Bossi manda il ''suo'' segnale: governo battuto alla Camera
Sul patto di stabilità dei Comuni. C'erano state polemiche sulla metropolitana di Roma.
Il malcontento dei sindaci del Nord si era già manifestato ieri, contro la decisione di considerare i finanziamenti della Metropolitana di Roma esclusi dal "patto di stabilità" dei Comuni, visto che Roma aveva già ricevuto una dotazione di 500 milioni di euro come contributo al bilancio. E, stamattina, la "vendetta" di Bossi è puntualmente calata sul governo. Il patto di stabilità dei Comuni è stato bocciato, in una votazione su un ordine del giorno che accompagna il decreto anticrisi alla Camera.
L'ordine del giorno, proposto dalle opposizioni, prevede la possibilità di deroga sul patto di stabilità interno in modo da uniformare gli enti locali alla possibilità di "sforamento" data al Comune di Roma. Per l'approvazione dell'ordine del giorno è stata determinante l'astensione della Lega.
La fiducia di ieri sul decreto anticrisi
Come era nelle attese, il governo - tramite il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Vito - ha posto la fiducia sul decreto anticrisi. Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha espresso le sue perplessità su uno strumento che svuota le funzioni del Parlamento. L'esame del provvedimento nell'aula della Camera riprende dopo che la notte scorsa si è concluso il dibattito generale. Alle 16,50 la Camera vota la fiducia al governo con 327 sì, 252 no. Due i deputati astenuti. Respinti, ovviamente, tutti gli emendamenti.
Il voto finale sul decreto legge anticrisi si terrà nell'Aula della Camera domani alle 13. Lo ha stabilito la conferenza dei capigruppo, decidendo che le dichiarazioni di voto finali sul provvedimento saranno trasmesse in diretta televisiva. Ma la sua approvazione è scontata.
Intanto c'è un Bossi oggi molto effervescente che provoa a smarcarsi il più possibile da Berlusconi.
In una ridda di dichiarazioni sull'intera situazine politica, il leader della Lega ha trovato, comunque, il modo per dire che sulla giustizia i giornalisti devono chiedere "a Berlusconi, io non lo so. Ma per adesso, non abbiamo fatto nessun accordo''.
Poco più tardi il ministrodella Difesa, Ignazio La Russa, dichiarava: "Siamo d'accordo sulle grandi linee, ma ancora non ho avuto un testo. Diciamo che non mi risulta che non ci sia un accordo, ma nemmeno mi risulta che un accordo sia stato cristallizzato''. Insomma Bossi ha ragione, ma anche... no (come direbbe Crozza).
Lo stop di ieri di Fini
"Il rispetto della centralità del Parlamento e della sua funzione nel procedimento legislativo non si limita all'omaggio del lavoro fatto in commissione ed impedendo ai deputati di pronunciarsi in Aula su un testo": ha detto ieri nell'Aula della Camera il presidente Gianfranco Fini, dopo che il ministro Vito aveva posto la fiducia sul decreto legge anticrisi nel testo approvato dalle commissioni. Il presidente della Camera stamattina è salito al Quirinale per un faccia a faccia con Giorgio Napolitano, dopo il problema istituzionale nei confronti del governo sollevato ieri.
Le opposizioni avevano ridotto gli emendamenti ad una quarantina, tuttavia il ricorso alla fiducia stronca il dibattito parlamentare.
Nel complesso gli emendamenti presentati erano circa 120 (molti da parte degli stessi esponenti della maggioranza).
La Lega ha mantenuto alcune proposte di modifica sulle quali ci sono divergenze nella stessa maggioranza come la tassa sugli immigrati. Il decreto deve essere convertito entro il 28 gennaio e dopo la Camera deve passare al Senato. La fiducia viene messa, probabilmente, su un maxiemendamento che recepirà tutte le modifiche introdotte dalla commissione Bilancio.
Immediata la replica del presidente del Consiglio al presidente della Camera: "Abbiamo giudicato che la fiducia sul dl anticrisi fosse indispensabile". Ma la replica del presidente della Camera non si fa attendere e acuisce lo scontro con Berlusconi: "La fiducia è necessaria - fa notare con durezza Gianfranco Fini - solo perché esistono problemi nella maggioranza". E questa è più che una "nota" di carattere istituzionale.
Fini attaccato dalla Lega e dal Pdl
In precedenza il presidente della Camera era stato attaccato dalla Lega e dal Pdl. Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl, dell'opposizione che aveva reagito dicendo che "Il rilievo mosso al governo può essere oggetto di discussione e di dibattito, ma noi non sentiamo di condividerlo. Un articolo del regolamento - sostiene Cicchitto - disciplina un istituto, quello della fiducia, che in quanto tale non può essere una mancanza di rispetto per il Parlamento. Noi ci assumiamo la responsabilità della scelta del governo; con la fiducia non si spossessa nessun parlamentare della propria funzione". Considerazione obbiettivamente contestabile, perché con la fiducia si costringono i parlamentari che sostengono il governo a sostenere in blocco un provvedimento, senza la possibilità di intervenire nel merito. E siamo già alla decima fiducia che, in pochi mesi, ha chiesto l'esecutivo di Berlusconi.
Anche il leghista Roberto Cota, come aveva fatto qualche minuto prima Chccitto, attaccava la presa di posizione del presidente della Camera. Riferendosi anche all'attacco di Fini alla tassa per il permesso di soggiorno (rimessa oggi da Maroni in un altro decreto, quello sulla sicrezza, benché lo stesso Berlusconi avesse dichiarato di non condividerla) Cota afferma: "Abbiamo assistito a polemiche, a una serie di interventi compreso il suo. Lei è intervenuto nel merito di una vicenda, lei che oggi rivendica un ruolo istituzionale super partes, in quella circostanza lei è intervenuto nel merito. Noi non rinunceremo a proporre in questo Parlamento le nostre idee che riteniamo siano giuste e sulle quali abbiamo il consenso della gente. Caro presidente della Camera, della nostra gente".
Ma l'Mpa, partito alleato del Pdl, che in Sicilia fa caspo a Lombardo e che è stato determinante per far vincere le elezioni al centro-destra, esprimeva successivamente nell'Aula della Camera "profondo dissenso" per la posizione assunta proprio da Cicchitto e "sostegno pieno" a quella del presidente Gianfranco Fini.
Ovvia, in qualche modo, questa presa di posizione, visto che l'onorevole Roberto Commercio ha poi ricordato che il suo partito aveva presentato 40 emendamenti al decreto legge anticrisi che erano stati dichiarati ammissibili, tutti relativi al Sud e che ora di fatto venivano eliminati.
Il gioco facile del Pd
Aveva gioco facile, a questo punto, Antonello Soro, capogruppo del Partito democratico a far notare che "la fiducia è una porta in faccia a tutti gli attori istituzionali". E Soro poteva rinfacciare al governo di aver chiesto un voto blindato perché "non vi fidate della vostra maggioranza, che si stancherà prima o poi di essere un oggetto imbelle".
Votazione domani pomeriggio
La votazione sul decreto avverrà, comunque, domani pomeriggio. La presidenza della Camera ha deciso di applicare, infatti, il "lodo Iotti" (dal nome dell'ex presidente della Camera, Nilde Iotti) che consente ai presentatori degli emendamenti emmessi di prendere la parola a Montecitorio, anche se poi su di essi - causa fiducia - non si vota.
Ultimo aggiornamento: 15/01/09
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