«Non mi pagano». Il figlio di Conti: espatrio se gliela danno

L'ultima battaglia di Curcio:
contro l'Inps per la pensione


L'ex capo Br sostiene di aver lavorato in varie carceri, ma ha scoperto che non sono stati versati i contributi

ROMA — Allora, Curcio, sei prossimo alla pensione? «Beh, veramente a me la pensione non la danno». Ah no? «L'Inps mi ha comunicato che non ne ho diritto. Ho lavorato nelle carceri ma non ho cumulato un numero di anni sufficienti». Quella sociale? «No, mia moglie lavora e ha un reddito. Quindi non ho diritto a nulla». Era riuscito a star fuori dalle polemiche sulla mancata estradizione di Cesare Battisti, Renato Curcio, fondatore delle Br mai pentito né dissociato («Degli ex terroristi non parlo»). Ma ne ha alimentata una nuova: quella sui contributi dello Stato agli ex eversori. Scatenando la rabbia dei parenti delle vittime che hanno interpretato le sue parole come una richiesta dell'assegno mensile.

Lorenzo Conti, figlio di Lando il sindaco fiorentino ucciso dai brigatisti minaccia: «Se lo Stato concede a Curcio una pensione pagata dall'Inps, io chiedo asilo politico all'America o a Israele che hanno mostrato sempre vicinanza alle vittime del terrorismo e non ai carnefici». Chi era presente allo scambio di battute stempera i toni. «Curcio non ha lanciato nessun appello. Né si è lamentato» assicura Daniele Falcioni, operaio «da mille euro al mese » e presidente del centro sociale
Oltreconfine di Pesaro, che sabato scorso aveva invitato l'ex terrorista a parlare del suo saggio su lavoro e immigrazione. «Curcio era accanto a me. Vendeva materiale della casa editrice Sensibili alle Foglie di cui è socio, prima che iniziasse la conferenza. Gli hanno chiesto se, dato che ha 67 anni, stesse per andare in pensione e lui ha risposto che non ne ha diritto. Il resto è strumentalizzazione perché qui a Pesaro siamo già in campagna elettorale».

Come sia, le parole di Curcio aprono un nuovo squarcio sulla dimensione degli ex rivoluzionari armati entrati nella terza età. Riposto il mitra, costretti ormai a combattere più con la prostata. Come l'ex comandante militare di Ordine Nuovo Pierluigi Concutelli, tradito da un bisogno impellente lo scorso agosto: venne fermato per la pipì fuori ordinanza, trovato con un «terapeutico tocco di fumo» in tasca e riportato in cella. Ormai fuori dal carcere per i benefici di legge, tra acciacchi, diabete e pressione alta apprezzano il valore della borghesissima pensione.

Ma anche il minimo accenno degli ex terroristi ai diritti è fuoco per la ferita aperta delle vittime. «Curcio invece di dedicarsi alla guerra armata e alla rivoluzione proletaria si sarebbe potuto dedicare a svolgere un lavoro normale» protesta Lorenzo Conti: suo padre venne assassinato dalle Br nel 1986. «Pretende la pensione lui quando nemmeno alcune vittime del terrorismo l'hanno ricevuta» aggiunge, minacciando di autoesiliarsi se l'Inps dovesse accontentarlo.

Curcio nel '70 fonda con sua moglie Mara Cagol e altri le Brigate rosse. Il 17 settembre la prima azione: viene incendiata l'auto a un dirigente della Sit Siemens Pino Leoni. Curcio è l'ideologo del gruppo e rivendicherà questa e tutte le azioni compiute dai compagni armati fino a metà degli anni '80. Assieme alla Cagol, poi uccisa dalle forze dell'ordine e Alberto Franceschini, guida le Br quando vengono uccisi Graziano Giralucci e Giuseppe Mazzola, militanti del Msi il 17 giugno 1974, più tardi lo definirà un «incidente di percorso». L'8 settembre viene arrestato. Fugge nel febbraio '75 e torna tra le Br. A giugno Mara Cagol muore. Sei mesi dopo Curcio torna in cella. Non si pente ma fa autocritica: nell'87 dichiara chiusa l'esperienza della lotta armata. E nel '98 torna in libertà.
Virginia Piccolillo

http://www.corriere.it/cronache/09_g...4f02aabc.shtml