L’ORDINANZA. Il magistrato del lavoro Ignazio Onni accoglie il ricorso di 4 immigrati e un’associazione, sostenuti dalla Cgil, contro l’esclusione dal contributo-natalità
Il giudice: «Il bonus bebè discrimina gli stranieri»
Il giudice del lavoro boccia il bonus bebè «nazionalista» e lo estende anche agli stranieri. La decisione del Comune di Brescia di riservare il «bonus» da mille euro ai nati del 2008 che siano residenti in città e figli di almeno un genitore italiano, escludendo i figli di genitori stranieri, è giudicato un atto «discriminatorio», che viola il testo unico sull’immigrazione. Il Comune è dunque tenuto a «eliminare tale discriminazione e i suoi effetti, attribuendo, mediante i provvedimenti ritenuti più idonei, il beneficio a tutti gli stranieri che ne facciano richiesta e siano in possesso degli ulteriori requisiti, diversi dalla cittadinanza».
L’ORDINANZA del Tribunale di Brescia (sezione lavoro, giudice Ignazio Onni) depositata ieri mattina e protocollata intorno all’una non si presta a troppe interpretazioni o distinguo, e ha subito fatto molto rumore. Una sconfitta giuridica sonora per la linea della giunta Paroli che, su questa vicenda, aveva già incassato le critiche del vescovo Monari e la mobilitazione di numerose associazioni cattoliche. Quattro cittadini stranieri (del Bangladesh, del Pakistan, dello Srilanka e dell’Algeria) e l’Associazione studi giuridici sull’immigrazione di Torino, affiancati dalla Cgil e assistiti dall’avvocato Alberto Guariso, avevano impugnato il bonus bebè. Dopo l’udienza del 21 gennaio, ieri è arrivata l’ordinanza del giudice Onni (non una "toga rossa" - sia detto per inciso - ma un magistrato noto per il rigore dei suoi pronunciamenti, resistenti per lo più a ricorsi e impugnazioni).
LA NORMA che opera come una mannaia nei confronti del «bonus» riservato agli italiani è il testo unico sull’immigrazione, in particolare gli articoli 43 (discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi) e 44 (azione civile contro la discriminazione). Le uniche «attenuanti» che Onni riconosce alla Loggia sono di non aver manifestato «una "dolosa" volontà discriminatoria», e di non aver voluto applicare una «norma razziale». Detto questo, la bocciatura è a tutto campo. Effetto della decisione comunale, infatti, è una «realtà discriminatoria oggettiva», che determina «in concreto una disparità di trattamento tra cittadino e straniero, a svantaggio di quest’ultimo». Infatti «l’esclusione degli stranieri residenti a Brescia dal diritto al beneficio legata alla mancanza del requisito della cittadinanza italiana, costituisce, ex se, discriminazione, perchè distingue tra residenti cittadini italiani e residenti stranieri e determina un deteriore trattamento degli stranieri». Il giudice boccia anche le motivazioni alla base della delibera comunale, ovvero l’idea di incentivare la natalità degli italiani: «Non può considerarsi ragionevole - dice l’ordinanza - il tentativo di indurre chicchessia a procreare sulla base di un mero soccorso economico». Tanto più quando la somma in gioco è un’«una tantum» di mille euro; tanto più quando, in chiave retrospettiva, si assegna il bonus a chi è già nato. Posto dunque che la norma è «discriminatoria», in base all’articolo 44 del testo unico tocca al giudice indicare come rimuovere questa situazione. Onni è chiaro: il Comune è tenuto a estendere il beneficio a tutti gli stranieri che ne facciano richiesta e che ne abbiano i requisiti economici. Non solo. Il giudice ordina anche al comune di posticipare (dal 31 gennaio al 28 febbraio) il termine per la presentazione delle domande, in modo da consentire a tutti di farsi avanti.
IL DISPOSITIVO ordina anche la pubblicazione del testo su un quotidiano nazionale, non riconosce alcun risarcimento ai ricorrenti ma accolla le spese legali (5 mila euro) al Comune. Cosa accadrà ora? L’ordinanza è di per sè esecutiva, e il rappresentante del Comune (ovvero il sindaco) ha una responsabilità penale diretta in ordine alla sua applicazione. Certo, il Comune può decidere di opporsi: ha dunque 15 giorni di tempo per presentare un «reclamo» a un organo collegiale, sempre però alla sezione del lavoro del Tribunale di Brescia. Poichè il collegio dev’essere formato da tre giudici del lavoro, e oggi a Brescia ce ne sono tre compreso il giudice Onni, per formare il collegio bisognerebbe ricorrere all’integrazione con un giudice della sezione Civile. La sfida legale, insomma, si complica.
http://www.bresciaoggi.it/cronaca.htm
http://www.aduc.it/dyn/immigrazione/noti.php?id=248095