma di paternalismo repressivo, cosicché un simbolo di innocenza popolare si fece bandiera di un nuovo potere burocratico e sovra-individuale, e cosicché i migliori poeti di una intera generazione russa, ad uno ad uno caddero dentro campi di sterminio o nel declivio disperato del suicidio.
    Potremmo certo discutere della contestualizzazione storica e trovarci anche d'accordo nel confronto tra le statistiche del prima e del dopo '17. Certamente i figli dei servi della gleba poterono studiare e divenire scienziati o professori.
    Eppure, tutto questo non bastò. I giovani ragazzi iniziarono a scappare, a sognare di evadere dall'ingranaggio dell'egualitarismo centralizzato. Iniziarono ad insorgere: chiedevano dell'altro. Ne avevano, sentimentalmente, bisogno.
    Il fiume della vita in atto non era più contenibile entro le pareti stagne di una teoria già vecchia nel '68 di Praga.
    Perché la storia avanza come il fiume di Eraclito, e con essa si trasforma la cultura e mutano i sogni degli esseri umani.
    Chi non è in grado di ascoltare la poesia della vita, la sua lungimiranza, verrà travolto dal presente in atto.
    E credo sia evidente, chiudo qui questa parentesi, che un modello contestualizzato in un'epoca post-feudale, il marxismo-leninismo degli anni '20, non possa riscontrare nell'Italia del 2009 altro che un neutrale ed oggettivo interesse di carattere storiografico ed accademico.

    L'Italia ha avuto certamente un'altra storia, e le bandiere rosse sono rimaste “Le belle bandiere” di cui ha cantato Pasolini.
    Quel che dovremmo comunque chiederci, secondo me, è a quale “domanda” reale stiamo cercando, nell'ora, di rispondere attraverso il nostro agire politico. Quale popolo stiamo amando, quale umanità stiamo cercando di incarnare?
    Io, personalmente, vedo il volto di mia nonna Maria, che sopravvive con una pensione da miseria, e con il suo Vangelo. L'avvicinerei cantandole “Bandiera rossa”? O l'allontanerei?
    E vedo il volto di un mio carissimo amico, eroinomane, “perché ad Ascoli Piceno non vi era alternativa”. Lo vedo privo di speranza, assieme ad i suoi amici, sperduti, del baretto.
    Li avvicinerei chiedendogli di sventolare la bandiera con la falce e martello? O li allontanerei?
    E vedo il volto di una ragazzina di tredici anni, costretta allo smagrimento fisico e mentale, così come imposto dal ricatto di massa.
    La conquisterei, la inviterei ad abbandonare il modello mass-mediale, offrendole l'alternativa della rivoluzione proletaria? O l'allontanerei?
    E vedo il popolo, soprattutto, degli extracomunitari: africani, albanesi ed est-europei, bombardati, o colonizzati, costretti alla diaspora e poi sfruttati, torturati psicologicamente e materialmente.
    Parlare con loro, solo del termine “comunismo”, ne ho avuto esperienza diretta, vuol dire spesso aprire una ferita dolorosa quanto la loro memoria biografica.
    E tutti questi volti, Ilaria, sono il Popolo, e non vi è altro popolo al di fuori della unione di questi volti reali.
    Non essere in grado di avvicinarli, questo e non altro vuol dire “tradire” l'unico principio sostanziale della nostra tradizione politica: la volontà di unire la massa degli sfruttati, degli ultimi, e di aiutarli ad organizzarsi per ribellarsi contro ogni forma di oppressione e di negazione della loro dignità umana.
    Così come essi ci chiedono, e non così come noi vorremmo che ci chiedessero.
    Realtà, non proiezione: questo forse non è marxismo, ma ti assicuro che è Marx.

    Ecco: questo, tutto questo ed altro ancora, vuol dire, per me, la definizione “Sinistra”.
    I simboli, i termini anche, hanno senso quando uniscono, e non quando separano le persone a cui sono rivolti.
    Rileggo spesso le bellissime “Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana” (Einaudi, 1952).
    Te ne voglio leggere una, che in questi giorni mi ha particolarmente commosso.

    Diana cara, la vita che doveva cominciare è terminata per me anzitempo. Ma durerà nel ricordo.
    Ti amo, Diana. Il tuo compagno se ne va.
    Se ne va dopo aver amato libertà, giustizia.
    Se ne va dopo aver amato te tanto, tanto.
    Ma tu devi vivere. Devi vivere perché questo è il mio ultimo desiderio. Devi vivere e il mio ricordo deve essere un incitamento alla vita.
    Non bisogna che tu ne sfugga. Ti sarò comunque vicino, lo so e lo sento. Vicino a te ed a tutte le persone care.
    Muoio in piedi.
    Sappilo e ricordami così.
    Ti amo tanto.
    Paolo

    Ilaria cara, io credo davvero che anche noi, e tutto ciò che rappresentiamo (e cioè: libertà, giustizia), abbiamo il diritto e il dovere di vivere.
    Tutto costantemente muta, ed anche i sogni, ed anche le esigenze (che non sono più, soltanto: materiali; che non sono più soltanto: lavorative).
    La memoria ci sarà sempre vicina, ma come incitamento alla vita, e non come ossessione schizofrenica nei confronti di un passato che non esisterà mai più.
    Questo è per me il rispetto, ed è l'amore, che nutrirò per sempre per quelle belle bandiere, che sventolarono innocenti, anche in mio nome.
    Ma torniamo alla vita, ti prego: torniamo ad incarnare il mondo reale, e non quello ideale.
    Così, e solo così, torneremo a vincere. Ed hai ragione, sì: non come individui, ma come “comunità”. Comunità unita. Non voleva dire proprio questo, il comunismo?

    Un grande abbraccio a te,
    con stima, affetto e amicizia,
    Davide

    http://davidenota.splinder.com/post/...a.+Cosa+vuol+d

  2. #2
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    Citazione Originariamente Scritto da dadodidi Visualizza Messaggio
    Gramsci parlava di “centralismo democratico”, contro il “centralismo burocratico” del Pcus.

    Fonte?

  3. #3
    Kether è Malkuth del NM
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    Citazione Originariamente Scritto da Soso. Visualizza Messaggio
    Fonte?
    poesie nascoste e perdute di Gramsci il cattolico sul letto di morte.

  4. #4
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    Sei troppo prolisso.

    Bastava scrivere "w il pds".

    Comunque ovvio che chi la pensi come te non si possa trovare bene in un partito che si rifà al comunismo.

    Ma il problema non sono gli altri, come sembri implicitamente intendere.

  5. #5
    sembra l'estate di cerrapungi
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    si ma a noi che ci frega delle ragazze che ti vuoi baccagliare?
    Un "vendoliano e una ferreriana", manco stessimo parlando di Israeliani e Palestinesi..

  6. #6
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    Se non vi interessa, basta non scrivere commenti e presto scompare tra i post di scarso interesse.

  7. #7
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    Citazione Originariamente Scritto da Palvesario Visualizza Messaggio
    poesie nascoste e perdute di Gramsci il cattolico sul letto di morte.

    Ah giusto quelle che la polizia fascista trovò sotto il suo letto. Ora Feltrinelli le pubblica, roba autentica, non siate diffidenti per quelle scritte "w il dusce" a piè pagina, si trattava di un estremo grido di dolore di Gramsci contro lo stalinismo.

  8. #8
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    "La funzione di polizia di un partito può dunque essere progressiva o regressiva: è progressiva quando essa tende a tenere nell'orbita della legalità le forze reazionarie spodestate e a sollevare al livello della nuova legalità le masse arretrate. E' regressiva quando tende a comprimere le forze vive della storia e a mantenere una legalità sorpassata, antistorica, divenuta estrinseca. Del resto, il funzionamento del partito dato fornisce criteri discriminanti: quando il partito è progressivo esso funziona 'democraticamente' (nel senso di uncentralismo democratico), quando il partito è regressivo esso funziona 'burocraticamente' (nel senso di un centralismo burocratico). Il partito in questo secondo caso è puro esecutore, non deliberante: esso allora è tecnicamente un organo di polizia e il suo nome di 'partito politico' è una pura metafora di carattere mitologico".

    Antonio Gramsci, Quaderni dal Carcere

  9. #9
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    Più precisamente, è nella sezione dei quaderni in cui si affronta il problema del "bonapartismo" (cit. da Gramsci) sovietico.

    "Il suo contenuto essenziale consisteva nella 'troppo risoluta (quindi non razionalizzata) volontà di dare la supremazia, nella vita nazionale, all'industria e ai metodi industriali, di accelerare, con metodi coercitivi esteriori, la disciplina e l'ordine nella produzione, di adeguare i costumi alle necessità del lavoro. Data l'impostazione generale di tutti i problemi connessi alla tendenza, questa doveva sboccare necessariamente in una forma di bonapartismo..."

  10. #10
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    "Voi oggi state distruggendo l'opera vostra, voi degradate la funzione dirigente che il Partito comunista dell'URSS aveva conquistato per l'impulso di Lenin"

    "L'unità e la disciplina non possono essere meccaniche e coatte"

    Antonio Gramsci, lettera alla dirigenza del Pcus, 1926, ora in "La costruzione del Partito comunista".

 

 
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