I giornali di oggi danno conto dell’approvazione in Commissione del Disegno di legge sul
federalismo fiscale.
Mauro Pili esulta per essere riuscito ad inserire, per la prima volta nell’ordinamento italiano, il tema dell’insularità: “Per la prima volta nella riforma federalista si introduce la questione dell’insularità con una precisa disposizione che sancisce che al costo standard delle prestazioni erogate sia affiancato un piano di riallineamento definito per obiettivi e risorse certe e che si tenga conto di un riconoscimento fiscale ed economico aggiuntivo, compensativo e permanente in relazione alla specificità insulare”. Cerchiamo di capire: da ciò che ha detto ai giornali il deputato della Pdl, sembrerebbe che l’insularità agisca sul computo del costo delle prestazioni legate a istruzione e sanità, da un lato, dall’altro sembra essere considerata come un fattore di svantaggio generale tale da garantire un piano di riallineamento (rispetto a che cosa? Agli standard delle prestazioni nazionali?), un riconoscimento fiscale (Che significa? Più compartecipazioni all’IVA e all’IRPEF o che?) ed economico. Insomma, tutto fa pensare che si stia pensando a garantirsi maggiori entrate per il bilancio regionale o giù di lì. Viceversa, l’insularità,
riconosciuta come svantaggio dall’Unione Europea ma non dalla Repubblica italiana, dovrebbe portare a caricare interamente sulla fiscalità italiana e/o europea il sovra costo dei trasporti e dell’energia, le distorsioni nel mercato interno, il gap nella formazione, ma soprattutto deve potersi tradurre nel riconoscimento dell’assoluta autonomia impositiva. L’
Europa ci dica quali sono le funzioni federali e quale parte dell’aliquota va a finanziarle; sulla rimanente percentuale decidiamo noi. Così bisognerebbe ragionare di insularità, non pensando all’ennesimo
Piano di Rinascita da gestire da Cagliari, non pensando che rendendo grasso il bilancio regionale gestito dalle elites politiche, si rende automaticamente un servizio alla Sardegna.
È la deformazione degli statalisti: più ricco lo Stato, più ricca la società. Non è vero, storicamente non è vero.