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    Predefinito intervista a ferrero(oggi su liberazione)

    Uguaglianza e libertà: ecco il cuore
    vitale della rifondazione comunista
    Dino Greco
    «Io, sinceramente, non so chiamarla in altro modo che scissione». Paolo Ferrero, segretario nazionale del Prc, definisce così la scelta di Nichi Vendola e degli altri esponenti della minoranza del Prc che da Chianciano hanno definito il loro gesto come un addio, un "partire" verso nuovi lidi e nuove imprese politiche. Una scelta che per il segretario del Prc è frutto di un importante "errore di valutazione" sulle ragioni della sconfitta. E che colloca l'iniziativa degli scissionisti su un terreno di subalternità al moderatismo del Pd, anziché su quello della costruzione democratica di una nuova "utilità sociale della sinistra". Obiettivo rispetto al quale il fallimento delle esperienze di governo e di alternanza dimostra che "non c'è scorciatoia a un cammino non politicista di costruzione di diversi rapporti di forza tra la sinistra di alternativa e il centrosinistra".

    Una divisione non può mai essere giudicata in modo positivo. Quali sono a tuo avviso gli elementi che hanno prodotto questa frattura?
    Penso che il punto di fondo che ha portato alla scissione riguardi due elementi.
    Il primo è la totale incomprensione delle ragioni della sconfitta elettorale. Non si è capito che la Sinistra arcobaleno ha perso innanzitutto perché non era stata in grado di svolgere un ruolo positivo nella vicenda del governo Prodi. Cioè non si è capito che quel percorso che noi pensavamo servisse a costruire l'alternativa si è rivelato una pura alternanza in cui le nostre istanze di cambiamento sono state ignorate. L'alternanza si è mangiata l'alternativa. Questo a mio parere è l'errore politico di fondo a causa del quale questi compagni, anziché pensare di dover ricostruire le ragioni dell'alternativa, come ha fatto il Prc dopo il ‘98, propongono uno sbocco politico di ulteriore riavvicinamento al Pd; sino all'ipotizzare di costruire un partito di cui sia leader D'Alema.

    E il secondo elemento?
    Riguarda l'abbandono di qualsiasi riferimento al comunismo. Il Prc ha potuto giocare il proprio ruolo proprio in quanto ha tenuto insieme i due termini: rifondazione e comunista. E attraverso ciò ha prefigurato un'uscita da sinistra dalla crisi del comunismo e ha combattuto l'occhettismo. Mi pare invece che questa scissione si collochi del tutto dentro il filone occhettiano. Ma accanto a questo c'è anche un ulteriore elemento, che attiene alla cultura politica.

    E cioè?
    Cioè l'incapacità di fare i conti fino in fondo con la democrazia e quindi di accettare la possibilità di essere minoranza. Questo segnala, secondo me, una discrasia enorme tra parole e fatti, perché uno degli elementi della rifondazione comunista su cui abbiamo sempre insistito è proprio la intangibilità del tema della libertà, quindi della democrazia. Credo di poter rilevare questa distanza tra parole e fatti anche nel tipo di polemica rivolta al Prc: la falsità nell'attribuzione delle posizioni e la denigrazione hanno caratterizzato quest'ultimo periodo in modo tragicamente monotono. Evidentemente in questa cultura politica ristagna un pezzo di stalinismo pratico.

    Un giudizio aspro. Da segretario del partito, che valutazione complessiva fai della rottura e delle sue conseguenze?
    La considero grave e dolorosa. Penso sia contraddittoria, in quanto si fa una scissione in nome dell'unità della sinistra. Eppoi perché, come sempre, quando c'è una scissione il risultato vero è che in primo luogo si rischia di mandare a casa un sacco di persone, di deluderle, demotivarle. La definizione che mi sento di usare è la medesima che usammo nel documento del IV congresso di Rimini, dopo la scissione di Armando Cossutta. Dicemmo: "La scissione si è rivelata inoltre dannosa per l'insieme della sinistra. Nel contesto della crisi della politica, ha introdotto ulteriori elementi di non credibilità dell'insieme della sinistra, della sua capacità di confronto, di determinare aggregazioni, risposte unitarie, intese. Ancora una volta affiora invece la tendenza alla separazione nell'insieme della sinistra, alla divisione delle esperienze organizzate, alla prevalenza dell'incomunicabilità, appena appare un dissenso, senza misurare fino in fondo il suo grado di compatibilità con gli obiettivi strategici".

    Richiami appunto un'altra rottura del passato. Sembra che la sinistra abbia un'incapacità di superare la dicotomia autonomia-unità e una difficoltà a corrispondere alle istanze unitarie del proprio popolo. Sembra che le sconfitte ingenerino piuttosto sentimenti di rivalsa come in effetti si sono registrati già nel clima congressuale…
    Penso che il nostro problema sia di saper coniugare l'esercizio della democrazia nelle scelte interne - cioè il fatto che i congressi devono servire a decidere in modo chiaro la linea politica - e la scelta della gestione unitaria del partito. Non va applicato lo schema per cui chi vince prende tutto. Bisogna invece tenere insieme la scelta dell'indirizzo politico con la tutela della comunità. E' per questo che avevo proposto la gestione unitaria dopo il congresso e la ripropongo oggi. A differenza di quel che facemmo dopo Venezia, quando alle minoranze venne indicata la porta. In questo, secondo me, c'è un passaggio della rifondazione sinora rimosso e che dobbiamo assolutamente praticare. Senza arrenderci.

    Proprio a partire dalla valutazione della sconfitta, si pone però anche il tema dell'efficacia politica della sinistra, che tu stesso hai sollevato sin dal congresso.
    Penso che oggi il tema fondamentale sia la costruzione di un'efficace opposizione di sinistra. E che questo tema lo si possa affrontare unicamente se si ha la più piena autonomia dal Pd, che sulle questioni principali - penso al federalismo, la riforma della contrattazione, la riforma della giustizia - bene che vada, è incapace di assumere una posizione efficace, mentre nella peggiore delle ipotesi è dannoso. La questione è come si costruisce una sinistra autonoma dal Pd che sappia, come abbiamo fatto a partire dalla manifestazione dell'11 ottobre, entrare in relazione positiva con le mobilitazioni della Cgil e del sindacalismo di base. Importantissimo sarà lo sciopero generale della Fiom e della Funzione pubblica del 13 febbraio. Quindi il tema è quello della costruzione unitaria di un movimento di massa contro il Governo e la Confindustria, come abbiamo fatto dopo Genova. Qui sta il tema politico dell'efficacia. Che non richiede solo autonomia dal Pd, ma comporta la costruzione di un progetto che preveda da un lato la ricostruzione del senso della politica e dall'altro l'uscita da sinistra dalla crisi. Per questo abbiamo proposto e continuiamo a proporre il coordinamento di tutte le forze di sinistra: per ricostruirne l'utilità sociale.

    Quindi non escludi a priori rapporti unitari a sinistra?
    Certo che no, ma questi non vanno letti in chiave politicista. Ricostruzione del senso della politica, per me vuol dire non essere accecati da una centralità ossessiva delle relazioni istituzionali, ma saper ridislocare la nostra azione nella società, sia nella costruzione del conflitto sia nella costruzione di forme di mutualismo. Quello che abbiamo chiamato il partito sociale. Per quanto riguarda il progetto di uscita da sinistra della crisi, il punto è coniugare la battaglia per la redistribuzione del reddito e del potere con la proposta di un intervento pubblico centrato sulla riconversione ambientale e sociale dell'economia. In questo quadro, visto il ruolo che il razzismo e il sessismo hanno nella costruzione politica del blocco dominante, è evidente che non vi può essere alcuna separazione tra la lotta per la libertà e quella per l'uguaglianza, tra gli interessi materiali e i valori.

    Tu dici che l'alternanza si è mangiata l'alternativa. La destra, tuttavia, è riuscita a realizzare nell'alternanza una vera e propria alternativa radicale. Perché le forze progressiste non dovrebbero esserne capaci?
    E' vero. In America latina la sinistra usa il terreno elettorale per costruire l'alternativa. Credo che il problema sia dato dai rapporti di forza tra la sinistra moderata e quella radicale. Con i rapporti di forza attuali non c'è nessuna possibilità di poter utilizzare l'alternanza per costruire l'alternativa. Ce lo hanno dimostrato i due governi Prodi. Quindi non c'è scorciatoia a un cammino per costruire diversi rapporti di forza tra noi e il centrosinistra, per rilanciare il progetto della rifondazione comunista.

    In che senso rifondazione e in che senso comunista?
    La dialettica tra questi due termini è il punto costitutivo del nostro partito. Se ne abbandoni uno la dialettica non esiste più, perché essi si qualificano a vicenda. Il comunismo parla della centralità della trasformazione sociale, dell'anticapitalismo. Rifondazione parla della necessità di imparare dai nostri errori guardando alla storia del comunismo medesimo, proprio per non ripeterli e per abbandonarne gli elementi negativi che in quella storia si sono manifestati, in primo luogo dove si è preso il potere. Ma non solo. Non è un caso che nel congresso abbiamo detto no alla costituente di sinistra e no alla costituente comunista. Perché entrambi questi progetti avrebbero sfigurato, annichilito, il progetto politico della rifondazione.

    Detto in sintesi, quale progetto?
    Se dovessi definirlo brevemente direi la prevalenza della ricostruzione del tessuto dell'alternativa sulle relazioni politiche, la chiarezza strategica sull'alternatività del nostro progetto rispetto a quello del Pd, l'unità inscindibile tra lotta per la libertà e lotta per l'eguaglianza, l'ingaggio contro lo sfruttamento nelle sue diverse connotazioni (del lavoro, dell'uomo sulla donna, dell'uomo sulla natura…), la centralità della battaglia per la pace. E la consapevolezza della non autosufficienza del Prc. Questo vuol dire non solo lavorare a coordinare la sinistra e l'opposizione, ma che bisogna riconoscere il pari valore delle mille forme di attività e di iniziativa politica dell'associazionismo e dell'autorganizzazione, nonché dei diversi percorsi con cui si può maturare una scelta anticapitalista. E in Italia, per esempio, salta agli occhi quella del volontariato cattolico e di matrice religiosa. Lo ripeto, per me punto di fondo è che non vi sono scorciatoie a questa dialettica tra rifondazione e comunismo.


    27/01/2009

    http://www.liberazione.it/giornale_a...rticolo=432650

  2. #2
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    nella foto c'è pure la bandiera del PdCI

  3. #3
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    Citazione Originariamente Scritto da MaRcO88 Visualizza Messaggio
    Rifondazione parla della necessità di imparare dai nostri errori guardando alla storia del comunismo medesimo, proprio per non ripeterli e per abbandonarne gli elementi negativi che in quella storia si sono manifestati, in primo luogo dove si è preso il potere. Ma non solo. Non è un caso che nel congresso abbiamo detto no alla costituente di sinistra e no alla costituente comunista. Perché entrambi questi progetti avrebbero sfigurato, annichilito, il progetto politico della rifondazione.
    Non riesco a trovare un nesso tra gli elementi negativi (perdita di consenso) che avremmo già sperimentato e la costituente comunista.

    Invece li vedo con la costituente di Sinistra (arretramento dalle posizioni comuniste nel Governo Prodi ).


    La considero (la scissione di vendola) grave e dolorosa. Penso sia contraddittoria.....La definizione che mi sento di usare è la medesima che usammo nel documento del IV congresso di Rimini, dopo la scissione di Armando Cossutta. Dicemmo: "La scissione si è rivelata inoltre dannosa per l'insieme della sinistra...."
    L'unità comunista vuole appunto superare quella scissione!

    C'è quindi contraddizione tra la giusta analisi e la volontà politica, Paolo.

  4. #4
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    in un'intervista in cui c'è da parlare di una scissione di destra (che mi pare il tema all'odg !!!! o no ?) Ferrero si mette a parlare della "costituente comunista" (una definizione, POI, che non esiste..se non nella testa di Rizzo....) paragonando chi vuole unire a chi vuole dividere..

    CHE VERGOGNA..!
    QUESTO NON CAPISCE UNA MAZZA !

  5. #5
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    Citazione Originariamente Scritto da Leninista Visualizza Messaggio
    in un'intervista in cui c'è da parlare di una scissione di destra (che mi pare il tema all'odg !!!! o no ?) Ferrero si mette a parlare della "costituente comunista" (una definizione, POI, che non esiste..se non nella testa di Rizzo....) paragonando chi vuole unire a chi vuole dividere..

    CHE VERGOGNA..!
    QUESTO NON CAPISCE UNA MAZZA !
    Esisteva anche nel tuo avatar fino a qualche giorno fa.

  6. #6
    Per l'unità dei comunisti.
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    Come contrastare la scissione e la liquidazione di Rifondazione Comunista

    Di Leonardo Masella (*)


    I dirigenti nazionali che hanno promosso e sostenuto la seconda mozione congressuale, quella che faceva capo a Bertinotti e Vendola sconfitta dal congresso, stanno sancendo in questi giorni una scissione da Rifondazione Comunista. Tuttavia, non tutto il gruppo dirigente della seconda mozione ha deciso di andarsene. Una parte, ed io credo anche la maggioranza dei compagni di base, ha deciso di rimanere nel partito, pur mantenendo un dissenso di fondo rispetto alla linea congressuale. Già un dato deve farci interrogare. Come mai la maggioranza congressuale del Prc, pur costituita da diverse mozioni ed anche da diverse culture politiche, ha tenuto, mentre invece la minoranza bertinottiana, che doveva essere più omogenea, si è divisa ? Credo per due motivi. Primo, perché esisteva un forte collante unitario, identitario, delle mozioni che si sono unite a Chianciano: il punto comune era il rifiuto della liquidazione di Rifondazione Comunista e della riduzione del comunismo ad una tendenza culturale, cioè ad una corrente di altri partiti, ma la volontà di mantenere in Italia una forza comunista. Il secondo motivo sta nella debolezza o nella immaturità, allo stato attuale, del progetto di Vendola e Bertinotti. E’ debole perché non c’è spazio oggi fra una sinistra variamente comunista e l’attuale Pd e dunque una scissione per costruire con la Sd di Fava una sinistra socialista è obiettivamente debole. E’ un progetto tutt’al più prematuro se Bertinotti pensa, come sembra, che lo spazio per un nuovo partito di sinistra, o meglio per una socialdemocrazia seria in Italia, ci sia se D’Alema rompe il Pd e se ne mette alla testa.

    Dunque allo stato attuale l’iniziativa di Bertinotti e Vendola può avere successo solo nella misura in cui il nostro progetto, cioè il rilancio della rifondazione di una forza comunista viene sconfitto o diviene minoritario o solo testimoniale/ideologico. Per questo il vero problema non è cosa faranno gli scissionisti, ma è cosa saremo capaci di fare noi. Perché se saremo capaci di rilanciare un progetto rimotivante, su una linea credibile e una iniziativa di massa nella società, si riuscirà a contrastare la scissione e la liquidazione di Rifondazione, altrimenti, attenzione, avremo formalmente, congressualmente, respinto la liquidazione del Prc, ma ne avremo solo allungato l’agonia.

    A tal proposito vedo fondamentalmente tre problemi. Il primo di linea politica generale. E’ pensabile o non è fortemente contraddittorio fare ancora appello ai compagni della seconda mozione a ripensarci, a rimanere nel partito al di là della diversità radicale, di fondo, un appello persino a chi non crede più nel ruolo e nell’esistenza stessa del partito e di una forza comunista, e contemporaneamente mantenere invece una riserva pregiudiziale, ideologica, nei confronti di tutti quei compagni e compagne che sono andati via negli anni passati dal partito ma credono nel ruolo di una forza organizzata comunista ? Vorrei ricordare lo straordinario successo della manifestazione comunista dell’11 ottobre, troppo presto finita nel dimenticatoio. Cosi’ come vorrei ricordare che sia l’autunno sociale che le manifestazioni per la Palestina hanno visto il protagonismo non certo di Sinistra Democratica di Claudio Fava ma di una sinistra di classe ed anticapitalistica, diffusa e organizzata, comprendente tutte le forze comuniste esistenti nel Paese. Sta in questo spazio a sinistra della socialdemocrazia europea il terreno principale su cui rilanciare oggi Rifondazione Comunista, in un rapporto più stretto con le forze comuniste più vicine politicamente. Per questo motivo, ciò di cui dovrebbe e potrebbe farsi protagonista Rifondazione è una iniziativa unitaria non solo tesa ad evitare l’ennesima scissione ma anche a superare le precedenti, per riaprire il processo della rifondazione comunista, non tanto per mettere insieme i cocci delle rotture passate ma soprattutto, guardando avanti, per ricostruire/rifondare una nuova forza comunista, anticapitalistica, di classe, di movimento. Senza paura delle diversità, i comunisti oggi, diversamente da ieri, dovrebbero avere una concezione democratica che consente di stare in uno stesso partito anche se la si pensa diversamente. Questa iniziativa unitaria va intrapresa in particolare in vista delle elezioni europee, perché non si può certamente ripetere l’arcobaleno della sinistra, ma non possiamo neanche sostenere la frantumazione totale della sinistra, non solo per provare a recuperare i voti persi il 13 e 14 aprile ma anche per tentare di conquistare nuovi voti popolari in libera uscita da un Pd sempre più in crisi. L’unità a tutti i costi fra troppo diversi non aiuta, ma non aiuta nemmeno la divisione a tutti i costi fra i più vicini. Almeno dovremmo e potremmo tentare di presentarci alle elezioni europee con chi in Italia si riconosce nel Gue (il gruppo parlamentare europeo della sinistra comunista e di alternativa), come abbiamo scritto nel documento conclusivo del congresso di Chianciano “nella ricerca di convergenze, in occasione delle elezioni europee, tra forze anticapitaliste, comuniste, di sinistra, sulla base di contenuti contrari al progetto di Trattato di Lisbona e all’impostazione neoliberista e di guerra dell’ Unione Europea”. Questo è il modo migliore per contrastare il progetto politico sotteso alla scissione e rimotivare il nostro partito e tutta la sinistra di alternativa.

    Il secondo problema attiene all’efficacia della nostra iniziativa politica. Noi abbiamo bisogno di una iniziativa nazionale centrale capace di mobilitare il partito in alcune, poche, chiare, qualificate battaglie concrete di massa. Non la dispersione nel tutto e nulla com’è stato finora. Faccio due esempi. Il primo. Sulla tragedia di Gaza, che suscita indignazione di massa anche in chi non ha manifestato nè a Roma nè ad Assisi (come ci dice il fatto che il sito di Vittorio Arrigoni è il sito più visitato d’Italia in questi giorni, più di quello di Grillo), noi, più che una discussione ideologica su Hamas oppure se ha ragione oppure no monsignor Bettazzi (ed io sono d’accordo con lui), che sostanzialmente ha detto ad Assisi che Israele è peggio dei nazisti; più che passare il nostro limitato tempo così, sarebbe meglio produrre una iniziativa di massa che renda utile il partito a fare qualcosa contro la guerra di aggressione israeliana e che renda utile il gesto di qualunque cittadino italiano che voglia fare anche una piccola cosa per fermare Israele e la guerra. Perché non rendere protagonista il nostro partito – assieme ad altre forze di sinistra politica e sociale, associazioni, comitati – della campagna nazionale per il boicottaggio dei prodotti israeliani ? Non dei negozianti ebrei, cosa sbagliata e razzista, ma dei prodotti israeliani in vendita in tutti in negozi, invitando la gente a non acquistare i prodotti con il codice a barra contenente il numero 279, come si fece con il Sudafrica nella nota campagna “Boicotta, disincentiva e sanziona”, come ha riproposto a livello internazionale l’altermondialista Naomi Klein. Una campagna nazionale, organizzata e seguita dal centro nazionale con la produzione di manifesti, volantini, adesivi, spot pubblicitari, su cui concentrare l’iniziativa di federazioni e circoli, possibilmente assieme a tutte le forze politiche e sociali disponibili, a partire da quelle comuniste e di classe a noi più vicine. Questo è il modo più efficace per mobilitare con continuità il partito e metterlo in connessione permanente (non solo per un giorno della manifestazione) con masse rilevanti di persone e in particolare di giovani.

    Secondo esempio. Piuttosto che continuare a dividerci in questa discussione politicista e istituzionalista sulle alleanze nelle prossime elezioni amministrative fra 5 mesi, la vera svolta a sinistra non è se non facciamo mai più, neanche in un condominio, una alleanza col Pd, ma è se mettiamo in campo una campagna di massa di mesi su alcuni contenuti sociali (innanzitutto salari, prezzi, tariffe e lavoro, precarietà, licenziamenti). In tal senso sarebbe importante poter lanciare per i prossimi mesi prima delle elezioni la raccolta di firme per alcuni referendum sociali, non da soli ma costruendo un comitato promotore con tutte le forze politiche e sociali disponibili. Questo sarebbe il modo migliore per rivitalizzare il partito, per contrastare la scissione, la demoralizzazione e la passività conseguenti, per costruire uno schieramento unitario di sinistra politica e sociale con una propensione anticapitalistica.

    Terzo problema. Per fare questo e anche per mettere in pratica nei territori la linea politica che si decide, abbiamo bisogno di un gruppo dirigente coeso, autorevole e democratico. Abbiamo uno stato dei gruppi dirigenti locali molto problematico, per usare un eufemismo. In molti casi serve un intervento deciso dall’alto. Per esempio nelle Federazioni dove prevale la linea della minoranza di non voler presentare la lista e il simbolo del Prc nelle elezioni amministrative per fare arcobaleni di sinistra locali, è necessario intervenire direttamente dal Nazionale. Ma anche in situazioni, federazioni o regionali in cui i gruppi dirigenti sono di maggioranza ma assolutamente inadeguati o in difficoltà, è necessario intervenire dal Nazionale. Altrimenti i risultati sia sul piano elettorale sia sul piano del rilancio della rifondazione comunista saranno inevitabilmente molto modesti. Per questo serve maggiore unità nel gruppo dirigente nazionale, coniugando in questa fase la presenza di aree, componenti, posizioni e culture diverse con la necessità dell’efficacia dell’azione esterna del partito e quindi della valorizzazione, a livello nazionale come a livello locale, dei dirigenti più capaci al di là della diversità di posizioni e di provenienza, superando completamente e finalmente ogni tipo di discriminazione come è avvenuto sia nella fase bertinottiana che nella fase più lontana del Prc cossuttiano. Sono state le discriminazioni a favorire il correntismo: se si supera la logica delle discriminazioni si favorirà il superamento del correntismo e si aiuterà la costruzione di gruppi dirigenti all’altezza della situazione.




    (*) Della Direzione Nazionale del Prc

    http://www.comunistinmovimento.it/sc...e_masella.html
    Emanuele

  7. #7
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    Esisteva anche nel tuo avatar fino a qualche giorno fa.
    certo, perchè quando fu proposta l'unità per la prima volta si parlò di costituente..il mio avatar era vecchio...infatti

    poi Rizzo ha strumentalizzato questa definizione, dandole un'interpretazione distorta,estremistica.
    quindi oggi ci piace parlare di Unità comunista NON DI COSTITUENTE..
    ..
    ...cose importanti..altro che il mio avatar

  8. #8
    per il centro-sinistra
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    ..e restiamo nel merito..

    resta questo:

    in un'intervista in cui c'è da parlare di una scissione di destra (che mi pare il tema all'odg !!!! o no ?) Ferrero si mette a parlare della "costituente comunista"... paragonando chi vuole unire a chi vuole dividere..

  9. #9
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    Citazione Originariamente Scritto da Leninista Visualizza Messaggio
    ..e restiamo nel merito..

    resta questo:

    in un'intervista in cui c'è da parlare di una scissione di destra (che mi pare il tema all'odg !!!! o no ?) Ferrero si mette a parlare della "costituente comunista"... paragonando chi vuole unire a chi vuole dividere..
    non devi mai farti mancare la polemica vero?

  10. #10
    per il centro-sinistra
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    non devi mai farti mancare la polemica vero?
    sì..è vero..
    ..ma è ferrero con questo modo di fare ad alimentare polemiche..

    e poi la polemica è vita..c'è anche in una bocciofila..e non può esserci in un partito ?

    ciao

 

 
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