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PROGRAMMA ELETTORALE
PER LE ELEZIONI DEL 15 E 16 FEBBRAIO 2009
DI UNIDADE INDIPENDENTISTA

PREMESSA



La nostra candidatura alle elezioni regionali è frutto di una precisa strategia di intervento da parte dell’indipendentismo per proporre al popolo sardo un’alternativa credibile e delegabile di risposta complessiva alla crisi economica, sociale, politica e culturale che sta mettendo in ginocchio la nostra terra.
I sardi e le sarde devono oggi avviare una riflessione collettiva e complessiva sullo stato in cui versa la loro terra e trarne le necessarie conseguenze. La rapina sistematica delle risorse economiche ed umane, del patrimonio naturale ed ambientale, la soppressione di qualsiasi attività economica autonoma e di qualsiasi forma di autogestione delle risorse, l’utilizzo del territorio nazionale come area di servizi del capitale internazionale, le massicce ondate migratorie oltretirreno e lo spopolamento delle zone interne hanno messo a dura prova il tessuto connettivo della società sarda e hanno profondamente debilitato l’esercizio della sovranità da parte del nostro popolo.
Unidade Indipendentista vuole assumersi la responsabilità di avviare un percorso di difesa dell’economia, del territorio, della lingua e della cultura sarde. Noi vogliamo costruire un cammino concreto ed operante di emancipazione nazionale e sociale che faccia leva sulle migliori energie di cui dispone il nostro popolo e la nostra terra e che oggi sono condannate ad un profondo senso di inquietudine, incertezza e frustrazione
La nostra prospettiva di lungo periodo è l’indipendenza, ma l’indipendenza va costruita con tutto il nostro popolo a partire dalla difesa dei suoi interessi materiali e culturali e dalla piena valorizzazione delle sue qualità.

QUESTIONE NAZIONALE SARDA

Ad ogni popolo deve essere concesso il diritto di scegliere secondo il principio del diritto internazionale dell’autodeterminazione. Questo diritto è negato al popolo sardo la cui storia negli ultimi sei secoli è quella di un popolo sottomesso e colonizzato.

Per questo motivo chiediamo l'inserimento nello statuto sardo di un nuovo "articolo 1" che riconosca e sancisca la legittimità del popolo sardo ad esercitare la sovranità nazionale con conseguente diritto all'autodeterminazione.
Nello stesso statuto deve essere prevista la possibilità di svolgimento di un referendum popolare per l'autodeterminazione.

Chiediamo una nuova legge elettorale che sia rigorosamente proporzionale per l’elezione del consiglio “regionale” in modo da scardinare la blindatura imposta dalle coalizioni italiane e da permettere che il voto dato ai partiti indipendentisti abbia lo stesso valore di quello dato ai partiti italiani.

QUESTIONE ECONOMICA
La Sardigna è una terra ricca di risorse materiali, ambientali, agricole, energetiche ed umane. Risorse materiali sono le nostre materie prime da cava, le sabbie silicee, il granito, i metalli, le leghe speciali, il caolino e il piombo. Risorsa ambientale è il nostro territorio nazionale, con il suo mare, le sue coste, i boschi, il paesaggio. Risorsa agricola sono i nostri terreni adatti a diversi tipi di coltivazione: olivi, vite, sughere, orti, serre, oltre al pascolo per il nostro immenso capitale ovino e bovino. Risorse energetiche sono il nostro sole, il vento ma anche il carbone, se utilizzato con le giuste tecnologie. Risorsa umana siamo noi stessi, i nostri codici linguistici ed elaborativi, la nostra storia e le nostre tradizioni, il nostro modo di entrare in contatto con gli altri popoli e le altre culture.

Eppure, nonostante la ricchezza presente nella nostra nazione, il popolo sardo da decenni è costretto a fare i conti con una situazione indotta di sottosviluppo, di disoccupazione e quindi di ripresa massiccia dell'emigrazione. Questa realtà è determinata da almeno due cause principali: la pluridecennale imposizione di una economia completamente slegata dalle esigenze e risorse della Sardigna e l'utilizzo dei fondi per gli investimenti nei vari settori (legge 488 in primis) a puro scopo speculativo (cioè incamerare finanziamenti pubblici di varia natura e chiudere dopo pochi anni dichiarando crisi o fallimento) e non per creare lavoro e benessere.

Proponiamo quindi che la regione promuova immediatamente una serie di gruppi di studio di economisti sardi, col coinvolgimento di giovani laureati in materie economico-politiche, che portino avanti:

-Uno studio dettagliato di tutta l'economia sarda esistente, delle aziende produttive e di quelle in crisi, di tutti i settori (agroalimentare, artigianale, industriale, turismo, servizi, etc.);
-Uno studio delle possibilità di incremento delle produzioni redditizie;
-Uno studio dei mercati mondiali e delle effettive possibilità di sviluppo dei prodotti sardi;
-Uno studio sul consumo locale in sardigna.

Il tutto finalizzato a conseguire una conoscenza globale che permetta di attuare una seria politica di medio e lungo termine che sostenga e promuova le attività produttive e che tenga conto della disoccupazione e del precariato esistenti in Sardigna, ma anche della legittima aspirazione degli emigrati a fare ritorno in Sardigna con mutate condizioni socio-economiche.

Riconversione industriale. Per andare incontro ad un vero sviluppo è necessario che il settore industriale sia strettamente legato alle risorse e alle esigenze reali dell'economia sarda. Basta con investimenti industriali truffaldini che si propongono di lavorare materie prime qui inesistenti e con progetti slegati dalle esigenze della nostra economia! Proponiamo una politica di medio e lungo termine di incentivazione pubblica per lo sviluppo capillare di un settore industriale legato alla lavorazione, trasformazione e valorizzazione delle risorse, umane e naturali, presenti in Sardigna.

Approvazione di una legislazione adeguata che limiti il più possibile la possibilità per gli imprenditori (stranieri o sardi che siano) di beneficiare dei contributi pubblici (legge 488 in primis), per poi chiudere gli impianti dopo pochi anni lasciando solo fame, disoccupazione ed emigrazione, così com’è successo troppe volte negli ultimi decenni. Proponiamo l’approvazione di una legge “regionale” che impedisca, in caso di chiusura degli impianti, di trasferire al di fuori della Sardigna qualsiasi bene, materiale o immateriale, sia stato acquistato tramite il finanziamento di fondi pubblici. Analogamente la Regione Sarda deve poter rilevare le infrastrutture e i macchinari finanziati con soldi pubblici, nel momento in cui l'impresa che ha ricevuto il finanziamento dichiari fallimento.

In tal modo si eviterà di attirare in Sardigna imprenditori interessati esclusivamente ad incassare il finanziamento pubblico e verrà messo un argine al fenomeno delle imprese che ricollocano o rivendono all'estero i macchinari pagati con denaro pubblico, per poi lasciare migliaia di sardi cassintegrati o disoccupati.

Avviamento di un programma di studio e di analisi finalizzato alla costituzione di un Marchio di qualità del latte ovino e caprino sardo. Queste qualità di latte, uniche al mondo, vengono ancor oggi considerate alla stregua di un latte di tipo industriale qualsiasi, e quindi pagate a prezzi miseri dagli industriali lattiero-caseari. Il Marchio di qualità renderebbe i pastori proprietari di un prodotto certificato di altissima qualità e li metterebbe su un piano di maggiore forza nella contrattazione con gli industriali. Ciò impedirebbe il drenaggio all’estero di una grossa parte di ricchezze derivanti da uno dei nostri settori agro-alimentari più significativi.

Proponiamo l’avvio di politiche che favoriscano il consumo dei prodotti locali derivati dall’agricoltura e dall’allevamento, oltre che la valorizzazione di una gestione sostenibile del territorio (campagne di forestazione, investimento sulle filiere produttive e sul turismo rurale). Per quanto riguarda i centri non costieri, dovranno esser previste delle deroghe alla legge urbanistica, in merito alle costruzioni a servizio di piccoli poderi agricoli che permettano la sopravvivenza della microeconomia basata sulla coltivazione e sull’allevamento a conduzione familiare.

Non siamo affatto contro il turismo, anzi incentiveremo attraverso un bando di finanziamento di infrastrutture per aziende del settore che escluda drasticamente tutte quelle che non rispettano e non hanno rispettato l'ambiente. Daremo priorità ai piccoli imprenditori sardi ed impediremo la cementificazione dei grandi villaggi turistici, perché negli ultimi anni questo processo ha compromesso seriamente le nostre coste e ha drenato un flusso cospicuo di capitali fuori dalla Sardigna lasciando spesso ai giovani sardi solo le briciole del lavoro stagionale.


Proponiamo un programma per la razionalizzazione dei consumi interni in base alle esigenze dei sardi e non di quelle del grande capitale. È assurdo che noi consumiamo beni del settore agroalimentare che arrivano da centinaia o migliaia di km di distanza mentre lo stesso bene prodotto qua va a finire altrove. Questo meccanismo va a scapito della qualità degli alimenti (e quindi della nostra vita), che trascorrono settimane prima di essere consumati, dell'ambiente (il trasporto di migliaia di tir che potrebbe essere evitato), dei costi per il consumatore e soprattutto dell'economia locale.

Proponiamo che una grossa fetta delle risorse rese utili dai tagli di spesa degli ultimi bilanci della Regione siano spese per un bando di finanziamento per l'inserimento nel mondo del lavoro dei disoccupati: incentivi a fondo perduto per progetti presentati da disoccupati residenti in Sardigna.

Siamo la regione geografica europea con la più alta concentrazione di ipermercati. Questo, come tutti sanno, ha generato diseconomie nel territorio e abbassamento della qualità dei prodotti consumati, a tutto vantaggio delle multinazionali che detengono questi centri commerciali. Proponiamo che venga immediatamente impedita l'apertura di nuovi centri commerciali in Sardigna e che viceversa si dia impulso, con procedimenti mirati, alla ripresa dei mercati comunali ed intercomunali, nei quali si saltano parecchie delle intermediazioni tra produttore e consumatore, in modo da creare un chiaro vantaggio ad entrambi.

Per la tutela dell’artigianato locale proponiamo l’avvio di politiche di incentivazione, valorizzazione e promozione in ambito nazionale ed internazionale. La giunta Soru ha fatto chiudere i battenti all’ente regionale ISOLA, sicuramente fonte di sprechi e clientele, ma ha lasciato gli artigiani in balia di sé stessi senza approntare una seria politica di sostegn, raccordo e incentivazione di questo importante settore insieme economico e culturale.

QUESTIONE FISCALE

Ricontrattazione della "Vertenza Entrate" con lo Stato italiano, vergognosamente fatta passare come una grande vittoria da parte dei politici di centrosinistra e centrodestra. Lo stato italiano ha rubato per anni miliardi di euro di proprietà del popolo sardo, e poi ha "gentilmente" concesso di restituirli in ridicole rate nei prossimi decenni. Noi li rivogliamo tutti, subito e con gli interessi maturati in questi anni, visto che ci appartengono. Siamo disposti a portare lo Stato italiano davanti al Tribunale Europeo. Queste entrate potranno finanziare tutti i progetti di sviluppo e sostegno sociale che abbiamo elencato sopra.

Chiediamo l’obbligatorietà della sede fiscale in Sardigna per le imprese che vi operano stabilmente. Contemporaneamente la “regione” sarda dovrà istituire un albo di tali imprese in modo che queste ultime possano godere del diritto di prelazione negli appalti pubblici.

Defiscalizzazione dei carburanti. L'attuale statuto autonomo della Sardigna prevede la possibilità che si possa attuare una defiscalizzazione dei carburanti. Ciò permetterebbe a tutti i cittadini e alle imprese sarde di pagare molto meno i carburanti. Nonostante sia legalmente possibile ciò non viene applicato. Noi ci proponiamo di applicarlo immediatamente.

QUESTIONE ENERGETICA

Chiediamo che la regione si impegni ad aprire una vertenza con lo stato italiano per la riduzione immediata dei costi energetici tra la Sardigna e il territorio italiano. Appare del tutto ingiustificato il fatto che le imprese operanti in Sardigna, oltre che le famiglie, sono costrette a pagare l’energia circa il 40% in più.
Proponiamo che la Regione si faccia promotrice di una legge per il mutuo agevolato, simile a quello della prima casa, per l'acquisto A COSTO ZERO di impianti fotovoltaici per le case e le piccole aziende. Questi impianti, che sono già finanziati con incentivo sulla produzione di corrente per 20 anni dalla legge italiana denominata “Conto Energia”, potranno in tal modo essere pagati con dei mutui agevolati le cui rate sono coperte in dieci anni (mediamente) dall'incentivo annuale “Conto Energia”. Al termine di quel periodo gli impianti genereranno, per le famiglie e le aziende sarde, reddito e risparmio energetico. Estendendo questa politica su larga scala la Sardigna potrà ridurre così il suo fabbisogno energetico da fonte fossile (petrolio). In cinque anni si potrebbe passare dalle poche centinaia di impianti fotovoltaici esistenti a decine e decine di migliaia.

Proponiamo che la Regione, attraverso una apposita legge, obblighi, così come avviene nei paesi più avanzati, le nuove abitazioni a dotarsi di impianto solare termico, promuovendo leggi di finanziamento per l'acquisto degli impianti. Le politiche di incentivazione del fotovoltaico e del solare termico genereranno immediatamente nuova occupazione nel settore e le figure professionali interessate saranno quelle degli ingegneri, operai, architetti, impiegati.

QUESTIONE AMBIENTALE

Divieto assoluto di installazione di centrali nucleari, depositi di scorie nucleari, depositi inquinanti e monitoraggio severo per evitare gli stoccaggi abusivi che ogni tanto saltano agli onori della cronaca. Col pretesto della "solidarietà nazionale" il centrodestra al servizio dell'Italia ha cercato di portare in Sardigna i rifiuti nucleari. Con la stessa "solidarietà nazionale" il centrosinistra ha portato la spazzatura continentale nell'isola. Con la "solidarietà nazionale e lo sviluppo" i sindacati italiani hanno permesso che ancor oggi si lavorino rifiuti industriali altamente tossici provenienti dall'Italia. Però contemporaneamente gli stessi ci parlano anche di sviluppare il turismo! Noi diciamo basta e per sempre a tutto questo, lo sviluppo economico della nostra nazione non può avere niente a che fare con il progetto italiano di un'isola-immondezzaio!

Chiediamo l’approvazione di una legge “regionale” che preveda la progressiva chiusura degli impianti di incenerimento dei rifiuti (cosiddetti Termovalorizzatori) e, contemporaneamente, la diffusione capillare della raccolta differenziata. Occorre che il rifiuto venga considerato come una risorsa da sfruttare, come del resto avviene già in numerosi altri Stati.

QUESTIONE TRASPORTI

La regione dovrà promuovere nuovi bandi internazionali per la cosiddetta continuità territoriale, sia per i trasporti aerei che per quelli navali. I nuovi bandi dovranno prevedere tariffe veramente agevolate e orari e scali legati alle esigenze del popolo sardo, di conseguenza un maggior numero di scali e di corse. Vogliamo porre fine al monopolio Tirrenia e impedire che si creino altri monopoli o cartelli che danneggino il diritto dei sardi alla mobilità. Proponiamo che, come già avviene in Corsica, per attraversare il mare si debba pagare un importo massimo di 20 euro a tratta.

I fondi per la nuova continuità territoriale dovranno arrivare dallo Stato Italiano. Quello stato che è sempre disponibile a spendere centinaia e centinaia di milioni di euro in opere inutili e dannose come il Tav in Val di Susa e lo stretto di Messina, e sempre restio quando si tratta di concedere il diritto sacrosanto alla mobilità di noi sardi.

Chiediamo inoltre che venga potenziato il processo di acquisizione di nuove tratte aeree low cost, non solo con l'Europa ma anche con i paesi del Mediterraneo.

È indispensabile inoltre il riammodernamento della rete viaria e ferroviaria sarda e la riapertura dello scalo di Golfo Aranci. Bisogna avviare un programma di sviluppo del trasporto merci su rotaia che preveda, nell’arco di pochi anni, il raddoppio dei binari su tutte le tratte sarde e l’elettrificazione delle linee ferroviarie. Nessun Paese al mondo può avere un reale sviluppo economico senza un'adeguata rete di comunicazioni.

Proponiamo il potenziamento e l’ammodernamento della Azienda Regionale Sarda Trasporti, in modo da consentire una piena mobilità interna al popolo sardo. Occorre inoltre riprogettare la mobilità delle principali città sarde, attraverso bandi di concorso per giovani laureati, prendendo esempio da analoghe esperienze internazionali.

L'isolamento al quale siamo stati sottoposti per tanto tempo, e che ci hanno fatto credere fosse naturale, è una condizione di sottosviluppo determinata storicamente. Ci hanno pure raccontato che l'isolamento facesse addirittura parte del nostro carattere. La storia dimostra il contrario, noi sardi abbiamo girato il mondo rispettando le altre culture e portando ovunque la nostra. Ancora oggi cercano di farci credere che essere indipendenti dall'Italia significhi isolarci dal mondo. Il nostro futuro da popolo libero ed indipendente è quello di aprirci al mondo, tornare ad essere un crogiuolo di scambi economici e culturali situato al centro del Mediterraneo e non più il cortile di casa di uno stato in piena decadenza economica, culturale e politica.

QUESTIONE SINDACALE

Ai sindacati nazionali sardi deve esser riconosciuto per legge il diritto a rappresentare nei tavoli negoziali i lavoratori sardi. La loro rappresentatività in Sardigna non deve essere ostacolata da leggi italiane. I sindacati italiani classici hanno svolto e continuano a svolgere un ruolo attivo nello sviluppo e nel perpetrarsi della condizione coloniale a cui è sottoposto il popolo sardo. La Regione deve costruire le condizioni legislative affinché i sindacati sardi possano operare a pari condizioni con quelli italiani.

QUESTIONE MORALE

Noi chiediamo la parificazione della retribuzione mensile del consigliere regionale a quella del contratto metalmeccanico.

Lo stato colonialista italiano tiene sotto giogo e ricatto il popolo sardo attraverso l'asservimento della classe politica compradora foraggiata con grassi stipendi e onorificenze. Noi indipendentisti riteniamo che chiunque sia designato a rappresentare gli interessi generali e collettivi del popolo sardo deve considerare la difesa di questi come principio inviolabile e non negoziabile, e la sua opera politica e amministrativa come servizio al popolo. Secondo questo principio, per ragioni morali e politiche, riteniamo che uno stipendio mensile parificato a quello percepito dai lavoratori metalmeccanici, secondo le tabelle del contratto in corso, sia sufficiente al presidente della regione e a tutti i consiglieri regionali e assessori per assolvere decorosamente al loro ruolo pubblico. La Regione, e quindi il popolo sardo, si farà carico solo ed esclusivamente degli "oneri di rappresentanza" istituzionale, oltre a quelli inerenti la gestione dell'istituzione "Regione Sardegna".

I nostri esponenti eletti nella prossima legislatura, applicheranno immediatamente questa condizione devolvendo le cifre restanti all'organizzazione, da parte di UNIDADE INDIPENDENTISTA, di attività politiche e sociali diffuse nel territorio per sviluppare e promuovere i temi di questo programma, che va ben oltre queste elezioni regionali. Tutti questi conti economici saranno resi trasparenti e disponibili a tutti!

OCCUPAZIONE MILITARE

La Sardigna è la terra più militarizzata d’Europa: nell'isola l'occupazione militare occupa ben 24.000 ettari; in tutta la penisola italiana raggiunge i 16.000 ettari. Gli spazi aerei e marittimi sottoposti a vincoli militari sono di fatto incalcolabili, solo uno degli immensi tratti di mare annessi al poligono del Salto di Quirra, con i suoi 2.840.000 ettari, supera la superficie dell'intera Isola (kmq 23.821).

Nella nostra terra si testano armi di ogni tipo, sulla cui natura e nocività vige ancora oggi l'inviolabile segreto militare, e si addestrano gli eserciti imperialisti responsabili di milioni di vittime innocenti in tutto il mondo.

Il popolo sardo non è in guerra con nessun popolo del mondo. Noi non vogliamo che la nostra terra venga sfruttata per preparare massacri in nome del petrolio o del profitto. Questo sarebbe un motivo più che sufficiente per chiedere la chiusura immediata di tutte le basi e servitù militari e la relativa riconversione ad usi civili e produttivi dele strutture e dei territori occupati.

Purtroppo sulla nostra terra le basi lasciano anche un altro gravissimo peso. La loro presenza infatti, oltre a inquinamento e morte (soprattutto a Quirra e San Lorenzo, Escalaplano), ha creato disoccupazione, miseria ed emigrazione per il mancato utilizzo da parte dei comuni e delle popolazioni dei terreni usurpati dalla presenza militare, con danni umani incalcolabili.

Chiediamo un piano generale di smilitarizzazione della Sardigna e, a partire da questa, dell'intera area mediterranea. Noi proponiamo:

-Lo smantellamento dei poligoni militari di Teulada e del Salto di Quirra;
-La chiusura della base NATO di Decimomannu e del poligono di Capo Frasca;
-La bonifica dei territori;
-La riconversione dell'economia militare.

Il poligono militare di Quirra, che il PD sardo vuole viceversa rifinanziare e potenziare (come si può leggere dal sito web http://www.altravoce.net/2008/10/10/quirra.html ), va chiuso immediatamente. Nel piccolo villaggio di Quirra, su 150 persone ben 20 sono morte per la stessa identica patologia e altre si sono ammalate. Ad Escalaplano, paese di duemila abitanti, 14 bambini nel 1988 sono nati con gravissime malformazioni genetiche.

Il cosiddetto “Comitato Scientifico” che sta valutando la presenza di rischi per la salute a causa delle attività svolte all’interno della base di Quirra va immediatamente sospeso perché è un comitato fantoccio, gestito e controllato dai militari. Gli stessi che per decenni, con la scusa del segreto militare, hanno nascosto alle popolazioni quali sperimentazioni si svolgessero all'interno della base. E continuano a farlo!

Viceversa noi abbiamo una proposta valida: che la Regione istituisca immediatamente un VERO COMITATO SCIENTIFICO composto da scienziati internazionali indipendenti e dai ricercatori sardi, una delle grandi risorse della nostra terra, disponibili a lavorare ad un grande progetto di:

- Reale valutazione dell'effettivo danno subito dall'ambiente e dalla popolazione.
- Studio di un efficace intervento di bonifica.
- Istituzione di un comitato di studio (attraverso l'indizione di Bandi per giovani laureati sardi) che valuti i danni economici complessivi: mancato utilizzo di quelle aree, impoverimento dovuto all'emigrazione, etc.

La progettazione e la realizzazione delle bonifiche dei territori costituiranno anche un grosso contributo alla lotta alla disoccupazione, col coinvolgimento di tecnici, operai e formatori professionali. Altro che giardinaggio!

Tutti questi costi dovranno essere a carico del ministero della difesa italiano, principale responsabile della distruzione e dell’inquinamento dei nostri territori nel corso dei decenni passati. Apriremo una vertenza con lo Stato Italiano e coinvolgeremo tutto il popolo sardo in questa lotta!

LOTTA ALLO SPOPOLAMENTO DELLE ZONE INTERNE

Mentre lo Stato italiano chiude le scuole e gli uffici pubblici "vitali" (poste, banche, ambulatori, etc.) nei piccoli centri delle zone interne, noi proponiamo che la Regione si faccia promotrice di una efficace politica per contrastare il processo di spopolamento delle zone interne. La sanguisuga italiana pretende di far quadrare i conti disastrosi di uno Stato allo sfascio sulle spalle delle nostre popolazioni e dei nostri bambini. Mobiliteremo le popolazioni e porremo l'Italia sotto accusa perché impedisce ai nostri figli di avere un'istruzione. Riapriremo le scuole ovunque, ed esclusivamente con i soldi pubblici, dal momento che paghiamo già abbastanza tasse anche per questo "diritto".

Fiscalità di vantaggio per le imprese dei piccoli paesi dell'interno. Non è possibile ripetere in eterno che bisogna aiutare le zone interne, che bisogna fermare lo spopolamento, se poi non si prendono le misure adeguate: il primo passo è mettere in atto un processo di defiscalizzazione che permetta immediatamente di alleggerire il peso fiscale sulle imprese delle zone interne ormai moribonde. Soltanto in questo modo è possibile contemporaneamente difendere la nostra economia e porre un argine concreto alla desertificazione economica e sociale dei centri dell’interno.

LINGUA E CULTURA

Avviamento di un programma generale di risardizzazione che porti ad un bilinguismo reale in ogni campo, dall'insegnamento alla cartellonistica stradale, dagli atti delle istituzioni ai mezzi d'informazione sardi. Bilinguismo significa avere due lingue, quindi 50% e 50% in ogni campo, come già viene applicato in altre zone dello Stato italiano quali Val d'Aosta, Friuli e Süd Tirol e come avviene in moltissime altre parti del mondo dove i diritti delle nazioni senza stato vengono tutelati!

Riteniamo dunque necessaria la realizzazione di un reale bilinguismo nelle scuole. La lingua sarda riveste un valore strategico in quanto è uno strumento politico di unità del popolo sardo. Il sardo quindi dovrà essere insegnato nelle scuole di ogni ordine e grado superando l'attuale metodologia che lo vede impartito alla stregua di lingua straniera. Non è possibile proporre l'ora di sardo, laddove così come può esistere l'ora di inglese e l'ora di francese.

Nelle scuole si deve utilizzare, così come succede in tutti i posti del mondo dove esiste il bilinguismo e così come alcuni insegnanti all'avanguardia stanno sperimentando nella nostra Isola, la lingua sarda per le varie materie di studio. La Regione dovrà redigere i programmi di insegnamento delle varie materie da impartirsi in lingua sarda e istituire un percorso formativo per l’apprendimento della lingua sarda da parte degli insegnanti delle scuole dell'obbligo.

Proponiamo di individuare e sviluppare un percorso formativo sardo. In questo senso riteniamo che la poesia estemporanea sarda (nelle sue varie forme locali) vada compresa tra le attività scolastiche nelle scuole primarie e secondarie, con il duplice scopo di regalare ai giovanissimi uno strumento formidabile di crescita intellettuale, morale e culturale, e di conservare e rinnovare una delle ricchezze più significative del nostro patrimonio culturale, unico al mondo.

Chiediamo l’insegnamento della Storia della Sardegna nelle scuole di ogni ordine e grado. I libri di testo dovranno essere proposti da una commissione di studiosi, avvalendosi anche di insigni esperti internazionali affinché prevalga in tali testi la vera ricerca storiografica piuttosto che la falsità storica di una Sardigna italiana da sempre.

Obbligo per tutte le nuove assunzioni nel settore pubblico di conoscere sufficientemente almeno una delle varianti del sardo. Ogni cittadino ha diritto a confrontarsi con un insegnante o con un qualsiasi funzionario di un ufficio pubblico nella sua lingua. Sta al funzionario essere adeguato al cittadino e non viceversa. In ogni posto al mondo dove è praticato il bilinguismo i funzionari devono sapere parlare entrambe le lingue.

Per tutte queste iniziative esistono finanziamenti europei finora non utilizzati per ragioni politiche da parte della classe dirigente italiana. A costo zero per i sardi, gli impiegati, per il solo fatto di parlare sardo, si troverebbero in busta paga mediamente 200 euro in più. Sfruttando i finanziamenti europei daremo vita a figure professionali ottenendo così il duplice risultato di creare posti di lavoro e di valorizzare il nostro patrimonio linguistico.

A FORA SU G8
Nel luglio del 2009 i capi di stato dell'Occidente si riuniranno a La Maddalena per discutere sul futuro del pianeta. Questo evento è stato presentato come un'occasione di sviluppo per la nostra isola a causa della grande mole di finanziamenti pubblici per le opere da realizzare per l’evento. In realtà si tratta dell'ennesimo affare per quelle aziende che stanno conducendo i lavori in condizioni di aperta illegalità, con la palese violazione delle leggi di tutela dei lavoratori, utilizzando la scusa del segreto imposto sui lavori. Un sindacalista che ha provato a documentare la diffusa illegalità è stato accusato di reati quali lo spionaggio internazionale per aver fatto trapelare informazioni sulle modalità di lavoro. Questo lo chiamano lavoro e sviluppo!

Dal punto di vista politico noi consideriamo lo svolgimento del G8 in Sardigna come una vera e propria provocazione di stampo coloniale.

Uno degli argomenti centrali nell’agenda del summit sarà la questione energetica ed economica. Se ne parlerà in una terra dove è in atto ormai da numerosi decenni, se non secoli, una scientifica disarticolazione dell’economia endogena in favore di un' economia slegata dalle esigenze del popolo sardo e basata sulla rapina e sullo sfruttamento delle risorse.

Un altro dei punti in agenda del G8 sarà la pace e la diplomazia internazionale. Se ne discuterà in una terra dove gli stessi paesi del G8 addestrano alla guerra i loro eserciti nei due più grandi poligoni di tiro d’Europa. Inoltre si dice spesso che la “globalizzazione” mette in pericolo la biodiversità e la pluralità delle culture. Bene, in Sardigna è in corso da secoli un processo di deculturazione forzata che noi non abbiamo paura di chiamare con il suo vero nome: genocidio culturale.

Si è sempre detto che le politiche del G8 reprimono il diritto dei popoli all'autodeterminazione. Stavolta il G8 si riunirà in un terra al cui popolo è stato sempre negato questo diritto.
Per questi motivi riteniamo che il G8 non debba svolgersi né qui né altrove! La Regione deve prendere una posizione opposta da quella avuta sino ad ora, e impedire che il G8 si svolga qua nel prossimo luglio.
CARCERE E CPT

Chiediamo l’applicazione reale del principio della territorialità della pena. Il diritto legalmente riconosciuto a scontare la propria pena detentiva, se richiesto esplicitamente dal condannato, nel penitenziario più vicino al luogo di residenza dei propri familiari, non è di fatto applicato o lo è solo in minima parte. Noi ci proponiamo di esercitare le pressioni adeguate affinché tale principio venga rigorosamente applicato.

Condizioni carcerarie che garantiscano il rispetto della dignità umana. Ci proponiamo di superare lo stato disumano in cui vivono i carcerati nelle prigioni sarde. Il ruolo di "isola prigione" assegnato alla nostra terra deve cessare (raggiungiamo la più alta percentuale in italia di penitenziari in rapporto alla popolazione). I detenuti italiani che desiderano andare via dalla Sardigna devono essere trasferiti, ed allo stesso tempo devono essere riavvicinati quelli sardi che ne fanno richiesta. Già solo questo presupposto renderebbe più umane le pene ed allo stesso tempo risolverebbe il fenomeno del sovrapopolamento carcerario.

Chiusura immediata del Centro di Prima Accoglienza di Elmas, vero e proprio campo di concentramento per profughi racchiuso all'interno della base militare. Si tratta di una vergognosa violazione dei più elementari diritti umani nei confronti di gente al limite della disperazione. La Regione deve prendere immediatamente posizione ed impedire che nella nostra terra avvengano episodi di violazione dei diritti umani verso popoli migranti!