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  1. #1
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    Predefinito Lituania: sindacati in piazza contro la crisi: incidente e feriti

    Eleven hurt in protests near Lithuanian parliament building

    16.01.2009, 18.38


    VILNIUS, January 16 (Itar-Tass) -- Eleven people were hurt in a protest against the economic policy of Lithuanian authorities on Friday. The protest developed into riots.
    According to the Vilnius Emergency Hospital, one of the injured people has a head wound. Others were hurt with police rubber bullets.
    Police on Friday used tear gas against a crowd of protesters in the square in front of the Lithuanian parliament building.
    The mass protest action against the economic policy of the authorities was organised by trade unions. About 7,000 people are taking part in an unsanctioned rally. Reinforced police squads and special task force units have been sent to the site.
    Some protesters have been throwing snowballs at the parliament’s windows demanding the appearance of speaker Arunas Valinskas before them.
    Lithuanian Prime Minister Andrius Kubilius told journalists on Friday that the government “is always ready for a dialogue” with trade unions and expressed hope that the protest action would be held in an organised manner and without incidents. After a meeting at the parliament the protesters intend to go to the government building.
    “The demands are exclusively economic,” head of the Confederation of Trade Unions of Lithuania Arturas Cerniauskas said. “We do not intend to topple the government, but if it calls for tightening the belts, it should be done by everybody, including the authorities,” he added.



    http://www.itar-tass.com/eng/level2....3272&PageNum=0

  2. #2
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    nelle Repubbliche baltiche la crisi si fa sentire. Le banche (ottime lavatrici usate dai russi) non hanno più soldi e già tardano a pagare.
    Intanto in Russia ulteriore svalutazione del rublo e aumento della disoccupazione.

  3. #3
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    in tutto questo il KPRF che fa? (perchè nelle repubbliche baltiche è democraticamente vietato, giusto?)

  4. #4
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    Kprf non fa nulla.
    Tra l'altro in Lituania il PC dovrebbe essere ancora fuorilegge e nel paese c'e' e dovrebbe ancora esserci un mandato di cattura contro Gorbaciov (al museo di Vilnius puoi vedere i suoi telegrammi dove ordina di sparare sui dimostranti)

  5. #5
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    Citazione Originariamente Scritto da due_calzini Visualizza Messaggio
    (perchè nelle repubbliche baltiche è democraticamente vietato, giusto?)
    Esatto.

  6. #6
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    La situazione è ancora peggio in Lettonia.
    Non vorrei sbagliare, ma c'e' forse un rapporto tra il livello della crisi e il trattamento riservato alla minoranza russofona.
    L'Estonia è quella che ha provocato meno conflittualità con i russofoni (anche perchè sono quasi la maggioranza), la Lettonia (palesemente ostile ai russi, ha introdotto anche leggi vessatorie, mandato la polizia a caricare i pensionati russi e un primo ministro non ha avuto problemi a sfilare con i neonazisti) è quella che se la vede peggio.
    Ricordiamoci che quando la Russia starnuta i vicini si beccano l'influenza. E, questo ad onore dei politici russi di ogni colore, la Russia difende i propri cittadini fuori dai confini nazionali.

  7. #7
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    LITUANIA: Tra integrazione europea e “apartheid”

    a cura di Mauro GemmaLa Lituania, con una superficie di 65.200 Kmq e una popolazione di 3,5 milioni di abitanti, è la più meridionale delle repubbliche baltiche ex sovietiche. A differenza di Lettonia ed Estonia, in questa repubblica oltre l’80% della popolazione è costituita da lituani (8,7% di russi e 7% di polacchi), in gran parte cattolici, che parlano una lingua del gruppo baltico.

    Annessa alla Russia alla fine del 1700, occupata dai tedeschi durante la prima guerra mondiale, la Lituania riconquistò l’indipendenza nel 1918. Governata, a partire dal 1926 dal regime autoritario di Antanas Smetona, la Lituania adottò una costituzione di tipo corporativo (fascista) nel 1938.
    Dopo l’accordo sovietico-tedesco, la Lituania, come le altre repubbliche baltiche, fu inclusa nell’Unione Sovietica, dopo avere ottenuto la restituzione dell’attuale capitale Vilnius, fino ad allora sotto controllo polacco.
    L’occupazione nazista (1941-1944), appoggiata dalle feroci formazioni fasciste locali (si distinse il padre di Vytautas Landsbergis, il leader più conosciuto del movimento indipendentista che riconquistò l’indipendenza nel 1991), si rese responsabile, fra l’altro, del massacro e della deportazione nei campi di sterminio di oltre 240.000 ebrei, che costituivano una delle più significative comunità israelitiche europee.

    Il periodo postbellico di potere sovietico, caratterizzato da un rilevante afflusso di investimenti e di risorse energetiche, nonostante un livello di industrializzazione meno elevato che in Lettonia ed Estonia, ha favorito una significativa crescita dell’economia, in particolare del settore agro-industriale (l’agricoltura lituana era tra le più produttive dell’URSS), ponendo la Lituania ai primi posti per livelli di benessere tra le repubbliche sovietiche. La “sovietizzazione” comportò una fase particolarmente dura di repressione dei fermenti nazionalistici, caratterizzato anche da deportazioni di cittadini lituani. Il processo di “russificazione” fu però meno rilevante che negli altri paesi del Baltico.

    Per questa ragione la Lituania, in cui un ruolo di particolare rilievo nella conservazione delle tradizioni nazionali è stato svolto dalla locale Chiesa cattolica, è stato il primo paese a proclamare l’indipendenza, confermata dall’adesione quasi plebiscitaria (90%) alla richiesta di distacco da Mosca nel referendum del marzo 1991. Solo il collasso dell’URSS ha però portato al riconoscimento internazionale del nuovo stato, alla cui guida si è trovato, nell’agosto ’91, il movimento nazionalista di destra (Sajudis) di Vytautas Landsbergis.

    Fu subito avviato un processo di restaurazione capitalistica, improntato al liberismo più sfrenato, da cui sono presto derivati gravissimi squilibri economici e sociali. L’inflazione galoppante, la penuria di combustibile (dovuta alla brusca interruzione delle relazioni economiche con il mercato ex sovietico), che arrivò addirittura a provocare la totale mancanza di riscaldamento, e la crisi del settore agricolo, seguita al riassetto proprietario dopo la privatizzazione delle terre, alimentarono un vasto malcontento popolare, che portò, nel 1992, alla clamorosa disfatta del “Sajudis” e alla vittoria degli ex comunisti di Algirdas Brazauskas (“Partito democratico del lavoro”, negli anni seguenti, trasformatosi in “Partito socialdemocratico lituano”, aderente all’Internazionale Socialista, che insieme ad altre forze minori, tra cui l’ “Unione lituano-russa” in rappresentanza della minoranza russofona, ha dato vita alla cosiddetta “Coalizione socialdemocratica”) favorevoli a riforme più caute e graduali.

    Nel corso degli anni ’90, che hanno visto l’alternarsi di governi di centro-destra e di centro-sinistra, la linea predominante di politica estera è stata la ricerca dell’integrazione della Lituania nell’ambito delle alleanze occidentali. Sono proprio i governi “socialdemocratici”, del resto, quelli che più si sono attivati (trovando sostegno nella stessa “Internazionale Socialista”) per avvicinare il paese all’Unione Europea e alla NATO. Lo stesso Brazauskas ha fatto della “vocazione europea e occidentale” della Lituania uno dei suoi “cavalli di battaglia” e, dal 2001, in seguito alla vittoria elettorale nelle elezioni dell’ottobre 2000, è alla guida del governo di coalizione tra i “socialdemocratici” e la “Nuova Unione dei social-liberali”, che ha sancito l’ingresso formale ( tra il 2002 e il 2003) della repubblica baltica nel sistema di alleanze dell’Occidente.

    Durante il premierato di Brazauskas, nel gennaio del 2003, al ballottaggio, Rolandas Pauskas, del Partito liberaldemocratico lettone, batteva il presidente della repubblica uscente Valdas Adamkus, facoltoso emigrato negli USA, eletto a sorpresa nel 1998. Il nuovo presidente della repubblica si è trovato ben presto al centro di un clamoroso scandalo, per i suoi legami con ambienti della mafia russa, e, nell’ultimo scorcio del 2003, in seguito a grandi manifestazioni popolari, ha dovuto subire l’avvio delle procedure di “impeachment”.

    In Lituania, anche per una più limitata presenza della componente russa che, in generale, rappresentava il nucleo operaio delle strutture comuniste, quando le repubbliche baltiche facevano parte dell’URSS, la sinistra è oggi elettoralmente rappresentata in modo quasi esclusivo dal “Partito socialdemocratico lituano”. Il Partito Comunista Lituano (PCL), messo brutalmente fuorilegge all’indomani dell’indipendenza, non ha più riacquistato una veste legale (il piccolo Partito Socialista di Lituania, costituito da alcuni militanti comunisti e presieduto da Mindaugas Stakvilevicius, svolge un ruolo molto marginale).

    Molti militanti comunisti, costretti alla più assoluta clandestinità, sono stati sottoposti a persecuzioni di ogni tipo, purtroppo passate inosservate persino alla gran parte della sinistra antagonista europea. Dirigenti del PCL sono stati sottoposti a torture e maltrattamenti, ed altri, nei primi anni ’90, sono stati persino rapiti in Bielorussia, dove si erano rifugiati, in conseguenza di un blitz, effettuato dai servizi segreti lituani.

    Solo negli ultimi mesi del 2003, grazie all’iniziativa del Partito Comunista di Grecia (l’unico che, in sede europea, si è finora battuto con vigore e coerenza contro le ricorrenti violazioni dei diritti umani nei paesi ex socialisti del nostro continente), Stratis Korakas, parlamentare europeo di questo partito ha potuto fare visita agli anziani leader del PCL (Mikolas Burakiavitsious e Giuozas Kuolialis), tuttora detenuti nelle carceri di Vilnius, chiedendone il rilascio immediato e sollecitando l’interessamento degli organismi competenti europei, che, naturalmente, è ancora una volta venuto meno.


    http://www.resistenze.org/sito/te/po/lt/polt4a16.htm


  8. #8
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    da Avante - www.avante.pt/noticia.asp?id=24406&area=8

    Lituania: successo della lotta dei docenti

    “Avante”
    30/04/2008

    I professori della Lituania, uno dei tre stati del Baltico, hanno ottenuto all’inizio di aprile un aumento salariale del 25%, dopo una lotta che si è protratta per tre settimane in marzo.

    Sebbene sia passata praticamente inosservata nella generalità della stampa, questa lotta ha avuto anche come conseguenza le dimissioni, il 7 aprile, del ministro dell’Educazione, Roma Zakaiteiene, che era stato nominato a questo incarico nel luglio 2006, e che è stato censurato due volte nel parlamento per non essere riuscito a porre fine allo sciopero degli insegnanti.

    In vista delle elezioni legislative previste per il 12 ottobre prossimo, il primo ministro, Gediminas Kirkilas, avrebbe preferito ottenere un compromesso attraverso l’assicurazione del raddoppio dei salari dei professori nel 2009 e 2010. Ma i cinque sindacati, che rappresentano circa 45 mila docenti del paese, hanno respinto la proposta, esigendo la valorizzazione immediata dei risultati ottenuti.

    Rispetto al 50% richiesto dalla categoria, il governo ha concesso un 10 per cento già in maggio e più del 25% in settembre. La proposta ha tranquillizzato temporaneamente il settore, i professori hanno accettato la tregua e ripreso il lavoro, ma sanno che la situazione non è ancora risolta.

    Inflazione elevata

    La Lituania registra uno dei più elevati tassi di inflazione dell’Unione Europea (11,2% nel mese di marzo) e le politiche restrittive imposte da Bruxelles si sono riflesse prima di tutto nel congelamento dei salari dei funzionari pubblici, dando luogo ad un’impressionante perdita del potere d’acquisto.

    In una dichiarazione all’inviato del giornale francese Le Monde (22.04), Aldina Kinduriene, professoressa di matematica a Vilnius, capitale lituana, confessa: “Mi limito a comperare lo stretto necessario, pane, farina, latte, un poco di carne, salsicce soprattutto, le meno care che trovo”.

    Oggi, un professore con 33 anni di carriera riceve 1750 litas (507 euro). All’inizio della carriera lo stipendio non raggiunge la metà di questa cifra. Ridotti alla sopravvivenza in condizioni di miseria, i professori di questa ex repubblica dell’Unione Sovietica non guadagnano a sufficienza per comprare un buon libro, che costa tra i 50 e i 100 litas (da 15 a 29 euro), o per assistere ad un concerto, i cui biglietti oscillano tra i 150 e i 200 litas (da 44 a 56 euro), mentre nessuno di loro si sogna di fare un viaggio all’estero (Le Monde, 22.04).


    http://www.resistenze.org/sito/te/po...e02-003043.htm

  9. #9
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    Masherov come andò a finire la vicenda di Burakiavitsious? (http://www.resistenze.org/sito/te/po/lt/polt4a28.htm)
    L'unico sito italiano che si occupava costantemente di paesi baltici era resistenze.org, ma ultimamente anche loro non ne parlano più.

  10. #10
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    sapevo che era stato liberato ma che gli era stato proibito di svolgere attività politica.


    tanto che siamo sul Baltico, chi cnosce il russo può leggersi questa intervista (concessa a Sovetskaya Rossija) con il presidente del Partito Socialista Lettone, Rubiks riguardo alle manifestazioni contro le scelte governative per fronteggiare la crisi e che stanno penalizzando gli strati popolari.
    Anche in Lettonia il PC è fuorilegge. La sua eredità è stata ripresa del PSL che conta quattro deputati (eletti in una coalizione di partiti di sinistra che complessivamente ha 18 parlamentari)

    http://kprf.ru/international/62875.html

 

 
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