Ho trovato sul sito www.ladestranews.it un articolo sul conflitto mediorientale, firmato da una persona che si cela sotto lo pseudonimo di Richelieu, che dice delle cose non scontate e interessanti...
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Gaza, conoscere prima di giudicare...
Sono giorni che resto alla finestra a guardare con attenzione ciò che accade a Gaza. Lo faccio io così come lo fanno in molti. Con la differenza che io lo faccio con due occhi differenti: quello politico e quello professionale. Osservo, analizzo e incamero dati. Ora, a due settimane dall’inizio dell’operazione “piombo fuso” (due parole tratte da una canzone per bambini riguardo a un gioco della festa di Hanukkah, festività ebraica, conosciuta anche come “Festa delle Luci”), ho deciso che è giunto il momento di dire la mia. Se non fosse altro perché quello che dico potrà essere condiviso o meno, ma è comunque il parere di un “addetto ai lavori”. Soprattutto l’opinione di una persona che non può certo essere additata quale filo israeliano. Non lo sono stato né lo sarò mai, ma quel che non mi piace è dare giudizi per partito preso senza darne motivazione obiettiva. Analizzando e sviscerando il problema fino in fondo. E per far questo si deve studiare, conoscere, analizzare, approfondire. Perché la verità non è mai da una sola parte. Soprattutto nel campo della politica internazionale. Se non si conoscono i metodi, se non si conoscono gli scenari, le situazioni, i terreni di scontro, si cade facilmente in una scelta di campo dettata semplicemente dall’ideologia (?) o ancor più meccanicamente nelle “simpatie” che poco hanno a che vedere con l’analisi politica e quella giornalistica.
Partiamo dal principio che La Destra debba avere una sua linea politica estera ben distinta e precisa, e come La Destra tutti i partiti politici. Per far questo si debbono necessariamente abbandonare posizioni preconcette che furono proprie del Msi prima e di An poi. Proprio come lo sono ne La Destra. In tutti questi partiti è sempre esistita la dicotomia filo israeliani e filo palestinesi, in netto contrasto tra loro. Tanto da creare fratture durissime tra partito ( meglio una parte diciamo predominante di esso) e il mondo giovanile dell’allora Fronte della Gioventù. Quella meravigliosa esperienza mai più ripetuta che fu il FdG degli anni ’80 era schierata al fianco dei palestinesi e dell’Olp. Così non era per il Partito. Tant’è che si dovette (e lo dico perché feci parte dell’azione) occupare la redazione del Secolo d’Italia per far si che si desse voce alle manifestazioni di piazza che il movimento giovanile del Msi faceva spesso in favore della Palestina e dell’autodeterminazione di tutti i popoli. Di questo il Segretario se ne dovrebbe rammentare. La posizione del Fdg degli anni ’80 era una posizione tercerista in perfetta linea con quello che molti ambienti di allora del Msi, ma non solo, bollavano come politica di sinistra. Nulla di più sbagliato.
E’ ora di sfatare leggende metropolitane che fanno solo sorridere ma anche comprendere con quanta ignoranza abbiamo a che fare anche nel nostro mondo. Il primo gruppo che portò sulla scena italiana la lotta di liberazione palestinese fu un gruppo di destra che si firmava niente meno che Olp, Organizzazione Lotta di Popolo, dalle cui istanze presero le mosse poi Terza Posizione, Meridiano Zero e via dicendo. Insomma un filone ben preciso, lo stesso che portò le prime file della famosa Valle Giulia targata 1968 ad essere targate “destra” e non sinistra come si pensa sovente. Sbagliando. Quindi, la lotta per l’autodeterminazione del popolo palestinese non è ascrivibile alla sinistra. Così come non lo fu quella dell’Ira. Non parlo dell’Eta perché quella è un’altra storia.
Ma la dicotomia filo Israele o filo Palestina portò anche a delle scelte di per se assurde e pericolose al contempo. Verso la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 non furono pochi i militanti della destra italiana che se ne andarono in un Libano martoriato dalla guerra. Andarono nei campi d’addestramento e fu proprio la che la dicotomia rischiò di diventare tragedia. Perché alcuni scelsero di schierarsi e addestrarsi nei campi della falange cristiana maronita filo israeliana altri nei campi dei loro nemici giurati: i palestinesi di Al Fatah.
Questo perché a destra non si è mai fatta una vera analisi della politica estera e delle situazioni reali, allora come adesso.
Oggi troviamo chi è schierato con Israele e giustifica l’attacco a Gaza con le azioni terroristiche di Hamas e chi invece ricorda che ci fu qualcuno che innalzò la Spada dell’Islam e che quindi ci si deve schierare con i palestinesi.
Premesso che chi innalzò la spada del’Islam non faceva distinzioni religiose o di razza (almeno fino al 1938) ed aveva una amante di religione ebraica che rispondeva al nome di Margherita Grassini Sarfatti. Una donna, socialista, che nel 1925 aderì al manifesto degli intellettuali fascisti ed era anche la Direttrice della rivista “Gerarchia”.
Premesso che più di 230 ebrei partecipano alla marcia su Roma nell’ottobre del 1922 e risulta che a quella data gli iscritti al partito fascista o a quello nazionalista (che poi nel 1923 si fondono) siano ben 746. Premesso che Aldo Finzi fu sottosegretario agli interni del governo Mussolini e membro del Gran Consiglio. Premesso che furono molte persone di religione islamica che parteciparono al fascismo in modo leale e disinteressato, la questione è ben diversa ed è tutta politica e non verte su Israele si Palestina no o viceversa.
Innanzitutto si deve partire dal concetto e quindi comprendere che quest’ultima guerra a Gaza, da non confondere con la West bank, cioè la Cisgiordania, nasce e si sviluppa alla vigilia di importanti elezioni politiche in Israele. Il che è un dato di non secondaria importanza proprio come afferma in un articolo apparso sul Jerusalem Post a firma di Michael Freund lo scorso 30/12/2008 dal titolo “The politics of air strikes” nel quale si afferma chiaramente che “la guerra sia stata scatenata anche per scopi elettorali è stata sollevata anche in alcuni ambienti della destra israeliana”. Secondo aspetto, anch’esso non di secondaria importanza, la possibilità che Tel Aviv sta dando ad Abu Mazen e ad Al Fatah di risollevare le sue sorti politiche e di andare alle prossime elezioni palestinesi (che si svolgeranno nel 2009) con la possibilità di vincere.Un discorso strano? Affatto. Chi conosce bene i meccanismi della politica estera e soprattutto quelli del mondo occulto dei servizi di intelligence e della diplomazia, sa che quello che appare impossibile in realtà è la strada maestra per l’esatto contrario.Nessuno avrebbe mai scommesso su Sharon, il macellaio di Sabra e Chatila, quale leader politico in grado di allontanare dai Territori occupati i coloni israeliani e i loro insediamenti. Ed invece fu proprio lui a farlo, l’uomo dell’intransigenza e della guerra.
Così come nessuno penserebbe mai che Hamas sia in fondo una creazione dei servizi segreti israeliani, Mossad e Shin Bet in testa. Follia? Eresia? Elucubrazioni mentali? No, semplicemente realtà. Dura e cruda realtà. Un ex capo dello Shin-Bet, Yaakov Peri, a questo riguardo, ad una domanda specifica sulla nascita di Hamas rispose enigmaticamente: “Non lo abbiamo creato, ma non abbiamo ostacolato la sua creazione”.
Già, ma perché nasce Hamas? Per anni le autorità israeliane hanno favorito il movimento islamico nei Territori occupati. Tutte le altre attività politiche furono rigorosamente soppresse, ma le attività del movimento nelle moschee erano permesse. Il calcolo era semplice ed ingenuo: a quell’epoca, l’Olp era considerato il principale nemico di Israele, e Yasser Arafat era il Satana del momento. Il movimento islamico predicava contro l’Olp e contro Arafat, e perciò era visto come un alleato.
Sarà per questo che Abu Mazen non si è esposto più di tanto in questi giorni? Da buon politico sa bene che questa per lui e Al Fatah è una occasione irripetibile per togliersi di mezzo Hamas, un gruppo integralista islamico finanziato in gran parte dall’Arabia Saudita, uno dei paesi più integralisti al mondo ma che, allo stesso tempo, è un fedelissimo alleato di Washington.
C’è qualcosa di strano in questo? Apparentemente sembrerebbe un controsenso, così come sembrerebbe un controsenso affermare che i talebani, quelli che oggi combattono sulle montagne afghane contro i nostri soldati e quelli dell’Isaf l’alleanza internazionale che cerca di riportare la pace in quel martoriato Paese, sono una creazione della Cia, proprio come Osama bin Laden.
Per alcuni sembrerà fantapolitica ma vi assicuro che è molto meno fanta di quanto si pensi e molto più politica di quanto si creda.
E’ una questione di conoscenza di fatti, luoghi, storia, regioni, religioni, usi e costumi. In tutto questo poi la religione c’entra assai poco. Soprattutto perché la lotta palestinese non ha mai assunto connotati religiosi fino alla creazione di Hamas.
Certo, ognuno di noi si indigna nel vedere quelle immagini alla tv, di leggere i bollettini di guerra che giornalmente ci parlano di sangue e morte di donne e bambini, di distruzione e fame. Di fuga e terrore. Io per primo mi indigno per la sproporzione della risposta (ovviamente si tratta di un pretesto) militare ai lanci dei razzi Qassam su Israele da parte di Hamas. Così come mi indigno per i morti provocati dai kamikaze palestinesi tra i civili israeliani.
Ma mi indigno ancor di più con coloro che credono che il male stia solo da una parte così come il terrorismo. Dimenticando che prima della nascita dello Stato di Israele anche ebrei come Ben Gurion, Golda Meyr, Ytzak Rabin, Moshe Dayan etc… furono dei terroristi. Mi indigno se uno non ricorda come l’Haganà,l’ Irgun, la banda Stern compirono attentati dinamitardi contro le truppe britanniche e contro la popolazione palestinese (non araba si badi bene) in nome e per conto della nascita dello stato israeliano. Mi indigno se non si ricorda il dramma, la morte e la distruzione provocata con l’attentato al King David Hotel di Gerusalemme che un tempo era la sede del comando militare britannico. Così come mi indignano le persone che credono che la sconfitta palestinese nel 1948 e la mancata nascita di uno stato palestinese al fianco di uno israeliano sia solo colpa dei palestinesi stessi.
Il nocciolo della questione sta proprio qua, probabilmente. Palestinesi ed ebrei appartengono allo stesso ceppo, sono entrambi semiti. Quindi i palestinesi non sono arabi ed è per questo che sono odiati in tutto il mondo arabo. Loro lo sanno, noi no. Non è un caso che nasce “Settembre Nero” dopo il massacro dei palestinesi avvenuto in Giordania negli anni ’60. Non è un caso che sono stati cacciati dal Libano. Non è un caso che nel 1948 hanno perso la metà di Gerusalemme e i territori che gli spettavano contro un pugno di ebrei male armati.
L’unità, la coesione e la memoria sono la forza di Israele, e lo dimostra il fatto che ancora oggi il giuramento degli agenti del Mossad avviene a Masada (ultima roccaforte dei rivoltosi contro le Legioni di Roma nel 70 D.C.), o il passaggio sotto l’arco di Tito nel 1944 delle truppe israelite presenti nell’esercito britannico e americano. Quella che manca ai palestinesi, gli ultimi reietti, i paria del mondo arabo. Certo, personalmente simpatizzo per la loro causa e non dirò mai “l’anno prossimo a Gerusalemme”, se non altro perché credo che sia necessaria la formazione di due stati e due popoli mentre per Gerusalemme uno status di città libera. Una sorta di Polis. Una città stato autonoma da tutto e tutti in quanto epicentro delle tre religioni monoteiste del mondo. Ma questa è la mia posizione personale. Va anche detto e sottolineato che prima di parlare ed esprimere giudizi o prendere posizioni tutti, militanti e dirigenti (mettendo da parte slogan o credenze legate a leggende metropolitane), dovrebbero studiare, studiare e ancora studiare. Proprio come disse Lenin molti anni fa. Proprio come fece fare, con la massiccia alfabetizzazione dell’Italia, Benito Mussolini. Certo, un popolo che ha studiato e che si informa non è molto gestibile, ma è pur vero che se uno è leader, o pensa di esserlo, ha il dovere di informare e far studiare il suo popolo senza paure o remore. Altrimenti non è un leader ma un semplice dittatore.
Richelieu
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