STORIE / Quelle riforme sempre annunciate e mai partite - Il Sole 24 ORE
STORIE / Quelle riforme sempre annunciate e mai partite
di Antonello Cherchi e Giuseppe Latour
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commenti - 11| Condividi su: |vota su ||17 maggio 2010
Ora è la volta di Renato Brunetta. Il ministro della Pubblica amministrazione pretende una cifra che in tutti questi anni è rimasta segreta come una formula esoterica. Con una direttiva dei giorni scorsi ha intimato che entro il 15 giugno l'esatto numero delle auto blu sia disponibile sulla sua scrivania.
Intende, insomma, mettere in fila una per una, amministrazione per amministrazione, le vetture di rappresentanza, quelle che come pochi altri simboli danno, almeno qui in Italia, la misura del potere. Ma anche delle prepotenze: non è, infatti, raro che l'auto blu viaggi in deroga al codice della strada. E degli sprechi. Perché se si sta alle stime approssimative, l'Italia è un paese di capi.
Quello di Brunetta non è, dunque, un mero esercizio contabile: vuole capire se ci sono margini per tagliare spese superflue. Tentativo non nuovo. Prima di lui ci si sono cimentati in tanti. A partire dal 1991. Ma senza successo. Perché è sempre venuto meno il presupposto: il numero di quante siano.
Il calcolo delle auto blu è una di quelle riforme impossibili, come il taglio delle province o degli enti inutili. O come la sostituzione della carta d'identità cartacea con quella elettronica. Obiettivi in alcuni casi perseguiti da mezzo secolo e oltre, che danno il senso, più di altre sfide, di una pubblica amministrazione che non riesce a rinnovarsi.
La prima ipotesi di taglio delle auto blu risale al 1991: la legge 421 aveva imposto la dismissione per poter affidare il servizio a società private. Il Dpcm del 13 luglio 1994, invece, aveva previsto una riduzione di un terzo del parco macchine delle amministrazioni dello Stato. E la Finanziaria 2005 aveva fissato una lunga serie di vincoli di spesa. Tutto, immancabilmente, rimasto lettera morta.
Segue.