Luce sull'affare svizzero
L'affare svizzero, nel 1943, rivela l'esistenza di «
due culture resistenti e le difficoltà della comprensione reciproca tra resistenza interna e resistenza esterna », commenta lo storico Robert Belot, in un articolo del «
Dictionnaire de la France libre » (Ed. Laffont, 2010). Queste «
culture » divergenti sono infatti perfettamente incarnate da Henri Frenay, il combattente della resistenza interna, e da Jean Moulin, responsabile di unire l'intera Resistenza sotto l'autorità del Generale de Gaulle. Per il primo, la creazione di una «
ambasciata » clandestina a Ginevra era il mezzo ideale per garantire al Movimento Unito della Resistenza (MUR) il sostegno finanziario previsto dagli Stati Uniti. Impedirlo sarebbe stato «
un crimine contro la resistenza ». Per Jean Moulin, al contrario, un'iniziativa del genere equivaleva a lanciare «
un pugnale alle spalle del generale de Gaulle ». Robert Belot, basandosi su archivi eccezionali, decodificato dallo specialista di crittografia Gilbert Karpman, sgonfia oggi la controversia. «
Ora si comprende che Frenay e il MUR non volevano organizzare un'operazione antigaullista, ma semplicemente trovare soldi per finanziare i maquis », ha detto. Accidenti! L'onore della Svizzera è salvo!