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Discussione: Ein Fuhrer, DHB!

  1. #1
    CON LA RESISTENZA!
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    "Il Ribelle è deciso ad opporre Resistenza. Il suo intento è dare battaglia, sia pure disperata"
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    Ein Fuhrer, DHB!

    Torna, che mi stanno chiedendo tutti di te....




    Bint Chbeil agosto 2006

    "Ci vuole un fisico bestiale per fare quello che ti pare, perchè di solito a nessuno vai bene così come sei"

  2. #2
    CON LA RESISTENZA!
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    BOICOTTIAMO ISRAELE: CODICE A BARRE 729

    di Dagoberto Husayn Bellucci - Dir. Resp. Agenzia di Stampa "Islam Italia"

    I mass media filosionisti del territorio coloniale italiota posero in evidenza , alcuni anni fa, l'attività di boicottaggio operata da alcuni ambienti della sinistra cosiddetta "antagonista" contro il sedicente Stato d'Israele.

    Premesso che l'emporio criminale sionista in Palestina rappresenta un cancro per le popolazioni arabe del Vicino Oriente fomentato dall'Imperialismo dell'Occidente giudaico-mondialista; riteniamo legittima e ancora attuale la guerra contro le merci e i prodotti provenienti da "Israele".

    L'efficacia di un simile boicottaggio potrebbe risultare ancor più coerente se, unitamente ai prodotti "made in Israel", si applicassero simili forme di lotta anche contro tutte le ditte e le società ebraiche.

    Israele è solo la punta dell'iceberg oligarchico plutocratico e della ragnatela di interessi finanziari, bancari, commerciali dell'Internazionale Ebraica.

    Il cosmopolitismo ebraico , con la sua storica prassi di parassitismo economico e la sua attitudine alla spoliazione dei mercati delle Nazioni gentili , ha edificato mediante l'oro e i commerci, il ricatto usurocratico e i prestiti ad interesse degli istituti di credito la sua potenza economica.

    Colpire dunque Israele è atto doveroso ; colpire gli interessi della plutocrazia sionista e dell'imperialismo statunitense una conseguenza naturale 'dunque' non basta preferire il Chinotto alla Coca Cola occorre 'individuare' il tessuto di complicità organica che forma l'intelaiatura del monopolio commerciale ebraico nel mondo.

    In un articolo di tre anni e mezzo or sono a firma Claudio Grassi, apparso sul quotidiano "Liberazione" - organo del Partito della Rifondazione Comunista -; intitolato "Io non compro made in Israel" veniva riportata questa analisi:

    "Nonostante la strumentalizzazione o, più spesso, la ferrea censura dei media , nel nostro paese hanno già avuto luogo centinaia di iniziative. Promossi principalmente dal Forum Palestina (
    www.forumpalestina.org) e altri comitati di supporto alla causa palestinese, volantinaggi hanno informati i clienti abituali dei supermercati Auchan, La Rinascente, Upim e Carrefour e azioni dimostrative sono state indette contro le sedi di Caterpillar, Mc Donald's e Hazera Genetics , tre delle aziende inserite nella lunga lista.
    Sono prodotti dalla Caterpillar i buldozer dell'esercito israeliano utilizzati per demolire le case palestinesi e sradicare gli alberi d'ulivo.
    Il presidente della più nota catena di fast-food , Greenberg, è direttore onorario di una Camera di Commercio e Industria America-Israele e, secondo il "Chicago Online", Mc Donalds è uno dei maggiori partner economici di un'organizzazione ultra-conservatrice ebraica.
    La Hazera Genetics è, invece, un azienda israeliana specializzata nell'import di sementi geneticamente modificate e che, con i suoi pomodorini "Pachino" di dubbia genuinità, sta mettendo in crisi le coltivazioni tradizionali della Sicilia. (...)
    Al rifiuto di acquistare prodotti di società dai nomi esotici, come Jaffa, Carmel, Delta Galil, di multinazionali tipo Nestlé , Coca Cola, Nokia e L'Oréal o di stipulare accordi commerciali con le autorità d'Israele , ora si aggiunge anche la richiesta di una moratoria delle relazioni scientifiche e culturali con lo stato sionista.
    Centinaia di docenti e ricercatori di ogni parte del globo, tra cui diversi italiani, hanno sottoscritto due appelli distinti del "Coordinamento degli Scienziati per una pace giusta nel Medio Oriente" , nei quali si chiede la cessazione di ogni forma di collaborazione istituzionale e di sostegno materiale agli organismi israeliani fino a quando il governo di Sharon non deciderà di avviare seri negoziati di pace con i palestinesi."

    Fin qui Claudio Grassi per i lettori del quotidiano "comunista" Liberazione.

    Noi diciamo invece che non era certo una questione di 'negoziati' anche perchè , gli sviluppi successivi all'aggressione statunitense in Iraq l'hanno confermato, la stravagante idea dei "Due Popoli Due Stati" partorita da qualche genialoide e sposata tout court dall'estrema sinistra parlamentare italiana è illegittima, irrazionNessun governo dell'entità sionista ha mai rispettato , nè rispetterà mai, gli accordi firmati dai suoi dirigenti con l'Autorità Nazionale Palestinese.

    Nessuna spartizione del territorio nazionale palestinese potrebbe sancire la fine delle violenze e dei massacri nel Vicino Oriente nè garantire , in prospettiva, che i sionisti non scateneranno un più vasto piano di disintegrazione dell'identità storica dei palestinesi.

    La politica attuata dal premier Olmert non differisce da quella precedentemente posta in atto dal macellaio di Sabra e Chatila, il boia Ariel Sharon, nè da quella dei suoi predecessori più o meno insigniti di "nobel per la pace" (Ehud Barak, Benjamin "bibi" Nethanyau, Shimon Peres o Yithzak Rabin che siano).

    Questi signori sono degli illegittimi usurpatori della Nazione palestinese gli eredi dei criminali sionisti che imposero la loro presenza in Palestina con il terrorismo e le stragi indiscriminate prima, durante e dopo la fondazione dell'entità sionista denominata "Israele".

    Mentre l'Occidente kippizzato ha ricordato i 58 anni della fondazione dell'emporio criminale ebraico , i palestinesi commemoravano la "Nakba" (la Tragedia) che investì i loro padri nella primavera maledetta del 1948.

    Israele che sbraita e piagnucola presso tutte le cancellerie dell'Europa occidentale , elemosinando una solidarietà che vuole totale e corale da parte delle Istituzioni, dei Parlamenti e dei Governi dell'Unione Europea , dimentica le azioni di terrorismo perpetrate dall'Irgun Zve Lehi, dall'Haganà, dalla Banda Stern contro i palestinesi.

    Israele dimentica - e impone ai mass media occidentali sottoposti alle gogne della 'dura lex' judaica - i massacri di Deir Yassin, il piano Dalet, le rappresaglie contro intere città, il terrorismo anti-britannico, le bombe contro l'hotel King David a Gerusalemme e quelle scoppiate in mezza Europa prima della "proclamazione" e della costituzione formale dello "Stato d'Israele".

    La Questione Ebraica, lo si voglia accettare una buona volta anche a Sinistra, diverrà lo spartiacque fondamentale della contrapposizione inevitabile tra i nemici irriducibili d'Israele e i cooperanti e i sodali pro-israeliani sparpagliati nei quattro angoli del pianeta.

    Contro i terroristi sionisti non può esistere alcun compromesso.
    Ovunque vi è un Ebreo vi è Sionismo così il Sionismo è intimamente legato alla "specificità" ebraica.

    Aderire al boicottaggio dei prodotti israeliani dunque non è sufficiente. E' necessario conoscere i nessi di convergenza operativa con Israele delle industrie e multinazionali "gentili" (ammesso e non concesso che tali siano realmente).

    Alcune delle principali ditte italiane investirono notevoli capitali in Israele; tra queste ricordiamo: la Telecom, l'Istituto assicurativo delle "Generali" (notorio feudo ebraico), la Bassetti, la Bosca e l'Italgas.

    Molti altri "marchi" commerciali di affermate ditte multinazionali sono sotto diretto controllo ebraico. Tra queste società ricordiamo:

    - Bevande: la Schweeps, la Coca Cola, la Disney, la Sprite, la Perrier;

    - Cosmetici: Vichy, Esteé Lauder, Revlon;

    - Alimentari: Danone, Nestlé, Kit Kat, Nescafè;

    E ancora: la L'Oreal, la Mark's & Spencer, l'Henry Bendel, la Kiwi, la Dim, la Kotex, la Pryca, la Wonderbra, la Lovable, la Sanex, la Calvin Klein, la Dr. Pepper, la Pilao, la The Limited Expo, l'Intimate e - come riportò il quotidiano pro-sionista "Libero" in data 12.02.2003 - pure Giorgio Armani.

    Secondo i ruffiani d'Israele del quotidiano di Feltri "La colpa di Giorgio Armani e di tutte le altre ditte francesi, americane, inglesi e australiane che la libreria del Testaccio intende boicottare, solidale alla causa palestinese e del suo immacolato leader Yasser Arafat, è quella di avere dei legami con Israele."

    A questa lunga lista si dovrebbero sommare centinaia e centinaia di altre ditte e di altri prodotti (oltre ai noti pompelmi Jaffa .... chissà perchè il pompelmo ci fa letteralmente schifo... ci sarebbe la frutta Carmel, i frigoriferi Ocean, i cosmetici Rubinstein, i vestiti Banana Republic ,, la Ralph Lauren ecc. ecc.).

    Insomma l'appello dovrebbe essere rinnovato: Boicottate Israele, Boicottate le Multinazionali Sioniste e - quando vi recate a fare la spesa - occhio al codice a barre 729.

    NON COMPRARE ISRAELIANO! NON FINANZIARE IL PARASSITISMO EBRAICOale, inattuabile ovvero demenziale.

  3. #3
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    LETTERA APERTA A SILVIO BERLUSCONI: "NO, SIGNOR PRESIDENTE, NON SIAMO TUTTI ISRAELIANI!"

    di Dagoberto Husayn Bellucci - dir. resp. Agenzia di Stampa "Islam Italia" - Notiziario di Attualità, Cultura e Geopolitica.

    A conclusione di una legislatura caratterizzata dalla sostanziale polverizzazione di tutte le componenti radicali della politica italiana , il presidente del consiglio dei ministri uscente e leader della prima forza politica nazionale, on. Silvio Berlusconi, ci ha "lasciati" con l'ennesima boutade.
    In occasione delle cerimonie per il 58esimo anniversario del cosiddetto "stato d'Israele" - l'emporio criminale sionista occupante la Terrasanta di Palestina - il cavaliere ha pensato bene di ribadire la solidarietà della sua coalizione di centro-destra andando ben oltre i riconoscimenti formali di un entità criminale e lanciando una nuova parola d'ordine all'italico popolo-bue: "siamo tutti israeliani".
    Ancor più demenziale del d'alemiano "siamo tutti americani" il colpo da 'maestro' del teleimbonitore di Arcore, dell'uomo dal sorriso facile e dalle altrettanto facili promesse, ha colto comunque nel segno e non ha lasciato indifferente l'"attenta" platea della comunità ebraica romana.
    Al fianco di un altrettanto sorridente Romano Prodi, premier entrante 'delegato' dai poteri forti della finanza mondiale all'amministrazione del "paese" meglio dell'"azienda" Italia, il presidente del consiglio e leader di Forza Italia non ha lesinato ringraziamenti, elogi e titoli di merito a quella che riconosce come una "entità occidentale", un 'baluardo' della "civilizzazione" occidentale, nel Vicino Oriente.

    L'unica democrazia del Vicino Oriente, l'unico stato democratico rappresentante dei valori di "tolleranza" e "libertà" tanto cari al Berluscon-pensiero, ringrazia incarta e porta a casa.

    Ora il punto non è il filosemitismo di Berlusconi - eletto uomo dell'anno negli Stati Uniti nell'autunno 2003 dalla loggia massonica esclusivista ebraica del B'nai B'rith per l'appoggio alla guerra americana in Iraq - nè la difesa ad oltranza che altri 'autorevoli' esponenti della Casa delle Libertà hanno sempre espresso nei confronti dell'entità sionista e nemmeno può essere oggettivamente imputabile a Berlusconi un quinquennio di fallimentare politica estera.
    Quando alla presidenza del consiglio dei ministri siede un imprenditore 'americano' , al ministero degli Esteri viene chiamato il giudaizzante Gianfranco Fini (l'unico responsabile di un dicastero estero dell'intera Unione Europea che ha espresso la piena approvazione al governo sionista per i piani di ghettizzazione della popolazione palestinese e per il muro della vergogna in costruzione in Cisgiordania) e altrove nel Governo siedono soggetti da "teatrino dell'assurdo" ( tra i quali non è possibile non ricordare il leghista Calderoli responsabile di una demenziale provocazione anti-islamica a fine legislatura ) ci pare scontato che al tirar delle somme il risultato finale non poteva essere diverso.
    Il problema on.le Berlusconi - ce lo 'consenta' - è che questa sua lapalissiana affermazione nella sua crudezza è indice di una 'tendenza' , di una 'direzione', intrapresa dall'intera classe politica italiana da un decennio a questa parte.
    Voi, egregio cavaliere , avete - come spesso vi capita - fotografato con una frase ad effetto una realtà: siamo tutti israeliani perchè nessuno oggigiorno in Italia , e più vastamente nell'Occidente giudaico-mondialista , ha il coraggio civile e morale, la dignità politica e un minimo di decenza individuale per dichiararsi ostile a Israele.
    Laddove esisteva un nocciolo duro di oppositori il sistema dell'omologazione di massa ha livellato il livellabile.
    Estrema destra ed estrema sinistra si ritrovano dunque a far da comparse per i potentati economico-finanziari ben rappresentati da Voi e dal vostro sparring partner on. Romano Prodi.
    Un imprenditore di successo, un 'vincente' (forse 'troppo' vincente per risultare gradito alla maldicenza militante dell'invidiosismo di massa della sinistra da Voi peraltro legittimamente apostrafata con un epiteto azzeccatissimo e di rara efficacia massmediatica) da un lato ed un ex democristiano, economista dalle mediocri qualità qual'é Romano Prodi dall'altro.
    Al di sopra dei duellanti la Finanza Internazionale che non è rimasta alla finestra ma si è schierata , a spada tratta, con il centro-sinistra.
    Dunque cosa c'era da sorprendersi nella sua boutade pro-israeliana? Diciamo che l'elemento di gravità di quest'ultima uscita politica è l'accostamento di "tutti" - come italiani - alla politica di Israele, alla sua pluridecennale prassi genocida, all'insieme dei suoi misfatti.
    Mentre gli occhi del mondo intero sono quotidianamente rivolti verso le nuove vere o presunte minacce dell'Iran, all'instabilità irachena o ai diversi teatri di guerra sparsi qua e là per il pianeta l'opinione pubblica internazionale sembra disinteressarsi del quotidiano stillicidio di vittime innocenti , delle notizie dei nuovi massacri, dei morti civili causati - per 'errore' o per 'vendetta' ... più realisticamente per 'prassi' e per "hobby" - dall'entità sionista in Palestina.
    Le voci del dissenso che arrivano dalla Terrasanta sono sempre più deboli di fronte al concerto di notizie diffuse dalle centrali di disinformazione sioniste in Occidente.
    Israele accerchiata, Israele vittima, Israele minacciata.
    Israele e il 'problema palestinese'; Israele e la "minaccia islamica", Israele e le dichiarazioni dell' "antisemita" e 'oramai' "nazista ad honorem" presidente iraniano Mahmood Ahmadinejad che - sia detto per inciso - ha sostanzialmente ribadito , con coerenza, la più che ventennale posizione tenuta dalla Repubblica Islamica dell'Iran nei confronti del "problema sionista".
    Nessuno si beve le menzogne della propaganda ebraica e sionista in Europa soprattutto se confrontata con la situazione reale che sono costretti a vivere sulla propria pelle i palestinesi.
    La vittoria elettorale di Hamas e l'ascesa alla guida dell'Autorità Nazionale Palestinese del gruppo dirigente islamico sono state utilizzate dai sionisti per orchestrare un fuoco di fila disinformativo e continuare indisturbati la loro mattanza quotidiana.
    Donne, vecchi, bambini, civili innocenti continuano a cadere sotto il piombo degli sgherri di "tsahal" e nessuno osa criticare Israele per non finire nella 'lista nera' degli "antisemiti" (....antisemitismo...termine sistemico-sionista che non significa letteralmente un cazzo di niente... casomai si dovrebbe parlare di antisionismo, antigiudaismo o antiebraismo ... 'giusto' per "correttezza" ...).
    Il meccanismo inquisitoriale della Sinagoga è collaudato da decenni di liste di proscrizione e da una prassi demonizzatrice che ha così finito per delegittimare singoli individui, organizzazioni e partiti politici, governi di Stati indipendenti.
    L'antisemita Ahmadinejad dopo l'antisemita Assad dopo l'antisemita Saddam Hussein .... Gheddafi no, il 'colonnello' di Tripoli pare aver ricevuto un nullaosta dopo che ha permesso il rientro in Libia dei "profughi" ebrei espulsi agli inizi degli anni settanta quando venne fondata la Repubblica Araba Popolare e Socialista , la Jamahiriya , e la Libia si allineava alle posizioni più oltranziste della resistenza palestinese...
    Per concludere on. Berlusconi ci 'consenta' 'almeno' di lasciare a Voi, ai Romano Prodi, ai Gianfranco Fini, ai Walter Veltroni di ogni latitudine l' "onore-onere" di definirvi 'israeliani'....
    Nel film-culto "Vogliamo i colonnelli" di Mario Monicelli, interpretato magistralmente da Ugo Tognazzi alias colonnello Beppe Tritoni , il protagonista dopo il fallimento del 'golpe' (vituperato sogno di una Destra legittimista, nostalgica e sbirresca...la Destra che sognava Almirante e che Fini è stato capace di 'sdoganare' all'elettorato anche , soprattutto, grazie al non disinteressato intervento del Cavaliere di Arcore) cerca di 'vendere' il progetto di un colpo di stato militare ad alcuni emissari di un paese africano.
    Alcuni poliziotti si avvicinano al tavolo dove i tre parlottano animosamente e , vigenti le leggi d'emergenza ed il coprifuoco, fanno notare che "ogni assembramento di due o più persone" era illegale. Alla domanda fatidica ("lei è ebreo?") di uno dei due 'birri' in divisa Ugo Tognazzi-Beppe Tritoni risponde "ma mi pigliasse un accidente!".
    Ora , ce lo lasci dire, no , non siamo tutti israeliani!
    Non moriremo 'neofascisti' , grazie a Dio, ma - al di là di ogni ragionevole dubbio - neanche ebrei!

    DAGOBERTO HUSAYN BELLUCCI

    Dir. Resp. Agenzia di Stampa "Islam Italia"


  4. #4
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    MondoL'affaire Plumbat: pirateria nucleare israeliana
    Sabato 13 Ottobre 2007 – 17:23 – Dagoberto Bellucci

    Il Vicino Oriente è l’area geopolitica e ed economica vitale per quelle che saranno le sorti dell’intero pianeta: dall’equilibrio di potere e dalla stabilità di questo ‘perimetro’ strategico dipenderà il futuro di un’umanità lacerata dalle politiche irrazionali e criminali della Finanza mondiale e frustrata dall’egemonia militare della superpotenza statunitense. E’ una realtà fattuale quella che vedrà i fautori del Nuovo Ordine Mondiale contrapporsi manu militari alle nazioni arabe e islamiche della regione: Iran, Iraq, Siria, Palestina occupata e Libano sono i principali teatri bellici delle politiche di destabilizzazione e di sedizione delle alchimie dei dottor Stranamore dei vari centri studi strategici neocons e dell’amministrazione Bush. L’Establishment sionista - determinante le scelte di politica estera degli Stati Uniti - deve realizzare il suo sogno messianico di esportare la democrazia per favorire gli interessi finanziari della lobbies del petrolio e rafforzare le utopie escatologico-religiose dell’entità israeliana.
    La strategia occidentale mira allo strangolamento usurocratico delle nazioni e dei popoli che resistono alle mire della plutocrazia internazionale: accade a Caracas come a Minsk, a Teheran come a L’Avana.
    Ora le attenzioni della Casa Bianca sembrano concentrarsi da qualche mese a questa parte contro la Repubblica Islamica dell’Iran e l’alleato siriano, contro il Libano della Resistenza Hizb’Allah e dei partiti laici e indipendentisti, e contro la Palestina dove Hamas è stato ‘confinato’ nella striscia di Gaza. I teatri bellici della regione, dove persiste l’occupazione statunitense dell’Iraq che vede impegnati oltre 165mila militari a stelle e strisce, obiettivi di quotidiani attacchi della Resistenza Nazionale, si combinano e sovrappongono: se Washington o Tel Aviv vorranno riaprire gli war-games contro uno di questi attori geopolitici regionali sicuramente ci troveremmo dinanzi ad un conflitto generalizzato che porterebbe l’intero Vicino Oriente al caos totale aprendo le porte dell’inferno.
    In questo contesto di instabilità permanente e di conflitti a media-bassa intensità , di crisi politiche locali e di esplosioni di rabbia popolare, la questione del nucleare iraniano persiste al centro dei dibattiti e delle analisi di politici e diplomatici di mezzo mondo: è recentissima la notizia che la Francia ha richiesto in sede Ue di varare nuove sanzioni contro Teheran: una posizione nuova per l’amministrazione francese che, con la nuova gestione Sarkozy, è intenzionata a riallineare la propria politica estera al lato di quella statunitense.
    Mentre i media d’Occidente non perdono occasione per attizzare il fuoco dalle ceneri costruendo nuove polemiche contro la Repubblica Islamica e contro i suoi alleati nella zona - accusando Hizb’Allah di perpetrare “complotti” contro la democrazia libanese calpestata invece dai filo-americani del Governo Siniora - nessuno ricorda che a pochi chilometri di distanza da Beirut persiste una reale minaccia per la pace e la stabilità regionali: l’entità sionista, lo stato-pirata usurpatore dei territori palestinesi e sola potenza nucleare dell’area.
    Il regime d’occupazione sionista ha una vasto arsenale nucleare, almeno 300 testate atomiche, puntato contro l’indipendenza e la sovranità del mondo arabo. Tel Aviv ha sempre rifiutato di aderire al Trattato di non proliferazione nucleare, i suoi reattori a Dimona nel deserto del Negev sono impenetrabili per qualunque tecnico dell’Aiea (l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica incaricata dagli atlantici di ‘indagare’ su presunte ‘violazioni’ in materia di tecnologia nucleare delle altrettanto pretese ‘nazioni canaglia’), nessun giornalista o reporter ha avuto libero accesso ai centri per le ricerche nucleari israeliani. Le poche notizie trapelate sono quelle rese note dal tecnico israeliano Mordechai Vanunu, rapito a Roma da agenti del Mossad e vittima di una più che decennale detenzione nelle carceri di massima sicurezza del regime sionista, perché appunto reo di aver rivelato alcuni dei segreti del programma atomico di Sion.
    Tutti in Occidente si sono dimenticati dell’affaire Plumbat: una storia ‘strana’ come lo sono quasi tutte quelle nelle quali rientri la lunga mano dei servizi d’intelligence sionisti. Rivelata all’opinione pubblica nel maggio del 1977, dopo un decennio di silenzi e mezze ammissioni, la storia del ‘Plumbat’ rappresenta probabilmente il “furto del secolo” per eccellenza: i governi dell’allora Cee stesero un velo omertoso per coprire quella che sarebbe diventata un’autentica barzelletta se non fosse che il furto in questione riguardava 200 tonnellate d’uranio naturale, dissimulato sotto l’etichetta “Plumbat”, ordinate da un’impresa tedesca ad un fornitore belga per la cospicua somma di circa 3 miliardi di vecchie lire e destinate nel novembre 1968 al porto di Genova per essere successivamente trattate da una ditta italiana e scomparse misteriosamente.
    Una storia di un furto atomico, di autentica pirateria nucleare, sulla quale è stato calato un velo di silenzio. Dietro a quel furto si nascondono evidentemente gli unici servizi di sicurezza capaci all’epoca di compiere blitz del genere. Erano gli anni della Guerra Fredda: anni in cui l’entità sionista metteva a colpo con straordinaria efficacia i suoi colpi mortali, commettendo crimini efferati e blitz terroristici in ogni dove: da Baghdad al SudAfrica, dall’Europa al Sud America i sicari del Mossad spargevano il sangue dei dirigenti delle nazioni arabe, dei capi della Resistenza palestinese in esilio, dei nemici del “popolo eletto” e protetto anche dalle leggi internazionali.
    Il Mossad brillava per tecniche e mezzi, per informazioni e stazioni operative. E l’affare Plumbat ne è la riprova.
    Ecco la storia del colpo grosso realizzato dai suoi uomini: le duecento tonnellate d’uranio erano state comprate in Belgio da una ditta tedesca, imbarcate sulla nave Scheerberg al porto d’Anversa e destinate a Genova dove, ad attenderle, c’era la ditta Saica di Milano destinataria finale del carico.
    Un carico che scottava: 200 tonnellate di uranio naturale, non direttamente utilizzabile a fini militari ma trattabile, che scompaiono nel nulla non sono una bazzecola. La ditta Fratelli Gondrand che doveva occuparsi del trasporto da Genova a Milano informò immediatamente il direttore del Controllo della Sicurezza Nucleare della Cee ma lo scandalo del Plumbat scoppiò solo 9 anni dopo investendo i piani alti della politica europea e mondiale. Quando venne divulgata la notizia vi furono innumerevoli commissioni d’inchiesta ma senza alcun esito reale. La Cee emise delle sanzioni contro le ditte interessate. Il Controllo di Sicurezza della Cee non era la Cia, il Mossad o il Kgb. Era un servizio formato da funzionari civili, i suoi responsabili non avevano potere d’intervento, ai suoi uomini veniva richiesto di starsene fuori da qualunque bega giuridica. L’inchiesta sul Plumbat passò rapidamente in mano ai governi membri i quali, come spesso accade, preferirono evitare perfino di pronunciare delle sanzioni: oltretutto contro chi avrebbero pronunciato sanzioni se la nave “Scheerbeg” si era letteralmente volatilizzata in pieno mediterraneo orientale? Una decisione del genere, presa in ambito politico dai nove paesi membri della CEE, avrebbe costituito un precedente pesantissimo e messo in crisi le relazioni diplomatiche tesissime all’epoca sia che fosse indirizzata contro Israele che contro qualunque altro ‘sospetto’ : il Brasile? l’India? l’Olp? I nomi si sprecavano sulla lista dei funzionari dell’Agenzia Nucleare della Commissione Europea ma il principale indiziato restava comunque lo stato che più di altri , all’epoca dei fatti, mirava a costruirsi un arsenale nucleare; il solo che aveva la possibilità tranquillamente di dirottare una nave in pieno Mediterraneo e altrettanto pacificamente sbarcarne il prezioso contenuto sui propri porti quindi lasciarla proseguire al proprio destino.
    La Scheerberg era un battello di medie dimensioni uscito nel 1955 da un cantiere della Germania Federale fino al settembre 68 era di proprietà dell’armatore August Bolten di Amburgo. In quel settembre 68 la nave cambiò di proprietà e passò alla società Biscayne Traders Shipping Corp e inizia a battere bandiera... liberiana.
    Una società di copertura dei servizi israeliani? Probabile. In Liberia pochi hanno sentito nominare questa società così come , dall’inchiesta CEE, si perdono nel nulla le tracce dell’incaricato d’affari che risulterà italiano, poi greco, poi turco... probabilmente israeliano. Fatto accertato è che la Scheerberg il 16 novembre 68 venne registrata al Lloyd di Londra con lo stesso nome con l’aggiunta di una “A”, passa alcuni giorni in un cantiere a Rotterdam dove avrebbe cambiato completamente equipaggio. Anche dell’equipaggio si conosce poco o niente: tutti inglesi dalle prime ricostruzioni o almeno così mostrarono alle autorità portuali olandesi.
    Enigmi, domande, questioni mai risolte per un’affaire sul quale l’intera comunità internazionale e in primis la CEE hanno fatto finta di chiudere gli occhi.
    Dov’é finito il materiale nucleare contrassegnato dalla misteriosa sigla Plumbat sembra non interessare più nessuno: è una di quelle domande che non devono esser mai poste. Creerebbero solo grane diplomatiche... e soprattutto non otterrebbero alcuna risposta. La risposta è scritta nella logica dei traffici internazionali di materiale nucleare e nella storia stessa dell’entità criminale sionista alias il sedicente Stato d’Israele che oggi si arroga il diritto di minacciare a destra e a manca e anticipa nuove aggressioni contro la Repubblica Islamica dell’Iran.

  5. #5
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    Palestina Anno Zero

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    — @ 105 am

    di Dagoberto Husayn Bellucci
    La nascita della questione palestinese viene `datata’ dall’opinionismo sistemico dei burattini sinagogici a partire dal 1967 quando, all’indomani della Guerra cosiddetta dei Sei Giorni, la Resistenza Palestinese iniziò a guadagnarsi i riflettori della scena politica internazionale.
    Tale menzogna propagandistica sionista è servita alle redazioni giornalistiche e televisive planetarie per occultare le radici storiche della vicenda palestinese.
    E’ fuori discussione che le vicende del `67 avranno dei contraccolpi inevitabili nello scacchiere geopolitico e militare del Vicino Oriente ma è altrettanto incontrovertibile che la questione palestinese sia direttamente collegata a due avvenimenti storici di portata epocale quali la creazione del movimento sionista (1897) e la costituzione - cinquantun’anni dopo - dell’enclave israelitica in Terrasanta con la nascita dell’emporio criminale sionista `noto’ come “stato d’Israele”.
    La caduta di Gerusalemme, lo sconfinamento dell’esercito israeliano (tsahal) sulle alture del Golan siriane e in Cisgiordania, posero in evidenza il dramma di un popolo - quello palestinese - che si trovava a subire una tragedia delle cui dimensioni fino ad allora pochi, specialmente in Occidente, sembravano accorgersi.
    La questione palestinese nella sua totalità dev’essere retrodatata rispetto a quel conflitto e inquadrata nella sua reale dimensione che, sia chiaro, assume tratti metastorici e metapolitici.
    Non di questione palestinese si dovrebbe scrivere bensì dell’eterno problema rappresentato dalla prassi di spoliazione parassitaria del cosmopolitismo ebraico. Né è possibile dimenticare, a fronte di un’epoca che si caratterizzerà per la fine del colonialismo e il crollo delle avventure bellicistiche della Vecchia Europa, come il movimento sionista andrà a costituire la sua “homeland”; sfruttando il senso di `colpa’ - abilmente alimentato ad arte dalle centrali di disinformazione ebraiche - delle nazioni europee ovvero mediante l’affermazione della bufala interplanetaria denominata “olocausto” relativa al preteso sterminio di sei milioni di individui di `razza’ ebraica durante il secondo conflitto mondiale.
    In realtà quanto successo durante la seconda Guerra Mondiale non c’entra assolutamente niente con i piani di espansione coloniali del Sionismo nè tantomeno con la `prassi’ genocida e l’attitudine vendicativa `celermente’ attuate dai sionisti in Palestina ai danni delle popolazioni arabo-cristiane e musulmane locali.
    E’ responsabilità oggettiva dei dirigenti sionisti quella di aver creato le premesse per una situazione di instabilità e di conflittualità nella regione vicino orientale.
    L’immagine dominante che del perdurante stato di crisi in Palestina viene `proiettata’ dai mass media occidentali sembra essere quella di un “affaire” interno a Israele; una sorta di conflitto `locale’, una questione di `sicurezza’ e di “polizia” al quale devono fare fronte le Istituzioni dell’unico Stato vicino orientale che viene `designato’ come la sola `democrazia’, la sola oasi “felice” e il baluardo per eccellenza dell’Occidente.
    E’ sulla base di questa deformazione storica che si sono andati stratificando nell’opinione pubblica occidentale una serie di stati emotivi e di percezioni che hanno rappresentato la `Questione Palestinese’ come una sorta di noiosissima e `inavvertibile’ “lotta di liberazione per l’indipendenza” sul modello di analoghe esperienze rivoluzionarie ravvisabili nel periodo post-coloniale tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta in Asia, Africa e America Latina.
    Ed è grazie proprio a questa disinformazione sistematica della verità che i sionisti hanno potuto creare un insieme organico di falsi miti storici tra i quali - oltre alla Shoah - è impossibile non ricordare la menzogna sulla “terra senza popolo per il popolo senza terra” e l’idea, unanimemente `accettata’ e fossilizzatasi per decenni tra i decerebrati burattini sistemici della società occidentale, della “Terra Promessa” per il “popolo eletto”….
    Niente di più falso e di più ipocrita. E’ grazie al loro controllo totale sui mezzi d’informazione di massa che i sionisti hanno potuto `spacciare’ per verità le loro invenzioni propagandistiche sostenute, almeno nei primi anni del secondo dopoguerra mondiale, anche dalla propaganda sovietica interessata a `avallare’ l’idea dell’ “esperimento” socialista dei `coloni’ sionisti che diveniva i “pionieri” di un futuro Stato laico fondato sulle strutture agricole dei Kibbutz prevalentemente popolati in maggioranza da ebrei di origini russe emigrati in Palestina fin dalla prima metà dell’Ottocento.
    La storia della nascita della `questione’ palestinese dev’essere dunque fatta rimontare alla costituzione del movimento sionista, alla pubblicazione del volume di Theodore Herzl su “Lo Stato Ebraico” (1896) e al primo Congresso Sionista di Basilea svoltosi un anno più tardi per iniziativa di `compassati’ e `paciosi’ ebrei della borghesia europea occidentale.
    Le tesi esposte da Theodore Herzl nel suo volume, autentica `bibbia’ politico-ideologica del movimento sionista, si fondano sull’ammissione di una impossibile convivenza tra le masse di ebrei provenienti dall’Europa orientale e le popolazioni “gentili” delle nazioni dell’Europa occidentale.
    Dinanzi ai presunti pogrom anti-ebraici che si andavano sviluppando in diversi Stati dell’Est europeo, al movimento migratorio di massa degli ebrei orientali - gli askhenaziti russo-tedeschi con i loro costumi tradizionali, il loro chassidismo e la loro lingua `barbara’ (l’yiddish) incomprensibile perfino ai correligionari dell’Europa occidentale ovvero i sefarditi - ai primi episodi di “antisemitismo” (…inutile `soffermarci’ ulteriormente per sottolineare che di “antigiudaismo”, “antiebraismo” o “antisionismo” sarebbe `opportuno’ scrivere giacchè la parola “antisemita” etimologicamente non significa un bel niente; `espressione’ sistemica coniata dalle centrali di rincoglionimento di massa ebraiche e aggettivo demonizzante che non trova alcun riscontro nella realtà storica poichè semiti sono pure i popoli arabi mai `obiettivi’ di alcuna `attenzione’ critica o di `ritorsione’ politica da parte dei movimenti politici o d’opinione che si pretenderebbero “antisemitici”…) rilevati in Francia in occasione dell’ “affaire Dreyfus”.
    Come scriverà lo stesso Herzl era necessario `spacciare’ la menzogna di uno stato per “un popolo che vive da sempre in territorio nemico.”
    Menzogna storica che non trovava alcuna conferma come dimostreranno i cinquattott’anni di vita dell’emporio criminale sionista: neanche l’improvvisa rinuncia al tradizionale cosmopolitismo parassitario ebraico e il passaggio (con l’ala revisionista di Ze’ev Jabotinsky) a posizione di fanatico nazionalismo colonialista risolveranno i problemi delle comunità ebraiche della Diaspora casomai accentuati dalla evidente contraddizione della “doppia fedeltà” (alle nazioni `ospitanti’ e al neonato “stato d’Israele”).
    Ciononostante l’appello lanciato da Herzl “all’unità ed all’azione contenuto nel messaggio sionista fornirà agli ebrei di tutto il mondo una forza contrattuale ed un potere politico mai prima posseduti” (1).
    Le tesi di Herzl approvate al primo congresso sionista di Basilea forniranno l’alibi per un’azione di pressione esercitata dalle principali organizzazioni sionistiche internazionali sui Governi dell’Europa per la concessione di non meglio specificati `diritti’ ad una “homeland” ebraica in Terrasanta.
    L’idea della creazione di uno Stato nella “terra promessa” dei “patriarchi” biblici d’Israele si coniugava con una visione estremistica e radicale del tradizionale fondamentalismo escatologico talmudico; metabolizzando il mito dell’inviolabilità del “Patto” stipulato tra Abramo il Patriarca ed il dio esclusivo e geloso d’Israele, Yahvè, con l’idea modernista del pionierismo avventuristico-colonial-espansionista propria dei movimenti nazionalistici della borghesia ottocentesca d’Europa.
    In realtà ai dirigenti sionisti interessava esclusivamente che le grandi potenze europee prendessero a cuore le loro rivendicazioni nazionali contando anche sull’apporto influente della potente comunità ebraica statunitense.
    Saranno Francia e Gran Bretagna che svilupperanno una politica di autentica sottomissione e vassallaggio nei confronti delle istanze del movimento sionista, accettando operativamente di cooperare con le principali organizzazioni sionistiche fin dall’inizio della Grande Guerra del 14-18.
    Nella percezione araba del problema sionista è invece possibile rilevare come, contrariamente a quanto si continui a `spacciare’ per vero, i dirigenti delle organizzazioni palestinesi e del neonato movimento nazionalista pan-arabo avessero ben compreso il pericolo mortale rappresentato da quest’insidioso attivismo sionista presso le principali cancellerie europee.
    E gli arabi non rimasero affatto passivi dinanzi alle mire strategiche sioniste: sul finire del secolo si sviluppò un moto palestinese spontaneo di ribellione contro la riforma, decretata dall’Impero Ottomano allora egemone nell’area, relativa ai visti per l’immigrazione sionista fino ad allora ufficialmente illegale.
    Nel 1901 si registrarono i primi disordini causati dai cittadini arabi residenti nell’area del lago di Tiberiade che protestarono per impedire la vendita dei loro territori alle organizzazioni sioniste europee e statunitensi.
    Nel 1903 a Giaffa, a seguito dell’apertura dell’Anglo-Palestine Bank (emanazione della plutocrazia sionista inglese), si verificarono violenti tumulti tra arabi cristiani e musulmani e forze di polizia ottomane.
    La protesta si estese rapidamente a tutte le cittadine della Palestina anche nelle città spesso insensibili dei ricchi notabili locali (che risiedevano all’estero e si dimostravano ben disposti a svendere terre e braccianti ai dirigenti sionisti).
    Non tutti però i possidenti terrieri arabi erano così avidi di incassare l’oro sonante dei sionisti se, nel 1891, una delegazione di questi ricchi agrari palestinesi aveva spedito una petizione direttamente all’attenzione del Sultano di Costantinopoli per richiedere all’autorità ottomana di fermare la svendita delle proprietà arabe.
    Nel 1899 il sindaco di Gerusalemme, ex deputato al Parlamento Ottomano, scriverà al Gran Rabbino capo di Francia una missiva per richiedere “per un sacro dovere di coscienza” di “lasciare in pace la Palestina”.
    Le popolazioni e la classe dirigente palestinese non era rimasta affatto insensibile alle rapaci mire dei sionisti.
    Quando nel 1908 verranno introdotti i primi giornali in lingua araba (frutto anche del cedimento interno all’Impero Ottomano in preda alla rivoluzione laica dei Giovani Turchi) a Giaffa e a Gerusalemme verrà iniziata una vasta campagna d’informazione tesa a dissuadere abitanti e proprietari terrieri dal vendere le case e le terre agli ebrei.
    Nello stesso periodo venne creata un’associazione palestinese a Haifa con lo scopo di proteggere gli interessi nazionali arabi mediante una serie di pressioni da esercitare nei confronti del Governo locale e di quello centrale ottomano per indurlo a decretare leggi speciali sull’immigrazione ebraica in Palestina e ostacoli alla libera vendita dei territori a compratori stranieri.
    Nel 1911 la vendita di un consistente lotto di territori a una organizzazione sionista da parte di un ricco possidente libanese causerà l’espulsione di oltre 1750 famiglie arabe dai loro villaggi i quali verranno immediatamente colonizzati dai nuovi immigrati ebrei provenienti dall’Europa orientale.
    La Guerra Mondiale farà esplodere le innumerevoli contraddizioni della politica double-face degli Imperialismi di Francia e, soprattutto, Gran Bretagna. Londra si assumerà - con la nota dichiarazione Balfour (novembre 1917) - la responsabilità gravissima di aver concesso al movimento sionista dei diritti su un territorio che, storicamente, apparteneva ad una terza nazione (l’Impero Ottomano).
    Nascerà nel 1919 il Congresso Nazionale Palestinese che si riunirà a Damasco e successivamente in altre capitali arabe per porre un argine alle mire dei sionisti sostenute apertamente dalla nuova potenza mandataria quella Gran Bretagna che designerà, quale nuovo `Console Generale di Palestina’ un sionista emerito quale sir Herbert Samuel riconosciuto dalla kehillah ebraica in Terrasanta al pari di un moderno re Salomone ed accolto tra l’indifferenza unanime dei non ebrei (cristiani e musulmani) e l’esultanza scomposta degli ebrei.
    Nel primo dei Congressi Nazionali Palestinesi venne anche redatta una Carta Palestinese che indicava espressamente il territorio storico della Terrasanta secondo la dizione tradizionale dell’epoca ovvero come Siria meridionale. Nel terzo dei Congressi Nazionali Palestinesi (svoltosi ad Haifa nel 1920) si parlerà espressamente di “stato indipendente palestinese” e di autonomia nazionale della Palestina.
    In funzione di questo obiettivo il Congresso eleggerà un Comitato Esecutivo Arabo del quale diverrà presidente , di lì a qualche anno, Haji Amin al Hussaini Gran Muftì - cioè massima autorità religiosa e politica - di Palestina.
    Incidenti gravissimi si registeranno un anno più tardi a Giaffa in occasione della festività del 1° Maggio (la festa del lavoro d’ispirazione socialista) quando una manifestazione di lavoratori ebrei verrà aggredita dalla folla inferocita della stragrande maggioranza araba locale che, contraria all’ideologia marxista (prodotto dell’intellighenzija giudaica secondo l’espressione dell’epoca e quanto `affiorava’ dal documento progettuale-
    programmatico noto come Protocolli dei Savi Anziani di Sion), riterrà la provocazione sionista un gravissimo affronto alle tradizioni arabo-palestinesi.
    E’ da questa serie di presupposti, dalla scomparsa degli Imperi Centrali, dalla cancellazione di quello ottomano e la conseguente spartizione tra le potenze europee, dalla nascita della repubblica dei soviet di Russia che - tre decenni dopo - la Società delle Nazioni darà il suo pieno sostegno alla politica dell’assimilazione e dell’integrazione dell’immigrazione ebraica favorita dall’amministrazione britannica; prima ufficializzazione per i progetti di occupazione territoriale ed espansione del movimento sionista internazionale.
    In un articolo purtroppo maledettamente profetico scriverà il più coerente studioso italiano della questione ebraica - Giovanni Preziosi direttore del mensile “La Vita Italiana” - in data 15 settembre 1920 : “Il 1° luglio 1920 l’amministrazione della Palestina accolse l’Alto Commissariato nominato dall’Inghilterra, sir Herbert Samuel, ebreo e zelante sionista, un uomo che è stato ripetutamente ministro, gloria del Partito Liberale della Gran Bretagna. Gli israeliti convocarono subito dopo l’arrivo di sir Herbert Samuel, un’Assemblea Nazionale, eletta sulla base del diritto universale di voto, assemblea (chiamata in ebraico Assefat ha nichwarim) che ha nominato un Consiglio Nazionale per la direzione delle agenzie autonome israelite e per la protezione dei diritti derivanti dal mandato (Wand le Umi)… I musulmani si rivolsero con vibranti indirizzi antisemitici anche al cardinale Giustini, quando andò a rappresentare la Santa Sede alla festa centenaria di San Francesco d’Assisi in Terrasanta.” - ed ancora ecco come Preziosi descrive l’atmosfera regnante in Palestina all’arrivo del nuovo Governatore `britannico - “Sir Herbert Samuel veniva chiamato dai suoi ebrei “Scemuel Nagid”, “Samuele il Principe” - sottinteso d’Israele - il quale `fu ricevuto a Gerusalemme nel silenzio glaciale dei non ebrei e tra gli entusiasmi dei suoi ebrei, tutto perchè tutti sapevano di chi e di che cosa era realmente “Alto Commissario”. Ed ecco come l’autorevole “Jewish Guardian” racconta i fuochi d’artificio della frenetica accoglienza ebraica all’Alto Commissario ebreo, traduciamo letteralmente: “L’aria era carica d’elettricità a causa dell’estasi di noi ebrei. L’adorazione che ispirava l’Alto Commissario brillava negli occhi dei presenti che accompagnavano il suo cammino con un tuono non interrotto d’acclamazioni. Nella pienezza di tali squisite delizie che nessuna parola umana può esprimere, molti versavano lacrime, e l’entusiasmo di tutti era tanto sincero, così ardente di gratitudine, che si poteva sentirvi la divina palpitazione del cuore di un intero popolo.” (Jewish Guardian del 20.08.1920).”
    “Quando si dice - continua Preziosi - che sir Herbert Samuel è il commissario ebreo-britannico di Palestina non si dice affatto un’esagerazione. Nominato commissario, prima di partire per la Palestina, sir Samuel ebbe la solenne investitura nella sinagoga di Londra ove un servizio di gala fu dato in suo onore al Tempio di West End. Egli dette il suo proprio “Sepher Torah” (Libro della Legge) al rabbino come pegno della sua fedeltà al `mandato israelitico’. Egli fece la lettura liturgica della Legge, i suoi figli recitarono l’Hafterah…quindi corse a Gerusalemme per inaugurare nell’Eretz Israel il regno neo-salomonico.”.
    I frutti amari di questa truffa compiuta dal Foreign Relations britannico ai danni del popolo arabo e palestinese legittimo proprietario della Terrasanta non si faranno attendere.
    In pochi anni i sionisti edificheranno - sotto l’ala benevola del mandato britannico - le strutture che , con la dichiarazione d’ “indipendenza” dell’aprile 1948 del cosiddetto “stato d’Israele”, confluiranno immediatamente a formare le fondamenta istituzionali sioniste.
    Tra queste organizzazioni ricordiamo il Keren Keyemeth Le Israel (Fondo Nazionale Ebraico) istituito nel 1901 su iniziativa dell’Organizzazione Sionistica Universale con funzioni di raccolta dei fondi necessari all’acquisizione - spesso con mezzi fraudolenti o minacce - dei terreni strappati ai possidenti arabi. Nel 1920 una parte delle sue funzioni passarono al Keren Hayeshod (l’Appello Unito) organismo che andrà a confluire nel `29 nella “Jewish Agency for Palestine” (l’Agenzia Ebraica) autentica direzione strategica degli affari sionisti con sedi a Londra, Gerusalemme e - durante il secondo conflitto mondiale - New York. Attraverso l’azione del Keren Keyemeth Le Israel verranno istituiti i primi insediamenti dei coloni all’inizio del Ventesimo secolo che , successivamente nel 1920, confluiranno nella Histadrut (la Confederazione Generale dei Lavoratori Ebrei in Eretz Israel) che contribuirà a finanziare l’Haganah (Difesa) ovvero il primo nucleo del futuro esercito israeliano.
    Occorre riconoscere i nessi storici di convergenza del Sionismo Internazionale con la Finanza mondiale, i movimenti politici e le strategie dell’Imperialismo che - fin dalla fine del XIX° secolo - ha sempre assecondato i piani d’espansione dei sionisti, le loro mire politiche e i loro disegni egemonici nella regione vicino orientale.
    Note :
    1) Piero Sella - “Prima d’Israele” - ediz. de “L’Uomo Libero” - Milano 1990.

  6. #6
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    gli ultimi rpg 'tirano' destra.
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  7. #7
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  8. #8
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    Citazione Originariamente Scritto da mayanti Visualizza Messaggio
    gli ultimi rpg 'tirano' destra.
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    beh, non lo so se i suoi rpg tirano solo a destra o anche a sinistra....sai, lui è un criptocomunista

    ora è a Beirut, chiederò info sulla gittata.
    Forse arrivano fino a Tel Aviv!

  9. #9
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    Psicologia criminale ebraica" di Julius Evola

    - di Dagoberto Husayn Bellucci

    Pubblicato una prima volta in forma di articolo per la rivista "La Difesa della Razza" del luglio 1939 il presente saggio di Evola venne riproposto per i tipo della "Sentinella d'Italia" trent'anni or sono. Merita la nostra attenzione per la puntuale ricognizione analitica che l'autore - sicuramente una delle personalità più importanti della cultura non conformista italiana nonché un autorevole testimone di vicende storico-politiche fondamentali nella storia nazionale - riserva ad uno degli aspetti più interessanti della questione ebraica: la doppia fedeltà.
    Il volume prende in considerazione lo sviluppo della concezione ebraica del delitto partendo dalle analisi del dottor Mikorey contenute in un saggio uscito in Germania pochi mesi prima dell'inizio del secondo conflitto mondiale.
    All''Ebraismo in fatto di morale e di visione del mondo è propria una "dottrina della doppia verità" non per antinomie scolastiche ma per precisi scopi tattici. La doppia verità ebraica è quella che predica - esteriormente - il vangelo della democrazia e dell'eguaglianza mentre riserva a sé stesso - interiormente - un rigoroso esclusivismo razzista e nazionalista.
    "L'accennata finalità tattica di questa duplicità (…) - scrive Evola - è ben evidente: mentre l'una morale, quella interna - è destinata a rafforzare e preservare la razza ebraica , l'altra, quella esterna predicata ai "gentili", ai goim, ha lo scopo di spianare le vie ad Israele….
    Non vi sono dubbi su quali siano gli scopi del Giudaismo : da una lato si serve di altisonanti principi democratici e egualitari per livellare il corpo sociale e istituzionale delle società non ebraiche; dall'altro lato conduce ad una identificazione nazionalistica e razzistica che innalza il popolo ebraico al rango di popolo "eletto" conformemente alle disposizioni della Torah , del Talmud e del documento programmatico noto come "Protocolli dei Savi Anziani di Sion" ovverosia del programma di accampamento, occupazione e spoliazione delle nazioni gentili.
    Nei riguardi di Israele la tradizionale concezione ebraica del delitto è quantomai rigida e formalistica. Il delitto infatti è irrimediabile, esso assume i tratti di una violazione della legge divina, una infrazione che dev'essere punita con il massimo della pena. Non esiste alcuna indulgenza, non si procede in distinzioni né in disquisizioni giudiridiche come quelle di dolus, colpa ecc. ecc.
    La legislazione ebraica è in materia di delitto assolutamente irreprensibile: non esiste attenuante che tenga né circostanze che possono avere valore di prova a difesa del malcapitato. La legge mosaica resta fedelmente e radicalmente attaccata allo ius talionis , alla legge del taglione, nella sua unilaterale rigidità.
    La rigida concezione del diritto interno alle comunità ebraiche della Diaspora le ha preservate per secoli da ogni possibile tendenza che avrebbe potuto erodere lo status quo del diritto interno di ogni singola kehillah (comunità). La Legge Ebraica difende sé stessa senza alcuna sensibilità per considerazioni di ordine sociologico o psicologico poiché il delitto è esclusivamente assunto nel suo aspetto oggettivo di fatto e come tale giudicato.
    Qualora avessero proceduto diversamente le comunità ebraiche avrebbero probabilmente rischiato derive inquietanti o scismi e separazioni indesiderati.
    La situazione cambia quando si osserva la "morale" ebraica applicata alle scienze giuridiche moderne e destinate alle società non ebraiche. E' un paradossale capovolgimento di vedute quello operato dal Giudaismo : tanto è rigido e intransigente nei riguardi della propria comunità esso si rivela comprensivo e giutificazionista (oggi diremmo buonista) nei confronti del colpevole.
    "E quel diritto dello Stato a difendersi, così dichiaratamente riconosciuto nel riferimento alla comunità ebraica, ecco che, se riferito ai popoli e alle civiltà non ebraiche in cui Israele si trova ospite, viene descritto come una vera bestia nera, qualcosa di arbitrario e di inumano, contro cui si mobilizzano tutti gli argoemnti psicologici e sentimentalistici, e tutti gli accertamenti di una presunta "scienza."
    Il breve saggio evoliano prende in considerazione alcuni dei principali autori ebrei: dall'italiano Cesare Lombroso al "tedesco" Aschaffenburg citando il detto dell'ebreo Werfel che arriverà a proclamare "Non l'assassino, ma l'assassinato è colpevole" continuando con alcune citazioni e riferimenti dal noto volume de "Il Processo" dell'ebreo Kafka e non tralasciando alcuni "paludamenti scientifici" derivati dalle note teorie "psicologiche" dei giudei Freud e Adler.
    La doppia verità è una conseguenza del pensiero criminale ebraico in relazione alle società non ebraiche. Il delitto - secondo Adler e lo stesso Freud - è causato sempre dalla violenza collettiva - conscia o inconscia - delle società contro la quale si ribella lo spirito del singolo il quale , ed ecco il giustificazionismo giudaico , deve superare un complesso d'inferiorità insopportabile.
    Quale completo ribaltamento dei valori viene operato sul piano penale è presto detto: il delinquente è un emarginato, un complessato, un asociale a causa della violenza psicologica che viene esercita dalla società contro di lui. Non si ricorrerà solamente a motivazioni umanitarie ma si spenderanno fiumi di parole per analizzare psicologicamente ogni possibile attenuante, qualsiasi giustificazione, tutte le possibili scappatoie giuridiche utilizzabili contro la legge. Non sarà casuale l'alta percentuale di avvocati e giudici ebrei che opereranno camaleonticamente nelle società goiym.
    Non staremo a dilungarci oltre - invitando alla lettura del saggio in questione - ma sottolineiamo come Israele edificato il proprio "stato nazionale" in Palestina si sia ben guardato dal darsi una legislazione scritta: la legge di Israele è quella che verrà decisa dalle sentenze dell'Alto Tribunale Rabbinico. Una lex judaica che ovviamente , ripetendo la doppia morale ebraica, cercherà di 'applicare' quel giudaico principio dei due pesi due misure a seconda che si tratti di ebrei o di non ebrei.
    Inutile soffermarci su quello che viene commesso quotidianamente dall'esercito d'occupazione sionista nei Territori Palestinesi, sulla soppressione dei diritti elementari per i palestinesi e sulle angherie alle quali sono stati sottoposto per più di mezzo secolo dalla tirannia giudaica.
    Dura lex sed lex proclamavano i romani , padri del Diritto.
    Israele - che rifiuta il diritto ma lo impone alle sue vittime - concepisce ancora oggi la sua esistenza come Stato Nazionale e come Comunità della Diaspora nel segno della doppia morale.


    Dagoberto Husayn Bellucci - dir. resp. agenzia stampa "Islam Italia"

  10. #10
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    ROGER GARAUDY - "I MITI FONDATORI DELLA POLITICA ISRAELIANA"

    di Dagoberto Husayn Bellucci - Dir. Resp. Agenzia di Stampa "Islam Italia"

    Il testo pubblicato alcuni anni or sono dalle edizioni "Graphos" rappresenta un importante contributo nella ricerca storica sulla nascita, lo sviluppo e l'espansione del movimento sionista.

    L'autore, Roger Garaudy, ex militante marxista e noto teorico del PCF (Partito Comunista Francese) negli anni settanta , dopo la sua conversione alla fede islamica ha pubblicato diversi saggi e articoli inerenti la questione palestinese.

    Quest'attività di controinformazione gli ha procurato non pochi problemi e l'ha iscritto - "ad honorem" - nella "lista nera" dei circoli sionisti d'oltralpe.

    Accusato, anni or sono , assieme all'Abbè Pierre di "antisemitismo" dalla Lega contro l'Antisemitismo (la famigerata LICRA) francese; Garaudy ha dimostrato nel presente scritto una lucidità d'analisi e una chiarezza nella sintesi espositiva non irrilevanti che mettono a fuoco i momenti salienti dell'evoluzione storico e della prassi genocida del movimento sionista prima e dell'entità criminale sionista successivamente.

    Il volume in questione ha il pregio di aver spezzato le catene dell'indifferenza tra le quali viene regolarmente imprigionato il pensiero anti-conformista relativo alla cosiddetta questione ebraica rivelandosi inoltre come uno studio scientifico e rigoroso fondato su una ricca documentazione bibliografica, su dichiarazioni e interviste sempre di estrema attualità per comprendere l'essenza e le radici (anche quelle fondamentaliste messianiche e escatologiche dell'esclusivismo razzial-religioso ebraico) del movimento sionista.

    Secondo la lettura fondamentalista dei rabbini ultra-ortodossi si evince chiaramente la volontà delle comunità israelitiche di determinare , fin dalla nascita del movimento sionista (1897), uno stato di conflittualità permanente nelle regini del Vicino Oriente arabo.

    Tutto quanto successo dal 1948 - anno della fondazione ufficiale dello stato-pirata d' "Israele" - fino ai giorni nostri assume , alla luce delle dichiarazioni e dei documenti prodotti da Garaudy, i crismi di un inevitabile sbocco della volontà genocida del movimento sionista nato culturalmente in ambito europeo, apparentemente laico e socialista, ispirato ai principii guida della borghesia capitalistica europea di fine ottocento (il nazionalismo, l'espansionismo e il colonialismo).

    "Gli abitanti del mondo possono essere divisi tra Israele e le altre nazioni prese in blocco. Quello d'Israele è il popolo eletto: dogma capitale." scriverà il rabbino Cohen nel suo commento al Talmud.

    Procedendo ad una attenta analisi del volume è possibile rintracciare analoghe ammissioni di una superiorità che si fonda sul sangue e sulla fedeltà al Tempio (criterio razziale e confessione il primo procedente , presso gli ebrei, dal ramo genealogico matrilineare che attesta che è ebreo chiunque nasca da madre ebrea) anche in dichiarazioni di eminenti appartenenti al Sionismo cosiddetto politico.

    "L'amara ironia della sorte ha voluto che le stesse tesi biologiche e razziste divulgate dai nazisti servano di base alla definizione di ebraicità in seno allo Stato d'Israele." ammetterà candidamente il Giudice della Corte Suprema israeliana Haim Cohen.

    Secondo quanto afferma Garaudy il mito fondante la creazione dello stato ebraico in Palestina sarebbe la menzogna dell'Olocausto ovvero il preteso sterminio dei sei milioni di ebrei durante l'ultimo conflitto mondiale.

    Citando storici revisionisti di fama internazionale lo storico francese riesce a disintegrare la montagna di menzogne che, una propaganda sistematica e capillare è riuscita a sostenere per oltre mezzo secolo.

    A distanza di sessant'anni dal preteso "genocidio ebraico" analizzando documentazioni e reperti chimici, attraverso le analisi di tecnici, si è riusciti a dimostrare inequivocabilmente che l' "Olocausto" - attuato mediante camere a gas e forni crematori - del popolo ebraico sia essenzialmete una grandiosa fandonia alimentata ad arte dalle centrali disinformative dell'entità sionista e sostenuta , coram populi, dalla pletora ossequiosa del ruffianismo sistemico internazionale.

    Ci sarebbero voluti almeno un centinaio di anni ai tedeschi per "gasare" e successivamente "cremare" quella massa di persone che, una storiografia condizionata dalle pressioni esercitate dalla potente Lobbye Ebraica, pretenderebbe insindacabile.

    "Il mito dei sei milioni di ebrei sterminati in Europa durante l'ultimo conflitto mondiale è assurto a dogma che giustifica e sacralizza (come implica la parola stessa "olocausto") tutte le prevaricazioni dello Stato d'Israele in Palestina.
    Il Tribunale Militare di Norimberga ha ufficializzato questa cifra che non ha mai cessato , da allora, di servire alla manipolazione dell'opinione pubblica occidentale."
    (crf dal volume "Trial of the Major War Criminals")

    Sulla base di una menzogna storica dunque il Sionismo politico ha costruito le sue fortune e soprattutto costretto i grandi organi d'informazione - tutti sotto il controllo sionista - a idolatrare il nuovo dogma del Novecento.

    Nessuna voce, alcune delle quali anche autorevoli, che si sia ribellata alle "verità" stabilite arbitrariamente dai sionisti e diffuse dalla loro propaganda è riuscita a perforare questo muro di omertà sistemica eretto dall'"alto" nei vertici del sistema mondialista, nel chiuso delle potenti logge massoniche e nei consigli di amministrazione delle Multinazionali.

    Da Rassinier a Faurisson , da Irving allo stesso Garaudy tutti i principali studiosi che si sono avvicinati con spirito di verità e con la volontà di fare luce su questa inaudita menzogna sono stati oggetto di ritorsioni e spesso di rappresaglie anche violente da parte dei potentati sionisti.

    In quest'ottica il recente appello lanciato dal presidente della Repubblica Islamica dell'Iran , Mahmood Ahmadinejad, che - durante il vertice internazionale del Consiglio della Cooperazione asiatica a Pechino - ha richiesto una commissione d'inchiesta internazionale sull'olocausto risulta estremamente funzionale nel senso di una ravisione critica che sia il più possibile imparziale e esente dai meccanismi coercitivi d'influenza del Sionismo mondiale.

    Il mito fondatore dell'entità sionista è dunque la menzogna dello sterminio dei sei milioni di ebrei in Europa che, come scrive Garaudy, ha legittimato l'occupazione del territorio palestinese da parte dei sionisti e la creazione di uno Stato neo-colonialista nel Vicino Oriente.

    Un avvenimento che altrimenti non trova alcuna giustificazione nè storica nè di altro ordine: l'invenzione artificiosa di un entità statale per un popolo materialmente disperso nei quattro angoli del pianeta.

    Un altro dei miti duri a morire è quello relativo alla menzogna del popolo senza terra per una terra senza popolo elaborato dalla propaganda sionista fin dai primi anni Venti del secolo scorso.

    In realtà quando gli ebrei si installarono in Palestina esisteva una stragrande maggioranza della popolazione araba di fede islamica e cristiana (oltre l'80% all'indomani del primo conflitto mondiale) da risultare assurda qualsivoglia pretesa ebraica su questo territorio.

    L'unica reale legittimazione per la conquista sionista della Palestina appare dunque fondata su motivazioni esclusivamente bibliche, collegate ad una visione distorta della teologia del Vecchio Testamento.

    "Le stesse statistiche del Governo israeliano mostrano che il 15% degli israeliani sono religiosi. Questo non impedisce al 90% di essi di affermare che questa terra è stata data loro da Dio ...al quale non credono!".
    (citazione dal libro di Nathan Weinstock - "Le Sionisme contre Israel" - ediz. Maspero - Paris 1969)

    L'attuazione di un simile piano di occupazione territoriale venne elaborata metodicamente dai dirigenti sionisti degli anni Trenta; dai vari Chaim Weizzman e Vladimir Jabotinsky (per i sionisti più radicali il vero padre fondatore dell'entità sionista) attraverso l'acquisizione di territori arabi , con contratti spesso illegalmente estorti ai legittimi proprietari, con lo smembramento delle vecchie istituzioni agricoli palestinesi, con la costituzione di colonie di lavoro autogestite dai sionisti (i kibbutz) e da loro difese armi alla mano con milizie di fanatici fondamentalisti accorsi da mezzo mondo nell'Eretz Israele.

    Queste iniziative promosse fin dagli anni Venti del Novecento dalla Jewish Agency e dai vari Keren Kehyemet Le Israel, dal Keren Hayeshod, dal World Jewish Congress e da altre istituzioni pro-sioniste serviranno, al momento della costituzione dello Stato d'Israele, per fondare i nuclei direttivi, la direzione strategica, politica e militare, gli uffici di collegamento estero, le società e le imprese, la polizia e il futuro esercito dell'entità sionista.

    L'Haganà , la Banda Stern, l'Irgun Zvei Levi sarebbero infatti state inquadrate e incorporate successivamente al primo conflitto arabo-israeliano (1948-49) nei ranghi di "tsahal" e utilizzati come serbatoio di uomini per i futuri servizi di sicurezza israeliani (Mossad e Shin Beth).

    Analogamente dalla Jewish Agency verranno reclutati i futuri dirigenti della politica israeliana.

    "La politica agraria dei dirigenti israeliani - scrive Israel Shahak citato nel volume da Garaudy - è stata quella di una spoliazione metodica dei contadini arabi. Per cancellare perfino il ricordo dell'esistenza della popolazione agricola palestinese e accreditare il mito del "paese deserto" , i villaggi arabi furono distrutti con le loro case, i loro recinti e anche i loro cimiteri. Per convincere che prima di Israele la Palestina era deserta , centinaia di villaggi sono stati spianati dai buldozer con le loro case, le loro recinzioni , i loro cimiteri e le loro tombe."

    Dovete leggere il volume di Roger Garaudy esempio di efficace controinformazione e testimonianza autorevole nella lotta culturale contro il sionismo e i suoi complici.

 

 
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