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  1. #81
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    Predefinito Re: Seconda guerra mondiale e paesi neutrali : I parte la Svizzera

    « La guerra dei nervi (da "La Svizzera in guerra", Werner Rings)

    [...]

    La neutralità morale

    Alla tattica del cuscino applicata da Motta il ministro della Propaganda del Reich contrappose molto presto il proprio concetto della neutralità, col quale Berlino voleva tentare di vincere l'ostinazione elvetica e di riuscire a chiudere alla fin fine la bocca alla stampa svizzera.
    Secondo il concetto svizzero, la neutralità è, in linea di principio, un affare di Stato. Essa obbligalo Stato a non prendere parte in caso di guerra per alcuna delle potenze belligeranti. Ma non impone alcun obbligo al privato cittadino.
    [...]
    Secondo la tesi tedesca, invece, la neutralità dello Stato viene assicurata solo fino a quando la stampa e anche il cittadino non prendono posizione, e questo anche in tempo di pace.
    [...] Agli occhi dei tedeschi, dunque, la neutralità non era solo una questione giuridica, ma era soprattutto una questione di opinioni.
    Il Terzo Reich esigeva dunque una neutralità morale, che gli avrebbe permesso di considerare come violazione di neutralità qualsiasi atteggiamento critico della stampa.
    Berlino valutava a tal punto quesa sua invenzione che il Ministero della propaganda diede in seguito, nel febbraio 1940, istruzioni segrete alla stampa e alla radio tedesca:
    « Il ministro ordina di non minacciare "con le armi" gli Stati enutrali, ma di ispirare loro gradualmente terrore in modo che interpretino la neutralità secondo i concetti da noi illustrati ». [...]
    Andava dunque chiarito un altro punto: in caso di emergenza, di fronte al pericolo di guerra, poteva sussistere la libertà di stampa?
    [...]
    Si decise di mantenere la libertà di stampa. Sembrava seplicemente assurdo pretendere che il popolo rinunciasse a uno dei diritti fondamentali della democrazia per il quale era pronto a battersi. Non si poteva salvaguardare la democrazia abolendo uno dei suoi diritti.

    [...]

    Controllo della stampa e censura

    Il controllo della stampa era organizzato dai militari, ma il tono era quello dato dai civili.
    Nella maggior parte dei casi le decisioni erano quelle prese dalle commissioni di controllo e di reclamo, composte da tre ufficiali e e da quattro giornalisti o uomini politici. La voce dei civili aveva la prevalenza, in caso di incertezza. Le redazioni potevano inoltre ricorrere contro le decisioni degli organi di controllo. [...]
    Le sanzioni gravi vennero applicate raramente. C'erano più di 400 giornali in Svizzera e numerose riviste. Nel corso dei sei anni di guerra ci furono solo cinque sospensioni a tempo illimitato. Colpirono tre giornali frontisti, un giornale socialista e uno comunista. Le sospensioni temporanee furono venti: giornali o riviste borghesi, 9; giornali o riviste socialiste, 8; giornali o riviste frontiste, 3. Undici giornali soltanto furono sottoposti temporaneamente alla censura preventiva.

    [...]

    Questa distribuzione di ruoli, la già citata "
    tattica del cuscino", poteva, come in questo caso, far perno su una sola persona. Edgar Bonjour, censore a Basilea, era stato obbligato a proibire lo scritto dell'amico Karl Barth. Non appena uscito dall'ufficio stampa, si affrettò ad aiutare Barth nella distribuzione del testo da lui stesso vietato. Come libero cittadino, sentì impellente il dovere di farsi garante di ciò che poco prima, come autorità di controllo, aveva dovuto proibire.
    Ma controlli sulla stampa e censura sui libri finirono per raggiungere lo scopo prefissato. Addomesticarono, livellarono libertà di opinioni e di espressione. E, in un certo senso, riuscirono anche ad alterare e falsare il quadro che l'osservatore straniero poteva farsi della Confederazione.
    [...] Ma fu proprio questa moderazione, in parte spontanea, in parte obbligata, ad avere une ripercussione internazionale con la quale nessuno aveva fatto i conti: la stampa e la radio svizzera si guadagnarono la fama di essere la voce della verità. Visto che non si lasciavano influenzare dalla propaganda di parte, passarono per fonti sicure ed attendibili. Ci si poteva fidare di loro. Così perse mordente anche quella guerra dei nervi promossa dal Terzo Reich e diretta anche contro di esse.
    Questa conseguenza, indesiderata dalle potenze dell'Asse, è stata abbastanza profonda. E ne sono la prova, per esempio, i commenti sulla politica mondiale, presentati regolarmente alla radio della Svizzera Romanda da Réné Payot e dal professore di storia J.R. Von Salis alla radio della Svizzera tedesca.

    La voce del professor Von Salis

    Soltanto dopo la guerra si seppe che molti europei, spesso a rischio della vita, ascoltavano questi commenti, tutti i venerdì, dalle 19.10 alle 19.25.
    « Noi vivevamo da un venerdì all'altro, ci nutrivamo delle sue parole. » scrisse un ascoltatore a Von Salis. E un altro: « Stavamo in ascolto, a rischio della vita, in solaio, nascosti sotto una coperta di lana ».
    Nei campi di concentramento, si ascoltava questa voce ogni venerdì con apparecchi costruiti alla buona, con mezzi di fortuna. E si annotavano in stile telegrafico le notizie principali e i commenti. I foglietti con le notizie venivano stracciati e distribuiti separatamente. Altri detenuti si incaricavano di ricostruirli e di leggerli.
    In Jugoslavia e Cecoslovacchia, tecnici ed ingegneri che sapevano il tedesco si incaricarono di seguire regolarmente le trasmissioni, per informare poi il personale delle officine e delle fabbriche.
    Ma tra gli ascontatori più devoti, che poi diffondevano le dichiarazioni del professore di storia, c'erano anche ufficiali tedeschi nei territori occupati, ufficiali inglesi in Nord Africa, oltre al personale del servizio informazioni dell'esercito britannico nonché del servizio stampa britannico.
    L'ex cancelliere austriaco Schuschnigg, che ascoltava i commenti nel campo di concentramento in cui era detenuto, più tardi scrisse su Von Salis e sulla sua
    Weltchronik: « Niente ironia, niente sarcasmo; soltanto la realtà oggettiva e chiara in cui vibrava l'intima partecipazione. Non si poteva dimenticare che erano in gioco non soltanto cifre e dati interessanti, ma vite umane, una somma incalcolabile di tragedie umane da una parte e dall'altra ».
    Soltanto con l'esame in retrospettiva si riesce a rendersi conto del fatto che la
    Weltchronik occupava, in un certo senso, un posto a parte nel campo della neutralità politica. Veniva a rappresentare un caso assolutamente singolare.
    Uno dei primi atti ufficali del Presidente Pilet-Golaz, quando assunse la direzione del dipartimento politico, fu quello di chiamare il professor Von Salis con l'incarico di commentare regolarmente alla radio gli avvenimenti mondiali. Non gli diede alcuna consegna politica, né gli pose condizioni di sorta. E questo era già, di sé, qualcosa di straordinario.
    Quando Von Salis avvertì per iscritto la direzione della radio che avrebbe cessato immediatamente la sua collaborazione il giorno in cui la libertà di pensiero avesse subito costrizioni inammissibili, gli venne risposto che nessun organo di controllo avrebbe mai effettuato alcuna cansura, e che il suo testo sarebbe stato semplicemente letto dalla direzione.
    È singolare anche il fatto che Von Salis non avesse accesso ad informazioni segrete o a documenti diplomatici, e che non avesse nemmeno contatti con autorità politiche e militari. Doveva accontentarsi di quello che ogni comune lettore di giornali in Svizzera poteva sapere. Era obbligato a confrontare da solo le informazioni rese pubbliche ed i comunicati ufficiali. Doveva interpretarli e preoccuparsi continuamente che le sue idee generali, le sue inclinazioni politiche, non influenzassero il suo giudizio obiettivo. Von Salis, un isolato, un uomo che scriveva quel che pensava nella clausura monacale del suo castello di Brunegg in Argovia, parlava alla radio come un cittadino qualsiasi. Non rappresentava nessuno e niente. Non era che sé stesso.
    Di tanto in tanto, soprattutto nel corso dei primi anni, il direttore della radio svizzera gli propose di sopprimere questa o quella frase, o di attenuare qualche conclusione. E la rinuncia, qualche volta, gli fu difficile.
    A Berlino, non si era però propensi a lasciare Von Salis libero di dire sempre la sua. Per tre volte il governo del Terzo Reich chiese al Consiglio Federale di sostituirlo con un altro commentatore. Ma né il governo centrale, né la direzione generale della Radio svizzera si piegarono mai a queste ingiunzioni.
    La cosa venne portata a conoscenza di Von Salis soltanto dopo la fine del conflitto.
    »

  2. #82
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    Predefinito Re: Seconda guerra mondiale e paesi neutrali : I parte la Svizzera

    Citazione Originariamente Scritto da Su molende Visualizza Messaggio
    Non ho materiale documentario, ma una testimonianza diretta. Mio padre, ora novantenne, è stato militare internato in Svizzera. Lavoro duro, docce gelate anche in pieno inverno, cibo scarso (rape all'ordine del giorno, giusto una noce di burro e un po' di marmellata la domenica, divieto di comprare al di fuori del campo, anche se era piuttosto inutile considerata la 'paga' che prendeva). Il campo era nella Svizzera tedesca. A parte questo, la cosa più interessante è che mi ha raccontato che, nel caso di invasione tedesca, chi voleva sarebbe stato arruolato nell'esercito svizzero. Mio padre ha giurato di non mettere mai più piede in Svizzera e ha mantenuto la promessa.
    il politically correct imperante impedisce che queste storie vengano fuori, comunque grazie per la tua testimonianza
    Ultima modifica di FrancoAntonio; 03-09-14 alle 16:42

  3. #83
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    Predefinito Re: Seconda guerra mondiale e paesi neutrali : I parte la Svizzera

    Ho saltato di minimo un mese qualunque anniversario in merito, ma comunque...

    « Repubblica partigiana dell'Ossola

    Questa repubblica esistette dal 10 settembre al 23 ottobre 1944. I partigiani della Val Toce, appartenenti alle Brigate Fiamme Verdi, al comando di Alfredo Di Dio, l'8 settembre 1944 attaccarono le truppe fasciste di stanza a Domodossola, sconfiggendole e, dopo averle scacciate, parlarono di "territorio liberato"; solo in seguito, sull'esempio di zone come la Repubblica del Corniolo, la prima repubblica partigiana nell'Italia del nord, si cominciò a usare l'espressione "repubblica" dell'Ossola.

    A differenza di altre Repubbliche partigiane, la Repubblica dell'Ossola fu in grado, in poco più di un mese di vita, di affrontare non solo le contingenze imposte dallo stato di guerra, ma anche di darsi un'organizzazione articolata: venne istituita una Giunta provvisoria di Governo con commissari deputati all'amministrazione civile. Venne vietata l'esportazione di valuta e venne rinnovata la toponomastica della valle.

    Tutte le leggi e i corpi militari fascisti vennero sciolti in soli 2 giorni. Salò reagì tagliando i rifornimenti all'intera valle, ma, dopo alcune incertezze, la piccola repubblica ottenne l'appoggio della Svizzera.

    Il 10 ottobre i fascisti attaccarono con 5000 uomini e, dopo aspri scontri, il 23 ottobre riconquistarono tutto il territorio. La gran parte della popolazione abbandonò la Val d'Ossola per rifugiarsi in Svizzera, lasciando il territorio pressoché deserto, impedendo di fatto le forti rappresaglie che furono minacciate dai fascisti e dal capo della provincia in particolare. A tal proposito proprio il capo della provincia Enrico Vezzalini scrisse il famoso comunicato a Mussolini che recitava: "Abbiamo riconquistato l'Ossola, dobbiamo riconquistare gli Ossolani".
    »
    Repubblica partigiana dell'Ossola - Wikipedia

    « Relazioni con la Svizzera
    «
    L'aiuto dato oggi vale cento volte quello che potrebbe essere dato domani. Facciamo tutti insieme che il Canton Ticino sia anche in questa circostanza degno delle sue più nobili e alte tradizioni. »
    (Guglielmo Canevascini, Aiutiamo la popolazione dell'Ossola)

    Le relazioni con la Confederazione Elvetica diedero luogo a importanti manifestazioni di solidarietà, che contribuirono alla lotta per la Liberazione. Il Delegato della Croce Rossa svizzera per il soccorso all'Italia accompagnò a Domodossola il 22 settembre 1944 il primo treno di viveri (patate, farina, carne, latte) e medicinali, cui ne sarebbero poi seguiti molti altri. Guglielmo Canevascini, consigliere di stato ticinese, dopo aver constatato la situazione in cui versava la vallata scriveva alla popolazione ticinese: «
    Ho visitato l'Ossola liberata. La situazione alimentare è tragica. La popolazione civile della regione - 60.000 persone, esclusi i militari - è ridotta alla fame [...] Manca tutto; si incontra ovunque, fra una nobile e dignitosa fierezza che è nel comportamento del popolo, tutto lo squallore e la miseria ». In seguito all'appello, si attivarono diverse opere assistenziali verso l'Ossola: tra queste un Comitato costituitosi in Canton Ticino venne in aiuto dei bambini ossolani, per cui oltre 2.000 di essi vennero ospitati da famiglie elvetiche, per sottrarli alla carestia; successivamente lo stesso aiuto venne riservato anche ai profughi ossolani. Fecero visita a Domodossola anche i consiglieri nazionali Francesco Borella, Karl Dellberg, il sindaco di Locarno G.B. Rusca e autorevoli giornalisti. In tal senso anche molti e importanti quotidiani svizzeri, tra cui la Gazette de Lausanne e La Tribune de Genève seguivano da vicino la vicenda riportando accuratamente l'evolvere degli eventi. »
    Giunta provvisoria di Governo di Domodossola e della Zona liberata - Wikipedia

  4. #84
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    Predefinito Re: Seconda guerra mondiale e paesi neutrali : I parte la Svizzera

    « BATTAGLIA ALLA FRONTIERA - Bagni di Craveggia, 18-19 ottobre 1944

    Caduti: Dario Casanova, Renzo Cohen, Federico Marescotti
    Nella notte tra il 13 e il 14 ottobre reparti della "Perotti" raggiungono Bagni di Craveggia, proprio al confine con la Svizzera; non vi sono che un albergo, alcune casette e qualche cascinale. Gli uomini che hanno raggiunto Bagni di Craveggia sono in gran parte disarmati e con le poche armi vi sono scarse munizioni; inoltre, le aspre battaglie, le lunghe e faticose arrampicate, la fame e la tensione a cui sono sottoposti da giorni li hanno svuotati di energie. Combattere in quella posizione e in quelle condizioni vuol dire andare incontro a morte sicura; vi è un'unica via di scampo, superare la linea di confine e rifugiarsi in Svizzera. Nei giorni che seguono altre squadre della "Battisti", della "Musatti" e della "Guardia Nazionale", stanche del lungo peregrinare dall'una all'altra valle, si accampano nella zona. Numerosi sono pure i civili che, fuggiti da Domodossola e dai paesi della val Cannobina e della val Vigezzo prima dell'arrivo dei nazifascisti, si sono aggregati a gruppi partigiani in ritirata. Solo a seguito di reiterate, insistenti preghiere, il Comando svizzero di Frontiera autorizza lo sconfinamento dei civili e dei partigiani feriti o ammalati che vengono trasferiti in campi di internamento. Entrano in Svizzera circa duecentocinquanta civili e quei partigiani che necessitano di cure ospedaliere. Quando il governo della Confederazione viene a conoscenza della modificata situazione in Ossola, dà disposizioni per l'invio di rinforzi ai presidi di frontiera e, in particolare, a quelli posti dalla valle di Vergelletto alla Centovalli. I due ufficiali svizzeri, cap. Tullio Bernasconi e ten. ing. Augusto Rima, si rendono immediatamente conto della difficilissima situazione in cui si trovano i partigiani ma, comunque, osservano con rigore le disposizioni delle Autorità elvetiche.
    I partigiani dispongono posti di blocco alla Bocchetta di S. Antonio e al valico di Pian del Bozzo. Un informatore comunica l'approssimarsi delle avanguardie nazifasciste. L'ing. Rima entra in territorio italiano e, pur contro le disposizioni superiori e con coraggiosa iniziativa, si porta al Comando partigiano per informarlo della presenza del nemico in zona e per consigliarlo circa le posizioni da occupare e mantenere fino all'ultimo, in modo da dar tempo all'intero gruppo di prepararsi allo scontro e ai disarmati di riparare in Svizzera.
    18 ottobre 1944: pioggia e nebbia. Fin dalle prime ore del mattino il nemico, non visto ed indisturbato, si porta sulle alture che guardano Bagni di Craveggia; l'allarme viene dato dal posto di blocco di Pian del Bozzo con tre colpi di moschetto. Dopo poco tempo, le armi automatiche della "Folgore" e della "X Mas" danno inizio al loro lugubre canto. La forza nemica è costituita da circa duecento militi della Repubblica di Salò armati di cinque mitragliatrici leggere ed è comandata dai fratelli Falangola e dal cap. Paolo Violante di Craveggia; i reparti fascisti sono seguiti e sostenuti da una compagnia di SS addestrata alla guerriglia.
    I partigiani possono contare su trentuno fucili, due mitra e scarse munizioni; sono comandati dal ventiquattrenne ing. Federico Marescotti. Parte dei soldati svizzeri occupa la casa di una donna di nome Tarabori e, da questa posizione in territorio elvetico, seguono le vicende della battaglia. Con le loro poche armi, i partigiani si difendono caparbiamente e accennano, a più riprese, ad azioni di contrattacco che si spezzano contro il muro di fuoco dei mitragliatori nemici. Il combattimento si svolge proprio ai limiti del confine e i fascisti sparano senza soste e senza curarsi delle segnalazioni dei soldati svizzeri che sono pure costretti a difendersi. Non vi è più possibilità di resistenza e chi è ancora in condizioni di farcela si porta al di la del confine; fra questi ultimi vi è anche il valoroso Marescotti che si è battuto per alcune ore incitando i suoi compagni alla lotta e, proprio appena superato il confine, il giovane ufficiale viene abbattuto da una raffica di mitra; corre verso di lui, l'amico ing. Garbagli di Craveggia, ma non vi è più nulla da fare: Marescotti muore nelle braccia dell'amico. Durante la battaglia si distingue, per grande coraggio, anche il comandante di reparto Adriano Bianchi che, nel tentativo di sottrarre dalle mani del nemico il diciannovenne Renzo Cohen (di origine ebraica, rientrato da pochi giorni dalla Svizzera e arruolatosi nella "Perotti"), è gravemente ferito.
    Finalmente, il tenente svizzero Franzoni, urlando a squarciagola, riesce, da casa Tarabori, ad indurre i fascisti a cessare il fuoco. L'ufficiale fascista, Violante pretende che gli svizzeri gli consegnino i partigiani espatriati (compreso il caduto Marescotti e i feriti). Il capitano Bernasconi, ben sapendo di trovarsi di fronte a gente senza scrupoli e di avere pochi uomini a disposizione, prende tempo e riesce a portare il termine della tregua alle 6 del mattino seguente, giovedì 19 ottobre. Evidentemente il cap. Bernasconi conta sull'arrivo di rinforzi richiesti al Comando di Brigata di Bellinzona, rinforzi che raggiungono il confine per tempo. I due plotoni di soldati dotati di armi automatiche leggere e pesanti e una compagnia di granatieri presidiano per un tratto il confine. Il capitano fascista, rinfoderato il tono arrogante assunto nei primi contatti con il cap. Bernasconi, si ritira asserendo "riferisco al mio comandante tedesco".
    La colonna nazifascista lascia Bagni di Craveggia trascinandosi dietro alcuni partigiani fatti prigionieri. Anche Dario Casanova "Sappa", partigiano della "Battisti", è fra i prigionieri; viene sottoposto dai fascisti a botte e a inaudite torture finché rimane esanime nelle braccia dei suoi carnefici. Renzo Cohen, pure gravemente ferito, riesce a sottrarsi alle ricerche del nemico e viene raccolto in terra italiana dai soldati svizzeri, ma muore all'ospedale della Carità di Locarno.
    I muri della casa della valligiana Aida Tarabori portano i segni dei colpi sparati dai militi della "Folgore" e della "X Mas".
    »
    :: CAMMINANDO ATTRAVERSO LA STORIA - I SENTIERI DELLA LIBERTA' NEL VERBANO CUSIO OSSOLA - PRESENTAZIONE ::

    Un resoconto più dettagliato (in PDF):
    http://retro.seals.ch/cntmng?pid=rmi-002:1975:47::449

  5. #85
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    Predefinito Re: Seconda guerra mondiale e paesi neutrali : I parte la Svizzera

    Citazione Originariamente Scritto da Candido Visualizza Messaggio
    ecco il testo originale in inglese, effettivamente gli americani si sbagliarono di 235 chilometri!

    Schaffhausen


    The daylight bombing of Schaffhausen on 1 April 1944 by the United States Army Air Forces (USAAF) was the most serious of all incidents. Approximately 50 B-24 Liberators of a larger force misidentified Schaffhausen as their target Ludwigshafen am Rhein near Mannheim (about 235 km north of Schaffhausen), and dropped bombs that led to 40 fatalities, numerous injuries, and property damage. At the insistence of the Swiss government for an explanation, Allied investigations into the incident found that bad weather broke up the American formation over France, and that high winds that nearly doubled the ground speed of the bombers confused the navigators. (Two other widely scattered cities in Germany and France were also mistakenly bombed during the same mission.) As Schaffhausen is situated on the right bank (north side) of the Rhine river, it was apparently assumed to be the German city. By October 1944, 4 million dollars had been paid in restitution.
    NON si sbagliarono, è evidente, erano obiettivi strategici e quindi, semplicemente se ne fotterono della neutralità Svizzera, il che è in linea con il loro modus operandi, continuano ancora oggi, pensate se stavano a farsi problemi in piena guerra.
    Non troverai mai la verità se non sei disposto ad accettare anche ciò che non ti aspetti.
    Eraclito


    VUOI SAPERE COS'E' L'ANTIFASCISMO? E' non avere cura del Creato, disboscando, inquinando, cementificando tutto nel nome dello Sviluppo.

  6. #86
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    Predefinito Re: Seconda guerra mondiale e paesi neutrali : I parte la Svizzera

    Citazione Originariamente Scritto da Ringhio Visualizza Messaggio
    NON si sbagliarono, è evidente, erano obiettivi strategici e quindi, semplicemente se ne fotterono della neutralità Svizzera, il che è in linea con il loro modus operandi, continuano ancora oggi, pensate se stavano a farsi problemi in piena guerra.
    In effetti si sospetta che durante alcuni bombardamenti "errati" vi fosse proprio l'obiettivo di bombardare fabbriche o snodi ferroviari svizzeri, giustificandosi poi con un errore di rotta. Ma, appunto, si tratta di sospetti, non esendoci né prove né conferme. Sciaffusa poi è un caso abbastanza particolare, essendo l'unica città svizzera a trovarsi a nord del Reno; aggiungendo questo alla conoscenza non proprio esatta (eufemismo...) della geografia da parte degli americani...
    Fino ad ora gli unici incidenti di questo genere "provati" furono quelli con gli aerei tedeschi nel 1940; questo perché alcuni degli aerei che sconfinarono furono abbattuti o costretti ad atterrare e si trovarono all'interno i piani di volo e le istruzioni per i piloti.

  7. #87
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    Predefinito Re: Seconda guerra mondiale e paesi neutrali : I parte la Svizzera

    Citazione Originariamente Scritto da Candido Visualizza Messaggio
    se non c'è piu' niente da dire sulla Svizzera voglio ricordare brevemente anche il Liechtenstein che rientra negli spazi doganali svizzeri: [...]
    Citazione Originariamente Scritto da Halberdier Visualizza Messaggio
    [...]
    Effettivamente il mancato assorbimento del Principato (considerato peraltro l'ultimo frammento oggi esistente del Sacro Romano Impero) si spiega ancora meno di quello della Svizzera, poiché non disponeva proprio di forze armate, né di un territorio particolarmente ostico, né di nient'altro. Forse si spiega solo con sua inclusione nello spazio doganale svizzero, benché non vi sia alcuna informazione che questo avrebbe fermato i nazisti.[...]
    Sul Liechtenstein ho trovato ultimamente qualcosa di interessante (anche in riferimento al tuo thread "Germania: niente nazismo con la monarchia"). Faccio un riassunto, dato che ci sono pezzi provenienti da un sacco di fonti diverse (oltre che mica tanto complete, data la piccola portata dell'evento).

    La notte del 24 marzo 1939, approfittando della contemporanea assenza del Principe Francesco Giuseppe II e del Primo Ministro Josef Hoop, il Volksdeutsche Bewegung in Liechtenstein (VDBL), ovvero il raggruppamento filonazista del Principato, tenta (con l'appoggio delle SA e della Hitlerjugend del Vorarlberg) un colpo di Stato. Nel caso il piano fosse riuscito, i nazisti del Vorarlberg avevano già radunato, su iniziativa propria, circa 600 uomini armati per entrare nel Liechtenstein a "mantenere l'ordine" (va beh...). Il passo successivo sarebbe stata l'instaurazione di un regime filonazista e l'annessione al Reich. Ma il piano non era stato concordato con i vertici tedeschi, e le autorità della regione, venute a conoscenza della cosa, bloccarono l'ingresso dei volontari prima ancora dell'inizio dell'azione.
    I golpisti decidono allora di agire da soli, con i pochi membri delle SA e della Hitlerjugend che erano riusciti ad arrivare nel Principato, occupando i ponti sul Reno e marciando su Vaduz, ma falliscono miseramente: i 20 rivoltosi che sorvegliano i ponti di Schaan sono costretti a barricarsi in un edificio da un centinaio di residenti armati di forconi e altri arnesi, per poi arrendersi ed andarsene. Gli altri (un'ottantina) verranno dispersi a Vaduz. Ci saranno una ventina d'arresti (la metà rilasciati poco dopo), tra cui Theodore Schaedler, leader del VDBL, inizialmente accusato di alto tradimento (reato che prevedeva la pena di morte) ma poi "graziato" ed esiliato. Altri ripareranno in Austria.
    Intanto attorno al Principato accadono eventi "curiosi", anche se è abbastanza probabile che questi fatti non avessero legami diretti con il tentato golpe. Il 25 marzo la Svizzera mobilita le truppe di frontiera lungo il confine con la Germania, mentre il 26 i tedeschi concentrano forze militari nei pressi del lago di Costanza e nel Vorarlberg.
    Pochi giorni dopo, all'inizio di aprile, una riunione a Schaan in cui si propugnava l'unione economica con la Germania viene interrotta dalla polizia del Liechtenstein.
    Il 3 aprile la grande maggioranza degli aventi diritto di voto (circa il 95%, 2’492 su 2’610) firmano una petizione in cui si dichiara la propria fedeltà alla corona e si chiede la prosecuzione degli accordi economici con la Svizzera. Nei mesi successivi la Confederazione prenderà misure per aiutare l'economia del Liechtenstein.
    Infine, alle successive elezioni parlamentari nel Principato il VDBL si dissolve nel nulla.

  8. #88
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    Predefinito Re: Seconda guerra mondiale e paesi neutrali : I parte la Svizzera

    « Economia (da "Tra le Alpi in una posizione difficile", Angelo Codevilla)

    [...]

    Il commercio con gli Alleati

    Anche negli anni più bui della Guerra, 1941 e 1942, le esportazioni verso gli Alleati, principalmente verso gli Stati Uniti e “l’area del dollaro” dell’America Latina, non scesero mai sotto il 17% delle esportazioni svizzere totali. Nel 1943 esse erano superiori al 20%. L’industria svizzera non guadagnò mai meno di 300 milioni di franchi nei Paesi alleati, e di solito realizzò di più.
    A differenza delle esportazioni verso la Germania, però, esse erano pagate in moneta reale, convertita in oro, ma “congelata” nei forzieri degli Alleati. Per contro, con l’oro acquistato nel Reich, che restava “svizzero” fino a quando fosse convertito in proprietà portoghese, spagnola, svedese o turca, la maggior parte dell’oro venduto dagli Alleati restava svizzera. Ad essi si dovevano aggiungere i dollari (convertiti in oro) derivanti dagli investimenti svizzeri, perlopiù negli Stati Uniti, ma anche in Inghilterra. Dato che la Svizzera era tra i cinque più importanti investitori stranieri in America (1,4 miliardi di dollari prima della guerra) il rendimento era considerevole, fino a 100 milioni di dollari all’anno. E dato che il blocco impediva agli svizzeri di spendere più di una misera parte di questo denaro per importazioni, l’oro svizzero si accumulava a New York. Per consentire agli esportatori svizzeri di rimanere in affari, la Banca Nazionale anticipava loro l’equivalente in franchi per i loro bilanci in New York in cambio di diritti sull’oro congelato. La banca cedeva il debito al governo. Il governo, a sua volta, “sterilizzava” il debito vendendo buoni. In questo modo il popolo svizzero acquistava indirettamente buoni di guerra americani. Alla fine della guerra la banca, il governo e i principali investitori avevano titoli per circa 1,5 miliardi di dollari in oro o in titoli convertibili in oro – circa 400 dollari per ogni uomo, donna o bambino in Svizzera. Inoltre, gli investimenti svizzeri per 1,4 miliardi di dollari negli Stati Uniti erano sostanzialmente aumentati di valore.
    Però queste manovre, alla fine lucrose, creavano difficoltà immediate. Nel 1943 le esportazioni di orologi verso l’Occidente aumentavano in modo cospicuo, mentre allo stesso tempo gli Alleati, specialmente gli Stati Uniti, cominciavano ad acquistare forti quantitativi di franchi svizzeri per le loro operazioni in Europa (oltre che per il riscatto di prigionieri alleati). Come poteva l’economia svizzera finanziare tutto ciò? Inizialmente, per timore dell’inflazione, la Banca Nazionale Svizzera e il Governo rifiutarono di addossarsi l’intero credito degli esportatori di orologi. Nello stesso periodo, le vendite di oro degli Alleati creavano forti quantità di franchi non coperti da oro a Berna.
    Si dimostrò impossibile mitigare questi problemi agendo sul lato della domanda. I produttori di orologi, condotti dall’abile lobbista Max Petipierre, lanciavano una potente campagna per il finanziamento completo. Gli Alleati sostenevano le richieste dei produttori di orologi, dicendo che il mancato sostegno svizzero agli orologiai avrebbe costituito il segno di una parzialità pro-tedesca. Così, la speranza a lungo termine e il timore degli Alleati ebbero la meglio sulla paura a breve termine e sull’inflazione della Germania. Le autorità intervennero ed acquistarono l’intero debito commerciale.
    Ma come potevano gli svizzeri garantire il franco con oro reale immediatamente disponibile per impedire un’inflazione rampante? La risposta fu la Reichsbank, che era un attiva fornitrice di oro, parte del quale dopo il 1943 aveva buone probabilità di restare “svizzero”. L’acquisto di oro dalla Germania rendeva possibile per la Svizzera l’acquisto di oro dagli Alleati – buono nel lungo termine senza inconvenienti nel breve termine. Le misure economiche tedesche con l’impiego di oro (sporco) consentivano agli Alleati di condurre la loro guerra finanziaria con franchi svizzeri puliti. Tenuto conto dell’equilibrio delle forze e della geografia, gli Alleati non avrebbero potuto godere dei vantaggi dipendenti dagli orologi, o dai cuscinetti a sfere di diamanti, o dai franchi svizzeri, se il Reich non avesse usufruito degli strumenti meccanici svizzeri, dell’elettricità e naturalmente dei franchi svizzeri.
    L’equilibrio finì nel 1945, quando la Svizzera vietò ogni commercio di valute straniere. Ma a quel punto gli Alleati non avevano più bisogno di aiuto e la Germania non faceva più paura.
    »

  9. #89
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    Predefinito Re: Seconda guerra mondiale e paesi neutrali : I parte la Svizzera

    Citazione Originariamente Scritto da Bagarospo Visualizza Messaggio
    OK ma le forze corazzate terrestri erano inesistenti. Solo 24 carri armati. Forse pensavano di non poter reggere in pianura e di assestarsi saldamente sulle montagne.

    Ehmmmmm, hai presente la Svizzera???
    Difficilmente riusciresti ad utilizzare delle unità meccanizzate e corazzate.
    Non troverai mai la verità se non sei disposto ad accettare anche ciò che non ti aspetti.
    Eraclito


    VUOI SAPERE COS'E' L'ANTIFASCISMO? E' non avere cura del Creato, disboscando, inquinando, cementificando tutto nel nome dello Sviluppo.

  10. #90
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    Predefinito Re: Seconda guerra mondiale e paesi neutrali : I parte la Svizzera

    Se mi date un po di tempo, vi fornisco un testo strepitoso propio in merito alla Svizzera e all'ipotesi difensive in caso di una sua eventuale invasione.
    Un libro molto raro che mi è stato regalato da un esperto in materia, una decina di anni fa quando ancora esistevano i forum di libero.
    Non troverai mai la verità se non sei disposto ad accettare anche ciò che non ti aspetti.
    Eraclito


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