Effetti inaspettati del presente conflitto israelopalestineseCirca le cause profonde (o presunte tali) di quest’ennesima aggressione, perpetrata da Israele ai danni del popolo palestinese, si è scritto moltissimo negli ultimi giorni: si sono così lette - come abitualmente accade, ogni qual volta si riaccende il focolaio della cosiddetta “crisi mediorientale” - analisi condivisibili e non, elaborate da persone più o meno competenti in materia.
Personalmente, piuttosto che rischiare di sprecare - magari anche opportunamente, beninteso - ulteriore inchiostro nell’individuare le motivazioni (visibili ed occulte) che si nascondo dietro ad un tanto improvviso quanto brutale ricorso alla forza, avrei intenzione di ampliare l’orizzonte del dibattito, approfondendo in special modo un aspetto che certa stampa (quella italiana sicuramente) ha trascurato di considerare.
Premesso che un’offensiva di questa portata - evidentemente pianificata da tempo e con estrema cura dallo stato maggiore israeliano - ha davvero colto alla sprovvista tutti (eccetto forse le sole milizie della resistenza palestinese), sia per la ferocia, sia per la rapidità con cui è stata condotta rispetto ad altre occasioni, può essere interessante soffermarsi sulle ricadute che la spregiudicata condotta politica dello stato ebraico sortirà, indipendentemente dall’esito generale del conflitto.
La strategia messa in campo da Israele infatti, sebbene ineccepibile da un punto di vista militare, potrebbe rivelarsi quanto mai azzardata in relazione alle future conseguenze politiche, per una serie di buone ragioni qui di seguito presentate.
Anzitutto dichiarare guerra ad Hamas non appena terminata la tregua cui la si era costretta (e cui la si sta - diplomaticamente e non - forzando di nuovo) è parsa ai più, filosionisti compresi, una mossa avventata.
Certe tempistiche serrate, in particolare l’inazzeccata scelta del periodo natalizio (molto vissuto e sentito - per esempio - dai cristiani che risiedono in Terra Santa) per sferrare la prima offensiva aerea, hanno palesato la valenza prettamente politica del voler chiudere in fretta e furia la pratica. Tra pochi giorni infatti s’insedierà un nuovo Presidente degli Stati Uniti, non necessariamente organico e così accondiscendente ad una politica di aggressiva espansione nei Territori quanto finora lo è stata invece la precedente Amministrazione, e inoltre il Kadima di Ehud Olmert e Tzipi Livni - travolto nel recente passato da scandali e insuccessi clamorosi sul piano militare (la batosta rifilata da Hezbollah nel 2006 brucia ancora) - deve guardarsi le spalle dal Likud di Netanyauh in chiave elettorale (le prossime consultazioni sono previste entro la fine di marzo 2009) e recuperare velocemente i consensi smarriti nel frattempo.
Se è indubbio che la morsa sulla Striscia di Gaza fornisca enorme visibilità mediatica agli uomini di governo del partito centrista, che l’hanno predisposta, è altrettanto vero che una vittoria parziale o comunque non netta potrebbe avere delle ricadute negative sull’opinione pubblica interna, con un conseguente mutamento dell’orientamento di voto.
Ma il calcolo potrebbe risultare ancor più arrischiato del previsto, giacché nel frattempo colpiscono il pesante silenzio del prossimo inquilino della Casa Bianca sull’argomento e, a livello internazionale, alcune nette prese di distanza dal cocciuto atteggiamento di Tel Aviv (si pensi alle dichiarazioni del cardinal Martino che ha - propriamente - parlato di “lager” nel descrivere la situazione in cui versa Gaza o alla Repubblica Venezuelana che ha espulso l’ambasciatore israeliano a seguito alla continuazione del massacro).
In questo scenario non sono affatto scontate le ripercussioni che potrà avere, ad ostilità concluse, il lancio di anche un solo razzo Qassam da parte di Hamas sugli insediamenti oltre confine; quel che è certo è che si paleserebbe, in una simile ipotesi, tutto il drammatico e rovinoso insuccesso della tanto spacciata come “chirurgica” e “definitivamente risolutiva” operazione militare Piombo Fuso, messa in opera da un gran dispiegamento di forze aeree e di terra delle truppe Tzahal.
Israele dovrà poi fare i conti, sul fonte interno, con le perdite militari - preventivabili, ovvio - ma pur sempre ricadenti nell’ambito civile, trattandosi di un esercito sostanzialmente di leva.
Sul fronte esterno toccherà pure poi, se non “scusarsi” (ammesso e non concesso che ci si possa “scusare” dell’uccisione premeditata di chicchessia) almeno giustificare le 800 e più salme che la Palestina piange in queste ore.
E se la comunità internazionale - attraverso l’ONU - ha aperto un’inchiesta, volta a far luce sulla carneficina dei profughi rifugiatisi nella scuola elementare bombardata a Gaza, il cosiddetto “deterrente psicologico” delle armi, esercitato da sempre sul popolo palestinese, potrebbe indebolirsi anziché rafforzarsi, cementando i già plebiscitari consensi ottenuti da Hamas nelle scorse - vale la pena sottolinearlo - libere e legittime elezioni, vinte a scapito di Fatah.
Non giova poi certo alla trasparenza delle operazioni in territorio palestinese, l’arroganza con cui il governo israeliano nega alla stampa internazionale l’accesso alla zona di confine per documentare il conflitto, il quale - nonostante tutto - ci viene però lo stesso presentato nei dettagli dai media. Quest’ultimo fatto la dice lunga sulla presunta libertà di certi giornalisti e organi di (dis)informazione i quali pretenderebbero di raccontare cose che nemmeno possono vedere!
La foga di Israele nel voler chiudere la partita potrebbe in definitiva rivoltarsigli inaspettatamente addosso con effetti disastrosi anche e soprattutto a livello di immagine.
E a tal proposito non ci si può esimere dal chiedersi con quale coraggio i sionisti, dopo le atrocità ed i crimini commessi ai danni del popolo palestinese nelle ultime settimane, chiederanno al mondo intero il 27 gennaio - in occasione del 64° anniversario della “Giornata della Memoria” - di commemorare la Shoah e celebrare quel tanto osannato valore (unilateralmente) condiviso del ricordo di un - sì - terribile genocidio le cui vittime - però - non valgono certamente né più, né meno degli indifesi caduti del recente brutale assassinio che si consuma tuttora nella Striscia di Gaza.
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CHE SUCCEDE IN PALESTINA?
I ripetuti bombardamenti di Gaza e l'invasione dell'esercito coloniale israeliano di questi giorni non sono il fatto del giorno, anche se vengono presentati come una novità. Sono l'ennesima manifestazione di un processo coloniale criminale che da oltre sessant'anni si sta compiendo ai danni del popolo palestinese.
I giornali e le televisioni italiane stanno presentando questi ennesimi crimini ai danni del popolo palestinese come un conflitto necessario per eliminare il terrorismo, volutamente ignorando che l'esercito sionista sta passando con il rullo compressore sui centri abitati palestinesi, senza fare distinzioni tra militari e civili e facendosi beffa, per l'ennesima volta, delle risoluzioni ONU.
Il gergo ipocrita dei giornalisti sta facendo passare ogni cosa per il suo contrario: le missioni di guerra vengono infatti chiamate "missioni di pace". In questo modo anche chi combatte per liberare la propria terra da un invasore straniero armato da "patriota" diventa "terrorista".
I sionisti ritireranno il proprio esercito da Gaza solo per lasciare spazio alle "forze di pace" ONU / Nato, come fu due anni fa in Libano, in modo cioè da ottenere che gli stati con loro confinanti siano occupati militarmente, ma senza alcuno sforzo permanente da parte loro.
PROGETTO TORINO SI ESPRIME SENZA MEZZI TERMINI CONTRO L'AGGRESSIONE COLONIALE SIONISTA E CONTRO TUTTI COLORO CHE SOSTENGONO L'AMBIGUA FORMULA DEL "DUE POPOLI, DUE STATI"
PROGETTO TORINO SI SCHIERA SENZA MEZZI TERMINI AL FIANCO DEL VALOROSO ASSEDIATO E RESISTENTE POPOLO PALESTINESE
Consapevoli però che i proclami - da soli - non bastano ma serve anche aiuto concreto, Base Militante Progetto Torino propone una sottoscrizione urgente a favore dell'Associazione Benefica di Solidarietà col Popolo Palestinese (www.abspp.org) per portare nell'immediato medicine e generi di prima necessità nella Striscia di Gaza ed agevolare in futuro la ricostruzione della zona.
Prendi visione del nostro opuscolo qui sotto per avere informazioni su come testimoniare - nei fatti - il tuo impegno nei confronti del martoriato popolo palestinese:
Materiale informativo:
La questione palestinese: http://www.progettotorino.org/pdf/00...alestinese.pdf
Complimenti, soprattutto per i manifesti che raccontano alla perfezione la realtà delle cose
Spero vi sia andata per il meglio